Rivista Anarchica Online
Se Valpreda esce
di A. B.
Bilancio di tre anni di controinformazione e di mobilitazione sulla strage di stato
A tre anni dalle bombe di Piazza Fontana, novità contraddittorie
si accavallano, dopo mesi di silenzio.
Da un lato la Cassazione decide di esiliare in Calabria il processo, dall'altro questa decisione appare
così
assurda e palesemente impopolare che si muovono addirittura il presidente della repubblica ed il governo
per trovare una via legislativa alla scarcerazione di Valpreda. Da un lato l'inchiesta contro i fascisti Freda
e Ventura sembra aver trovato prove consistenti della loro partecipazione agli attentati del '69, dall'altro
il magistrato di Catanzaro, futuro giudice forse di Valpreda, dice che a suo avviso i procedimenti contro
gli anarchici e contro i fascisti vanno unificati in un solo processo. Da un lato i due sostituti procuratori
milanesi incaricati dell'inchiesta sulla cosiddetta "pista nera" emettono avvisi di reato, per occultamento
o distruzione di prove, contro "tre pezzi da novanta" della polizia (i capi degli uffici politici di Milano
e Roma ed il vice capo della P.S.); dall'altro uno dei due sostituti procuratori viene esonerato e l'altro
ammonito... A tre anni dalle bombe di Piazza Fontana, alla vigilia, forse della
scarcerazione di Valpreda, Borghese
e Gargamelli, è tempo di fare un bilancio del nostro lavoro di contro-informazione e di
agitazione sulla
strage di stato. È cioè tempo di misurare i risultati di un intervento che ha
impegnato per tre anni tanta
parte delle energie del movimento anarchico italiano, con contro-indagini, comizi, conferenze, manifesti,
volantini, articoli, documenti, cortei, processi popolari, scontri di piazza, che è costato decine
e decine
di denunce per "vilipendi", "manifestazioni non autorizzate", "diffusione di notizie false e
tendenziose"...
Per semplificare il discorso sui risultati di questa campagna di mobilitazione dell'opinione pubblica,
che
ha sempre visto gli anarchici in prima fila anche se spesso (soprattutto negli ultimi tempi) messi in ombra
da partners più ricchi di mezzi e più efficienti nel ricercare e nell'ottenere
pubblicità, è utile suddividere
la cosiddetta opinione pubblica italiana in quattro "cerchi" concentrici, a misura della sua
ricettività agli
stimoli informativi e propagandistici. C'è un primo cerchio di elementi direttamente e
regolarmente
raggiungibili dalla contro-informazione che utilizza i canali "alternativi" e ad essa sensibile, e che si
identifica in buona parte con i militanti ed i simpatizzanti della sinistra extra-parlamentare. Diciamo, con
una stima approssimativa ed a titolo indicativo, alcune decine di migliaia (tra le cinquanta e le centomila)
di compagni in senso lato. Il secondo cerchio, esterno al primo e molto più ampio, è
costituito dalla
cosiddetta opinione pubblica democratica, cui i messaggi degli anarchici e degli extra-parlamentari
giungono irregolarmente e che questi messaggi, informativi o propagandistici che siano, accoglie con
riserva di pregiudizio e in genere anche con una discreta dose di incredulità (legata
com'è, in massima
parte, ai partiti della sinistra parlamentare). A quest'opinione pubblica "democratica" o democratizzante,
parzialmente accessibile ai nostri messaggi e limitatamente disponibile per una libera
opinione, possiamo
attribuire, sempre a titolo indicativo, un milione (forse due) di individui. Un terzo cerchio, di una
decina di milioni di individui, riunisce tutti coloro che sono praticamente
irraggiungibili dalle minoranze rivoluzionarie (per ostacoli oggettivi e per loro "rifiuto" soggettivo) e
soggetti in modo passivo alla manipolazione della televisione, dei grandi organi di stampa e degli
apparati
propagandistici di partito. All'esterno di questi, ed al di fuori addirittura non solo dalla portata della
nostra debole voce, ma anche di quella ben più vigorosa dei quotidiani e delle reti capillari di
partito, e
in parte sinora anche della televisione, restano gli altri quaranta milioni circa di italiani tagliati fuori quasi
anche come spettatori delle vicende politiche del paese, forti, in termini di opinione pubblica, solo e
involontariamente della forza conservatrice d'inerzia. È una distinzione, questa, che non ha
una precisa corrispondenza di classe o geografica (e che è piuttosto
legata a livello culturale, all'impegno ed alle convinzioni politiche) anche se, di fatto, troviamo nel primo
"cerchio" una grande maggioranza di studenti e intellettuali e comunque quasi solo giovani e cittadini,
e nell'ultimo "cerchio" una maggioranza di contadini, di meridionali, di donne.
Quali gli scopi della nostra campagna di agitazione e di controinformazione e quali i risultati ai
diversi
livelli di opinione pubblica individuati? Gli scopi erano essenzialmente due: da un lato (come
finalità
minimale difensiva) dimostrare l'innocenza degli anarchici e ottenere la scarcerazione dei compagni
arrestati, dall'altro ritorcere la manovra provocatoria-repressiva contro i provocatori-repressori,
capovolgere la situazione (o meglio rimetterla nei giusti termini) mettendo sotto accusa gli accusatori,
contrattaccando lo stato. I risultati? Al primo ristretto livello di opinione pubblica il successo
è stato pressoché pieno. In quella
minoranza, non poi tanto esigua, è "passato" il discorso riassunto nello slogan la "strage
di stato". Al
secondo livello, di opinione democratica, è passato il discorso minimale riassumibile nello slogan
"Valpreda è innocente", e poiché a questo livello si trovano molti e
"onorevoli" gruppi di pressione,
l'accettazione della tesi innocentista ha avuto diversi risultati pratici, che vanno dalla riapertura
dell'inchiesta archiviata su Freda e Ventura alle prese di posizione per la scarcerazione di Valpreda
assunte dai quotidiani filogovernativi come il Giorno e addirittura il Corriere della Sera, fino
all'interessamento parlamentare e governativo "per una soluzione extra-giudiziaria degli aspetti umani"
del caso. Al terzo livello è prevalsa invece la propaganda di stato, in una varietà di
reazioni all'evolversi
della vicenda che non si discosta da una sostanziale incomprensione e confusione non solo dei termini
politici ma anche di quelli "tecnici", da una convinzione generalizzata che comunque siano andati i fatti
la colpa è stata degli "opposti estremismi". A questo livello lo stato ha avuto buon
gioco, purtroppo, per
l'impermeabilità sinora dimostrata da questo strato di opinione (che comprende anche buona
parte degli
elettori dei partiti di sinistra) ai messaggi extra-istituzionali. Quello poi che abbiamo chiamato il quarto
cerchio di opinione probabilmente ha dato pochissima importanza alla strage (quella dedicata ai grossi
fatti di cronaca nera) e nessuna importanza agli sviluppi successivi. Una parte non irrilevante di questo
settore di opinione (se pure si può parlare di opinione, non ha verosimilmente neppure saputo
della
strage). Sono risultati soddisfacenti? A nostro avviso sì, soprattutto se commisurati alle
nostre forze ed alle forze
del nemico e considerata la situazione di partenza. Chi ha vissuto da militante anarchico, come noi, quei
momenti terribili, quei primi giorni successivi all'assassinio di Pinelli e all'arresto di Valpreda sa quanto
ci siamo trovati isolati. Eravamo soli da mesi, dalle bombe e dagli arresti del 25 aprile, a gridare che si
stava montando una grossa macchinazione reazionaria in cui agli anarchici veniva attribuito il ruolo di
capri espiatori. Ci ritrovavamo soli, dopo il 15 dicembre, in pieno linciaggio morale. Poi, poco a poco,
altri fecero eco alla nostra voce, dapprima extra-parlamentari come Lotta Continua, poi "democratici";
ciascuno a modo suo, in una varietà di interpretazioni che andavano dal "dubbio" sulla
colpevolezza degli
anarchici al discorso globale sulla colpevolezza dello stato. Tre anni dopo la situazione s'è
tanto evoluta che non ci riesce quasi di farci sentire nel coro innocentista
e la campagna per la scarcerazione di Valpreda e degli altri compagni è gestita dai partiti.
I progressi dell'inchiesta sulle "piste nere" con le sue "scoperte" clamorose a proposito della
precedente
vergognosa istruttoria contro gli anarchici (un'istruttoria di prove "dimenticate" o distrutte o costruite,
di testimonianze "trascurate" o prefabbricate, di autorevoli suggerimenti, di volgari espedienti, di
illegalità...), i progressi dell'istruttoria contro i fascisti Freda e Ventura, non ancora consolidati
ma già
ricchi di clamorose conferme a quanto andavamo dicendo da anni, segnano certo già in
sè un bel
successo della "contro-informazione". Ma contemporaneamente rappresentano il tentativo di recuperare
in extremis un poco di credibilità alla magistratura, attraverso l'uso di magistrati più o
meno democratici
che fanno proprie le tesi ormai accettate dall'opinione pubblica democratica, rivoltando la frittata e
cercando di sostituire (con i minori sussulti possibili) i fascisti agli anarchici nel ruolo di
unici colpevoli
della strage. Così anche la liberazione di Valpreda e degli altri, (che verrebbero messi in
libertà
provvisoria con un tipico compromesso all'italiana che ammicca l'innocenza degli anarchici ma non la
vuole accettare ufficialmente), se e quando avverrà, segnerà una bella
vittoria della nostra triennale
battaglia; ma nel contempo rappresenterà allo stesso modo dell'"inchiesta milanese" un tentativo
di
riprendere il controllo della vicenda. Svuotando il "caso" dei suoi contenuti emotivi (togliendo
cioè dalle
galere dopo tre anni di torture fisiche e morali tre innocenti), i "democratici" dovrebbero veder quietate
le loro coscienze e rallentare la pressione perché si vada oltre nella ricerca della verità.
I partiti di sinistra,
per parte loro, si vedrebbero sgravati da un certo imbarazzo, con la soluzione del "caso umano" e
tranquillamente trattare la vicenda, nel modo loro più consono, cioè patteggiare
sottobanco brandelli di
verità non troppo esplosiva in lotte di schieramenti e di correnti.
Anche se Valpreda, Gargamelli e Borghese verrano messi in libertà provvisoria la battaglia
sul tema della
"strage di stato" deve a nostro avviso continuare e non solo perché deve ancora essere
esplicitamente
dichiarata la loro innocenza, ma perché soprattutto deve essere denunciata ancora, e
più a fondo nel
tessuto sociale quella manovra criminale che abbiamo sempre detto "di stato", per la collusione
colpevole di tanti gangli vitali del sistema, una collusione assai più ampia della diretta
complicità, una
collusione fatta di necessaria autodifesa del sistema più che di difesa dei singoli individui
direttamente
implicati nella strage. Anzi, a maggior ragione, la liberazione degli anarchici, dando quasi per scontato
il discorso innocentistico, lascerà più spazio alla denuncia. La campagna di
controinformazione e di agitazione dovrà andare più a fondo nel tessuto
sociale; dovrà
cioè raggiungere, con i mezzi più adatti, ai limiti delle nostre possibilità, quelle
larghe masse di sfruttati
non ancora raggiunti o raggiunti solo indirettamente attraverso la versione addomesticata "democratica"
e partitica, dalla contro-informazione. In questa nuova fase non avremo più con noi, non
illudiamoci, i
"democratici" e neanche, forse, gli extra-parlamentari. Ci ritroveremo soli probabilmente, come all'inizio,
ma all'attacco e non sulla difensiva.
Ci sono almeno due ottimi motivi, uno di carattere generale ed uno di carattere specifico, per
continuare
su queste basi la campagna di contro-informazione e di agitazione sulla strage di stato, oltre la eventuale
scarcerazione di Valpreda e fino al processo od ai processi. Il motivo di carattere generale è
legato agli obiettivi di questa lotta: le istituzioni repressive innanzitutto,
cioè la polizia e la magistratura (oltre a personaggi di rilievo dell'apparato amministrativo e
politico dello
stato). La tematica della "giustizia di classe" è stata feconda di slogans in questi ultimi anni per
la sinistra
rivoluzionaria e sedicente rivoluzionaria, ma non è andata in genere oltre la generica
imprecazione contro
la "giustizia borghese", accusata di connivenze fasciste e di dipendenza dal "capitale" (il che è
vero in
gran parte, ma non è sufficiente). La lotta contro questa "giustizia" è stata vista da tutti,
tranne che dagli
anarchici, solo come strumentale (per liberare i compagni o per raggiungere emotivamente le masse);
non è mai stata seriamente rivolta contro le istituzioni, perché considerate come
sovrastrutturali. Il
discorso anarchico invece avvolge le istituzioni ed il concetto stesso di giustizia di stato in una critica
distruttiva. Una critica (ed una lotta) non marginale, perché non accessorie sono le due
istituzioni alla
società autoritaria e gerarchica cioè allo stato, ma ad esso necessarie e da esso
inseparabili storicamente
e funzionalmente. L'amministrazione della giustizia non è solo uno strumento punitivo e
coercitivo al
servizio della classe dominante: i vertici di queste istituzioni sono essi stessi classe dominante,
perché
le istituzioni repressive sono centri formidabili di potere e di privilegio. Il motivo specifico per cui
la campagna per la strage di stato va a nostro avviso proseguita risiede nella
potenzialità sovversiva dimostrata da questo "caso", che è già riuscito ad
implicare direttamente od
indirettamente quasi tutte le strutture statali a tutti i livelli, che è riuscito a dimostrare
praticamente
quanto "ideologica" sia la indipendenza della magistratura, quanto disprezzo criminale per la
verità e per
la vita umana possa esprimere la Giustizia di stato, che è riuscito ad approfondire il solco di
credibilità
tra lo stato e le sue istituzioni da un lato e i cittadini sudditi dall'altro.... Non un episodio di ingiustizia
ma un caso esemplare dell'ingiustizia generalizzata, sistematica, come il caso Dreyfus, come il caso
Sacco e Vanzetti.
Questa campagna va condotta in collegamento con le altre forme di intervento (nelle fabbriche, nelle
scuole, nei quartieri, ecc.), più che mai oggi che tende a spogliarsi dei suoi contenuti
innocentistici e ad
accentuare il suo carattere "politico". È un collegamento inevitabile proprio per la sua natura
di lotta allo
stato, ma che dev'essere e restare coerenza organica di temi diversi di un'unica tematica rivoluzionaria,
non meccanica sovrapposizione di slogans propagandistici. È un collegamento che nasce dal
legame
altrettanto organico che vi è tra sfruttamento economico ed oppressione politica, dalla
complicità che
vi è tra le diverse istituzioni statali e fra queste e il privilegio economico. Un collegamento che
non può
e non deve mai essere spinto a dettagli artificiosi e forzati sotto pena di cadere nel ridicolo. Come quel
recente manifesto di una organizzazione extra-parlamentare che affermava testualmente: "dobbiamo
impedire che l'arbitraria incarcerazione di Valpreda e compagni portino (sic!), come
già sta avvenendo
per i chimici, al tentativo di stroncare le lotte operaie".
A. B.
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