Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 147
giugno 1987


Rivista Anarchica Online

Ma quale utilità?
di Maria Teresa Romiti

Contestando implicitamente l'impostazione data da Carlo Oliva, la nostra redattrice Maria Teresa Romiti sottolinea che i tempi biologici, i tempi evolutivi, sono lentissimi, lavorano nell'arco di milioni di anni. E si domanda polemicamente: possiamo realisticamente pensare di fare i giusti cambiamenti oggi per un tempo così lungo? L'utilità è una base sufficiente alle nostre scelte? E, prima ancora, è davvero giusto considerare ancora una volta I'uomo al centro dell'universo?

Qualline, pomatate, uomini-scimmia, vacche grasse come maiali e maiali grandi come vitelli, topi giganti e non so quante altre stranezze. Non sono i mostri usciti dalla fantasia malata di uno scrittore di fantascienza in cerca del premio Nobel o Hugo. Sono la realtà di laboratori sparsi nel mondo, dove i nuovi sacerdoti dell'impossibile tentano esperimenti sempre diversi per cercare di ricostruire dall'inizio i fondamenti biologici della vita.
L'uomo tenta di sostituirsi all'evoluzione, vuole riuscire ad ottenere in pochi anni ciò che l'orologio biologico ha costruito in centinaia di migliaia di anni. È un male? È un bene?
Il dibattito è esploso da poco in Italia, le notizie si sono moltiplicate sui giornali, riviste, radio e televisione, anche se l'ingegneria genetica lavora ormai da anni nel chiuso dei suoi laboratori ed è stata messa più o meno in discussione in molte parti del mondo. Noi, buoni ultimi, ci chiediamo solo ora se ci si debba fermare su questa strada o viceversa si possa andare avanti nelle ricerche.
Da una parte c'è il sogno di una età dell'oro nella quale l'uomo riesca finalmente a sconfiggere malattie considerate incurabili quasi, in cui si possano avere i principi farmacologici ridotti naturalmente, un mondo liberato dalla fame, dove i pomodori e le patate possano crescere sulla stessa pianta, grossi tre volte gli attuali e capaci di sopportare freddo, caldo, siccità, acqua e chissà cosa altro. Non è un caso che la giustificazione più ricorrente nelle affermazioni dei bioingegneri sia proprio la possibilità di liberare il mondo dalla fame e dalla penuria.
Dall'altra si presentano i pericoli della manipolazione genetica, la possibilità di intervenire direttamente sulle informazioni stesse delle cellule, quindi sugli individui, sulle specie. Una nuova evoluzione controllata dall'uomo. Ma quanto controllata?

Come una bomba ad orologeria
Dopotutto le manipolazioni non possono essere precise, dei processi di formazione della vita sappiamo ben poco o forse nulla. Non è un po', come altre volte, innescare una bomba ad orologeria senza sapere quando scoppierà e i danni che potrà provocare?
È vero che tra gli studiosi più sensibili la preoccupazione di salvare tutto il patrimonio genetico esiste, proprio perché l'eterogeneità è la salvezza di una specie, la sua possibilità di sopravvivere ai cambiamenti. Ma è anche vero che l'attenzione non si sposta oltre la specie umana, senza considerare, fino in fondo, le complesse interazioni ecologiche presenti tra le varie specie, di cui l'umana è solo una. E poi la possibilità di cambiare gli esseri viventi può dare corpo ai folli sogni di pochi. Vegetali ed animali costruiti esattamente secondo le esigenze umane e, perché no, umani a misura di altri umani: schiavi tranquilli pronti a lavorare ed obbedire oppure orde di guerrieri preparati secondo la necessità e disposti al sacrificio totale. E se, secondo Giorgio Celli, la paura per l'ingegneria genetica è un problema metafisico: "Si ha paura che 'smonti', e soprattutto 'rimonti' il congegno-uomo, dimostrando, alla fin fine, che, nella macchina non c'è nessun fantasma", forse varrebbe veramente la pena di ritornare alla metafisica, fermarsi un attimo a considerare dove stiamo andando e cosa vogliamo fare. Anche se, ora, siamo molto lontani da simili traguardi: un conto è manipolare batteri e organismi non molto complessi, e un altro, molto diverso, ottenere risultati intervenendo su organismi complessi, in cui le interazioni cellulari svolgono una funzione altrettanto importante di quello svolto dalle informazioni del DNA, funzione che ci risulta quasi totalmente sconosciuta.
Il problema rimane. Se non sarà oggi, sarà domani. Senza contare che, nel frattempo, potrebbe succedere anche un disastro. Ed allora tutto si riduce nel cercare una nuova etica in grado di giustificare le manipolazioni e, nello stesso tempo, capace di porre limiti ben precisi, evitando abusi e distorsioni. Ma su cosa basare l'etica del dominio? Sulla religione (e quale?), sulla natura (ridicolo e poi in che modo?), sulla scienza (troppo coinvolta), sulla filosofia?
È sempre difficile cercare i fondamenti di un'etica, ma addirittura cercare un'etica per giustificare una ricerca scientifica sta tra l'osceno e il ridicolo. Nel frattempo si cercano e si trovano (gli uomini trovano sempre quando lo vogliono fortemente) giustificazioni diverse.
L'argomento principe è che l'ingegneria genetica è al servizio dell'uomo, in quanto si pone come fine il miglioramento della sua vita, che l'uomo ha sempre cambiato l'ambiente, fin dai tempi più antichi, l'unica differenza, oggi, è la scala temporale. "Dunque, l'uomo è fin dagli inizi un essere modificatore, che vuole rendere la natura conforme ai propri desideri e alle proprie necessità. L'ingegneria genetica, di cui tanto si parla e si sparla, non è certo nuova nelle intenzioni, è nuova nelle possibilità, enormemente accresciute e accelerate. Se la selezione artificiale "empirica'"operava con un ritmo di secoli, e quella scientifica di decenni, l'ingegneria genetica è fulminea, perché alla scelta ripetuta sostituisce l'intervento diretto sul genoma degli organismi "bersaglio" (Giorgio Celli). La natura del resto non esiste in realtà, è solo un concetto umano, l'unica realtà è ciò che ci circonda: animali, piante, minerali, pianeti, ecc...
È vero, in parte. È vero che la natura è un concetto umano, non è la realtà, ma tutto ciò di cui parliamo, abbiamo coscienza, sperimentiamo è solo un concetto umano. Il nostro universo reale è un universo di simboli e di concetti che mediano la realtà, che noi ci siamo costruiti e che ci permettono astrazioni, rapporti, comunicazioni, comprensioni. Se possiamo dire che la natura non è reale in quanto concetto umano, risulterà difficile trovare qualcosa di reale in un mondo, il nostro, fatto solo di concetti e di simboli. E se realtà è il pianeta terra, gli animali, i vegetali, i minerali, allora è una realtà complessa e multiforme fatta di esseri viventi che nascono, vivono, muoiono, interagiscono, una realtà che noi chiamiamo natura e che merita attenzione.
È vero, anche, che l'uomo ha sempre cambiato l'ambiente, che lo hanno cambiato le specie che lo hanno preceduto fin dall'Homo Erectus, non diversamente da molti, tutti, gli altri esseri viventi che pure cambiano continuamente e lentamente il loro ambiente e non diversamente dalla terra stessa che continuamente muta. I castori che costruiscono le dighe sui fiumi non ne cambiano il corso? Le termiti con i loro giganteschi termitai non cambiano la savana? Non cambiano l'ambiente i coralli che costruiscono una barriera lunga migliaia di chilometri? E poi la variabile temporale non è una piccola variabile che non cambia sostanzialmente nulla: i cambiamenti lenti e continui che agiscono nei secoli e nei millenni non sono per nulla equivalenti ai mutamenti rapidi che l'ingegneria genetica vorrebbe poter fare. Inoltre i cambiamenti lenti e continui sono anche interdipendenti, fanno parte di un sistema dinamico in equilibrio che media tra la necessità di una specie e le esigenze di molte altre.

Con la testa all'incontrario
Alla fine il concetto fondante rimane l'utilità per l'uomo. La scelta, il criterio deve essere unicamente l'utilità per le specie umana. Prima di tutto è molto difficile stabilire cosa è veramente utile: quello che oggi può sembrare giusto e migliorativo, e forse lo è pure, in un piccolo arco di tempo, può rivelarsi, alla lunga, pericoloso o addirittura disastroso. I tempi biologici, i tempi evolutivi sono lentissimi, lavorano nell'arco di milioni di anni, sono molto oltre il tempo umano. Possiamo realisticamente pensare di fare i giusti cambiamenti oggi per un tempo così lungo? Ma anche se, per un colpo di bacchetta magica, riuscissimo a spingere l'evoluzione nella direzione da noi voluta, sarebbe giustificabile? L'utilità è una base sufficiente alle nostre scelte? Non è porsi al centro dell'universo, considerarsi, una volta di più, la misura di tutto? Per quanto tutte le culture tendano, quasi per definizione, ad essere antropocentriche, a partire dall'uomo, non stiamo andando un po' troppo oltre? Non è ancora la concezione cristiana ed ebraica degli esseri viventi, la terra, l'intero universo creati per l'uomo, posto da Dio a signore del creato? Non siamo ancora alla teoria tolemaica che non riusciva ad immaginare la terra - abitata dall'uomo - non al centro dell'universo? Ci siamo spinti così avanti sulla strada del progresso per scoprire di essere ancora bambini che battono i piedi quando non sono al centro dell'attenzione? È così difficile considerarsi animali tra gli altri animali, esseri viventi tra altri esseri viventi, uguali nella diversità. Siamo animali che hanno prodotto e producono cultura, ma per questo dobbiamo anche considerarci superiori e migliori? Un pensiero del genere, non nuovo e neppure originale, è così difficile da accettare, da comprendere? Siamo veramente, irrimediabilmente, nati "con la testa girata al contrario"?