Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 128
maggio 1985


Rivista Anarchica Online

Dietro un rogo
di Fausta Bizzozzero

"Non vogliamo che tornino, quelle. È vero, qui le odiavano tutti. Davano spettacoli osceni, si baciavano e si accarezzavano davanti ai nostri bambini. E per comprarsi la droga rubavano...". Gli abitanti del borghetto del Torrione - squallida baraccopoli della magnifica Roma in cui vivono (ma si può chiamare vivere?) una quarantina di famiglie di sottoproletari, in gran parte pregiudicati, malavitosi, gente che vive di espedienti, emarginati a tutti gli effetti dalla società del benessere, della tecnologia, dello spreco - non potrebbero essere più espliciti. Non ne potevano più di Paola e Loredana, e hanno pensato bene di liberarsi di loro una volta per tutte: bruciandole vive. Senza alcuna pietà, né prima né dopo.
La mia prima reazione è stata di incredulità, di sgomento (è concepibile arrivare a tanto solo per un furto?), ma via via che il quadro raccapricciante si arricchiva di nuovi particolari, via via che incominciavo ad intravvedere le motivazioni di questa gesto disumano, si aggiungevano l'orrore e una rabbia feroce amplificati da una dilaniante situazione di impotenza. È stato detto e scritto: si è trattato di un deplorevole episodio di guerra tra poveri, ma non è solo così, è molto di più. Perché Paola e Loredana non sono state bruciate per aver rubato ai loro vicini; il furto è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso già ribollente d'intolleranza di una micro-comunità che emarginata essa stessa dalla società, ne condivide comunque i valori fondanti e non può tollerare al suo interno comportamenti "devianti" che si spingano al di là di una soglia precisa.
E Paola e Loredana hanno superato il limite giorno dopo giorno, gettando in faccia a quella gente la loro molteplice diversità: di donne, di drogate, di lesbiche. Donne senza status, senza mariti né protettori né figli a legittimarne l'esistenza, donne che prostituiscono il loro corpo - ma non l'anima e il cervello come tante altre considerate "perbene" - per placare l'insostenibile disperazione del vivere, donne che si amano pubblicamente, senza nascondersi e senza vergognarsene; non c'è che dire, queste due ragazze, ne fossero coscienti oppure no, non potevano rientrare in nessun schema, in nessun modello. Per questo dovevano essere cancellate, affinché gli schemi e i modelli potessero continuare ad essere punti di riferimento efficaci. Per questo doveva essere il fuoco, il rogo purificatore, a distruggere i corpi e gli spiriti di queste "streghe" moderne colpevoli di rompere l'equilibrio sociale. Per questo dovevano essere uomini gli strumenti materiali della folla inferocita, perché "i maschi, deboli, ma con il prepotente bisogno di vincere, si servono di noi come vittime per poter conservare il sentimento di sé" (C. Wolf, Cassandra, Ed. E/O).
Le interpretazioni sociologiche, il ricorso all'analisi del sociale in questo caso si dimostrano inadeguate e insufficienti, non servono a capire il disagio, l'assenza di pietà, l'ostilità camuffata che si è percepita in quasi tutti i commenti successivi al fatto, come se l'intero corpo sociale da un lato fosse costretto a disconoscere ufficialmente l'operato dei due "giustizieri", ma dall'altro ritenesse sotto sotto che queste due streghe abbiano avuto la giusta punizione per il loro volontario esistere in uno spazio simbolico e culturale inaccettabile e, quindi, sovversivo.
Certo la miseria, l'ignoranza, la terribile qualità della vita hanno avuto il loro peso nella meccanica degli avvenimenti, ma l'esasperazione, l'odio feroce contro chi è "diverso" nascono da una cultura, da un immaginario sociale che va al di là delle classi, delle condizioni economiche, sino a permeare gli strati più esterni e periferici della società.
E pensare che uno slogan rivoluzionario in voga qualche anno fa recitava: "L'unica giustizia è quella proletaria"! Ecco qui un bell'esempio di giustizia proletaria su cui riflettere: proletari, anzi sottoproletari, sono certamente i due aspiranti carnefici come sottoproletaria è la folla che li ha incitati e certamente si sono fatti giustizia da sé, senza ricorrere allo stato e alla polizia. Bell'esempio davvero di azione diretta, in spregio all'idiozia e alla semplicioneria da cui anche certi cosiddetti rivoluzionari sembrano tutt'altro che alieni. I proletari, che piaccia o no, hanno espresso in questo caso - ed esprimono molto spesso nella realtà - solo i valori dominanti, anzi si sono fatti braccio armato della società, a dimostrazione che la realtà è ben più complessa di quanto si ami immaginarla e che l'accettazione del potere e delle sue regole passa attraverso la trasmissione, conscia e inconscia, della sua cultura di segno maschile che è cultura di violenza e di sopraffazione.
L'ansia di vendetta che ha spinto i due uomini è l'ansia di chi è umiliato, di chi sente messe in pericolo le proprie certezze da donne che rifiutano di stare al gioco per sceglierne un altro che li esclude. Difficilmente si tollerano le donne quando sono "difficili", quando cominciano a porsi e a porre problemi, quando cercano di capire il mondo e il senso della vita. E d'altra parte spesso le donne "non gradiscono neppure se stesse, a patto che siano intelligenti abbastanza da cogliere il brutto impiccio in cui si sono cacciate, costrette per tutta la vita a correre a zig-zag, simili a topi cibernetici mal programmati" (C. Wolf, Mutazione, Ed. La Tartaruga), straniere come sono in un mondo fatto su misura altrui.
Anche per questo, credo, le due ragazze di Roma sono state bruciate. Anche per questo, piena di rabbia impotente, ho subito pensato: "malgrado tutto, sono contenta di essere donna".