Rivista Anarchica Online
Dietro un rogo
di Fausta Bizzozzero
"Non vogliamo che
tornino, quelle. È vero, qui le odiavano tutti. Davano spettacoli
osceni, si baciavano e si accarezzavano davanti ai nostri bambini. E
per comprarsi la droga rubavano...". Gli abitanti del borghetto
del Torrione - squallida baraccopoli della magnifica Roma in cui
vivono (ma si può chiamare vivere?) una quarantina di famiglie di
sottoproletari, in gran parte pregiudicati, malavitosi, gente che
vive di espedienti, emarginati a tutti gli effetti dalla società del
benessere, della tecnologia, dello spreco - non potrebbero essere più
espliciti. Non ne potevano più di Paola e Loredana, e hanno pensato
bene di liberarsi di loro una volta per tutte: bruciandole vive.
Senza alcuna pietà, né prima né dopo. La mia prima
reazione è stata di incredulità, di sgomento (è concepibile
arrivare a tanto solo per un furto?), ma via via che il quadro
raccapricciante si arricchiva di nuovi particolari, via via che
incominciavo ad intravvedere le motivazioni di questa gesto disumano,
si aggiungevano l'orrore e una rabbia feroce amplificati da una
dilaniante situazione di impotenza. È stato detto e scritto: si è
trattato di un deplorevole episodio di guerra tra poveri, ma non è
solo così, è molto di più. Perché Paola e Loredana non sono state
bruciate per aver rubato ai loro vicini; il furto è stato solo la
goccia che ha fatto traboccare il vaso già ribollente d'intolleranza
di una micro-comunità che emarginata essa stessa dalla società, ne
condivide comunque i valori fondanti e non può tollerare al suo
interno comportamenti "devianti" che si spingano al di là
di una soglia precisa. E Paola e Loredana
hanno superato il limite giorno dopo giorno, gettando in faccia a
quella gente la loro molteplice diversità: di donne, di drogate, di
lesbiche. Donne senza status, senza mariti né protettori né figli a
legittimarne l'esistenza, donne che prostituiscono il loro corpo - ma
non l'anima e il cervello come tante altre considerate "perbene"
- per placare l'insostenibile disperazione del vivere, donne che si
amano pubblicamente, senza nascondersi e senza vergognarsene; non c'è
che dire, queste due ragazze, ne fossero coscienti oppure no, non
potevano rientrare in nessun schema, in nessun modello. Per questo
dovevano essere cancellate, affinché gli schemi e i modelli
potessero continuare ad essere punti di riferimento efficaci. Per
questo doveva essere il fuoco, il rogo purificatore, a
distruggere i corpi e gli spiriti di queste "streghe"
moderne colpevoli di rompere l'equilibrio sociale. Per questo
dovevano essere uomini gli strumenti materiali della folla
inferocita, perché "i maschi, deboli, ma con il prepotente bisogno
di vincere, si servono di noi come vittime per poter conservare il
sentimento di sé" (C. Wolf, Cassandra, Ed. E/O). Le interpretazioni
sociologiche, il ricorso all'analisi del sociale in questo caso si
dimostrano inadeguate e insufficienti, non servono a capire il
disagio, l'assenza di pietà, l'ostilità camuffata che si è
percepita in quasi tutti i commenti successivi al fatto, come se
l'intero corpo sociale da un lato fosse costretto a disconoscere
ufficialmente l'operato dei due "giustizieri", ma
dall'altro ritenesse sotto sotto che queste due streghe abbiano avuto
la giusta punizione per il loro volontario esistere in uno spazio
simbolico e culturale inaccettabile e, quindi, sovversivo. Certo la miseria,
l'ignoranza, la terribile qualità della vita hanno avuto il loro
peso nella meccanica degli avvenimenti, ma l'esasperazione, l'odio
feroce contro chi è "diverso" nascono da una cultura, da
un immaginario sociale che va al di là delle classi, delle
condizioni economiche, sino a permeare gli strati più esterni e
periferici della società. E pensare che uno
slogan rivoluzionario in voga qualche anno fa recitava: "L'unica
giustizia è quella proletaria"! Ecco qui un bell'esempio di
giustizia proletaria su cui riflettere: proletari, anzi
sottoproletari, sono certamente i due aspiranti carnefici come
sottoproletaria è la folla che li ha incitati e certamente si sono
fatti giustizia da sé, senza ricorrere allo stato e alla polizia.
Bell'esempio davvero di azione diretta, in spregio all'idiozia e alla
semplicioneria da cui anche certi cosiddetti rivoluzionari sembrano
tutt'altro che alieni. I proletari, che piaccia o no, hanno espresso
in questo caso - ed esprimono molto spesso nella realtà - solo i
valori dominanti, anzi si sono fatti braccio armato della società, a
dimostrazione che la realtà è ben più complessa di quanto si ami
immaginarla e che l'accettazione del potere e delle sue regole passa
attraverso la trasmissione, conscia e inconscia, della sua cultura di
segno maschile che è cultura di violenza e di sopraffazione. L'ansia di vendetta
che ha spinto i due uomini è l'ansia di chi è umiliato, di chi
sente messe in pericolo le proprie certezze da donne che rifiutano di
stare al gioco per sceglierne un altro che li esclude. Difficilmente
si tollerano le donne quando sono "difficili", quando
cominciano a porsi e a porre problemi, quando cercano di capire il
mondo e il senso della vita. E d'altra parte spesso le donne "non
gradiscono neppure se stesse, a patto che siano intelligenti
abbastanza da cogliere il brutto impiccio in cui si sono cacciate,
costrette per tutta la vita a correre a zig-zag, simili a topi
cibernetici mal programmati" (C. Wolf, Mutazione, Ed. La
Tartaruga), straniere come sono in un mondo fatto su misura altrui. Anche per questo,
credo, le due ragazze di Roma sono state bruciate. Anche per questo,
piena di rabbia impotente, ho subito pensato: "malgrado tutto,
sono contenta di essere donna".
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