Rivista Anarchica Online
Diversi ma insieme
di Giuseppe Gessa
Anche il mondo dell'immigrazione è
diventato terreno di manovra per piccoli e grandi scalatori della
politica e dell'economia. Con Igor Zecchini, tra i fondatori
dell'associazione "Diversi ma insieme", parliamo delle
prospettive che la recente legge sull'immigrazione offre a chi arriva
in Italia. Non certo molto buone
Noi pensiamo che il razzismo cresce
e prospera su di un humus di carattere culturale, ma il suo
dispiegarsi è il prodotto di una disgregazione sociale. Per
questo, nel 1988, quando, in seguito alla prima affermazione
elettorale della Lega Lombarda, i media italiani intrapresero una
campagna apparentemente antirazzista, non prestammo loro molto
credito e decidemmo, inizialmente con italiani, di dare vita
all'associazione.
Igor Zecchini è uno dei
fondatori di Diversi ma insieme, un'associazione milanese tra
le più attive sui problemi dell'immigrazione in Italia dal
Terzo Mondo.
II nostro antirazzismo di fondo è
quello di aiutare gli immigratati ad organizzarsi, perché
possano uscire da quella condizione di esercito di manodopera di
riserva sempre ricattabile ed usato in modo classico ai fini di una
divisione del movimento dei lavoratori. Convinti che il problema
dell'immigrazione si apprestava ormai a diventare una condizione
strutturale della realtà italiana, decidemmo all'inizio di
dare vita a un'attività di informazione, attraverso l'apertura
di una linea telefonica per la denuncia degli episodi di razzismo.
Lo sviluppo dell'associazione fu
rapidissimo, in quanto mancava a Milano un organismo che affrontasse
il problema dell'immigrazione secondo una logica che non fosse solo
quella assistenziale. È questa una caratteristica non solo di
realtà associative cattoliche ma anche di quelle laiche o
marcatamente di sinistra; le stesse azioni di solidarietà
messe in piedi dal sindacato non sfuggono a questo limite di
intervento.
Igor Zecchini intende comunque
sottolineare l'utilità anche di questo tipo di intervento,
ricordando che senza le strutture di accoglienza delle associazioni
cattoliche, il tributo di morti per freddo pagato dagli immigrati lo
scorso inverno a Milano sarebbe certo stato rilevante.
Un approccio al problema
dell'immigrazione puramente assistenziale tende però a
riprodurre il fenomeno piuttosto che a risolverlo, non a promuovere
un'emancipazione sociale ma a mantenere i livelli di gerarchia
esistenti.
C'era quindi uno spazio vuoto nella
città, lo spazio di una struttura di organizzazione degli
immigrati per la lotta sociale. Lo stesso associazionismo interno
all'immigrazione, a causa delle pressioni politiche esterne - spiega
Igor - non riesce in molti casi a uscire dalla logica
dell'assistenza. Ciò è dovuto anche ai meccanismi messi
in moto dai primi interventi legislativi sulla questione, che hanno
dato vita alle cosiddette "consulte per l'immigrazione",
strutture che dovrebbero tutelare gli interessi degli immigrati ma
che sono prive di alcun potere effettivo. La falsa rappresentatività
di queste strutture ha già provocato dei veri e propri
disastri: prima ancora che si potesse creare un movimento di massa
degli immigrati è stata già creata una struttura di
direzione, l'unica ad essere riconosciuta dall'amministratore locale
come referente per le eventuali trattative.
Italiani brava gente?
Chiedo ad Igor quali sono le
caratteristiche della nuova e vecchia immigrazione e quali le
prospettive sulla vita degli immigrati con la legge Martelli.
All'esplosione dell'immigrazione in
Italia ha corrisposto une forte chiusura legislativa da parte di
altri paesi europei, in relazione all'accesso ed alle condizioni di
permanenza dei cittadini dei paesi del Terzo Mondo. In secondo luogo,
il nostro paese è stato l'ultimo, anche se oggi stiamo ormai
marciando nella direzione degli altri stati, che ha conosciuto
fenomeni di razzismo consistente a livello di massa. Possiamo anche
dire che l'ideologia degli italiani-spaghetti e italiani-brava gente
in qualche modo ha sedimentato e ha spinto molta gente a scegliere
l'Italia per emigrare. L'elemento che ha favorito una spinta
superiore all'immigrazione è però la progressiva
flessione dei livelli di vita nei paesi di origine, che ormai da
molti anni presenta una curva decrescente.
Quanti sono effettivamente gli
immigrati in Italia e cosa si nasconde dietro la campagna condotta da
molti sulla presunta invasione del territorio italiano?
La questione del numero degli
immigrati è stata usata dal governo in modo abile, nella fase
precedente la nuova legge, per giustificare la questione del numero
chiuso. Sono state perciò gonfiate le cifre dell'immigrazione,
in particolare di quella clandestina, per giustificare la politica
dell'"al lupo al lupo", con tutto quello che ne consegue.
La sanatoria sta in realtà portando a un forte
ridimensionamento delle cifre. Personalmente non credo che il numero
complessivo degli immigrati superi il milione di persone, molto al di
sotto delle stime governative che parlavano di un milione otto
centomila persone.
La questione del commercio ambulante,
al centro degli ultimi episodi di razzismo a Firenze non è,
secondo Igor Zecchini, quella più rilevante, ma è solo
quella più visibile, i problemi più gravi sono poi
altri, più nascosti.
Nelle grandi città l'area del
commercio è anche quella più organizzabile, perché
consente di avere come riferimento nuclei di persone abbastanza
concentrate. Bisogna distinguere due categorie nel commercio
ambulante: la prima, quella dei senegalesi, lo pratica come scelta di
vita. I senegalesi sono per tradizione un popolo di commercianti e si
possono trovare, oltre che in Europa, praticamente in tutta l'Africa.
Di fronte alle repressioni si assiste comunque, dopo un po' di tempo,
allo sradicamento dalla loro cultura e molti finiscono per cercare
un'altra occupazione. Per quanto riguarda l'immigrazione dal Marocco,
si trattava in origine di un'immigrazione stagionale, concentrata nei
periodi morti del lavoro agricolo. La siccità che colpisce da
anni questo paese ha però finito per trasformarla,
gradatamente, in immigrazione stabile.
A chi servono i clandestini
Sulla valutazione generale della legge
Martelli, presentata come una legge democratica e più avanzata
rispetto alle altre legislazioni europee, Igor ribadisce che al
centro di essa non c'è la sanatoria, ma la militarizzazione
del territorio contro gli immigrati e un regalo alle esigenze del
sistema produttivo, sia palese che sommerso. Sulla possibilità
di attuare un blocco delle frontiere non esiste, al di là
delle trovate propagandistiche degli ultimi giorni, alcuna
possibilità concreta: anche nel governo c'è la
consapevolezza che, di fronte a persone che si lasciano alle spalle
la certezza della morte per fame, ogni misura dissuasiva non può
che rivelarsi inutile. La clandestinità - dice Igor
- in realtà è molto utile: in parte per alleggerire le
strutture pubbliche dal farsi carico delle esigenze di carattere
sociale degli immigrati ma, soprattutto perché c'è un
settore della nostra economia nazionale che sulla clandestinità
vive e prospera. Piccoli imprenditori, artigiani, commercianti,
proprietari di ristoranti o anche chi, per ragioni di status sociale
e di prestigio, ama avere due colf al posto di una, a suggellare la
propria posizione nella scala sociale. Non dimentichiamo un settore
della malavita che, sulla clandestinità e sulla conseguente
emarginazione sociale, potrà trovare "personale" per
le proprie attività. La clandestinità è, in
sostanza, un favore alla parte più retriva del padronato.
La sanatoria è oggi però
stata fatta perché, effettivamente, c'è l'esigenza
della grande industria di recuperare manodopera per lo svolgimento di
attività ai più bassi livelli produttivi, quelle più
faticose e pericolose. Ci sono state infatti forti pressioni sul
governo, da parte di settori confindustriali di molte province
italiane, per poter inserire gli immigrati nelle proprie strutture
produttive.
Se rispetto al lavoro dipendente i
problemi di inserimento, per chi si regolarizza, dovrebbero essere
superati, molto più ambigua è la situazione di coloro
che opteranno per altre forme di attività, pure previste dalla
normativa, quali la cooperazione e il commercio ambulante.
Le cooperative che potrebbero
formare gli immigrati saranno di fatto tagliate fuori da qualsiasi
forma di finanziamento e di sostegno pubblico.
Per quanto riguarda il commercio,
che interessa la grande maggioranza degli immigrati, il problema
viene spostato - chiarisce Igor
Zecchini - ad un altro livello. Si dà la
possibilità, secondo la legge, dell'iscrizione all'albo,
previa però frequentazione di un corso e sostenimento di un
esame, con tutta probabilità in italiano. Questo significa in
concreto eliminare una notevole fetta di immigrati dalla possibilità
di accedere alla professione. Rimane comunque il problema della
licenza, per la quale esistono liste lunghissime anche per gli
italiani, nonché, nella remota ipotesi che un immigrato
riuscisse ad ottenerla, quello di trovare un posto dove esporre la
merce.
La legge non offre in proposito
alcuna garanzia lasciando alle forze dell'ordine un margine di
discrezionalità praticamente assoluta.
Quando questo colloquio veniva
registrato, non erano ancora note le dichiarazioni dell'on. Martelli
a proposito dell'utilizzo delle forze armate per sorvegliare le
frontiere nazionali. Parole grosse e vuota retorica pre-elettorale, è
stato detto, che non avevano altro scopo da quello di scrollare di
dosso al partito socialista un'immagine troppo indulgente verso gli
immigrati creata dalle opposizioni repubblicane alla legge Martelli.
L'abisso tra la realtà dell'immigrazione, fatta di sofferenze
e di inevitabile risentimento che cova sotto di esse appare evidente,
rispetto alle miserie di una classe politica che, ormai esaurita
ogni legittimazione ideale, sembra essere atta solo a
deresponsabilizzare gli individui da ogni capacità di
autogoverno e di spirito solidaristico.
Questo secolo ha già conosciuto
gli effetti di una politica che spinge i popoli a cercare in un capro
espiatorio il destinatario dell'odio e del sospetto per la paura di
perdere vere o presunte sicurezze economiche o morali. L'incertezza
che grava sull'occidente, per l'insostenibilità di una
competizione economica sempre più feroce e per la necessità
di trovare qualche freno al disastro ambientale, con i relativi costi
sociali, potrebbero ridestare, in un corpo sociale desolidarizzato e
diffidente prima verso se stesso che verso gli altri, sentimenti di
rivalsa preoccupanti e pericolosi.
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