Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 169
dicembre 1989 - gennaio 1990


Rivista Anarchica Online

Il mio rifiuto, la mia rabbia
di Pietro Bonadonna

"Su dai, cosa vuoi che sia un anno di militare, alla fine, passa velocemente...".
Quante volte ho sentito queste parole, quante volte ho sofferto nel vederle accettare da amici che, con lo sguardo spento, partivano per il militare, quante volte le ho riconosciute negli atteggiamenti della gente che per rassegnazione accetta una vita che, fino in fondo, non soddisfa neanche loro.
Quante volte sono stato tentato, quante volte ho chiuso gli occhi e, invaso dalla noia, mi sono fatto trasportare dal fatale percorso che questa società ci propina come vita.
Sicuramente lasciarsi educare alla monotonia, alla routine; imparare il meglio possibile una professione che ti dia sicurezza e che ti permetta di essere competitivo nella scalata sociale alla quale tutti ambiscono, senza domandarsi troppi perché, senza cercare di dare un senso alla propria vita, sarebbe stato più facile.
Ma altrettanto sicuramente, se non avessi cercato di realizzare qualcosa di mio, non avrei gustato la pienezza di quella indescrivibile sensazione che si prova quando, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo si sta lottando per conquistare una propria vita, spazi di libertà nei quali realizzare i propri progetti, le proprie utopie: quando il potere coercitivo cede il posto alle volontà.
Ma cosa c'entra tutto ciò con il servizio militare?
C'entra e come: viviamo in una società nella quale l'ingiustizia, il dominio, la sopraffazione stanno alla base dell'inquinamento, di migliaia di vite bruciate dell'eroina, di migliaia di vite sacrificate per il dominio territoriale ( per quanto lontano, un terzo del mondo è in guerra), della mancanza di rapporti umani soddisfacenti (il consumo, la "carriera" hanno preso il posto della solidarietà, dell'amicizia).
Chiunque ha il coraggio di aprire, anche solo per un istante, gli occhi si rende conto che è drammaticamente urgente un cambiamento.
Ma per poterlo fare bisogna esserne capaci, e ciò sarà difficile fino a che non avremo la possibilità di spezzare quel processo educativo orientato a fabbricare individui disciplinati, consenzienti e rassegnati. La rassegnazione è la piattaforma sulla quale si regge la conservazione del dominio.
Quindi rifiutare il servizio militare, che è la somma di tutte quelle violenze che un individuo subisce, in quel processo che comunemente viene chiamato educativo, significa rifiutare questa società, non legittimarla a continuare ad esistere.
Certo, anche in questo caso, te la fanno pagare cara, un anno o più di galera, ma il mio rifiuto, la mia rabbia, la mia volontà di cambiamento è più forte della loro repressione.
Mi rifiuto di rassegnarmi: voglio una società più giusta nella quale l'uomo e la sua libertà abbiano un valore, un senso, un rispetto prima e al di sopra di ogni altra cosa.

Pietro Bonadonna
(obiettore totale, militante del Circolo Anarchico "Ponte della Ghisolfa" di Milano,
avrebbe dovuto presentarsi in caserma a Diano Castello lo scorso 2 Novembre).