Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 147
giugno 1987


Rivista Anarchica Online

Nel cuore della tenebra
di Fausta Bizzozzero

Fine aprile 1986. È una splendida giornata in Italia - tersa, con un cielo blu come raramente accade e la primavera che finalmente è esplosa - quella in cui ci colpisce come una meteora la notizia dell'arrivo della nube di Chernobyl.
È altrettanto bella questa giornata anche in Germania, nel Meclemburgo, dove la protagonista e io narrante (Christa Wolf, Guasto, Edizioni E/0, 1987, pagg. 131, lire 16.000) si trova, sola, in una vecchia casa di campagna. La notizia del "guasto" a una centrale nucleare arriva sulle onde della radio: non è inaspettata per chi, come lei, si è interrogata ed ha riflettuto a lungo sui rischi di una scienza che non conosce le conseguenze delle sue scoperte e malgrado questo non si ferma; eppure..., eppure la rabbia e l'angoscia sono grandi e la coscienza non tace, non si nasconde di fronte all'orrore, un orrore alimentato anche dal contrasto con la visione idilliaca di una campagna in pieno fulgore. A tanto si doveva arrivare, a tanto siamo arrivati.
Il "guasto" (Chernobyl non viene mai citato) segna un punto di rottura, segna un limite simbolico ormai superato oltre il quale non è più possibile pensarsi e pensare il futuro.
È una giornata particolare, e non solo per il "guasto" o per una nuvola che si sposta col suo carico radioattivo sulle ali del vento (mai più, mai più sarà possibile pensare alle nuvole come "prima"); oggi un'equipe di medici super-specializzati sta operando il fratello al cervello, sta tentando di estirpare un tumore senza ledere i centri nervosi essenziali.
L'angoscia si somma all'angoscia dell'attesa, il dolore al dolore. Con chi parlare di quel che accade e che incombe se non con il fratello assente, tanto amato e tanto diverso, così sicuro dell'ineluttabilità del progresso e della scienza, così legato e rinchiuso dentro una concezione tutta razionale del mondo e della vita?
A lui - che giace incosciente in una asettica sala operatoria - si possono raccontare pensieri, riflessioni, dubbi, pur sapendo quali sarebbero le sue risposte, proprio perché il suo cervello, aperto sotto i ferri dei chirurghi, rappresenta simbolicamente il luogo in cui si è creata la cultura umana, quella cultura che ha fatto dell'uomo il "padrone dell'universo" e ne ha determinato tutte le scelte.
"A Quale crocevia l'evoluzione in noi umani ha imboccato la strada sbagliata, al punto che abbiamo associato il soddisfacimento del piacere alla spinta alla distruzione. Oppure, ponendo diversamente la domanda, quale paura separa rigidamente quei giovani così coscienziosi (gli scienziati novelli Faust, n.d.r.) da ciò che noi gente normale chiamiamo "vita". Una paura che dev'essere così enorme che essi preferiscono "liberare" l'atomo piuttosto che se stessi...".
Così si domanda, nel soliloquio e colloquio a distanza col fratello, Christa Wolf, "Chi, fratello, fissa i confini del pericolo entro cui dobbiamo vivere?", "se fin da bambini ci hanno inculcato un bisogno così impellente di dominio e subordinazione, da porli alla base dell'invenzione dei nostri dei; da essere anzi esposti (...) all'obbligo di sottometterci a uomini, idee, idoli. Dov'è allora, fratellino, la via di scampo? Dov'è l'uscita di sicurezza?".
Piccoli gesti quotidiani scandiscono le ore di questa giornata particolare, aiutano a sopportare l'angoscia e l'attesa dell'esito dell'operazione: le mani coscientemente e volutamente nude nella terra del giardino, la colazione, le stoviglie da lavare, un giro in bicicletta in paese, una passeggiata nel bosco.
È qui che le torna alla mente la fiaba "Fratellino e Sorellina" che tanta tristezza trasmetteva a tutti e due da bambini a cui comunque sempre malgrado la paura si riaccostavano: "Fratellino, non bere. O diventerai un animale feroce e mi sbranerai" e ogni volta, diventando protagonisti della fiaba, il fratellino non riusciva a resistere alla sete e finiva per bere.
Non succede, lo sappiamo, solo nelle fiabe.
Quando, quando avremo il coraggio di recarci fino al centro del punto cieco della nostra cultura? Quando avremo il coraggio di affrontare il "cuore della tenebra"?