Rivista Anarchica Online
L'anarchismo e il presente
di Peter Schrembs
In uno studio apparso nel già lontano 1977, il titolare della cattedra di
scienze politiche dell'Università di
Gottingen, Peter Losche, ha tentato di effettuare una sorta di inventario dello stato attuale delle ricerche
sull'Anarchismo (1). Nelle sue conclusioni, l'autore constata l'esistenza di un considerevole deficit teorico per
quanto concerne l'analisi dell'origine e dell'impatto della dottrina e della prassi anarchiche. In particolare, e
tralasciamo gli scritti polemici e di battaglia, mancano risposte a domande di fondo, come: qual è il
rapporto
tra Anarchismo e sviluppo delle forze produttive? L'Anarchismo è una ideologia di classe, una teoria
sociale
o cos'altro? È possibile generalizzare la tesi di Hobsbawm per cui l'Anarchismo, in quanto movimento
sociale,
compare alla fase di transizione tra il declino del feudalesimo e l'affermazione del capitalismo ed è
inesorabilmente condannato alla sparizione con il progresso di quest'ultimo? L'impazienza rivoluzionaria
condanna l'Anarchismo a un eterno fallimento? D'altra parte, sostiene Losche, l'Anarchismo stesso apre tutta
una serie di interrogativi rivolti alle scienze sociali,
come: esiste una relazione tra la complessità dell'assetto sociale e le possibilità di applicazione
di principi quali
il federalismo e l'autogestione? Il progetto anarchico è compatibile con una economia di mercato?
L'assenza
di una volontà impositiva equivale a una condanna all'eterna marginalità? Esistono tuttavia,
continua Losche, alcuni recenti approcci ai problemi dell'Anarchismo che propongono
elementi in parte del tutto nuovi, in parte attualizzati, rispetto all'Anarchismo storico e alla critica storica
dell'Anarchismo. Fra questi vengono individuate alcune correnti riassumibili sinteticamente in sette
posizioni: le tendenze
antidogmatiche della Nuova Sinistra, il marxismo libertario di Daniel Guérin, la critica (neo-)marxista
dell'Anarchismo (Wolfgang Harich), la critica democratico-istituzionale dell'Anarchismo, l'Anarchismo
pragmatico anglosassone (Colin Ward, April Carter), il communalismo nonviolento libertario americano e
l'Anarchismo di derivazione esistenzialista di Peter Heintz (2). Mentre le altre tendenze sono abbastanza
note anche in Italia, l'«Anarchismo esistenzialista» di Heintz è ancora
pressoché sconosciuto (3). Giovane assistente presso l'Istituto di Sociologia dell'Università di
Colonia, Heintz
pubblica nel 1951 , in singolare coincidenza con la prima edizione di «L'Homme révolté» di
Camus, uno studio
dal titolo «L'Anarchismo e il presente». Il lavoro è diviso in due parti: la prima parte è dedicata
all'analisi del
cosiddetto «Anarchismo negativo», ossia la critica anarchica del potere, mentre nella seconda parte Heintz
segue
le tracce libertarie che scorge, nonostante il predominio dell'autoritarismo, nel mondo contemporaneo. Questi
«spazi a debole densità normativa» vengono da Heintz individuati soprattutto in campo culturale e
scientifico.
Nel mondo dell'arte, per esempio, Heintz constata questa «apertura verso l'ignoto» in manifestazioni dell'arte
moderna come l'impressionismo: «esattamente come l'impressionismo nella pittura ha significato
l'emancipazione dell'artista dalla pittura accademica, così la visione anarchica corrisponde al tentativo
di
liberarsi da ogni interpretazione convenzionale del mondo». Ma anche in fenomeni artistici più recenti,
come
il surrealismo e il dada, vive secondo Heintz il piacere del «merveilleux» di cui parla Breton nel Manifesto del
surrealismo. In altre parole, si tratta di contrapporre l'infinita molteplicità del reale a qualsiasi forma
di
cristallizzazione e schematizzazione secondo un approccio euristico perfettamente centrato da Andrea Papi:
«(...) la mente deve aprirsi, supporre e accettare che la realtà è composta di moltissimi contrasti
all'apparenza
contraddittori, i quali possono continuare a manifestarsi senza bisogno di venire soppressi o imbrigliati. I modi
di essere sono sempre molteplici e spesso imprevedibili, creativi» (4). Chiaro, in Heintz, il riferimento a
Proudhon, tant'è vero che due anni dopo l'uscita di 1'«Anarchismo e il presente» pubblica un'altra
ricerca
dedicata appunto al teorico francese dell'autogestione dal titolo: «La problematica dell'autorità in
Proudhon».
In effetti, Heintz, che successivamente occuperà la cattedra di sociologia dell'Università di
Zurigo proponendo
una originale «teoria dei sistemi societali» si è largamente ispirato alla sociologia di Proudhon il quale,
come
ebbe a dire Gurvitch, è «ispirato da una visione della diversità infinita del mondo in
movimento» (5).
Un'intuizione, questa, fatta propria dall'epistemologo Paul Feyerabend, che nel suo trattato «Contro il metodo»
riconosce che «l'anarchismo non è soltanto possibile, ma è necessario tanto per il progresso
interno della scienza
quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso» (6). Quale noto precursore di questa
impostazione non-universalista dell'approccio scientifico alla realtà, Heintz considera lo scopritore del
«principio di indeterminazione», il fisico Werner Heisenberg, ma anche i più recenti sviluppi nella
ricerca
scientifica esprimono alcune tendenze che si muovono nella stessa direzione (si possono citare per esempio i
nomi di Henri Laborit, Ilia Prigogine, Benoit Mandelbrot, René Thom). Tutto ciò potrebbe voler
dire che,
almeno in campo culturale, l'essere umano sta lentamente imparando a convivere con l'idea del caos, ossia con
l'idea che non necessariamente la realtà corrisponde alla linearità di un modello universalista
progettato da un
Grande Architetto. Procedendo nell'indagine sulle tracce libertarie nel mondo contemporaneo, Heintz ha saputo
molto opportunamente mettere a profitto una scoperta essenziale dell'Anarchismo storico, ossia il carattere
ideologico delle pretese giustificazioni della necessità di una autorità superiore. In
corrispondenza alle più
recenti teorie sociologiche e all'analisi critica delle istituzioni (Herbert Marcuse, Michel Foucault, Erving
Goffman, René Lourau) il potere viene definito in termini di discriminazione, schematismo e
cristallizzazione
in contrapposizione a una realtà sociale contraddittoria e conflittuale, in costante evoluzione. In altre
parole,
alla base del potere v'è un assunto metafisico in virtù del quale la convivenza non disciplinata
da un'autorità
gerarchica è impossibile in base al cosiddetto «principio di Hobbes». La critica dell'Anarchismo storico
a questo
assunto, fondata da Bakunin e sviluppata da Kropotkin, trova riscontro anche nella nuova etnologia,
segnatamente nei lavori di Pierre Clastres e di Emanuele Amodio. Altre argomentazioni a sostegno del code
sociologico sviluppato da Heintz sono state elaborate a partire dall'ormai classica indagine di Horkheimer e
Adorno sulla formazione della personalità autoritaria. Anche in campo sociale è in primo luogo
l'assenza di
certezze che determina il bisogno di autorità, ossia il bisogno di compensare un deficit di sicurezza con
quella
che Erich Fromm ha chiamato «fuga dalla libertà». Di fronte alla tentazione di trasferire
chiliasticamente l'incertezza del presente a un domani radioso, Heintz
propone, a prima vista sorprendentemente, un Anarchismo non utopistico, basato sulla ricerca di spazi a debole
densità normativa: troppo viva è tuttora la terrificante visione della terra come campo
d'esercitazione di masse
disciplinate, disposte a perdere la libertà propria e altrui in nome di una proiezione utopica. Una legge
dei
rapporti sociali universalmente valida richiede infatti regolarità sociali possibili solo all'interno di una
struttura
di potere più o meno autoritaria. In questo senso, Heintz interpreta la teoria anarchica come uno
strumento di
analisi del presente in chiave non-utopica. Finalmente, la società dell'abbondanza crea le condizioni
(già oggetto
di ampie analisi e teorizzazione da parte di Marcuse e di Murray Bookchin) per la dissoluzione della gerarchia
all'interno di una «società ecologica» (Bookchin) ove «alla legge imperativa si sostituisca l'accordo
solidale;
allo sfruttamento del lavoro l'autogestione dei lavoratori; alla proprietà privata dei mezzi di produzione
il loro
possesso sociale e individuale» (7).
*Peter Heintz, L'Anarchismo e il presente. Tracce libertarie nel mondo
contemporaneo. Edizioni La Baronata,
casella postale 22, CH-6906 Lugano 6, 1993, 191 pagg., Lit. 25000.
1) E. Losche, Anarchismus, Darmstadt 1987 (2). 2) Ivi, p. 131 e segg.
3) Cfr. Rudolf de Jong, Bilancio e prospettive dell'Anarchismo, in
«Volontà», n. 4,1984. 4) A. Papi, La nuova sovversione ovvero la rivoluzione
delegittimante, Pistoia 1985, p. 82. 5) G. Gurvitch, Proudhon, Napoli 1974. 6)
P. Feyerabend, Contro il metodo, Milano 1990, p. 147. 7) AA.VV., Anarchismo '70,
un'analisi nuova per la strategia di sempre, Cesena 1973, p. 14.
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