Rivista Anarchica Online
Ma l'atrazina non
è tossica?
di Fausta Bizzozzero
Cassolnovo è il
primo paese il cui acquedotto è stato chiuso per inquinamento da
atrazina. Da anni un
operaio, comunista-in-crisi, sta combattendo una battaglia per la
qualità dell'acqua, contro il complice disinteresse delle autorità.
Siamo andati a trovarlo. Ecco la sua storia tutt'altro che conclusa.
Cassolnovo è in
Lomellina, a pochi chilometri da Vigevano. Giunta di sinistra,
economia basata su piccola agricoltura e pendolarismo, ha l'aspetto
anonimo, pulito e benestante di tanti paesi della provincia lombarda:
nessuno ne avrebbe mai parlato se non fosse perché è stato il primo
paese in cui è stato chiuso l'acquedotto per inquinamento da
atrazina, seguito a ruota da molti altri comuni. Quello che non
riesco a capire è come mai nel giro di quei pochi giorni di maggio,
improvvisamente, le autorità scoprono tante situazioni simili e
attuano un provvedimento tanto drastico; vorrei capire cosa c'è
dietro le scarne e contraddittorie notizie dei mass-media e non
potendo farlo per tutti i paesi coinvolti scelgo per comodità
Cassolnovo. Amici e compagni di Vigevano mi consigliano di parlare
con Enrico Canna che, lo sanno tutti in zona, è la persona più
informata e documentata. Ci vado attraversando questa bella campagna
in cui il verde tenero del riso si alterna al verde intenso del
granoturco, spezzato qua e là da rogge, filari e cascine. Enrico Canna, 39
anni, operaio, è un comunista-idealista-attivista-in crisi, ma al di
là delle ovvie differenze ideologiche mi fa subito simpatia perché
mi sembra uno dei pochi sopravvissuti di una specie in estinzione:
autodidatta, ha la vocazione del rompiscatole solitario, di quello
che scopre le magagne e le denuncia, di quello che perde le nottate
per studiare incartamenti, leggi, regolamenti, di quello che
pazientemente ma con determinazione non molla la presa. Raccoglitori
su raccoglitori di lettere, raccomandate, esposti, richieste,
testimoniano anni di battaglie solitarie, in cui spesso si è trovato
contro anche il suo partito. Gli chiedo di
raccontare i retroscena del caso atrazina. "Sono cinque anni
ormai - dice - che mi batto per la qualità dell'acqua di Cassolnovo,
quindi da molto tempo prima che comparisse sulla scena l'atrazina. I
problemi preesistenti erano legati alla presenza, nell'acqua erogata,
di ferro e manganese in misura decisamente superiore ai limiti
tollerabili, e sono problemi tuttora irrisolti". Si alza, esce e
ritorna con una bottiglia in cui ha raccolto un campione nei giorni
scorsi. Sono allibita: sul fondo della bottiglia c'è un centimetro
di melma scura che fa diventare l'acqua marrone non appena la si
muove. L'ha portata al presidente della USL competente, certo
Inzaghi, che gli ha risposto "non mettermi nei pasticci"; l'ha
portata all'Ufficio di Igiene che si è rifiutato di analizzarla.
"Cosa posso fare a questo punto - si chiede e mi chiede - se non
rivolgermi per l'ennesima volta alla magistratura?". Nessuna delle
amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni si è
mai realmente preoccupata del problema, nascondendosi dietro al
fatto che non esisteva alcuna legge in merito; esisteva solo una
direttiva CEE del 1980 a cui i governi dei vari paesi avrebbero
dovuto adeguarsi entro cinque anni e una circolare, la n. 38, della
Regione Lombardia che era, appunto, solo una circolare e recepiva
quelle direttive. Il paese dispone di due pozzi, quello di Via
Tornura e quello di Via Roma. Sino a qualche tempo fa era in funzione
il primo (che pesca da una falda a 98 metri di profondità), poi il
ricorso alla magistratura di Enrico Canna aveva provocato una perizia
della Pretura, l'acqua era stata dichiarata "indesiderabile"
per le percentuali di manganese riscontrate in falda e c'era stato un
accordo: si chiudeva il pozzo di Via Tornura, si provvedeva a scavare
un nuovo pozzo e nel frattempo si metteva in funzione quello di Via
Roma che però pescava solo a 38 metri di profondità. Peccato che il
nuovo pozzo non abbia mai visto la luce. La situazione,
comunque, non era e non è migliorata quanto a presenza di ferro e
manganese; si è scoperto infatti che i tubi dell'acquedotto sono
saldati a fiamma e non elettricamente (non erano quindi state
rispettate le norme del capitolato d'appalto) e questo faceva sì che
l'acqua fosse abbastanza buona alla partenza ma si arricchisse poi
nel percorso di queste sostanze lasciate dai tubi. Nuovi ricorsi,
nuove analisi, ma nessuna ricerca di responsabilità, naturalmente. A
tutt'oggi. "La difficoltà
maggiore - dice Enrico Canna amareggiato - è riuscire ad avere i
dati delle analisi. Solo l'Amministrazione Comunale li ha ma non li
dà a nessuno, per cui un utente come me che vuole e ha diritto di
sapere come stanno le cose deve fare i salti mortali per riuscirci.
Il sindaco mi promette sempre ma poi...". Su questi problemi
e sui conseguenti disagi della popolazione si innesta poi quello
dell'atrazina. "Già il 10/7/1984 le analisi davano un valore di 0,25
di atrazina in rete; il 4/3/1985 il valore saliva a 0,34, quando il
limite fissato dalla circolare Lombardia n. 38 era di 0,10. Io stesso
il 27/7/1984 avevo pizzicato il contadino responsabile e avevo subito
fatto il solito esposto alla magistratura. Infatti quella stessa
circolare prevedeva che nel raggio di 200 metri dal pozzo non si
potessero svolgere attività né usare pesticidi, fertilizzanti,
ecc... Quel contadino coltivava, si può dire, sul pozzo, a due
metri, e inoltre il pozzo pescava solo a 38 metri di profondità.
Primo risultato: 480.000 lire di multa al contadino che ha continuato
indisturbato. Quest'anno, sempre lì, coltiva soia. Secondo
risultato: una tardiva ordinanza del sindaco che riguarda la distanza
di sicurezza dal pozzo ma tace in merito alle percentuali di ferro,
manganese, atrazina. Terzo risultato: almeno dal luglio 1984 (data in
cui ne viene certificata la presenza) l'atrazina fa parte del menù
quotidiano in misura consistente per l'intera popolazione, ma nessuna
misura viene adottata per salvaguardare la salute pubblica".
Sono allibita. Ma perché allora lo stato, così "paterno",
interviene solo e proprio il 9 maggio di quest'anno e chiude
l'acquedotto? "È
molto semplice - mi spiega Canna, che per la sua lunga esperienza è
molto più smaliziato di me - perché quelle famose direttive CEE
dell'80 di cui abbiamo parlato all'inizio avrebbero dovuto diventare
operative e quindi "legge" nel 1985, ma il nostro governo
ha chiesto e ottenuto un anno di proroga (più che consapevole delle
pessime condizioni idriche dei comuni italiani) e voilà, eccoci alla
scadenza del 9 maggio 1986 in cui la legge entra in vigore. Si rileva
presenza d'atrazina in misura dello 0,12 (limite 0,1), con zelo
improvviso il pozzo viene chiuso, arrivano le autobotti, i disagi
della popolazione crescono ancora, c'è persino chi tenta di
speculare su taniche e acqua minerale. Ma nessuno si preoccupa del
prima, nessun partito fa interrogazioni, nessuno pensa ad informare
la gente; anzi, la proposta di fare un consiglio comunale aperto
sull'acqua non viene accolta e guai a parlare di assemblea...". Ma un'assemblea la
può indire chiunque e ovunque, in un prato o in un campo sportivo,
che ne so, e tu che avevi seguito tutta la vicenda per anni eri la
persona più adatta... "Hai ragione e
penso che lo farò insieme a qualche compagno più sensibile
chiedendo magari proprio l'aula del consiglio comunale. Nel
frattempo, il 30/5/86 ho mandato una lettera al sindaco in cui chiedo
risposte a una serie di interrogativi scomodi (non ho ancora ricevuto
risposta), e nella stessa data ho fatto l'ennesimo esposto alla
magistratura col risultato che il terreno è stato posto sotto
sequestro penale e sono stati nominati tre periti dell'Università
che fanno altri prelievi di cui si saprà qualcosa entro 90 giorni,
cioè in settembre". Per informare la
gente Canna ha usufruito, come fa dal 1981, dello spazio che i
giornali locali, nei limiti del possibile e degli equilibri politici,
gli hanno messo a disposizione. Ma, confessa, è molto stanco, non
tanto - o non solo - perché avere a che fare con la burocrazia
statale è estenuante, quanto per l'apatia che vede intorno a sé,
l'abitudine alla delega anche sui problemi che riguardano la salute
di tutti. Mi viene in mente
che in una zona ricca di cascine come questa dovrebbero esserci molti
pozzi privati. Qualcuno ha pensato ad analizzare la loro acqua? "Naturalmente
no, e quando i contadini la portano al laboratorio provinciale si
sentono rispondere che non è in grado di farlo (ogni analisi fatta
privatamente costa centomila lire). A mio avviso l'unica soluzione
sarebbe creare un comitato di cittadini che si autotassi, chiami un
notaio per assistere ai prelievi e faccia effettuare le analisi in
laboratori privati". Canna si alza e
ritorna col testo delle direttive CEE. Per averlo ha dovuto faticare
non poco. Guardiamo insieme i parametri massimi previsti (manganese
0,05; ferro 0,02; antiparassitari, fertilizzanti chimici ecc. 0,1 e
0,5 se sommati) e notiamo un paragrafo che era sfuggito anche a lui
in cui si dice, in sintesi, che i vari governi possono derogare
(spostando i parametri) dai valori indicati ma tali deroghe in nessun
caso possono riguardare fattori tossici e microbiologici né
comportare un rischio per la salute pubblica. Ci guardiamo e
pensiamo la stessa cosa: che cos'è l'atrazina se non un fattore
tossico? Il decreto Degan, che ha spostato il limite accettabile di
atrazina e sostanze simili da 0,1 a 1 è quindi non solo una presa in
giro (come lo era quello sulla radioattività) ma - proprio stando
alla legge - sembrerebbe addirittura illegale... Canna dice che deve
studiare più a fondo la cosa, ma gli occhi gli brillano all'idea di
una nuova possibile contesa.
|