Rivista Anarchica Online
La cometa dell'Ulivo
di Maria Matteo
Probabilmente non sapremo mai che cosa sia veramente successo quel "venerdì santo" nel canale
d'Otranto. Certo
si è trattato di un vero e proprio atto di quella guerra non dichiarata, ma terribile, tra il nord ed il sud del
mondo
Nel primo scorcio della primavera di quest'anno il Bel Paese si è mostrato
nella sua veste migliore: tra la fine di
marzo ed il principio d'aprile le tante giornate solatie hanno favorito una fioritura precoce e rigogliosa ed il cielo
è stato a lungo limpido sì che spesso la sera abbiamo potuto ammirare la lunga scia luminosa della
cometa. Nelle
credenze popolari nostrane la cometa è un simbolo del tutto ambivalente: talora foriero di felici auspici,
talaltra
portatore di sciagure. Sebbene ignori che valenza assuma nelle credenze popolari albanesi, tuttavia questa cometa
certo non è stata una buona stella per quel centinaio di disperati che da Durazzo si sono imbarcati alla
volta
dell'Italia la notte del venerdì di Pasqua, un venerdì di Pasqua forse del tutto simile a quello del
'39 quando le
truppe di Mussolini varcarono l'Adriatico per invadere l'Albania. La gran parte di loro è annegata nelle
acque
scure del canale d'Otranto, i pochi superstiti portano indelebilmente riflessa negli occhi l'immagine di una
tragedia folle ed insensata, la tragedia di chi credeva di poter entrare nel primo mondo ma ha dovuto pagare il
prezzo più alto per mostrare a tutti gli albanesi che l'Italia è meglio che si accontentino di vederla
in televisione.
Probabilmente non sapremo mai cosa è avvenuto quel terribile venerdì: non sapremo se lo
speronamento della
nave albanese è stato intenzionale o frutto di un eccesso di zelo nell'eseguire un compito di pattugliamento
che
solo una vergognosa ipocrisia può non definire come vero e proprio atto di guerra, la guerra non dichiarata
ma
terribile tra nord e sud del mondo. Una guerra che l'Italia si trova a combattere in prima fila lungo il fronte
albanese oggi come cinquant'anni fa.
Certo Prodi non è Mussolini e quindi il suo modo di definire l'intervento italiano al fianco del cavalier
Berisha
è più sottile, non rivela in modo smaccato la propria vocazione imperialista, tuttavia alla fin fine
non si tratta che
di sfumature. D'altra parte non possiamo dimenticare che persino il Duce si premurava di attribuire una venatura
umanitaria all'invasione dell'Albania, paese povero ed arretrato e quindi bisognoso di una mano amica e
civilizzatrice. Mentre scrivo, il parlamento sta discutendo l'invio di un contingente militare che non si limiti a
pattugliare le coste albanesi per impedire "l'invasione" dei profughi, ma che operi direttamente in territorio
albanese. Le truppe italiane, oltre alla consueta coreografica distribuzione di viveri e medicinali, (in altri tempi
la si sarebbe chiamata "carota") dovrebbero salvare l'Albania dall'anarchia in cui sarebbe piombata dopo la rivolta
del sud, aiutando il governo a ricostruire l'esercito e le forze armate (questo compito, sempre in altri tempi, veniva
chiamato "bastone"). Mi astengo dal commentare l'uso improprio e al solito diffamatorio che le varie forze
politiche ed i principali organi d'informazione fanno del termine anarchia e mi limito a rammentare che la rivolta
albanese è la rivolta di un popolo che in seguito alla maxi truffa di finanziarie, la cui collusione con gli
ambienti
governativi è pressoché certa, ha scoperto di aver perso persino il poco che aveva. Un terzo della
popolazione
albanese aveva investito tutti i propri averi nelle cosiddette "piramidi" che erano state tra le maggiori sostenitrici
economiche della campagna elettorale di Berisha. Non dimentichiamo peraltro che Berisha, il cui passato di
medico personale del dittatore Enver Hoxha rivela chiaramente a quale scuola si sia formato, è riuscito
a vincere
le elezioni del '96 solo grazie all'opera di persuasione di bande armate guidate dalla polizia segreta (lo Shik) ed
a brogli tanto evidenti che persino gli osservatori occidentali ammettono la non validità della
consultazione dello
scorso anno. Se non fosse del tutto risibile ci si potrebbe chiedere perché l'Italia si sia ben guardata
dall'intervenire allora in difesa del diritto violato ed abbia invece preferito conferire a Berisha una delle massime
onorificenze, nominandolo cavaliere. Evidentemente il diritto internazionale è una variabile del tutto
dipendente dagli interessi delle maggiori potenze
che negli ultimi otto, nove anni si sono attivamente impegnate ad assicurarsi il controllo dei mercati e delle risorse
dei paesi dell'est post-comunista. Le imprese italiane in Albania hanno goduto degli enormi vantaggi derivanti
dall'usufruire di manodopera a bassissimo costo e priva di qualsiasi tutela sindacale: le condizioni di lavoro sono
talmente simili ad uno sfruttamento di carattere schiavistico da aver talora trovato una qualche eco indignata
persino sulla asservitissima stampa nostrana. D'altra parte questi padroni e padroncini non hanno fatto altro che
applicare in piena libertà metodi quali lo sfruttamento intensivo di manodopera femminile e minorile
già applicati,
sia pure clandestinamente, sull'altra sponda dell'Adriatico. E' quindi del tutto chiaro cosa realmente intendano
i nostri governanti quando asseriscono che occorre praticare la solidarietà con gli albanesi purché
se ne restino
a casa loro. Le anime belle che ritenessero di stupirsi che un argomento tipico delle destre sia oggi
disinvoltamente fatto proprio da un governo di centro sinistra dovranno forse fare i conti con la banale
verità che
l'esistenza stessa di stati nazionali con loro propri e specifici interessi è quel che determina le scelte
concrete dei
governi, indipendentemente dal loro schierarsi a destra o a sinistra. Di indubbio valore educativo è
stata la distribuzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione nella pantomima
recitata nei giorni dell'affondamento della nave di profughi: il duro Berlusconi che scoppia in lacrime e
distribuisce una manciata di posti di lavoro ad una mezza dozzina di persone ed il cattolico Andreatta che difende
con forza l'operato della Marina Militare che con perizia e valore ha difeso le sacre sponde italiche dall'invasione
albanese e non manca di rimbrottare con vigore la stampa e la televisione per l'eccessiva e pericolosa attenzione
dedicata alla tragedia. Altro dato certamente curioso è che la vicenda albanese assume valenze
diversificate in
relazione all'ottica in cui viene esaminata. E' una situazione allarmante, una vera e propria emergenza politica
ed umanitaria derivante da quello che un commentatore ha definito il "suicidio di una nazione" ogniqualvolta
è
necessario giustificare l'intervento armato, tuttavia, beninteso, questa stessa situazione non è poi
così grave
quando si tratta di conferire lo status di profughi a coloro che tentano di sfuggirvi. In parole povere Prodi
è più
che disposto a proclamarsi imperatore d'Italia ed Albania purché gli albanesi siano consapevoli e lieti del
ruolo
di sudditi disciplinati loro assegnato che è l'unico che appieno si confà a gente che i mass media
più o meno
unanimemente riportano al mai del tutto sepolto ruolo di selvaggi, ora buoni ma incapaci di autodeterminarsi, ora
infidi, cattivi e pericolosi: in ogni caso bisognosi di una tutela sì umanitaria ma ferma e
decisa. Peraltro chiunque ritenesse che la vocazione imperialistica e neocoloniale del governo Prodi, il primo
governo
di sinistra dal dopoguerra ad oggi, sia in qualche modo frutto di momentanea improvvisazione farebbe bene a
ricordare che la compagine guidata dall'ex-presidente dell'I.R.I. ha invece dimostrato una indubbia lungimiranza
nel preparare l'Italia ad una politica estera più incline al vigore che all'esercizio della mediazione.
Nonostante
la più volte conclamata necessità di ridurre la spesa pubblica, nella recente finanziaria è
stato deciso un primo
stanziamento di cinquanta miliardi per la costruzione di una nuova, grande portaerei che sarà dotata di
aerei
Harrier a decollo corto ed atterraggio verticale che, come specificano le più accreditate riviste militari,
sono utili
non tanto in funzione difensiva ma per operazioni di sbarco. Il che conferma l'adozione di un Nuovo Modello
di Difesa in cui lo strumento militare diviene atto a difendere non solo le acque territoriali, la costa ed il territorio
ma anche e soprattutto gli "interessi nazionali all'estero". Con buona pace di coloro che credono nella
Costituzione ed in particolare in quell'articolo 11 che, se non erro, afferma che l'Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie
internazionali.
Quando la portaerei sarà completata il costo per la collettività sarà di duemila miliardi.
Alessandro Marescotti
su Avvenimenti faceva notare che una tale cifra sarebbe stata sufficiente a nutrire e mandare a
scuola per cinque
anni un milione di bambini keniani. Il che equivale ad un decimo della popolazione albanese. Il progetto di
legge di riforma del servizio militare presentato dl'Ulivo costituisce un altro, fondamentale tassello
nell'elaborazione e costruzione di quel Nuovo Modello di Difesa le cui linee portanti sono state tracciate negli
ultimi dieci anni, quando l'attitudine "interventista" dell'Italia si è venuta man mano affinando grazie
all'esperienza maturata nel Libano, nella guerra del golfo, in Somalia, in ex-Jugoslavia. Tutte "operazioni di
polizia internazionale" od "umanitarie" per le quali era necessario un esercito professionale, efficiente, ben
addestrato le cui motivazioni di fondo fossero una buona paga ed ancor migliori incentivi per ogni singola
missione. Di qui un progetto che, istituendo il Servizio Civile Nazionale, da un lato mira a coprire con
manodopera semigratuita i buchi aperti dalla dismissione dello stato sociale, dall'altro sanziona il carattere
volontario, professionale del nuovo esercito. Le forze armate potranno in tal modo selezionare coloro che
riterranno più idonei, ma avranno comunque in ogni momento la facoltà di avvalersi di chi, pur
avendo optato
per il civile ma non essendo obbiettore, fosse necessario ad un completamento dell'organico. E' un sistema che
riesce ad essere al contempo duttile ed efficiente, un sistema che l'Ulivo si è premurato di colorare di rosa,
grazie
alla sgradevole concessione alle donne del diritto di accedere alla carriera militare. Nel frattempo al di
là del canale d'Otranto l'Albania offre all'imperialismo italiano una nuova palestra
d'esercizio. L'avventura di Mussolini ebbe un ben duro prezzo per i popoli delle due sponde dell'Adriatico, quella
di Prodi, specie se non incontrerà una forte e decisa opposizione, non pare certo nascere sotto una buona
stella.
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