Rivista Anarchica Online
Omosessualità e liberazione sessuale
del Collettivo di liberazione sessuale (Milano)
Con questo articolo del collettivo di liberazione sessuale di Milano - che in più di un punto
non ci trova concordi - vorremmo si aprisse un dibattito non solo sulla "questione
omosessuale", ma anche più in generale sull'intera tematica legata ai problemi ed alle lotte
per la liberazione sessuale. Nonostante il gran parlare che al giorno d'oggi se ne fa di
continuo, nonostante le dichiarazioni e le pretese di tanti compagni/e, noi siamo convinti
che è proprio questo uno dei terreni sui quali si misura meglio la sostanziale arretratezza
dei singoli e del "movimento" nel suo insieme. Non costa molto dirsi spregiudicati, aperti, "liberati": oggi come oggi, è quasi d'obbligo il
proclamarsi tali, in molti ambienti. Ma quando poi dalla teoria si passa alla pratica, allora
saltano fuori tutte le vecchie incrostazioni, i pregiudizi, il razzismo; allora ci si rende conto
che duemila anni di cattiva educazione cattolica sono duri da spazzar via; allora si capisce
che si è solamente all'inizio di un lungo e faticoso processo di liberazione sessuale
Affrontare il problema del "battere" in termini politico-propositivi con l'intento di dare soluzioni
da super-market assolute e universali, è semplicemente assurdo. Chiunque abbia una minima
coscienza del mondo omosessuale sa quanto impossibile e mistificante sia prospettare una
immediata cancellazione di questa pratica. L'etichetta rossa e la garanzia di rivoluzionarietà sulle
confezioni da "10 alternative più 1 di regalo" non servono a nulla, anzi spesso nascondono
profonde paure e inveterato moralismo. Si sa che la morale sessuale della sinistra, quando esiste, è
soltanto moralismo altrettanto reazionario di quello tradizionale clericale e laico. L'unico
approccio corretto quindi alla questione è quello analitico, che tende a sviscerare i vari aspetti di
questa pratica comportamentale, dalle motivazioni socio-politiche a quelle psicologiche. È
indubbio infatti che dietro al fenomeno del battere stiano cause ben più profonde di quanto possa
apparire dalla considerazione semplicistica e sommaria della sua esteriorità. Di come-dove-quando
si batte sappiamo tutto. Del perché si batte sappiamo molto meno, ma al di là di quest'ultimo
ambito di indagine due riflessioni originali possono essere fatte rispetto a questa tematica.
Anzitutto nel rapporto sessuale è di per sé necessario precisare che né la quantità né
l'estemporaneità degli atti sessuali possono essere adottati come metro di giudizio per siglare la
nevrosi e la negatività del battere. Non è sul terreno della quantificazione né su quello della
misurazione cronometrica della sessualità che si può giungere al ritrovamento dell'essenza
alienante del battere. Tutt'altro, da questo punto di vista io credo che si possano ravvisare, per
quanto in forma deformata e imprecisa, nella dinamica sessuale caratteristica degli "incontri"
omosessuali, degli elementi che concorrono ad affermare un punto molto importante nel processo
di liberazione della sessualità dalle incrostazioni della morale dominante e cioè il fatto che il
momento di comunicazione, fra individui, è un modo di porsi in rapporto con gli altri senza
bisogno di giustificazioni o di certificati di fiducia giuridica, economica, morale e neppure della
mistificante ideologia-paravento dell'Amore. La sessualità basta a se stessa. Oltretutto credo non
esista altra forma più globale e totalizzante nell'ambito della comunicazione interpersonale, poiché
nel rapporto sessuale non esiste un univoco e schematico linguaggio (quello verbale) ma i
messaggi viaggiano, attraverso molteplici canali di trasmissione che coinvolgono tutti gli organi di
senso e recezione dell'organismo, dalla vista al tatto, dall'odorato al gusto, dall'udito alla vocalità
spontanea e al di fuori degli schemi dialogici verbali. Se il rapporto sessuale è dunque
sostanzialmente un'esperienza d'amore, perché mai la frequenza e la durata debbono essere le
coordinate cartesiane che stabiliscono il grafico entro il quale la sessualità può essere considerata
buona, sana, positiva, normale, al quadrato, al cubo eccetera? Non abbiamo più bisogno di questa
"propedeutica per una salutare vita sessuale".
Al di là delle sue componenti organiche e psichiche, la sessualità non ha e non può avere
codificazioni di espressione né tempi di durata, perché anzi si potrebbe affermare che la sessualità
prospetta addirittura l'atemporalità, dell'esistenza e dell'azione. È dunque evidente che un rapporto
erotico-amoroso può svilupparsi in un'ora come in un mese o in un anno, senza per questo
perdere o acquistare in qualità o costruttività. D'altronde questo discorso non inficia minimamente
il dato di fatto che nel tipo di contatto fisico realizzantesi nel "battere" vengono a mancare il 90
per cento dei presupposti prima indicati rispetto ad una ipotetica (per ora) sessualità libera e
spontanea. È palese infatti il carattere di sfogo esclusivamente fisiologico proprio dei rapporti
fisici nei luoghi noti agli omosessuali; come pure il carattere ossessivamente genitale che il
desiderio omosessuale assume in quegli stessi rapporti; il gioco fallico in questi casi non è mai più
gioco ma solo nevrotica ricerca del fallo consolatore e schiavizzante al tempo stesso. Neppure si
deve dimenticare l'atmosfera stessa in cui si svolge l'atto sessuale, carica di sensi di colpa, di
paure, di vergogne per la propria condizione e più in generale per il rapporto sessuale in sè.
Questo senza prendere in considerazione lo spazio fisico in cui si consuma la sessualità e su cui si
potrebbero ugualmente fare delle riflessioni critiche e delle distinzioni. In sostanza, non si può
riconoscere in questa pratica sessuale la possibilità di realizzare rapporti pienamente autentici o
che si riallaccino ad una visione della sessualità come esperienza non imbrigliata in ruoli e schemi
e non soggiogata dalla morale sessuofobica dispensatrice di colpevolizzazioni e paure. Tuttavia è
possibile, estrapolando dalle situazioni contingenti, riconoscere le basi per una più ampia
accettazione della sessualità, delle qualità erotiche dell'uomo e dei diversi livelli di incontri sessuali
possibili. In effetti, l'omosessualità stessa rappresenta l'affermazione (potenziale o effettiva) di una
sessualità come espressione di amore edonistico non finalizzato o strumentalizzato; ed è proprio
questo motivo, in fondo, che fa degli omosessuali dei potenziali sovversivi. La coscienza perciò di
queste potenzialità, che offrono la possibilità di impostare i rapporti interpersonali su basi
completamente originali e diverse dai ruoli sclerotizzanti, è inutile (e dilettevole) per noi
omosessuali in quanto accresce la nostra "diversità" e la nostra distanza dalla "normalità" con
elementi effettivamente rivoluzionari rispetto alla ormai super-nominata qualità della vita.
Un secondo spunto di riflessione concerne la possibilità di estendere l'analisi dei rapporti fra
omosessuali nel battere alle relazioni interpersonali in generale; nel senso che è possibile
riconoscere in tutti i rapporti affettivi e sessuali che intercorrono fra gli individui delle costanti che
fanno di questi rapporti dei momenti di alienazione, di nevrosi, di schizofrenia. Voglio dire che, in
ultima analisi, il "battere" e le sue dinamiche non sono che una esasperazione o una forma più
evidente di alienazione sessuale, legate all'oppressione e alla emarginazione degli omosessuali da
parte della società, ma che comunque si ricollegano alla generale mercificazione dei rapporti
interpersonali attuati dal sistema. Il filo della repressione sessuale stabilisce una continuità precisa
e logistica fra i rapporti omosessuali e i rapporti sessuali, come universalmente vengono vissuti
nella nostra società.
L'ogettivazione sessuale a cui l'omosessuale soggiace e a cui sottopone gli altri omosessuali, non è
un dato caratteristico e caratterizzante dell'omosessualità; anzi, l'omosessualità in questo caso
viene plagiata dal comportamento eterosessuale maggioritario. La ruolizzazione fra gli
omosessuali non è un aspetto conseguente al desiderio omosessuale; tutt'altro, è una conseguenza
dell'impostazione e della divisione in categorie operata dal potere eterosessuale. La "prestazione"
sessuale cui l'omosessuale appare indissolubilmente vincolato, non è un elemento legato
necessariamente al bisogno libidico di tipo omosessuale. Nient'affatto! Tutto ciò noi lo ritroviamo,
in modo più mascherato forse è più mistificato di certo, nei rapporti eterosessuali. Si può anche
prescindere dagli esempi più lapalissiani di mercificazione della persona e del sesso, quali la
prostituzione femminile, che d'altra parte rientra, con o senza il benestare dei benpensanti,
nell'ambito della morale sessuale borghese poiché intrinsecamente legata alla monogamia e alla
famiglia. Senza neanche soffermarsi molto a risottolineare il carattere economico-commerciale
(anche a livello psicologico) di istituzioni come il matrimonio e la famiglia, che tutt'oggi ci
vengono riproposte come situazioni di piacevole aggregazione, come ambienti in cui sia possibile
un sincero e liberante (?) scambio affettivo; nonostante tutte le mistiche e le ultime salse
tonificanti (che vengono purtroppo pure da sinistra), lo squallore di queste realtà socialmente
riconosciute è un costante pugno nell'occhio per ogni persona minimamente in possesso di
raziocinio. Al di là comunque di questi esempi ormai tradizionali e patrimonio dei più coscienti,
esistono in tutti i rapporti interpersonali, nella ricerca dei partners e nel vissuto affettivo e sessuale
fra gli individui, meccanismi psicologici che si originano nella mercificazione. Le donne non si
vendono forse per il proprio corpo? E questo non solo per le più sventurate che optano per la
pornografia, la moda, la pubblicità. Ogni donna si vende per il suo aspetto fisico. Tutte le donne
vivono in funzione del desiderio maschile, tanto è vero che la loro ragione di essere risiede
nell'essere desiderate, ricercate, nell'essere scelte dal maschio di turno. Vivere in funzione di un
soggetto desiderante significa affermarsi come oggetto di desiderio. Chi è donna ha sperimentato
questa propria mercificazione quotidiana, come chi è omosessuale si è trovato a dover
impersonare la parte della donna-oggetto per avere una identità sessuale, che poi si è visto
ugualmente negare perché l'omosessuale non può avere una identità. Tutte le donne "battono",
adottano comportamenti, atteggiamenti, cosmesi, voci e persino intere esistenze che
concretizzano la loro commercializzazione. Se essere alienati vuol dire vivere al di fuori di sé,
nessuno può affermare di essere estraneo da questa drammatica condizione di "merce" in cui tutti
viviamo. Non ci vendiamo forse ogni giorno per un po' di sicurezza posticcia o per un po' di
compagnia? Anche gli eterosessuali battono e si cercano secondo ruoli ben precisi, secondo
schemi che contemplano ogni gesto-tono di voce-atteggiamento! Pure i maschi eterosessuali sono
dei fantocci sessuali che si ispirano all'ultimo viriloide della cinematografia; ora si vendono anche
per progressisti-femministi-antimaschi, tutto compreso nel prezzo.
Ma questi nostri "compagni" di oppressione sono anche nostri tenaci oppressori, che ricavano
gratificazioni e potere dalla loro condizione di burattini del potere. Noi omosessuali e le donne
siamo come la merce esposta sui banconi al mercato: chi compra è sempre il maschio, che ha il
denaro; hanno buggerato anche lui, è vero, ma per ora il potere e l'oppressione eterosessuale non
sono ancora parole vuote o fantasmi del passato. Pur ponendo i dovuti distinguo, quindi; non
meravigliamoci troppo dell'alienazione degli omosessuali che battono nei cessi, nei parchi, nei
cinema al buio. Il mondo è pieno di gente che "batte" e si vende indossando gli abiti da Persona
gentilmente offerti dal sistema. La nevrosi è universale, perché universale è la repressione
sessuale. Ma non è più il momento di chiedersi "che fare"! Bisogna riscoprire il piacere di cercarsi
in prima persona, ma al di fuori di ogni imposizione, di ogni oggettivazione, di ogni
strumentalizzazione, come si addice ad ogni essere umano.
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