Rivista Anarchica Online
W la bestemmia
Le asserzioni di F.
Lamendola sul numero 142 della nostra rivista nei riguardi della
cronaca "Anticlericali in Festa" mi hanno colpito come un'offesa
ai miei ideali d'anarchico e all'intelligenza di noi tutti. Con un
protervo moralismo di chiara derivazione seminarista ed in nome d'una
tolleranza falsa e pericolosa, in quanto gravida d'effetti
reazionari, si sente in grado di dare giudizi riguardo al diritto di
dirsi anarchico del compagno estensore dell'articolo e di chi altri
con lui possa trovarsi in sintonia. Contemporaneamente
si sente altrettanto in grado di dare patente di anarchici non solo,
e passi, ad un Tolstoj, su cui sarebbe ora di fare chiarezza con uno
scambio di vedute finalmente approfondito, ma udite-udite
"nientepopòdimenoché" al di lui discepolo il Mahatma Gandhi,
definendolo anarchico di diritto. Ma certo lui non avrà mai saputo
d'esserlo, altrimenti non sarebbe mai stato un influente membro del
movimento nazionalista; non si sarebbe prodigato a favorire
l'Inghilterra nella guerra contro i Boeri; non si sarebbe limitato ad
intrupparsi nel corpo ambulanze durante la rivolta in Africa degli
Zulu contro gli inglesi; non si sarebbe schierato contro quei gruppi
anarchici che operavano in India agli inizi del secolo facendosi ben
sentire anche se in pochi; non avrebbe fraternizzato anche se solo in
chiave anti-inglese con uno stato fascista e con Mussolini; infine
non si sarebbe mai sognato di andare contro natura votandosi
trentasettenne alla castità spingendo pure la giovane moglie a
farlo. Ora a questo punto
mi sento anche imbarazzato per il fatto di infierire su di un
individuo con tanto casino in testa, ma del resto sono del parere che
non si possa passare sotto silenzio tanti/troppi demagogici ed
insensati discorsi che serpeggiano da un po' di tempo tra di noi. Per quanto riguarda
le tanto deprecate bestemmie in bocca e negli scritti nostri, voglio
riaffermare forte il mio/nostro diritto-dovere d'anarchico e di
a-religioso all'iconoclastia in ogni campo e in ogni forma senza
preoccuparsi della suscettibilità dei credenti che restano
ovviamente liberi di credere e pregare chi e come credono. Voglio
altresì gridare il mio/nostro diritto di individui raziocinanti di
rifiutare tolleranza (certo non la libertà di pensare diversamente)
a chi non ne dimostra nei miei/nostri confronti, quando col loro
senso religioso continuano imperterriti ad offendere il "Buon
Senso" raggiunto con stenti e fatiche dall'Homo Sapiens nella lotta
contro gli oscurantismi religiosi che tendono a retrocederlo a
livello di primate. Permettetemi a
questo punto di riportarvi un detto di stampo prettamente romagnolo
che con l'arguzia dei poveri "cafoni" di bertoldesca memoria è
una risposta a tanti Cacasenno sputasentenze di tutti i tempi. Chiede
un bambino al padre: "Come si fa a diventare anarchici?" e il
padre risponde: "Dà un forte pugno sul tavolo, tira una bestemmia,
e dà uno schiaffo a tua madre". È
chiaro che con l'allegoria si intenda significare che un anarchico
deve necessariamente rompere con i falsi perbenismi che impongono uno
stretto autocontrollo nei rapporti convenzionali dei ruoli
famigliari, quindi il pugno sul tavolo di casa da parte del figlio
sta a significare la volontà a far valere la propria personalità in
particolar modo nei riguardi del padre capo indiscusso. Indi la ribellione
al dispotico governo materno quale riscatto dalle convenzioni e dal
di lei possessivo amore, per asserire la volontà alla propria
libertà di avere affetti liberi e non programmati dalla natura e
dalle convenienze. Ed infine colla
bestemmia si intende non tanto la rivolta anticlericale già insita
nella cultura romagnola, ma il coraggio di rompere, con l'arma della
dissacrazione, le catene interiori, i condizionamenti dovuti al senso
religioso, da sempre fidi alleati della reazione e
dell'autoritarismo, i tabù più forti e più difficili da cui
liberarsi per potere acquisire una vera razionalità che conduca ad
una forma di pensiero completamente libero ed emancipato.
Nik (Rimini)
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