Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Dispetti nel laboratorio della vita
sociale
Accettiamo per un attimo l'idea che
una cultura possa attecchire e diffondersi più o meno come
un'epidemia: un germe si stacca per chissà quale accidente
della Storia dalla cultura A e finisce dritto nella cultura B. Ne
consegue? A parere di Etienne Chatilliez, regista beffarda di La
vita è un lungo fiume tranquillo, conseguono un mucchio di
cose, tante da farci un film - che può dar da pensare, che può
divertire, che può perfino irritare coloro che amano credere
ad una vita tutta logica e coerenza, almeno fin quando questa logica
e coerenza si manifesta in personali vantaggi. Si dia il caso, o il
destino (o la provvidenza, o la congiura), che nel reparto di
ostetricia il contenuto delle due culle venga scambiato (c'è
un ricatto costruito su argomento analogo in C'era una volta in
America di Sergio Leone; è una soluzione narrativa tipica
del feuilleton ottocentesco), per puro dispetto di un'infermiera
delusa da un primario amante fedifrago (un Daniel Gelìn
deliziosamente infingardo), ecco invertirsi le strade nella vita dei
due ignari bebè: quello nato povero è indirizzato alla
cultura alto-borghese e quello nato ricco è indirizzato alla
cultura della sopravvivenza urbana.
Ma non è tutto qui: lo scambio
effettuato una volta rappresenta un investimento per il futuro, anche
per anni. E infatti, al rinnovo del dispetto, all'ennesimo insulto
del primario all'infermiera, ecco la pubblica confessione che innesca
il meccanismo in tutta la sua perversità: i bebè sono
diventati grandicelli, ma la morale borghese - una specie di cattiva
coscienza di classe - non può permettersi il lusso di far
finta di nulla e lasciare che le cose ormai avviate abbiano il loro
corso. Ecco dunque il ragazzino-germe di tipo A che viene ad
"infettare" la cultura B. Il divertimento nostro di spettatori è
allora assicurato dal periodo che potremmo definire d'incubazione (il
ragazzino impara velocemente le regole del suo nuovo ambiente, non
dimentica le regole dell'ambiente precedente, individua e attacca i
punti deboli), nonché dal periodo che potremmo definire
d'infezione (le regole si trasformano, soprattutto si trasgrediscono,
ma se dapprima la trasgressione sembra solo affare del ragazzino,
presto si scopre che la trasgressione è affare di tutti; il
sistema di certezze rappresentativo della cultura d'arrivo viene
inficiato dal sistema di certezze della cultura di partenza;
l'istituzione familiare perde gradualmente e sempre più
indecorosamente la sua solidità; le figure dell'iconologia
borghese si rivelano in tutta la loro frustrata animalità; la
stasi asettica lascia il posto a tutto un pullulare batterico...). E
non c'è, ovviamente, trauma finale, collasso, bensì una
nuova "normalità", forse una cultura C - mentre
infermiera e primario, il terzo che non gode, si sopportano, lontani
e dimentichi, fra sopore e rancori.
Questa Chatilliez dunque - regista già
di gran bravura, di tocco delicato, narratrice arguta e semplice, cui
si può facilmente perdonare qualche scorciatoia di troppo per
giungere prima alla meta - è di quelli che, pur facendo
cinema, non si tira indietro quando c'è da prendere di petto
la morale. Il suo intreccio è congegnato perché la tesi
risulti con la stessa immediatezza di un calcolo: da questo punto di
vista, può ricordare il Milius dell'ultimo Addio al re,
ma senza condividerne la pesante didascalicità, né le
sottili ambiguità ideologiche (un individualismo anarcoide,
quello del Milius, tutto filtrato attraverso la mitologia americana).
Le può venir attribuita la responsabilità di trattare
la vita e le sue vicende come fosse il "piccolo chimico",
ma non le si può negare il merito di aver messo le mani sui
componenti giusti, nonché di saperli miscelare e ri-liberare
con allegra intelligenza.
È
una pessimista? Di quelli che a bagno nel fiume della vita non trova
nulla di fermo cui aggrapparsi? Di quelli che ritengono
caso-destino-provvidenza-congiura non un contrassegno indelebile
degli eventi ma un banale, e perlopiù inconsapevole, modo di
considerarli, questi eventi? Sì, lo è, è una
pessimista di questo tipo. Un merito in più.
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