Rivista Anarchica Online
Obiezione e legge
di Sergio Cattaneo / Franco Pasello
Lo scorso dicembre è ricorso il decimo anniversario della legge con la quale lo stato italiano
«riconosceva» l'obiezione di coscienza al servizio militare e imponeva un nuovo obbligo per coloro
che gli inquisitori statali avevano la bontà di riconoscere come obiettori di coscienza: l'obbligo del
servizio civile. Il giovane «aspirante obiettore» all'esercito avrebbe così dovuto chiedere alla stessa istituzione
militare il permesso per non fare il servizio militare e in cambio dare la sua disponibilità a svolgere
il servizio civile. Veniva ad essere così stravolta la stessa logica per la quale l'obiezione di
coscienza al servizio militare era stata fino ad allora una pratica di disobbedienza e di rifiuto al di
fuori di ogni istituzione, legge o riconoscimento della Stato. Per assurdo che possa sembrare il giovane diventa obiettore solo se la sua domanda di obiezione (!)
gli viene accolta dalla commissione esaminatrice. Non si riesce quindi bene a capire cosa c'entri
l'autodeterminazione dell'obiettore e il diritto all'obiezione di coscienza di cui tanto si ciancia
quando nel momento stesso in cui inoltra la domanda scende a compromesso con la stessa
istituzione che vorrebbe negare. A nostro parere l'obiezione di coscienza al servizio militare, che
preferiamo chiamare rifiuto del servizio militare, non può che continuare ad essere, come prima
della legge, una pratica di disobbedienza e rifiuto alla sottomissione al di fuori di ogni istituzione,
legge, obbligo, dovere, riconoscimento, ecc. ecc .. E l'obiezione legalizzata, l'obiezione parziale, non è che un controsenso fuori da ogni logica. Ecco la grande conquista di 10 anni fa: il diritto all'obiezione era finalmente riconosciuto dallo
stato italiano (riconosciuto, ufficializzato, legalizzato, istituzionalizzato), che poteva presentare una
facciata democratica al'opinione pubblica e da quel momento contenere all'interno del sistema
anche la contestazione del servizio militare sempre obbligatorio e del militarismo in genere. Negli
anni successivi fino ad oggi vedremo la Lega Obiettori di Coscienza (L.O.C.) e i vari riformisti di
ogni genere e colore proporre nuove leggi a favore dell'«obiezione» e dell'«obiettore»: per
un'obiezione che sia veramente obiezione, per la regionalizzazione del servizio civile, per la sua
riduzione a 12 mesi alla pari di quello militare, perché venga eliminata la commissione
esaminatrice o inquisitrice, ecc. ecc .. Quello di cui quasi nessuno parlava più era di
antimilitarismo. Ma non vogliamo parlare solo di questo: abbiamo voluto solo mettere in risalto come l'obiezione
legalizzata non abbia più niente in fatto di valori, se mai li ha avuti, per continuare a chiamarsi
obiezione di coscienza. Vogliamo ricordare che a 10 anni da una legge che possiamo chiamare
vittoria e sconfitta dell'antimilitarismo (vittoria perché lo Stato fu costretto a concederla e sconfitta
perché il movimento di allora si impantanò sulla stessa), moltissimi giovani hanno continuato a
finire nelle carceri militari per rifiuto del servizio di leva, giovani che hanno rifiutato di farsi
inquadrare in una legge, che hanno voluto continuare a contestare quella sporca istituzione di morte
che è l'istituzione militare, con le sue carceri, tribunali, caserme e negazione dell'individualità. Vogliamo ricordare le lotte svoltesi all'interno delle carceri militari, i rifiuti alle varie imposizioni e
obblighi che sono continuati anche in carcere, le celle d'isolamento 2 metri x 2 e mezzo, umide,
fredde e sporche dove spesso si finiva, gli scioperi della fame del 1975 e del 1977 per una maggiore
vivibilità all'interno delle stesse carceri. E ricordare i detenuti cosiddetti comuni, giovani che
durante il servizio militare sono finiti in galera senza ben sapere come e perché, con «reati» o
cosiddetti tali che andavano dalla mancanza alla chiamata alla diserzione, dalla disobbedienza alla
insubordinazione spesso con violenza. E il fatto che avessero spesso dei precedenti civili faceva sì
che anche il tribunale militare finisse con il condannarli a pene molto più dure di quelle che
venivano riservate all'obiettore. Inoltre i tentativi di suicidio o spesso solo di autolesionismo che
costoro facevano specie quando finivano in isolamento. E non si possono dimenticare i pestaggi di
cui erano vittime alcuni a Gaeta, Peschiera e negli altri lager militari perché anche in questi posti
inconsciamente si ribellavano. E' d'obbligo ricordare che nonostante la legge che riconosce,
legalizza, ecc. ecc., sono stati più i giovani che sono finiti in carcere per rifiuto del servizio militare
in questi ultimi 10 anni che non coloro che vi erano finiti dal 1946 al 1972. E ricordiamo coloro che
sono andati all'estero nonostante esista questo supposto diritto (sic!) all'obiezione di coscienza, per
non finire in una galera militare italiana. E tutti coloro che hanno disertato il servizio civile,
mettendone in discussione la validità per una reale pratica antimilitarista e a questo proposito
ricordiamo il compagno Mauro Turolla che nella dichiarazione da lui resa pubblica definì il
servizio civile «sporco surrogato del servizio militare». Dai primi giovani che rifiutarono la legge nel 1973-74 ad oggi con i casi attuali di Pippo Scarso di
Giarratana (RG) e Mauro Zanoni di Asola (MN) è stata tutta una serie ininterrotta di compagni che
hanno rifiutato di sottomettersi all'istituzione militare. A 10 anni dalla legge che nell'intenzione di
coloro che allora l'avevano voluta doveva impedire che molti giovani varcassero la soglia di un
carcere per le loro idee, abbiamo voluto non ricordare una legge-inganno (e ogni legge finisce per
essere tale) ma tutti coloro, spesso sconosciuti e anonimi, che in questo periodo sono finiti in
galera, e anche quando non si trattava di compagni anarchici le motivazioni di fondo per cui veniva
rifiutato il servizio militare erano libertarie.
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