Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 139
estate 1986


Rivista Anarchica Online

Ma l'atrazina non è tossica?
di Fausta Bizzozzero

Cassolnovo è il primo paese il cui acquedotto è stato chiuso per inquinamento da atrazina. Da anni un operaio, comunista-in-crisi, sta combattendo una battaglia per la qualità dell'acqua, contro il complice disinteresse delle autorità. Siamo andati a trovarlo. Ecco la sua storia tutt'altro che conclusa.

Cassolnovo è in Lomellina, a pochi chilometri da Vigevano. Giunta di sinistra, economia basata su piccola agricoltura e pendolarismo, ha l'aspetto anonimo, pulito e benestante di tanti paesi della provincia lombarda: nessuno ne avrebbe mai parlato se non fosse perché è stato il primo paese in cui è stato chiuso l'acquedotto per inquinamento da atrazina, seguito a ruota da molti altri comuni.
Quello che non riesco a capire è come mai nel giro di quei pochi giorni di maggio, improvvisamente, le autorità scoprono tante situazioni simili e attuano un provvedimento tanto drastico; vorrei capire cosa c'è dietro le scarne e contraddittorie notizie dei mass-media e non potendo farlo per tutti i paesi coinvolti scelgo per comodità Cassolnovo. Amici e compagni di Vigevano mi consigliano di parlare con Enrico Canna che, lo sanno tutti in zona, è la persona più informata e documentata. Ci vado attraversando questa bella campagna in cui il verde tenero del riso si alterna al verde intenso del granoturco, spezzato qua e là da rogge, filari e cascine.
Enrico Canna, 39 anni, operaio, è un comunista-idealista-attivista-in crisi, ma al di là delle ovvie differenze ideologiche mi fa subito simpatia perché mi sembra uno dei pochi sopravvissuti di una specie in estinzione: autodidatta, ha la vocazione del rompiscatole solitario, di quello che scopre le magagne e le denuncia, di quello che perde le nottate per studiare incartamenti, leggi, regolamenti, di quello che pazientemente ma con determinazione non molla la presa. Raccoglitori su raccoglitori di lettere, raccomandate, esposti, richieste, testimoniano anni di battaglie solitarie, in cui spesso si è trovato contro anche il suo partito.
Gli chiedo di raccontare i retroscena del caso atrazina. "Sono cinque anni ormai - dice - che mi batto per la qualità dell'acqua di Cassolnovo, quindi da molto tempo prima che comparisse sulla scena l'atrazina. I problemi preesistenti erano legati alla presenza, nell'acqua erogata, di ferro e manganese in misura decisamente superiore ai limiti tollerabili, e sono problemi tuttora irrisolti". Si alza, esce e ritorna con una bottiglia in cui ha raccolto un campione nei giorni scorsi. Sono allibita: sul fondo della bottiglia c'è un centimetro di melma scura che fa diventare l'acqua marrone non appena la si muove. L'ha portata al presidente della USL competente, certo Inzaghi, che gli ha risposto "non mettermi nei pasticci"; l'ha portata all'Ufficio di Igiene che si è rifiutato di analizzarla. "Cosa posso fare a questo punto - si chiede e mi chiede - se non rivolgermi per l'ennesima volta alla magistratura?".
Nessuna delle amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni si è mai realmente preoccupata del problema, nascondendosi dietro al fatto che non esisteva alcuna legge in merito; esisteva solo una direttiva CEE del 1980 a cui i governi dei vari paesi avrebbero dovuto adeguarsi entro cinque anni e una circolare, la n. 38, della Regione Lombardia che era, appunto, solo una circolare e recepiva quelle direttive. Il paese dispone di due pozzi, quello di Via Tornura e quello di Via Roma. Sino a qualche tempo fa era in funzione il primo (che pesca da una falda a 98 metri di profondità), poi il ricorso alla magistratura di Enrico Canna aveva provocato una perizia della Pretura, l'acqua era stata dichiarata "indesiderabile" per le percentuali di manganese riscontrate in falda e c'era stato un accordo: si chiudeva il pozzo di Via Tornura, si provvedeva a scavare un nuovo pozzo e nel frattempo si metteva in funzione quello di Via Roma che però pescava solo a 38 metri di profondità. Peccato che il nuovo pozzo non abbia mai visto la luce.
La situazione, comunque, non era e non è migliorata quanto a presenza di ferro e manganese; si è scoperto infatti che i tubi dell'acquedotto sono saldati a fiamma e non elettricamente (non erano quindi state rispettate le norme del capitolato d'appalto) e questo faceva sì che l'acqua fosse abbastanza buona alla partenza ma si arricchisse poi nel percorso di queste sostanze lasciate dai tubi. Nuovi ricorsi, nuove analisi, ma nessuna ricerca di responsabilità, naturalmente. A tutt'oggi.
"La difficoltà maggiore - dice Enrico Canna amareggiato - è riuscire ad avere i dati delle analisi. Solo l'Amministrazione Comunale li ha ma non li dà a nessuno, per cui un utente come me che vuole e ha diritto di sapere come stanno le cose deve fare i salti mortali per riuscirci. Il sindaco mi promette sempre ma poi...".
Su questi problemi e sui conseguenti disagi della popolazione si innesta poi quello dell'atrazina. "Già il 10/7/1984 le analisi davano un valore di 0,25 di atrazina in rete; il 4/3/1985 il valore saliva a 0,34, quando il limite fissato dalla circolare Lombardia n. 38 era di 0,10. Io stesso il 27/7/1984 avevo pizzicato il contadino responsabile e avevo subito fatto il solito esposto alla magistratura. Infatti quella stessa circolare prevedeva che nel raggio di 200 metri dal pozzo non si potessero svolgere attività né usare pesticidi, fertilizzanti, ecc... Quel contadino coltivava, si può dire, sul pozzo, a due metri, e inoltre il pozzo pescava solo a 38 metri di profondità. Primo risultato: 480.000 lire di multa al contadino che ha continuato indisturbato. Quest'anno, sempre lì, coltiva soia. Secondo risultato: una tardiva ordinanza del sindaco che riguarda la distanza di sicurezza dal pozzo ma tace in merito alle percentuali di ferro, manganese, atrazina. Terzo risultato: almeno dal luglio 1984 (data in cui ne viene certificata la presenza) l'atrazina fa parte del menù quotidiano in misura consistente per l'intera popolazione, ma nessuna misura viene adottata per salvaguardare la salute pubblica". Sono allibita. Ma perché allora lo stato, così "paterno", interviene solo e proprio il 9 maggio di quest'anno e chiude l'acquedotto?
"È molto semplice - mi spiega Canna, che per la sua lunga esperienza è molto più smaliziato di me - perché quelle famose direttive CEE dell'80 di cui abbiamo parlato all'inizio avrebbero dovuto diventare operative e quindi "legge" nel 1985, ma il nostro governo ha chiesto e ottenuto un anno di proroga (più che consapevole delle pessime condizioni idriche dei comuni italiani) e voilà, eccoci alla scadenza del 9 maggio 1986 in cui la legge entra in vigore. Si rileva presenza d'atrazina in misura dello 0,12 (limite 0,1), con zelo improvviso il pozzo viene chiuso, arrivano le autobotti, i disagi della popolazione crescono ancora, c'è persino chi tenta di speculare su taniche e acqua minerale. Ma nessuno si preoccupa del prima, nessun partito fa interrogazioni, nessuno pensa ad informare la gente; anzi, la proposta di fare un consiglio comunale aperto sull'acqua non viene accolta e guai a parlare di assemblea...".
Ma un'assemblea la può indire chiunque e ovunque, in un prato o in un campo sportivo, che ne so, e tu che avevi seguito tutta la vicenda per anni eri la persona più adatta...
"Hai ragione e penso che lo farò insieme a qualche compagno più sensibile chiedendo magari proprio l'aula del consiglio comunale. Nel frattempo, il 30/5/86 ho mandato una lettera al sindaco in cui chiedo risposte a una serie di interrogativi scomodi (non ho ancora ricevuto risposta), e nella stessa data ho fatto l'ennesimo esposto alla magistratura col risultato che il terreno è stato posto sotto sequestro penale e sono stati nominati tre periti dell'Università che fanno altri prelievi di cui si saprà qualcosa entro 90 giorni, cioè in settembre".
Per informare la gente Canna ha usufruito, come fa dal 1981, dello spazio che i giornali locali, nei limiti del possibile e degli equilibri politici, gli hanno messo a disposizione. Ma, confessa, è molto stanco, non tanto - o non solo - perché avere a che fare con la burocrazia statale è estenuante, quanto per l'apatia che vede intorno a sé, l'abitudine alla delega anche sui problemi che riguardano la salute di tutti.
Mi viene in mente che in una zona ricca di cascine come questa dovrebbero esserci molti pozzi privati. Qualcuno ha pensato ad analizzare la loro acqua?
"Naturalmente no, e quando i contadini la portano al laboratorio provinciale si sentono rispondere che non è in grado di farlo (ogni analisi fatta privatamente costa centomila lire). A mio avviso l'unica soluzione sarebbe creare un comitato di cittadini che si autotassi, chiami un notaio per assistere ai prelievi e faccia effettuare le analisi in laboratori privati".
Canna si alza e ritorna col testo delle direttive CEE. Per averlo ha dovuto faticare non poco. Guardiamo insieme i parametri massimi previsti (manganese 0,05; ferro 0,02; antiparassitari, fertilizzanti chimici ecc. 0,1 e 0,5 se sommati) e notiamo un paragrafo che era sfuggito anche a lui in cui si dice, in sintesi, che i vari governi possono derogare (spostando i parametri) dai valori indicati ma tali deroghe in nessun caso possono riguardare fattori tossici e microbiologici né comportare un rischio per la salute pubblica.
Ci guardiamo e pensiamo la stessa cosa: che cos'è l'atrazina se non un fattore tossico? Il decreto Degan, che ha spostato il limite accettabile di atrazina e sostanze simili da 0,1 a 1 è quindi non solo una presa in giro (come lo era quello sulla radioattività) ma - proprio stando alla legge - sembrerebbe addirittura illegale...
Canna dice che deve studiare più a fondo la cosa, ma gli occhi gli brillano all'idea di una nuova possibile contesa.