Rivista Anarchica Online
Donne
sotto tutela
di Maria Teresa Romiti
Dopo
l'approvazione della legge sull'aborto, vecchi e nuovi reazionari
sono riusciti a rimettere in discussione conquiste che sembravano
ormai acquisite, grazie alla fine delle tensioni ideali che le resero
possibili.
Una
sera come tante. Un po' pigra,
davanti al televisore, lascio scorrere le immagini, poi, di colpo,
lancio una colorita imprecazione. Non che sia una mia abitudine o che
sia improvvisamente impazzita, sono solo particolarmente indignata.
Ho seguito dibattiti, commenti e articoli sul caso Mangiagalli e non
ne posso più.
Sono
stufa, arcistufa di ascoltare o leggere eleganti signori che
disquisiscono con toni cattedratici su ragioni di vita e di morte,
che pontificano sulle decisioni da prendere trattando con il dovuto
distacco intellettuale il problema: la legge 194 va cambiata o no? Un
problema che non li riguarda, che non li tocca, da cui sono distanti
anni luce.
Aveva
cominciato Amato, rivendicando il diritto dell'uomo, del padre, di
dire la sua sulla decisione di abortire. È
poi partito il Movimento Popolare che ha tastato il terreno per
vedere se, cambiata l'atmosfera, era possibile cambiare anche la
legge, con una campagna allucinante. Hanno continuato Martelli e
Formigoni, in coppia, in una sola serata hanno detto tutto il
dicibile compresa la proposta di una commissione, ovviamente di
esperti e quindi uomini, per decidere caso per caso se la donna ha
diritto di abortire. E ha trovato solo un leggero ed elegante
dissenso l'affermazione di Formigoni che lui, personalmente, è
contrario all'aborto anche in caso di pericolo di vita della madre.
Ed erano tanto lontani dal problema reale i due signori che nessuno
dei due si è accorto della contraddizione implicita
nell'affermazione. Perché se, comunque, la vita della madre
non importa, significa che uccidere una donna incinta, purché
si salvi il bambino, non è un omicidio. Ed allora il senso
della vita passa attraverso il sesso.
Ultimo
è stato Giovanni Ferrara che non ha trovato di meglio da dire,
per difendere l'indifendibile, che far notare la polemica troppo
accesa da parte abortista, secondo lui, sintomo di mancanza di
argomenti di discussione e di ragione. Perché le vere vittime
di tutta questa storia sono, bontà sua, le donne lasciate, da
questa legge, sole di fronte all'aborto senza l'indispensabile
appoggio maschile.
Il
silenzio femminile
In
tutto questo polverone una voce sola è mancata, quelle delle
donne, Dove sono le donne? Perché non hanno parlato? Perché
non sono intervenute in un dibattito che le riguarda tanto da vicino,
che è loro? Poche le voci femminili che si sono alzate nel
polverone. Poche ed isolate. E se storicamente le donne che discutono
e parlano pubblicamente sono poche, poche sono state anche le prese
di posizione collettive. Che è successo? È
cambiato il clima sociale e politico, non siamo più negli anni
settanta, tutto finito. Ma questa è una risposta buona per
tutte le salse. Una risposta che diamo quando non sappiamo cosa dire,
una risposta che dice tutto per non dire nulla.
Il
silenzio femminile su un problema così scottante, è un
disagio reale, è il sintomo di qualcosa che non esce allo
scoperto ma che pure esiste e sta lavorando silenzioso. Ed è
questo silenzio che ha permesso agli uomini di parlare.
Il
problema sta nella legge, nella 194. Non certo perché tutte le
leggi siano sbagliate e da buttare, c'è differenza tra legge e
legge o, comunque, anarchici o no, tutti noi dobbiamo farci i conti.
Né, d'altra parte, la 194 è fatta così male.
Anche se è frutto di un compromesso e ha delle evidenti
contraddizioni, la legge sull'aborto non è peggio di tante
altre, il problema è di fondo. Con la legge 194 l'aborto è
stato riportato nell'alveo istituzionale, sotto il controllo statale
e pubblico. Con la legge si cercava di impedire gli aborti
clandestini, spesso pagati oro, e spesso pericolosi per le donne. Ma
con la legge si chiudevano definitivamente tutte le esperienze nate
proprio per gestire il problema aborto. Consultori autogestiti,
gruppi di donne che erano partite da un problema che vivevano sulla
loro pelle tutti i giorni e che avevano deciso di gestire.
E i
consultori, i gruppi autogestiti, non facevano solo aborti,
lavoravano anche e soprattutto come momenti di aggregazione
culturale. Le donne discutevano, prendevano coscienza, affrontavano,
spesso per la prima volta, i loro problemi in prima persona,
imparavano a non delegare. Con l'approvazione della legge le energie
profuse sono state stornate, tutto è rientrato nell'ambito
istituzionale. Ambito tranquillo, sicuro, che richiede meno energie e
fatiche, ma ambito in cui si delega. La delega totale è
diventata piano piano la normalità. Delega già tante
volte sperimentata specie con i medici. Le donne sono tornate ad
essere dei numeri in ospedali, spesso poco efficienti e troppo
occupati, sono tornate nelle mani dei medici e paramedici che
gestiscono sempre totalmente il paziente, chiunque sia, ma, in questo
caso, si sono sentiti autorizzati, per proprie ragioni etiche, ad
arrogarsi il diritto di giudicare la scelta personale della donna. E
così della legge piano piano si sono dimenticati tutti e tutti
hanno lasciato che le cose andassero avanti per forza d'inerzia,
zoppicanti, stancamente. Una questione privata della donna con il
proprio medico.
Stanchezza
delusione, paura
In
tutti questi anni ogni donna che ha abortito è rimasta sola,
completamente sola di fronte alla propria decisione, di fronte al
muro della burocrazia, di fronte all'istituzione ospedale che è
sempre, per tutti, tra le più alienanti.
Poi,
quasi all'improvviso, tutti hanno riscoperto il problema aborto; e,
guarda caso, specialmente gli uomini. I medici insoddisfatti per la
propria carriera, i politici che, forse, sentono un'aria diversa, i
giornalisti, tutti meno le dirette interessate. E c'è da
stupirsi?
C'è
da stupirsi se la reazione è stata di stanchezza, delusione,
paura? Se il silenzio è stata la risposta?
Quel
tessuto vivo in quegli anni, è morto da un pezzo. Oggi sono
rimaste le donne in carriera , sono rimaste le donne che teorizzano
l'affidamento (Libreria delle donne, Milano), ricercando un potere
che evidentemente le affascina. Le altre, le molte donne che proprio
sull'aborto si erano coagulate sono sparite, forse ritornate a quei
valori che la nostra società indica come femminili. E le più
giovani, le ragazze, forse, non sanno neppure che è esistito
un tale tempo.
È
tornato tutto nel mondo delle fate.
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