Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 141
novembre 1986


Rivista Anarchica Online

Il fascino ambiguo del potere
di Fausta Bizzozzero

"So benissimo quanto sia illusorio pensare di modificare le situazioni dall'interno, ma sono abbastanza realista da riconoscere che esiste la necessità di un livello organizzativo più alto". 26 anni, lista verde, promotrice dell'Università Verde a Lugo di Romagna, Anna Donati è una delle figure di punta del Coordinamento delle liste Verdi. In quest'intervista chiarisce molte sue idee, proposte, iniziative. Ma sulla questione del potere, delle istituzioni e del loro "utilizzo" proprio non ci convince. Quella "suggestione del potere" che riconosce presente tra i verdi non le è estranea. Il dibattito è aperto.

Tra i tanti relatori e animatori del convegno di Pescara, Anna Donati 26 anni, lista verde di Lugo di Romagna, ci è sembrata un "personaggio" particolarmente interessante sia per i contenuti della sua relazione - ricca di dubbi ed interrogativi oltre che di idee -forza stimolanti - sia perché costituisce in modo evidente un punto di riferimento per l'arcipelago verde, sia, infine, perché il suo modo di essere verde mi sembra emblematico, nel senso che mi sembra riunire pregi e difetti, potenzialità libertarie ed istituzionali che, miscelate in vario modo, caratterizzano tutto il movimento.
Siamo riusciti a parlare un po' con lei alla fine del convegno, in un ridotto del teatro pieno di donne e bambini vocianti.
Tre anni fa, nel 1983, dietro il successo ottenuto dalla prima Università verde - quella di Mestre - Anna Donati è stata tra i promotori dell'Università verde di Lugo di Romagna.
"Siamo stati spinti a questa scelta - racconta Anna - dal desiderio di fare un'esperienza di autogestione e di diffusione della cultura e della coscienza ecologica, una cultura e una coscienza che erano state molto importanti per noi, per la nostra crescita personale, e che volevamo promuovere nel nostro ambito locale da soli, senza rivolgerci a nessuno e in modo completamente autogestito anche da un punto di vista finanziario". Il "noi" a cui si riferisce Anna sono ovviamente i verdi di Lugo: "un arcipelago del tutto variegato di individui che si riconoscono in questa cultura e coscienza ecologica indipendentemente dalla loro provenienza o non provenienza politica".
Tre anni di vita per una iniziativa autogestita non sono pochi; mi chiedo e le chiedo quale è stata l'evoluzione del loro lavoro in questo arco di tempo. Il dato più significativo, secondo lei, è stata l'esigenza sempre più forte di affiancare a un approfondimento teorico la pratica delle conoscenze acquisite, cioè di agire sulla realtà cominciando dalla propria vita, e allora viaggiare in bicicletta ma dove, come, quando, alimentarsi con prodotti biologici e quindi organizzare una rete di distribuzione di questi prodotti, conoscere la medicina naturale ma imparare anche ad autocurarsi e quindi imparare a conoscere il proprio corpo e le erbe. E proprio per rispondere a questa esigenza fondamentale, che ciascuno potesse aver accesso reale alle risorse, hanno affiancato ai corsi di tipo teorico corsi pratici. L'università ha una dimensione locale (e infatti ce ne sono trenta sparse un po' in tutta Italia) proprio perché intende occuparsi dei problemi specifici del suo territorio, "intende occuparsi di quello che i nostri occhi possono vedere e le nostre mani possono fare". Da quando esiste i suoi corsi vedono una partecipazione che va dalle 200/300 persone per quelli teorici, alle 30/50 persone per quelli pratici, ma si tratta di persone sempre diverse per cui cresce e si allarga progressivamente quella famosa coscienza ecologica di cui si parlava prima, tant'è vero che a un corso recente di medicina naturale una metà dei partecipanti erano medici.

Il rischio Stato
Uno dei pericoli contro cui Anna Donati metteva in guardia nella sua relazione era quello del rivendicazionismo che se da un lato può essere necessario per risolvere i problemi più impellenti, dall'altro rischia di spegnere la potenzialità di autogestione e di azione diretta che certamente questo movimento esprime. Mi sembra un nodo importante, che ha fatto capolino un po' in tutto il corso del convegno, per cui le chiedo di approfondirlo. "Io parlavo di rischi che un movimento in fase di espansione come questo può correre, ma si tratta di un rischio molto reale come dimostra, almeno in Italia, quello che è successo al movimento delle donne. È ovvio che le rivendicazioni sono sacrosante perché fanno giustizia dei diritti civili elementari, ma è anche evidente che esse tendono ad allargare la sfera del mercato e la sfera dello stato, sia esso assistenziale o meno. Può accadere, ad esempio, che noi chiedendo maggiori controlli e maggiore prevenzione per una salute diversa otteniamo un controllo tale da parte delle istituzioni statali da limitare la libertà di tutti. Per questo ha tanto fascino su di me il discorso di Sacchetti (autore del libro L'uomo antibiologico, ed. Feltrinelli, n.d.r.) quando sostiene che dobbiamo avere ben chiaro che non è possibile controllare tutto perché per farlo sono necessari strumenti che solo lo stato può gestire, e delegare allo stato questa funzione può essere molto pericoloso. Al di là quindi delle rivendicazioni indispensabili è necessario - ed è quello che le università verdi tentano di fare - promuovere una profonda concezione autogestionaria in tutti i campi. Ad esempio io non sono d'accordo a delegare allo stato la gestione del parto nonviolento, mentre credo che andrebbe autogestito con le donne della comunità in cui si vive.
Pensiamo ai consultori: sono stati chiesti, la legge è stata fatta, sono stati creati i comitati di gestione che sono andati a far parte di quel gran marasma di enti inutili; sta di fatto che i consultori non hanno modificato in nessun modo il rapporto tra donne e medicina ed esse usufruiscono del consultorio come usufruiscono del dentista o di altri servizi sanitari pubblici, senza la più pallida idea che potrebbe esistere un altro modo di curarsi, che si potrebbe diventare il medico di se stessi. Lo stesso problema si ripropone ora per i verdi in tanti campi, dal problema della salute a quello del disinquinamento, per cui si chiedono leggi che poi sono regolarmente aggirate, si chiedono depuratori che poi non depurano o provocano altri tipi di inquinamento, e così via".
Un nodo difficile da sciogliere, non c'è che dire, e che mi sembra strettamente legato al grande dilemma attorno a cui tutto il convegno ha ruotato: entrare o non entrare nelle istituzioni, presentarsi alle elezioni politiche o continuare a lavorare solo a livello locale?
"L'esperienza tutto sommato positiva delle liste verdi locali certo fa supporre che ci sia una disponibilità, e c'è anche da parte mia - dice Anna - a discutere anche di un eventuale ingresso nelle istituzioni. Il problema secondo me è capire se noi possiamo "usare" questa occasione per riproporre le cose che noi vogliamo evitandone i rischi. Se io chiedo, come ho chiesto a Lugo, delle agevolazioni per i piccoli coltivatori di prodotti biologici, non credo che questo possa inficiare il discorso autogestionario !".
Ma tu pensi davvero che sia possibile entrare nelle istituzioni e modificarle dall'interno, pensi davvero che non esista un'altra possibilità organizzativa, ad esempio una rete che cresca e si sviluppi seguendo la crescita di quella coscienza ecologica e autogestionaria di cui si parlava prima?
"So benissimo quanto sia illusorio pensare di modificare le istituzioni dall'interno ma sono abbastanza realista da riconoscere che esiste la necessità di un livello organizzativo più alto; la rete di cui tu parli esiste già - o meglio ne esistono molte - ma non sono sufficienti. In questo senso io vedo lo strumento elettorale come uno strumento per avere una maggiore capacità organizzativa, non certo come punto d'arrivo del nostro movimento né come catalizzatore di tutte le nostre energie che invece debbono continuare ad essere spese localmente. D'altro canto noi siamo già da ora un movimento contraddittorio e dobbiamo trovare dei modi per disinnescare questa situazione e quindi dobbiamo capire quali sono le prospettive che ci si pongono. Anche l'uso dei mass-media comporta rischi notevoli e a me personalmente pone molti problemi: mai come in questi giorni mi è parso evidente la loro doppiezza, la loro capacità di manipolare e stravolgere quello che si dice. Ma credo che se si vuole allargare il proprio messaggio si debbano correre questi rischi pur con la consapevolezza del limite implicito in questo strumento. Credo comunque che la garanzia delle liste verdi che si presentano alle elezioni politiche sia la loro concretezza, il loro linguaggio diretto: l'anno scorso durante la campagna elettorale abbiamo piantato degli alberi, ripulito dei posti, e questo nostro modo di essere sarà lo stesso in futuro. Quello che sarebbe profondamente sbagliato sarebbe concentrare tutte le nostre forze sull'obiettivo elettorale, lo ripeto, perché significherebbe la morte del movimento".

Solidarietà e tolleranza
C'è una domanda che mi sono posta spesso in questi tre giorni, seguendo gli interventi e guardandomi intorno, ma a cui non ho saputo dare una risposta: al di là del discorso ambientale-ecologico, della ricerca di una qualità di vita diversa (alimentazione, medicina, ecc.) esiste un filo che lega le isole di questo arcipelago tanto diversificato?
"Direi che un filo che ci lega esiste - dice Anna - ma è proprio un filo sottile. Potrei citare dei valori condivisi da tutti, come il rifiuto dell'antropocentrismo che significa rifiuto di un modello di sviluppo industriale, quindi rifiuto di secoli di storia, e ricerca di un rapporto intraspecifico di armonia con la natura. Circola fra di noi un'aria di solidarietà e di tolleranza- e questo mi sembra un fatto molto positivo - che permette il coesistere di concezioni diverse per quanto riguarda il futuro, senza dogmi e senza che nessuno creda di avere la verità in tasca, per cui accanto a chi pensa alla necessità - che deve nascere dalla gente - di ripopolare le zone abbandonate (colline e montagne) e per questo degradate, c'è chi pensa a una vita urbana diversa facilitata da una rete telematica di comunicazioni con costi energetici molto bassi. L'importante è che non esistano suggestioni univoche né in un senso né nell'altro".
Certo il rifiuto della concezione antropocentrica che ha informato il nostro processo di sviluppo mi sembra significativo e ricco di potenzialità, ed è stato effettivamente un tema ricorrente e continuamente riproposto; ma ho anche avuto la netta sensazione che a un'analisi puntuale e approfondita del rapporto di potere dell'uomo sulla natura non corrispondesse affatto un'analisi e una preoccupazione di un'altra forma di potere - che pure a me sembra strettamente legata alla prima - non meno importante, e cioè il potere dell'uomo sull'uomo. Mi sembra cioè che nelle riflessioni verdi manchi del tutto l'aspetto sociale della dominazione, o mi sbaglio?
"Hai ragione, è un approfondimento che ancora dobbiamo affrontare. Ma d'altra parte l'emergenza ambientale è tale e talmente evidente che, almeno per ora, è su questo discorso che possiamo trovare la disponibilità ad ascoltarci da parte della gente. Anche se poi parlare come facciamo noi di libero accesso alle risorse per tutti significa arrivare ad analizzare e cambiare le strutture sociali, significa ridefinire il senso del lavoro nella vita di ciascun individuo, significa capire che noi siamo complici delle scelte che vengono attuate a tutti i livelli".
L'ecologia, quindi, potrebbe diventare una chiave di lettura e di trasformazione di tutti gli aspetti della vita. In questa chiave come vedi l'evoluzione del rapporto uomo/donna finora inserito in una cultura in cui a uomini e donne vengono assegnate precise caratteristiche?
"Non ne sono certa, ma credo che una maggiore vicinanza delle donne, una maggiore sintonia con la natura esista, forse proprio per come la donna ha sempre vissuto, per la sua vita quotidiana e perché essa, come la natura, è sempre stata sfruttata. Ma credo anche che le cose stiano cambiando, che la maggiore o minore sensibilità non sia più legata in modo prevalente a un genere o all'altro, ho l'impressione che stiamo andando, in questo senso, verso una società unisex. Mi sembra che se uomini e donne vivono nello stesso modo, fanno le stesse cose, fanno le stesse esperienze, debbano venire a cadere le distinzioni di genere per cui si svilupperanno dei comportamenti più maschili e altri più femminili ma che non coincideranno necessariamente col sesso d'appartenenza".
Discutiamo a lungo su questa sua tesi che poi è anche quella sostenuta da Elizabeth Badinter nel suo ultimo libro L'un èst l'autre che tanto scalpore ha suscitato in Francia. Una tesi affascinante, ma che a me sembra contraddetta, purtroppo, dall'osservazione quotidiana dei comportamenti individuali e sociali in cui si esprime l'immaginario collettivo. Discutiamo della lunga storia dell'oppressione femminile, del dualismo complementare esistente in alcune tribù "primitive" e di come, in situazioni di squilibrio, i ruoli in queste società potessero diventare interscambiabili. Ad Anna sembra si possa tentare un parallelo con la fase che sta vivendo la nostra società e legge i comportamenti sempre più indifferenziati di una esigua minoranza (coloro che vogliono cambiare se stessi e il mondo) come una linea di tendenza. Tornare al discorso donne/potere, verdi/potere è inevitabile.
"Io sono molto legata - dice Anna - ad un'idea di Gorz rispetto a dei poteri funzionali, che poi è il discorso degli scienziati o degli esperti. È ovvio che se queste persone sono poche possono esercitare un potere enorme, ma se esiste una rete che diffonde informazioni e permette a chiunque di acquisirle, allora si può pensare ad una sorta di controllo generalizzato. Non è pensabile in una società come la nostra fare a meno degli esperti - abbiamo visto anche in questi giorni come sia indispensabile un Mattioli per contrastare le tesi dei nuclearisti - ma si può benissimo fare in modo di crearne molti. Né si può pensare che ciascuno abbia una conoscenza globale, enciclopedica, e anche se fosse pensabile sarebbe orribile perché essere una società vuol dire anche aver bisogno del tuo vicino.
Per quanto riguarda le donne nel nostro movimento quello che ho notato dai loro comportamenti è un rifiuto delle situazioni di competizione e una grande disponibilità, invece, nelle situazioni di cooperazione (ma ci sono anche uomini che si comportano in questo modo), ed è proprio in queste situazioni che le donne crescono e vengono fuori come individui con le loro capacità".
Ma secondo te esiste, circola tra i verdi una riflessione sul potere a tutti i livelli, sociale, politico, personale?
"Ancora no, anche perché siamo in una fase di espansione, non c'è stato un riconoscimento, non ci è stato dato niente da gestire per cui non si è posto neppure alcun problema di spartizione. Io credo che la suggestione del potere abbia un grosso fascino anche nei verdi ma credo che i contenuti e la funzionalità rispetto a un ruolo siano ancora prevalenti rispetto a questo fascino che pure esiste".