Rivista Anarchica Online
Nel corso del tempo
di Stefano Giaccone
quasi-recensioni in salsa fanta-cronaca...
Ancora un altro mese a tentare di mettere ordine nel disastro. Il guasto al cervello
Europa 1, la memoria di tutta
la Terra, di tutta la Storia degli uomini, costringe me e alcune centinaia di tecnici a restare ore e ore ai nostri
computer, cercando di tamponare la grande Evaporazione, alla ricerca di files, nomi, ricordi, dati, ormai confusi
nella memoria elettronica. Dopo tutti questi mesi mi sono quasi affezionato a questo lavoro, ai due files
che mi sono stati assegnati:
Arialdo, il seguace di Dolcino, in fuga dopo la disfatta in Valsesia, 1307, ad opera dei crociati del papa e Spino,
il compagno di radio Alice, chiuso nel solaio della radio, nel 1977, durante una perquisizione. Affezionarsi ad
un lavoro? Il lavoro: la nostra vita scandita dalle giornate vendute, chiusa nel paesaggio desolato di
un'impossibile fuga. Cosa resterebbe di noi, cosa godremmo e cosa potremmo regalare di noi agli altri intorno,
se, per un attimo, potessimo «vederci» fuori da come il lavoro ci disegna nel tempo, nello spazio? Poco, molto
poco .... «così pensare ad una vita senza una mansione da svolgere sembra evocare i fantasmi del nulla,
diventa
sinonimo di vuoto, un abisso di inutilità si spalanca davanti e, dato che per molti il posto di lavoro
è anche luogo
di socializzazione e comunicazione, è spesso l'unico luogo in cui, più o meno clandestinamente,
ci si esprime;
chi invece non mostra quantomeno la buona volontà di produrre o rendersi, per così dire, utile,
destabilizza ed
è guardato con sospetto ... » Simonetta su Anarres/Senzapatria, n. 66 via S. Piero 5, 54033 Carrara (MS).
Tutto
incentrato su questo tema, il lavoro appunto, è AnnoZero «bollettino per l'Utopia» n. di Marzo, via S.
Marco
134 - 51100 Pistoia. E' un opuscolo assai interessante che raccoglie scritti di varie persone che riflettono sulla
questione a partire essenzialmente dalla loro esperienza. «La negazione del lavoro è riuscire a superare
i confini
della produzione, dei presunti vantaggi del consumismo; è volare oltre i confini del proprio paese e della
propria
cultura; è superamento del concetto che il pane va sudato, quando a sudare sono, appunto chi mangia
solo il
pane e chi non lavora mangia pure il companatico» Valerio. «Il lavoro è una di queste situazioni di vita
dove
l'estraneazione è più evidente per tanti/e, dove l'esistenza individuale è definita dal
posto occupato nel sistema
di produzione, dove ciò che conta è quello che si fa, che si produce, non come si vive». Laura.
Ah, ecco le
memorie di Arialdo comparire sul mio Zen: sentiamo cosa dice. « .... Dolcino proclamava la divisione tra
noi dei frutti del lavoro. La Bibbia ci insegna che il Peccato condanna
l'uomo alla fatica. E certamente il nostro lavoro era rivolto al mantenimento dei nostri Signori: chi altrimenti
ci avrebbe difeso? chi avrebbe chiamato in città il fabbro, il medico, lo stalliere, chi diviso i campi? Non
noi,
ignoranti contadini. E certamente il nostro lavoro manteneva la nostra Curia. Come potevamo salvare la nostra
anima senza le preghiere dei monaci, chi avrebbe preso cura dei libri, dove avremmo potuto vedere l'Apocalisse
se non sui muri della chiesa, noi analfabeti? Ma Dolcino diceva che avremmo potuto uscire dal feudo,
nell'environe, nella foresta e vivere tra noi, lavorando perché capaci, e le nostre famiglie sarebbero state
al
sicuro perché difese da Dio, dalla nostra unità e lontananza .... l'attività degli uomini
alla ricerca di nuovi spazi
coltivabili avviene secondo modalità e direzioni molteplici. Si ampliano pazientemente i margini dei
campi, si
strappano fette di terra alla sodaglia confinante. Oppure altra operazione di dissodamento è praticata
da
contadini che si spingono ai margini delle vaste solitudini paludose o boschive lontane dal controllo signorile,
e da eremiti che, ad esempio, nella Francia occidentale sono tra i primi ad aprire nuove radure all'interno di aree
incolte. Gli uni e gli altri precedono il successivo stabilirsi di gruppi più consistenti di pionieri o di
comunità
monastiche cistercensi, certosine ... ». Si dev'essere incasinato qualcosa perché dubito che Arialdo
leggesse
«Medioevo» di Tabacco-Merlo ed. il Mulino. Aprire nuove radure. Ma è possibile, qui, ora?
Immaginare un nuovo modo di lavorare oppure lavorare per una
nuova immaginazione? « ... considerare lavoro qualunque attività umana che viene svolta sotto
coercizione: la partecipazione al
meccanismo di controllo sociale, tutti i gesti che noi compiamo, cui siamo obbligati fisicamente per avere il
denaro per vivere o evitare l'isolamento dagli altri. .. non è attraverso l'emancipazione dei lavoratori
salariati,
né all'interno del mondo del lavoro che si svilupperanno le forze in grado di rovesciare l'esistente in
modo
radicale» (El Paso occupatoTorino, commento alla tre giorni contro il lavoro, maggio '94; materiali reperibili
c/o El Paso via Passo Buole 47-10123 Torino, BuBu7te-Firenze, Laboratorio Anarchico di Bologna, Ed.
Anarchismo). Sento dire in giro che queste sono belle parole: può darsi, ma il solo IMMAGINARE
quello che
morale cattolica e socialista, leggi, famiglia, pensano sia INIMMAGINABILE, vuol dire ricercare nel pozzo
nero della propria condizione di sfruttato, la forza di viversi l'anarchia. Il solo pensare ad una esistenza
senza lavoro (che non vuol dire senza Attività, anzi), non può bastare però (e
ci sono compagni che ci stanno provando nella pratica proprio qui, ora). Qualcuno dice che si diano solo due
possibilità: l'illegalità o il salario sociale (che si può intendere elargito dallo Stato o dal
papa). Ma è così
realmente? «La realtà delle esperienze di gestione diretta della propria vita fanno parte di un patrimonio
rivoluzionario a cui non si può e non di deve rinunciare, ma parte della loro forza sta proprio nei difetti
che
vengono segnalati nell'articolo in questione - Autogestione e lotta per l'anarchia - Umanità Nova n. 26
- ovvero
la loro estrema frammentazione e il fatto che non si siano raggruppati in movimento garantisce che esperimenti
del genere possano durare e restare autonomi...» (Pepsy, U.N. n 28). Personalmente sono d'accordo con questa/o
compagna/o: la forza dell'anarchia sta nell'essere «altro», magari intermittente ma mai marginale proprio
perché
sempre al centro della vita umana, nel suo significato più .... silenzioso e bastonato: la libertà
di essere. E
siccome attorno alla Fiera dell'Autogestione svoltasi ad Alessandria settembre '94 (gli interventi si riferiscono
infatti a questo) , si sono sviluppate (per fortuna) più di una presa di posizione (vedi anche il breve ma
preciso
intervento del Ponte della Ghisolfa sempre su U.N. n. 28) lascio un attimo il lavoro (!) al mio Zen, e scrivo nel
mio blocco note elettronico: « tentare esperimenti di autogestione, del proprio lavoro, della propria scuola o
di
quella dei nostri figli, autogestire una 3 giorni, una distribuzione di dischi o libri, sta dentro la rivoluzione
sociale come motore indispensabile per cercare di vivere, qui e ora, una socialità libertaria. Ma
ciò passa, ancora
e sempre, per la distruzione dello stato, dello spettacolo dei nostri corpi immolati alla Politica, al lavoro, al
tempo Libero. Far conoscere tra di loro questi tentativi, questi compagni che sono Carne, Ossa, Sangue e Sogni,
vivi cioè, e non virtuali, è un ottimo modo per verificare se si tratta di autosfruttamento, di sogni
di palingenesi
universale, o quant'altro. Ma non si costruiscano movimenti, non ci si chiuda in presunte supremazie teoriche:
lasciamo che i compagni si parlino, si uniscano o meno seguendo le derive della loro unica forza,
l'irriducibilità
al lessico del Dominio, comunque mascherato". E poi aggiungo quanto scritto da Lele su Anarres/Senzapatria
n. 66. « ... hai abbandonato la sicurezza dei riferimenti che altri ti hanno preparato: sii consapevole che un tuo
fedele compagno di viaggio sarà il DUBBIO ». Lasciare spazio. Anche se, su questa terra e in
questo Tempo, di spazio sembra non essercene più. Sentiamo
cosa dice Spino: « ... meno male che ci sono anche delle cassette da ascoltare in questo solaio di merda ...
questa
per esempio Blows against the Empire - dei Jefferson Airplane». Questo è l'ultimo disco con questo
nome, poi
si son chiamati Jefferson Starship. Dall'aeroplano all'astronave. Anzi proponevano, nel 1970, di creare un
equipaggio di «gente giusta » da mandare nello spazio a cercare un pianeta da colonizzare e viverci da
compagni.
Già perché l'estate dei fiori, era finita, non c'era più spazio su questa terra. Cantavano
«all'inizio ero iridescente,
poi sono diventato trasparente, infine ero assente ». Come scappare dal Mare della Decomposizione ...
«aspetta, aspetta che qui il file si ingarbuglia. Di questo mare
si parla nel n. 3 di INTERZONA, una rivista autoprodotta di fumetti, veramente consigliata e che contiene
l'assurdo Toxic Biker! (c/o Tomasuolo c.p. 203 10100 Torino). YOU HAVE NEW MAIL. OUT OF THE
BLUE. @FU. DEC. COM. Ahi, ecco la mia amica che mi scrive nella posta elettronica; da lontano, molto
lontano: il futuro. «In rete, fratello. Sono Out of the blue,sempre io. Devo dire che sei in un bel casino:
stai per lasciare il lavoro,
la tua città, hai 35 anni suonati, la testa confusa. Comunque, auguri: io so come andrà a finire
(ti guardo da
«quassù», ricordi?) ma non posso dirti niente. In compenso cerco di capire la tua epoca, ascoltando la
musica
che mi passa Blatta, l'uomo dei dischi! Questo tipo ha una raccolta favolosa: ha capito che mi interessa e
allora spesso viene a trovarmi. All'inizio era
un po' diffidente ( diceva «è che sono piemontese ») ma che cazzo vuoi dire «piemontese»? - ma ora
siamo
amici. Ieri mi ha decantato il disco dei DETRITI (Blu Bus, Mister X c/o Decanale C.p. 144-10064 Pinerolo
Torino, oppure Ettore Valmassoi via Stazione 8 - 32042 Calalzo di Cadore - (BI). Veramente potente: le voci,
il sax, le parole e tutti gli strumenti tagliano come lame. «disfatta, la vita/ cade a pezzi/ davanti agli occhi/
gemiti
e risa/trascinati in acqua/dalla corrente» (da «Western»). Poi, abbiamo sentito uno di quei dischetti piccoli, 45
giri. Punk, tirato e ruvido. Si chiamano D.D.I. (c/o AZ Luca Musso c.p. 89 Pavia).
Un documento Sonante
d'autogestione: molto da leggere, volantini, interventi sull'ALF, psichiatria, elezioni, indirizzi. Va bé,
chiudo
per oggi. Ho letto i tuoi appunti. Eravate come l'ombra proiettata dal vostro Lavorare; bisognerebbe uscire dal
cono del Sole - sicurezza, carriera, risparmi, eccetera - e passeggiare un po' più sotto la nostra Luna
Nera. E'
un casino ma quando torni al Sole, quello vero, la pelle si scalda meravigliosamente. Bene. Basta sul serio. Fuori
rete». Il sermoncino stavolta non l'ho schivato. Vado a casa. Vivo solo, in una periferia che sembra infinita
e senza
tempo. « ... mi sentivo piuttosto triste, anzi veramente triste, come la sera prima in quell'orribile caliginosa
regione di reti metalliche nella Los Angeles industriale, quando a dire la verità avevo pianto un poco.
Dopo tutto
un uomo senza tetto ha tutte le ragioni di piangere, tutto al mondo lo accusa». Jack Kerouac - I viaggiatori del
Dharma. Sul bus leggerò il mio poeta preferito. « .... con quelli che nudi sembrano vestiti/con quelli
che gioiosi nella corsa alla sfortuna/sono sempre i primi sono sempre i migliori/che si attaccano al culo
Johnson e qualche
altro/i fidel i mao i charlot gli apostoli/DELLA TRISTEZZA DI VIVERE TALVOLTA/DELLA TRISTEZZA».
Leo Ferrè. (da «il Cantore dell'Immaginario» Elèuthera edizioni). Esci da Window. Fine della
sessione di lavoro.
OK.
|