Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 209
maggio 1994


Rivista Anarchica Online

Ritiro, esclusione, ecc.
di Marc de Pasquali

"Se sapeste da quale immondizia escono le poesie senza conoscere vergogna».
Achmatova



Donne pericolose è il titolo d'un romanzo di Compton MacKenzie che insieme a Vento del sud di Norman Douglas - demi monde inizio secolo, Capri e dintorni - sono un equivalente letterario dell'appariscente pittura di Tamara de Lempicka che fece parte del transeunte gruppo smarty (come Dorothy Parker, Tamara non appare in Garzantine e longeve Treccani). L'appagamento fu per la pittrice mèta e ambizione. Adorava quelle nottate che prospettavano d'incendiare il Louvre (con Marinetti), quelle bellezze superficiali e quel crudele potere e lusso e cinismo, champagne e due tiratine di coca, godendo fieramente di quell'insieme di consumo volgarotto e fatuo chiamato successo. La quintessenza di questa lunga esistenza è ora esposta a Roma nella pasquale Accademia di Francia (Villa Medici), biglietto d'ingresso, catalogo Leonardo Arte, sino al 1° maggio. Tamara de Lempicka ne sarebbe entusiasta non solo per il vanume delle pareti tutte nuance grigio come nei suoi ritratti e nel suo bar di casa (tre piani nei quartieri alti della solita Rive Gauche parigina) - e nella galleria milanese per la sua prima personale che Castelbarco (marito di Wally Toscanini) appositamente intonacò di grigerognolo nel 1925 - lo sarebbe soprattutto perché qui è stata preceduta da alcuni disegni del suo Ingres (che a Villa Medici visse).
Tamara nasce Gorska, forse a Varsavia, forse nel 1898, forse scuole a Losanna, forse in Italia con la nonna. Raccontare il proprio passato non le garbava, prediligeva farlo fantasmare. Molto bene.
Vacanze da una zia a Pietroburgo dove giovanissima sposa (nella Cappella dei Cavalieri di Malta assolutamente avulsa dai miserabili abitanti) l'attraente e sfaccendato avvocato Tadeusz Lempiki (Ritratto d'uomo, incompiuto del '28) che con la Rivoluzione d'Ottobre viene impirigionato. Lei lo libera offrendosi al console svedese. Di filato a Parigi. Nasce Kizette (rintracciabile Sul balcone e In rosa del '27, Prima comunione del '29) che pubblicherà nell'87 per Mondadori (passaggio obbligato da Costanzo) Disegno e passione, in sintonia con una tournée di teatro canadese. Prima guerra mondiale e disoccupazione, la sorella le suggerisce di provare a dipingere, Tamara afferra l'idea al volo. Prende lezioni; determinanti quelle di Lothe - ordine e norma - uguale a rassicurante cubo ingresismo, ma è Ingres (che coi propri sensi borghesi fu ambiguo) ad ispirare Tamara che si lascerà attrarre, amandolo. Full immersion. Ecco gli spropositati nudi e le varie baigneuses in condensazioni claustrofobiche, annusati desideri, un po' bramati, un po' svogliati, ostentati in epoche diverse. Orientaleggiante e ancora permissiva-patrimoniale, scialacquante di drappi, turbanti, tazzine, profumi, musica, abbracci tremendi e volti classicheggianti, l'epoca del vecchio Ingres; razzista e squadrata, latente di terrori, quella di Tamara (e nostra), dai colori primari o mezzi toni perlati, albicocca, rosacei, azzurrini, e verdi vescica e ramarrosi e sottomarini, tutt'una ruggine luminosa, facce da cinema oppressivo, alla Lang-Lubitsch-Murnau, o da spie d'occupazione (Ritratto del dottor Boucard pantaloni da S.A. in qualche laboratorio di ricerche III Reich; Adamo ed Eva pronti per la coazione riproduttiva d'una razza pura; il Ritratto di S.A.I. il granduca Gabriel e il Ritratto del marchese d'Afflitto stupratori crudeli d'un'Andromeda nascosta e incatenata, da trucidare appena le si consumerà il fuoco del rossetto), un'epoca di scenari ossessivamente incoronati da tronfie architetture di regime (da Speer a Piacentini, dalle periferie industriali di Sironi all'epica della pittura murale di Rivera). Ecco la Donna in nero del '23 e Ritratto d'Ira P. senza data (sua vicina e amante). Se il primo è storto e forzato, forse catarroso, certo bisunto e odoroso di pasta e patate da refezione collegiale con una figura nera e masochista che si port'appresso un Bel-Ami rilegato sangue di bue come la fibbia e le labbra, in uno sfondo color fango ingannatore (un tono che colerà sul nazionalismo più omicida e potente), il secondo ritratto è nell'inclinazione più tamarosa e volante, afferrato per un secondo, e in fretta avvolto con panno rubro militare, tre calle addosso (giuste spade per una signora in posa che vive di satin color ghiaccio in ville tristi, permettendo la consunzione del suo ventre tondo, e gli occhi sbarrati, tiroidei, lo dicono chiaro) -la sospensione dei manichini.
Così Tamara vende, partecipa ai vari Salons nell'esteriorità dell'Art déco. Una rivista tedesca le ordina nel '25 1'Autoritratto, ed eccola crudele e sicura, viziosa e rampante, s'una Bugatti virente e urlante (che mai ebbe) con cui girerà il mondo, seducendolo. Era un'epoca, e ancora lo è, di miserande incertezze, ricca solamente di disperazioni raggirate ad hoc e sfruttate d'abili assassini, D'Annunzio compreso che Tamara visitò al Vittoriale...
Perché allora parlare d'un vampiro liberty tutto manchette accendini portasigarette e monocoli di platino contro il disordine del Surrealismo (boicottato)? Perché Tamara de Lempicka non fu del tutto un lacchè, fu brava e intelligente, e spesso il suo ispirato ingegno brillò, va detto. Col suo prodotto lunare (al ritorno dalle scorribande serali lavorava sino all'alba), riafferma che l'arte non è democratica, è minoranza. Dipingere non è fatto sociale, è ritiro, esclusione, personalità, come lo sguardo ch'è libero e istintivamente sa distinguere il fatuo, scoprire la commovente potenza dell'arte pur subendo i condizionamenti che gli vengono imposti; lo sguardo nei secoli, magari segreto, incerto, distratto, ma che vede - accordo del cuore, madre che dal mistero del concepimento passa alla violenza gaudiosa del parto, nutrendo, crescendo, celebrando l'opera del mondo. Recepire la de Lempicka come una squadra di piaghe dapprima alla moda, col tempo decaduta, o un'artista citazionista, con gerarchie indotte, cioè di maniera, di categoria, mi pare allora superficiale, brutalmente proiettivo. Sì, la sua produzione ha interessato ed è passata di mano solo in ambienti crapuloni (da Barbra Streisand a Jack Nicholson e Gianni Agnelli), tolti quei quattro pezzi visibili al Petit Palais di Ginevra e al museo d'Orleans; sì, gusto e stile si formano in anni, ma ogni occhiata può essere comunque anarchica, e scava, resta. Tamara dimostra questa dualità in pose risospese, apparenti, sapientemente laccate, spavaldamente poggiate, e le rende gracili, spoglie, isolate, virtualmente vizze, povere, solo con soffici pennellate (o coltellate) che, insisto, sono consapevoli (non a caso copiò poco eseguendo a memoria), e caratterizzano, quanto lo fecero i manieristi (ch'ella studiò, essenzialmente i cartoni di Pontormo), in barba ai poteri economici politici religiosi.
Lo splendido Ritratto della duchessa de la Salle palesemente viveur, dandy, nera, sadica, la spavalderia in stivali di robusto cuoio, una colonna, con mano potente, passatoia cardinalizia, finestre accese per l'arroventamento di strumenti torturanti, piccolo neo di casata, è un trionfo nella sua perversa camicia nivea; così lo è La bella Rafaela (1927) sua concupita, sua adorata preda per un anno, l'unica ritratta adagiata, carnosa, orgasmatica; e lo è il tormento meandrico del Gruppo di quattro donne femminili; e anche quell'ovazione al muscolo pettorale nel Ritratto di Suzy Solidor lesbica tenutaria del club per sole donne - massi, che ora schiatti la piccola borghesia fervente di routine!
Sicché dopo amati, amate, amanti, Tamara divorzia. Sposa il barone ungherese Raoul Kuffner (felice d'un titolo acquisito nel servir birra per generazioni agli Asburgo), adoratore della paralitica e pizzuta ballerina andalusa Nana de Herrera (1929). Wall Street prima, l'incendio del Reichstag poi, i soldi finiscono in Svizzera e via negli Stati Uniti. Presterà attenzione ai profughi, assistendoli com'era la moda; darà dei colpi di spatola astratti, ma ormai è una baronessa, finita a Hollywood, tra Greta Garbo Dolores del Rio e Tyrone Power, e non ha più sangue parigino da succhiare. Viale del tramonto.
Trasferitasi a Houston, nonna, vedova, fa e rifà testamento - povero potere ricattatorio. Trasloca in Messico con Victor Contrera, a Cuernavaca (quella affrescata da Rivera). Muore nel sonno. La figlia con un elicottero spargerà obbediente le ceneri sopra il vulcano di zona. Era il 1980.