Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 16
novembre 1972 - dicembre 1972


Rivista Anarchica Online

Se Valpreda esce
di A. B.

Bilancio di tre anni di controinformazione e di mobilitazione sulla strage di stato

A tre anni dalle bombe di Piazza Fontana, novità contraddittorie si accavallano, dopo mesi di silenzio. Da un lato la Cassazione decide di esiliare in Calabria il processo, dall'altro questa decisione appare così assurda e palesemente impopolare che si muovono addirittura il presidente della repubblica ed il governo per trovare una via legislativa alla scarcerazione di Valpreda. Da un lato l'inchiesta contro i fascisti Freda e Ventura sembra aver trovato prove consistenti della loro partecipazione agli attentati del '69, dall'altro il magistrato di Catanzaro, futuro giudice forse di Valpreda, dice che a suo avviso i procedimenti contro gli anarchici e contro i fascisti vanno unificati in un solo processo. Da un lato i due sostituti procuratori milanesi incaricati dell'inchiesta sulla cosiddetta "pista nera" emettono avvisi di reato, per occultamento o distruzione di prove, contro "tre pezzi da novanta" della polizia (i capi degli uffici politici di Milano e Roma ed il vice capo della P.S.); dall'altro uno dei due sostituti procuratori viene esonerato e l'altro ammonito...
A tre anni dalle bombe di Piazza Fontana, alla vigilia, forse della scarcerazione di Valpreda, Borghese e Gargamelli, è tempo di fare un bilancio del nostro lavoro di contro-informazione e di agitazione sulla strage di stato. È cioè tempo di misurare i risultati di un intervento che ha impegnato per tre anni tanta parte delle energie del movimento anarchico italiano, con contro-indagini, comizi, conferenze, manifesti, volantini, articoli, documenti, cortei, processi popolari, scontri di piazza, che è costato decine e decine di denunce per "vilipendi", "manifestazioni non autorizzate", "diffusione di notizie false e tendenziose"...

Per semplificare il discorso sui risultati di questa campagna di mobilitazione dell'opinione pubblica, che ha sempre visto gli anarchici in prima fila anche se spesso (soprattutto negli ultimi tempi) messi in ombra da partners più ricchi di mezzi e più efficienti nel ricercare e nell'ottenere pubblicità, è utile suddividere la cosiddetta opinione pubblica italiana in quattro "cerchi" concentrici, a misura della sua ricettività agli stimoli informativi e propagandistici. C'è un primo cerchio di elementi direttamente e regolarmente raggiungibili dalla contro-informazione che utilizza i canali "alternativi" e ad essa sensibile, e che si identifica in buona parte con i militanti ed i simpatizzanti della sinistra extra-parlamentare. Diciamo, con una stima approssimativa ed a titolo indicativo, alcune decine di migliaia (tra le cinquanta e le centomila) di compagni in senso lato. Il secondo cerchio, esterno al primo e molto più ampio, è costituito dalla cosiddetta opinione pubblica democratica, cui i messaggi degli anarchici e degli extra-parlamentari giungono irregolarmente e che questi messaggi, informativi o propagandistici che siano, accoglie con riserva di pregiudizio e in genere anche con una discreta dose di incredulità (legata com'è, in massima parte, ai partiti della sinistra parlamentare). A quest'opinione pubblica "democratica" o democratizzante, parzialmente accessibile ai nostri messaggi e limitatamente disponibile per una libera opinione, possiamo attribuire, sempre a titolo indicativo, un milione (forse due) di individui.
Un terzo cerchio, di una decina di milioni di individui, riunisce tutti coloro che sono praticamente irraggiungibili dalle minoranze rivoluzionarie (per ostacoli oggettivi e per loro "rifiuto" soggettivo) e soggetti in modo passivo alla manipolazione della televisione, dei grandi organi di stampa e degli apparati propagandistici di partito. All'esterno di questi, ed al di fuori addirittura non solo dalla portata della nostra debole voce, ma anche di quella ben più vigorosa dei quotidiani e delle reti capillari di partito, e in parte sinora anche della televisione, restano gli altri quaranta milioni circa di italiani tagliati fuori quasi anche come spettatori delle vicende politiche del paese, forti, in termini di opinione pubblica, solo e involontariamente della forza conservatrice d'inerzia.
È una distinzione, questa, che non ha una precisa corrispondenza di classe o geografica (e che è piuttosto legata a livello culturale, all'impegno ed alle convinzioni politiche) anche se, di fatto, troviamo nel primo "cerchio" una grande maggioranza di studenti e intellettuali e comunque quasi solo giovani e cittadini, e nell'ultimo "cerchio" una maggioranza di contadini, di meridionali, di donne.

Quali gli scopi della nostra campagna di agitazione e di controinformazione e quali i risultati ai diversi livelli di opinione pubblica individuati? Gli scopi erano essenzialmente due: da un lato (come finalità minimale difensiva) dimostrare l'innocenza degli anarchici e ottenere la scarcerazione dei compagni arrestati, dall'altro ritorcere la manovra provocatoria-repressiva contro i provocatori-repressori, capovolgere la situazione (o meglio rimetterla nei giusti termini) mettendo sotto accusa gli accusatori, contrattaccando lo stato.
I risultati? Al primo ristretto livello di opinione pubblica il successo è stato pressoché pieno. In quella minoranza, non poi tanto esigua, è "passato" il discorso riassunto nello slogan la "strage di stato". Al secondo livello, di opinione democratica, è passato il discorso minimale riassumibile nello slogan "Valpreda è innocente", e poiché a questo livello si trovano molti e "onorevoli" gruppi di pressione, l'accettazione della tesi innocentista ha avuto diversi risultati pratici, che vanno dalla riapertura dell'inchiesta archiviata su Freda e Ventura alle prese di posizione per la scarcerazione di Valpreda assunte dai quotidiani filogovernativi come il Giorno e addirittura il Corriere della Sera, fino all'interessamento parlamentare e governativo "per una soluzione extra-giudiziaria degli aspetti umani" del caso. Al terzo livello è prevalsa invece la propaganda di stato, in una varietà di reazioni all'evolversi della vicenda che non si discosta da una sostanziale incomprensione e confusione non solo dei termini politici ma anche di quelli "tecnici", da una convinzione generalizzata che comunque siano andati i fatti la colpa è stata degli "opposti estremismi". A questo livello lo stato ha avuto buon gioco, purtroppo, per l'impermeabilità sinora dimostrata da questo strato di opinione (che comprende anche buona parte degli elettori dei partiti di sinistra) ai messaggi extra-istituzionali. Quello poi che abbiamo chiamato il quarto cerchio di opinione probabilmente ha dato pochissima importanza alla strage (quella dedicata ai grossi fatti di cronaca nera) e nessuna importanza agli sviluppi successivi. Una parte non irrilevante di questo settore di opinione (se pure si può parlare di opinione, non ha verosimilmente neppure saputo della strage).
Sono risultati soddisfacenti? A nostro avviso sì, soprattutto se commisurati alle nostre forze ed alle forze del nemico e considerata la situazione di partenza. Chi ha vissuto da militante anarchico, come noi, quei momenti terribili, quei primi giorni successivi all'assassinio di Pinelli e all'arresto di Valpreda sa quanto ci siamo trovati isolati. Eravamo soli da mesi, dalle bombe e dagli arresti del 25 aprile, a gridare che si stava montando una grossa macchinazione reazionaria in cui agli anarchici veniva attribuito il ruolo di capri espiatori. Ci ritrovavamo soli, dopo il 15 dicembre, in pieno linciaggio morale. Poi, poco a poco, altri fecero eco alla nostra voce, dapprima extra-parlamentari come Lotta Continua, poi "democratici"; ciascuno a modo suo, in una varietà di interpretazioni che andavano dal "dubbio" sulla colpevolezza degli anarchici al discorso globale sulla colpevolezza dello stato.
Tre anni dopo la situazione s'è tanto evoluta che non ci riesce quasi di farci sentire nel coro innocentista e la campagna per la scarcerazione di Valpreda e degli altri compagni è gestita dai partiti.

I progressi dell'inchiesta sulle "piste nere" con le sue "scoperte" clamorose a proposito della precedente vergognosa istruttoria contro gli anarchici (un'istruttoria di prove "dimenticate" o distrutte o costruite, di testimonianze "trascurate" o prefabbricate, di autorevoli suggerimenti, di volgari espedienti, di illegalità...), i progressi dell'istruttoria contro i fascisti Freda e Ventura, non ancora consolidati ma già ricchi di clamorose conferme a quanto andavamo dicendo da anni, segnano certo già in sè un bel successo della "contro-informazione". Ma contemporaneamente rappresentano il tentativo di recuperare in extremis un poco di credibilità alla magistratura, attraverso l'uso di magistrati più o meno democratici che fanno proprie le tesi ormai accettate dall'opinione pubblica democratica, rivoltando la frittata e cercando di sostituire (con i minori sussulti possibili) i fascisti agli anarchici nel ruolo di unici colpevoli della strage. Così anche la liberazione di Valpreda e degli altri, (che verrebbero messi in libertà provvisoria con un tipico compromesso all'italiana che ammicca l'innocenza degli anarchici ma non la vuole accettare ufficialmente), se e quando avverrà, segnerà una bella vittoria della nostra triennale battaglia; ma nel contempo rappresenterà allo stesso modo dell'"inchiesta milanese" un tentativo di riprendere il controllo della vicenda. Svuotando il "caso" dei suoi contenuti emotivi (togliendo cioè dalle galere dopo tre anni di torture fisiche e morali tre innocenti), i "democratici" dovrebbero veder quietate le loro coscienze e rallentare la pressione perché si vada oltre nella ricerca della verità. I partiti di sinistra, per parte loro, si vedrebbero sgravati da un certo imbarazzo, con la soluzione del "caso umano" e tranquillamente trattare la vicenda, nel modo loro più consono, cioè patteggiare sottobanco brandelli di verità non troppo esplosiva in lotte di schieramenti e di correnti.

Anche se Valpreda, Gargamelli e Borghese verrano messi in libertà provvisoria la battaglia sul tema della "strage di stato" deve a nostro avviso continuare e non solo perché deve ancora essere esplicitamente dichiarata la loro innocenza, ma perché soprattutto deve essere denunciata ancora, e più a fondo nel tessuto sociale quella manovra criminale che abbiamo sempre detto "di stato", per la collusione colpevole di tanti gangli vitali del sistema, una collusione assai più ampia della diretta complicità, una collusione fatta di necessaria autodifesa del sistema più che di difesa dei singoli individui direttamente implicati nella strage. Anzi, a maggior ragione, la liberazione degli anarchici, dando quasi per scontato il discorso innocentistico, lascerà più spazio alla denuncia.
La campagna di controinformazione e di agitazione dovrà andare più a fondo nel tessuto sociale; dovrà cioè raggiungere, con i mezzi più adatti, ai limiti delle nostre possibilità, quelle larghe masse di sfruttati non ancora raggiunti o raggiunti solo indirettamente attraverso la versione addomesticata "democratica" e partitica, dalla contro-informazione. In questa nuova fase non avremo più con noi, non illudiamoci, i "democratici" e neanche, forse, gli extra-parlamentari. Ci ritroveremo soli probabilmente, come all'inizio, ma all'attacco e non sulla difensiva.

Ci sono almeno due ottimi motivi, uno di carattere generale ed uno di carattere specifico, per continuare su queste basi la campagna di contro-informazione e di agitazione sulla strage di stato, oltre la eventuale scarcerazione di Valpreda e fino al processo od ai processi.
Il motivo di carattere generale è legato agli obiettivi di questa lotta: le istituzioni repressive innanzitutto, cioè la polizia e la magistratura (oltre a personaggi di rilievo dell'apparato amministrativo e politico dello stato). La tematica della "giustizia di classe" è stata feconda di slogans in questi ultimi anni per la sinistra rivoluzionaria e sedicente rivoluzionaria, ma non è andata in genere oltre la generica imprecazione contro la "giustizia borghese", accusata di connivenze fasciste e di dipendenza dal "capitale" (il che è vero in gran parte, ma non è sufficiente). La lotta contro questa "giustizia" è stata vista da tutti, tranne che dagli anarchici, solo come strumentale (per liberare i compagni o per raggiungere emotivamente le masse); non è mai stata seriamente rivolta contro le istituzioni, perché considerate come sovrastrutturali. Il discorso anarchico invece avvolge le istituzioni ed il concetto stesso di giustizia di stato in una critica distruttiva. Una critica (ed una lotta) non marginale, perché non accessorie sono le due istituzioni alla società autoritaria e gerarchica cioè allo stato, ma ad esso necessarie e da esso inseparabili storicamente e funzionalmente. L'amministrazione della giustizia non è solo uno strumento punitivo e coercitivo al servizio della classe dominante: i vertici di queste istituzioni sono essi stessi classe dominante, perché le istituzioni repressive sono centri formidabili di potere e di privilegio.
Il motivo specifico per cui la campagna per la strage di stato va a nostro avviso proseguita risiede nella potenzialità sovversiva dimostrata da questo "caso", che è già riuscito ad implicare direttamente od indirettamente quasi tutte le strutture statali a tutti i livelli, che è riuscito a dimostrare praticamente quanto "ideologica" sia la indipendenza della magistratura, quanto disprezzo criminale per la verità e per la vita umana possa esprimere la Giustizia di stato, che è riuscito ad approfondire il solco di credibilità tra lo stato e le sue istituzioni da un lato e i cittadini sudditi dall'altro.... Non un episodio di ingiustizia ma un caso esemplare dell'ingiustizia generalizzata, sistematica, come il caso Dreyfus, come il caso Sacco e Vanzetti.

Questa campagna va condotta in collegamento con le altre forme di intervento (nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, ecc.), più che mai oggi che tende a spogliarsi dei suoi contenuti innocentistici e ad accentuare il suo carattere "politico". È un collegamento inevitabile proprio per la sua natura di lotta allo stato, ma che dev'essere e restare coerenza organica di temi diversi di un'unica tematica rivoluzionaria, non meccanica sovrapposizione di slogans propagandistici. È un collegamento che nasce dal legame altrettanto organico che vi è tra sfruttamento economico ed oppressione politica, dalla complicità che vi è tra le diverse istituzioni statali e fra queste e il privilegio economico. Un collegamento che non può e non deve mai essere spinto a dettagli artificiosi e forzati sotto pena di cadere nel ridicolo. Come quel recente manifesto di una organizzazione extra-parlamentare che affermava testualmente: "dobbiamo impedire che l'arbitraria incarcerazione di Valpreda e compagni portino (sic!), come già sta avvenendo per i chimici, al tentativo di stroncare le lotte operaie".

A. B.