Rivista Anarchica Online
La memoria e l'impegno
di Grazia Felli
L'ultimo spettacolo del Living Theatre si intitola Anarchia. Ha debuttato a New York lo scorso dicembre
Una biografia di gruppo Il Living Theatre ha
debuttato il 22 dicembre 1993 al Theatre for the New City (1) di New York con la sua
ultima produzione Anarchia. Hanon Reznikov (2) ha scritto questo testo ispirandosi all'omonimo
opuscolo di
Errico Malatesta. L'origine dello spettacolo va riferita ad un progetto, nato già da qualche tempo, di
un'opera
in progress definita A play che, come annunciato precedentemente su queste pagine, aveva preso
il titolo
temporaneo di The Writing on the Wall (La scritta sul muro), che avrebbe raccontato della
«misteriosa comparsa
della lettera A racchiusa in un cerchio sugli edifici di tutto il mondo». L'A play
avrebbe dovuto nascere e
svilupparsi attraverso un processo di creazione collettiva, ma esigenze di produzione e di tempo hanno spinto
Reznikov ad accelerarne la realizzazione proponendo uno script. Non abbiamo seguito il processo di
creazione di Anarchia che nella fase delle prove, ma nonostante quanto è
stato poi scritto sul «New York Times» (3) e cioè che «paragonato a Paradise Now
questo spettacolo appare
rispettoso, addomesticato e persino cortese», ci è parso fin da subito un passo fondamentale nella storia
recente
della compagnia. Sul piano dei contenuti è un raccogliersi della memoria e dell'esperienza politica
e ideologica che trova eco in
spettacoli come Paradise Now (1968), per l'appunto, nell'Eredità di Caino
(1970-1978) e in tutte le azioni
artistiche in cui il Living Theatre ha espresso drammaturgicamente il senso delle sue visioni e la scelta delle
alternative possibili. Sul piano stilistico Anarchia raccoglie l'esperienza del metateatro fatta
con Pirandello, la lezione del teatro epico
di Brecht, gli ammaestramenti sul teatro totale e politico di Piscator e la più recente eredità
metodologica di
Wittgenstein. Sul piano, infine, della strategia di gruppo testimonia della disponibilità a mostrarsi,
come artisti, nel vivo delle
proprie certezze e debolezze, a mettere a nudo le biografie personali con una intransigenza che in chi osserva
può trasformarsi in dolorosa partecipazione e far insorgere inoltre un interrogativo. Autolesionismo?
Oppure:
arroganza? Niente di tutto questo, autocritica semmai e volontà di costituire un esempio. La
capacità di mettersi
in discussione, di sollevare contraddizioni al proprio interno, costituisce ancora una abilità rara. Per il
Living
è come sempre metodo.
II performance text Anarchia si compone di nove scene
più un epilogo. L'azione si svolge in diversi luoghi della città di New York
e ad Ancona, in Italia, nell'ultima scena. I personaggi sono sei (4): Helen Vigorelli/ Judith Malina, scrittrice
e fondatrice della rivista politico-culturale «Flash». Trudi Cohn Maubert/Joanie Fritz, casalinga, colta,
divorziata da poco. Meg Maubert/Isha Manna Beck, direttore esecutivo di «Flash», figlia di Trudi e Ted.
Brick Blum/Jerry Goralnick, attore di avanguardia, addetto alle vendite per «Flash». Ted
Maubert/Tom Walker, socio di un importante studio legale, ex-marito di Trudi, padre di Meg, ex-amante
di Neimark. Neimark Canaday/Rain House, agente di marketing telefonico per «Flash», attivista radicale.
La scena iniziale si svolge nella sala prove di un teatro. Gli attori, denominati nel testo come attore 1, 2
e così
via, fanno il loro ingresso nei camerini, ciascuno in un piccolo scompartimento con una tendina nera dietro la
quale appare e scompare, ciascuno con le sue considerazioni su argomenti casuali o su piccole storie personali,
riconoscibili per chi li conosca personalmente. Parlano del senso e della fatica di fare quello che fanno. Il
discorso verrà così sintetizzato: «attenzione per il dettaglio», ossia: «per lo spettatore». Si ode
qui per la prima
volta la voce di Errico Malatesta, tuonante da un megafono insieme a un rumore come di catene. E
incatenati i personaggi appaiono nella seconda scena: la redazione di «Flash»; ognuno è incatenato alla
sua
situazione di lavoro. Un'interferenza telefonica fa ascoltare un oscuro messaggio in italiano. Si parla di soci
americani e di qualcosa che ha a che fare con il centenario della pubblicazione di Anarchia,
qualcosa che deve
accadere in Italia. Terza scena: in uno degli uffici della sede della rivista, si espone il «sogno di Helen
Vigorelli», «la realizzazione
dell'unicità dell'individuo». E' qui che Brick parla per la prima volta alla giovane Meg del libro di
Malatesta,
al quale è fortemente interessato; ma al pronunciarsi del nome, di nuovo il suono delle catene.
Quarta scena: Ted e Trudi sono in palcoscenico, tutti gli altri attori, tra il pubblico, conducono un'inchiesta
per
«Flash». Una lunga serie di domande del tipo: «Vivi solo? .. Hai un secondo lavoro? Hai paura?» che
raggiungono via via il parossismo: «Sai quello che vuoi? Lo sai? Si alzi in piedi chi sa cosa vuole. Siete voi
quelli che sanno cosa vogliono? .. Siete voi? .. Siete voi?». Quinta scena: uno scantinato adibito a sala
prove. Gli attori lavorano a uno spettacolo di strada. Cominciano
dal «cut 53», uno slogan di incitamento alla resistenza fiscale: «tagliate il 53 per cento / la guerra è
la salute
dello stato / il 53 per cento delle vostre tasse serve a comprare strumenti di morte». La discussione tra gli attori
ritorna su questioni di strategia. Brick ha appena letto dal libro di Malatesta: «la questione sarà risolta
con
bombe e fucili, ci sarà un'insurrezione e la vittoria andrà al più forte». Non è
d'accordo, ma Neimark lo
contraddice: «un pacifista è un potenziale informatore, se sapesse che qualcuno rischia di farsi male,
correrebbe
ad informare la polizia». Si ritorna alla prova dell'azione di strada: Brick propone lo schema di
un'improvvisazione: 1- il Mistero: dove siamo; 2 - il Diritto: chi siamo; 3 - la Scoperta: cosa siamo: 4 - la
Coscienza: come siamo; 5 - l'Avviso: perché siamo; 6 - lo Scopo: quando siamo. La scena si conclude
con il
lancio di messaggi in forma di palline di carta tra il pubblico. La sesta scena è un party in
campagna nel corso del quale Helen/Judith recita il «Malatesta Rainbow» (che
pubblichiamo a margine). Nel corso della settima scena l'ensemble, capeggiato da Neimark, inscena una
manifestazione di protesta davanti
agli uffici dell'I.R.S. (International Revenue Service) (5). Dopo l'ennesima discussione sui rapporti economici
internazionali e gli interessi mafiosi in gioco, gli attori espongono a turno le loro personali posizioni politiche.
Infine, come improvvisamente consapevoli, si rivolgono agli spettatori dicendo «dipendiamo da voi» e li
esortano a trovare i messaggi lanciati precedentemente. Ottava scena: contemporaneamente la casa di Trudi
e la redazione di «Flash». Trudi e Ted, seduti l'una di fronte
all'altro, interrogano una lavagnetta divinatoria. La domanda è il nome Malatesta; la risposta, lettera
dopo
lettera, sarà Ancona. Intanto le ricerche fatte svolgere in Italia hanno dato i primi risultati. E' giunto
pure un videotape in cui il nipote
di Malatesta fornisce una interpretazione in chiave attuale del libro del nonno. Si andrà tutti ad Ancona
per la
festa dell'anniversario, lì si potrà finalmente capire. Nona scena: la piazza centrale di
Ancona (per la quale Ilion Troya ha ricreato l'immagine di un famoso quadro
di De Chirico). «Ma non c'è nessuno! - esclama Helen - Ma forse sono loro quelli che dovevamo
incontrare»
e indica gli spettatori. Gli attori, sparsi tra il pubblico, intonano «Bella ciao» e poi, distribuendone il testo in
italiano, scandiscono lo slogan: «né servi, né servi, né servi né padroni!».
Una voce fuori scena annuncia che Fabio Malatesta non interverrà alla manifestazione
perché è stato fermato
dalla polizia. Si avvicina la conclusione e gli attori aiutano gli spettatori a interpretare i messaggi che
contengono le istruzioni per salvare le loro vite. Dicono per esempio: «Il mio nome è Trudi, quando
pronuncerò
questa battuta usa il tuo corpo per sospingermi verso l'ingresso del teatro» e così per ciascun attore. Un
urlo e
un'esplosione, poi il silenzio. I sopravvissuti raccolgono i cadaveri. Parleranno allora i vivi e gli spiriti di quelli
che sono caduti, casualmente. Reznikov ha previsto infatti una doppia partitura testuale a questo punto dello
spettacolo. L'epilogo e un ringraziamento e, come sempre, una preghiera: «Aiutatevi vicendevolmente come
dovete, perfezionatevi se potete, evitate la violenza sempre, questo è il nostro ritornello e il nostro
messaggio,
grazie e buona notte».
MALATESTA RAINBOW
Il brano che segue, il cui titolo nella prima stesura di Anarchia era «Malatesta Blues», costituisce
un'unità
discreta all'interno del testo. Per questa sua caratteristica di compiutezza, è stato scelto dagli attori del
Living
per la performance con cui hanno preso parte alla festa di anniversario della nascita di Abbie Hoffmann, una
figura leggendaria del movimento anarchico statunitense che fu molto vicina a Judith Malina. In quella
occasione, al Lone Star Bar di New York, ai primi di dicembre, la performance è stata accompagnata
da esercizi
di biomeccanica e da slogan di contenuto artaudiano: «Urliamo il teatro in una folla in
fiamme!».
Anarchia! Anarchia! A sta per
unaunaunaunaunaunauna....... anaanaanaanaanaanaanaanaana.... anarchia! Ricordo la prima volta
che ho udito la parola Che fascino! Krazy Kat baciava Dada! E il colore il colore il colore il colore
è NERO! N sta per nonononononononono... niente governo! niente scherzi! Sapete
la sola volta che il governo mi ha dato qualcosa? E' stato quando mi ha sbattuta in galera! E il colore
il colore il colore è RUGGINE! A sta per aiaaiaaiaaiaaiaaiaaia... Attenzione! Attenzione!
Attenzione! Il mondo è andato in fumo! Diventa caldo...sempre più caldo... E non
per colpa di queste parti intime! E il colore il colore il colore il colore è BIANCO! R sta per
Roosevelt Ancora lo amo! Lo amo! Ma naturalmente dovevate esserci! E il colore il colore
il colore il colore è FORMAGGIO! C sta per cacacacacacaca... Capitale! Il Campidoglio del
denaro! Il Capo, tagliatelo! Ascoltatemi bene, ci dicono che qualcuno deve pur essere il capo, il
comandante, il capitano, che ognuno deve
in qualche modo essere parte del corpo politico, giusto? Ma nessuno vuole fare i lavori di merda! Chi
vuole essere il fesso? E il colore il colore è ROSSO VIVO! H sta per
huhuhuhuhuhuhuhu... Ancora? Che vuoi dire? Come chiarirlo più di
così? Cantachiaro! Chicchirichi! E il colore dei colori visibili Rendetelo visibile Il
colore del colore è VERDE CHIARO! I sta per Iliade e per Io, ego ergo sum! Per il sacro
Individuo Per i crostini fumanti e le prugne secche E nell'assenza di colore, il colore è
TRASPARENTE! A sta per Ancora Ancora e tutte le volte ancora... E il colore cari amici vecchi
e nuovi il colore può essere espresso soltanto in musica! (traduzione di Grazia Felli)
Hanon Reznikov Note di regia
Anni fa la mia
amica Alisa Solomon (5) mi chiese: «Perché non fate uno spettacolo sull'anarchia?». Parlava con
sincera curiosità riguardo a questo misconosciuto filone di filosofia politica radicale che è
l'anarchismo e con
relativa consapevolezza di quello che potrebbe essere il maggiore contributo del Living Theatre alla cultura del
teatro. «Ma lo abbiamo già fatto», pensai, ricordando la pedagogia ideologica
dell'Eredità di Caino e le lezioni
esistenziali di Paradise Now e di tutti gli spettacoli del Living Theatre che negli anni sessanta mi
avevano
esposto per la prima volta la possibilità di una pratica artistica rivoluzionaria. Poi capii che tutti quegli spettacoli erano stati ideati allo scopo di focalizzare altri,
più specifici concetti, quali
l'inganno sado-masochistico della struttura sociale esistente, le contraddizioni intrinseche al sistema del denaro,
gli abusi del potere, il ruolo dello spettatore a teatro e così via. Ma uno spettacolo che trasformi
l'incontro di
attori e spettatori nel paradigma di un livello di organizzazione e di collaborazione non gerarchico, questo
restava ancora da fare. Confesso che questo era il testo che mi proponevo di scrivere e confesso anche che
Anarchia non è quel testo. Per molti
mesi abbiamo tentato di delineare collettivamente quello che chiamammo A play. Abbiamo
studiato
le trascrizioni di anni ed anni di discussione sull'argomento. Abbiamo fatto improvvisazioni e libere
associazioni. Era evidente che questo processo avrebbe richiesto tempi lunghi. Poi un membro della compagnia,
Jerry Goralnick (7) mi suggerì: «perché non scrivi un adattamento dell'opuscolo di Malatesta?».
Ricordai di avere letto forse vent'anni prima il saggio,
pubblicato intorno al 1890 da un leader del movimento
sociale dell'epoca. Ricordai che si trattava di un'avvincente confutazione del luogo comune secondo il quale
l'autorità dello stato sull'individuo è al tempo stesso legittima e inevitabile. Rileggendo il testo
nel '93 fui felice
di constatare che la critica di Malatesta alla delega del potere era quanto mai attuale e restai deluso quando
qualcuno mi fece notare che Anarchia non va oltre i principi generali quando descrive forme di
organizzazione
alternative. Ciononostante ero deciso a dargli fiducia. Il
risultato è ora in scena. Operando sul principio wittgensteiniano secondo il quale la più chiara
definizione di
un'idea è la definizione di quello che non è, ho ritenuto che l'uso di un intreccio e di personaggi
di fantasia
avrebbe fatto apparire più chiara la verità nostra e delle nostre battaglie. Pure in questo modo ci siamo trovati di fronte a tutta la confusione del mondo
nel cercare di chiarire cosa
significhi realmente anarchia. Anarchia è terrorismo? No, ma ci sono terroristi che si definiscono
anarchici.
Anarchia è soprattutto strumento di sviluppo individuale? No, ma ogni cambiamento macrocosmico
di rilievo
dipende da una evoluzione rnicrocosmica. Gli attori entrano ed escono dal personaggio, dentro e fuori dalla
platea, lanciando idee sulla rivoluzione e sull'autonomia al di là degli stretti confini dell'intreccio. Sono
anche
loro frustrati dalla mancanza di chiarezza del copione e io li ho incoraggiati a esprimere i loro pensieri in
momenti previsti dal testo. Sul piano dei risultati siamo riusciti a costruire un meccanismo per mezzo del quale
la partecipazione del pubblico condiziona la soluzione dello spettacolo e di fatto è lo spettatore, a
seconda che
decida o meno di farsi coinvolgere, a determinare la sopravvivenza o la morte dei protagonisti.
Per finire, Anarchia è la
testimonianza, più onesta e aperta possibile, di come noi applichiamo l'anarchia al
nostro interno. Forse questa esposizione vivace ed umoristica del bisogno che avvertiamo di misurarci col nostro
bagaglio politico ispirerà il pubblico a fare altrettanto. Questa è la nostra speranza. Se sapessimo essere politicamente più efficaci, saremmo
politicamente più efficaci.
Hanon Reznikov (traduzione di Grazia Felli)
1) Fondato nel 1970 da George Bartenieff, Crystal Field
- suoi attuali direttori - Teo Barnes e Lawrence Cornfeld, rappresenta oggi
uno dei più importanti complessi dell'off off-Broadway newyorkese. Da quando ha perso la sua sede
sulla Terza Strada - nel dicembre
'92 - il Living prepara e rappresenta qui tutti i suoi spettacoli. 2) Hanon Reznikov, oggi co-direttore del Living, si è unito alla compagnia nel
1972. Prima di Anarchia ha scritto: The Yellow Methuselah (1982), Poland
1931 (1988), Tumult or Clearing the Streets (1989), The Tablets (1989),
The Body of God (1990), Rules of
Civility (1991), Waste (1991). 3) Ben Brantley, 23 dicembre 1993. 4) Tra le persone attualmente operanti nel gruppo, sono stati scelti i membri più anziani:
Isha Manna Beck e ovviamente Judith
Malina; Tom Walker, al Living dal '71, quando raggiunse la compagnia ad Ouro Preto, Brasile; Rain House,
membro già dal '62;
Joanie Fritz, dal 1988 e Jerry Goralnick (vedi nota 6). 5) Si tratta dell'Ufficio Imposte che fu responsabile della clamorosa chiusura del Living Theatre
nel '63 cui seguì la condanna, la
prigione e l'esilio in Europa. 6) Critico teatrale
del «Christian Science Monitor» (N.d.T.). 7)
Membro del Living Theatre dal 1988, ha preso parte a Poland 1931 di Jerome Rothemberg (1988),
WKTMS di M. Mc Clure (1988),
The Tablets di Armand Schwerner (1989), 1 & 1 di Else Lasker Schuler (1990) e
Waste di H. Reznikov (1991).
|