Rivista Anarchica Online
Lo stato contro Valpreda
di A. B.
Intervista con l'avv. Calvi
Milano, palazzo di giustizia. Un uomo esce dall'ufficio del giudice
Amati e si avvia verso una anziana
parente che lo sta aspettando nel corridoio. Ha appena mosso un paio di passi che tre poliziotti in
borghese lo afferrano e lo trascinano via. Di peso. Pietro Valpreda, 15 dicembre
1969. Tre giorni prima era scoppiata una bomba nella Banca dell'Agricoltura di piazza
Fontana ed ecco che,
catturato romanzescamente Valpreda, l'opinione pubblica ha il suo capro espiatorio e gli organi
repressivi dello Stato la loro vittima. Sembra fatto apposta, il Pietro Valpreda, per questo ruolo. È
un
anarchico, perciò un mostro, colpevole fino a prova contraria. È un ballerino,
perciò un irregolare,
un depravato e (non sono tanto lontani i tempi in cui i teatranti venivano sepolti in terra sconsacrata).
È affetto dal morbo di Bürgher e zoppica (non è vero, ma dà un tocco
diabolico al personaggio e i
giornali lo scriveranno, assieme a tante altre menzogne e calunnie, nei giorni successivi). Non è
un
impiegato simpatizzante del PSDI, dunque è lui che ha messo la bomba omicida.
Chiaro. Purtroppo Valpreda per il 12 dicembre ha un alibi di ferro, ma non importa,
basta l'ambiguo
riconoscimento di un tassista e l'incriminazione dei testimoni che sostengono l'alibi e Valpreda Pietro,
ballerino anarchico, è sistemato. Un anno dopo, l'istruttoria (se così
si può chiamarla, né possiamo chiamarla altrimenti senza farci
incriminare) del PM Occorsio si chiude con una relazione chilometrica ma totalmente vuota,
contraddittoria, assurda, priva di prove e indizi da lasciare esterrefatti i "democratici". Meno stupiti
gli anarchici, smaliziati, che conoscono da sempre (sulle loro spalle e su quelle degli sfruttati e dei
ribelli in genere) il funzionamento della giustizia di classe, della giustizia di Stato. Pietro Valpreda ed
alcuni ragazzi, suoi presunti complici, vengono rinviati a giudizio per strage, ma la relazione con cui
viene motivato il rinvio sembra piuttosto la riprova della loro innocenza. Quattordici
mesi dopo la "strage di Stato" (come ormai tutti la chiamano, con ciò dando per scontato
che essa non può essere opera di anarchici), abbiamo intervistato l'avvocato Guido Calvi, il primo
difensore di Valpreda (successivamente gli si è aggiunto il professor
Sotgiu). Calvi, assistente di filosofia del diritto all'Università di Camerino,
è giovane, non più di trent'anni. La
sua età è la prima cosa che mi colpisce e gli chiedo se, data la sua esperienza
necessariamente
limitata, non senta questo incarico come sproporzionato alle sue forze. "Domando a te -
mi risponde - chi, di fronte alla gravità delle imputazioni, non sentirebbe le proprie
forze
limitate, inadeguate al compito di capovolgere la situazione e ristabilire la verità. Per questo credo
che il
primo obiettivo da raggiungere sia la solidarietà di tutte le forze sinceramente
democratiche". "Sei stato nominato d'ufficio difensore di Valpreda?" "No, sono
stato nominato da Valpreda suo difensore di fiducia. Sarebbe interessante sapere da chi, come
e perché furono diffuse voci difformi". "Hai avuto dubbi nell'accettare l'incarico? Hai
avuto dubbi sulla innocenza di Valpreda?" "Sì, come tutti, credo. Ma dopo aver
parlato con Valpreda e dopo avere incontrato la zia Rachele (la
signora Rachele Torri, principale testimone dell'alibi di Valpreda; n.d.r.) non ho avuto più
alcun
dubbio". "La tua linea di difesa è stata definita debole, rinunciataria, passiva...
perché non ha ritenuto
opportuno assumere una linea più aggressiva?" "È difficile valutare una linea
di difesa sulla base di alcuni risvolti tattici ignorandone la strategia generale.
Certo, alla fine potrà anche risultare che vi sono state debolezze, errori, incertezze. Ma lo strano
è che
queste accuse siano nate subito, quando ben poco era possibile fare e quando gli interessi di Valpreda,
bisognerebbe ricordarlo più spesso, imponevano una ferma cautela. Chi sostiene
l'identità di diritto e politica (opinione rispettabile ma marxisticamente discutibile), dovrebbe
anche ricordare che esse, comunque, sono scienze ove nulla vi è di improvvisato e di avventato.
Se il fine
del difensore è operare perché emerga l'innocenza dell'imputato, quando egli è
tale, tutto deve essere
subordinato a questo. Vi sono questioni politiche? Bene, emergeranno sicuramente molto più
clamorosamente dopo una sentenza di assoluzione. Pertanto quale senso può avere la qualifica
di
aggressiva o debole attribuita ad una linea difensiva nella fase istruttoria (segreta e non pubblica!) del
processo? Sono "aggressive" le dichiarazioni violente, le istanze di violazione dei diritti della difesa, le
interviste sui rotocalchi? Non credo davvero." "Hai avuto fastidi? Sei seguito, controllato...?
Hai ricevuto minacce o intimidazioni?" "Sì, sono stato controllato e minacciato, ma
rientrava nelle previsioni". "È vero che sei stato incriminato per vilipendio alla
magistratura?" "La mia 'memoria difensiva' sui famosi vetrini (vetrini che la polizia
avrebbe 'trovato' tre mesi dopo
gli attentati nella borsa che conteneva la bomba inesplosa della banca commerciale; n.d.r.)
conteneva,
a giudizio del Pubblico Ministero Occorsio, espressioni lesive della dignità del giudice istruttore
Cudillo.
Contrariamente a quanto certa stampa riferì, non ci fu da parte mia nessuna giustificazione
né tanto meno
ritrattazione. Solo, precisai che il mio documento non inficiava la stima personale che potevo nutrire nei
confronti del Dr. Cudillo, ma sottolineava il fatto che, per il modo in cui il nostro diritto processuale
articola la fase istruttoria, questa è volta più alla conferma delle tesi accusatorie che alla
ricerca della
verità. Il P.M., dopo aver chiesto che la mia memoria fosse inviata alla Procura della Repubblica
e al
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati perché procedessero nei miei confronti, cambiò idea
e revocò la
richiesta. L'aspetto più positivo di tutta la questione è che oggi i vetrini non sono
più fonte di prova contro
Valpreda." "Tu sei un militante del P.S.I.U.P. Questo non ti è di limite in qualche
modo nella difesa di un
anarchico?" "È una domanda che non mi aspettavo. Mi sembra che subito dopo i fatti
gli unici avvocati politici che
assunsero pubblicamente la difesa degli imputati, a Roma, fummo Nicola Lombardi ed io: ambedue del
P.S.I.U.P." "Negli ultimi mesi la stampa della sinistra parlamentare pare essersi allineata su
una posizione
ambigua nei confronti dell'istruttoria per la "strage di stato", una posizione sostanzialmente non
dissimile dall'ultima versione ufficiale (cioè non più colpevoli gli anarchici,
ma alcuni pseudo-anarchici); non credi che questo atteggiamento possa derivare da compromessi politici
tra governo
e opposizione? Non credi che si voglia così chiudere il discorso sulle bombe, la ricerca dei veri
autori
e soprattutto dei mandanti e dei complici? Ci sembra che, come si tenta di chiudere il caso Pinelli con
la formula "Pinelli: innocente ma suicida", così si voglia chiudere il caso Piazza Fontana con la
formula "Valpreda e gli altri: colpevoli ma pazzi". Che ne dici?" "Non la ritengo una ipotesi
politica verosimile." (noi riteniamo il contrario- n.d.r.) "Quando pensi che si
farà il processo? È vero che si parla del prossimo autunno? Questo rinvio sarà
ufficialmente giustificato con motivi tecnici, ma secondo te non ci sono invece motivi politici per
rinviare un processo che "scotta"?" "Motivi di opportunità politica certamente vi
sono. Vedremo in quale considerazione saranno tenuti nel
fissare la data del processo." "Valpreda, in dicembre, è stato ricoverato nell'infermeria
del carcere; dunque, dopo un anno comincia
a risentire del cibo e del clima di Regina Coeli e della tensione. Se il processo tarderà ancora un
anno
non c'è il rischio che la galera finisca con il "suicidare" Valpreda?" "Il rischio
c'è, ed è anche notevole; occorre che tutti manifestino a Valpreda la propria
solidarietà affinché
egli non si senta isolato. Peggior nemico è sicuramente il "suicidio psicologico." "Puoi
esprimere il tuo parere sul modo in cui è stata condotta l'istruttoria per le bombe del 12
dicembre, senza incorrere nel reato di vilipendio alla magistratura?" A questa domanda
Calvi non ha risposto. Quando Calvi mi ha riaccompagnato all'albergo, da una
automobile che ci seguiva, si è sporto un
"signore" che mi ha fotografato. Il fatto non mi ha preoccupato: sono già ben schedato, alla
Questura.
A. B.
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