Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 181
aprile 1991


Rivista Anarchica Online

A proposito
a cura della Redazione

Prosegue il dibattito sulla rivista e, più in generale, sul ruolo della pubblicistica anarchica oggi. Gli interventi precedenti sono stati pubblicati sui numeri 175, 176, 177, 178, 179 e 180.

Ed io vi amo per questo

Ho 32 anni e leggo la rivista da 4 anni ed è anche l'unico contatto che ho con il movimento anarchico. L'aspetto con trepidazione ogni mese, ciò che mi piace di più nella rivista ed in voi è l'amore che riuscite ad esprimere verso l'umanità intera senza alcuna preclusione. Forse la mia cultura cristiana mi porta a vedere in voi i nuovi "missionari" del prossimo millennio, gli unici ora in grado di vedere i problemi dell'umanità nella loro globalità e forse a creare un idealismo fatto di fratellanza e solidarietà tra i popoli della terra, segua con attenzione a tal proposito le idee dell'ecologia sociale.
In questi giorni la guerra sta massacrando delle vite per il profitto e il dominio, mi siete mancati in questi giorni di dolore e l'unica voce che si è potuta sentire senza doppi fini e mire politiche è stata quella dei gruppi non violenti vicini all'area cristiana di base, anche perché siamo in un Paese cattolico, ed a voi non è stato permesso di rendere pubblica la vostra voce sulla stampa borghese.
Non ho proposte per la rivista se non quella di farla sempre più seguita, parlate più spesso dei vostri "grandi vecchi" di cui i libri di storia non parlano, aumentate i servizi sulle realtà che non hanno voce, sugli umili della terra. Continuate sulla strada dei "vostri vecchi" che in una canzone dicevano: "E' una idea l'amante mia" con tutta la passione e l'amore che sapete avere voi anarchici, ed io vi amo per questo.

Sergio (Roma)

Eccezionale...

Salve redazione di "A",
(...) Volevo dire un paio di cosette personali, tanto personali (e politicamente irrilevanti) che non vale la pena pubblicarle sulla rubrica "A proposito".
Innazitutto a me la rivista piace moltissimo. La grafica, la qualità dei servizi, il contenuto degli articoli e, soprattutto, i dossiers. Essendo abbonato da poco non so come la rivista possa essersi addolcita rispetto al passato, però io la trovo sempre rivoluzionaria e decisamente anarchica.
L'unica critica che le faccio riguarda la sua "pesantezza". Pesantezza, per la verità, molto "alleggerita" dalle rubriche ("Fatti e misfatti", "Comunicati", "A nous la liberté", "Musica & idee", "Rassegna libertaria", "Dibattiti", "Casella postale 17120": sono veramente parecchie) sempre presenti nella rivista. Però a volte si leggono articoli un po' troppo pesanti. Per esempio, in "A" n.176 ho faticato non poco a capire gli interessantissimi articoli di Daria Padovan e Gaetano Ricciardo sul bioregionalismo. Non è assolutamente colpa vostra, infatti, se fatico a capire certi concetti, la colpa è unicamente mia, ma a volte, quando mi capitano articoli così difficili li leggo malvolentieri.
Sempre con estremo interesse leggo invece chiari e semplici articoli di Andrea Papi o quelli decisamente più "elaborati" ma ugualmente chiari di Felice Accame e Gianfranco Bertoli. Con questo non voglio criticare gli autori di narcisismo fine a se stesso (assolutamente!).
Come ha già detto qualche compagno, anche a me piacerebbe trovare più dossiers storici, data la mia cronica carenza (lo so, si potrebbero comprare i libri e studiarla lì la storia, però penso che sia meglio leggere prima alcune notizie riguardanti un determinato periodo storico e approfondirlo successivamente con più calma).
Senz'altro ci sarebbe il rischio di pubblicare cose dette e ridette, ma...ripetuta iuvant (e non sempre scocciant).
Del resto, mi ripeto, la rivista è eccezionale sotto ogni punto di vista e non condivido assolutamente alcune critiche che ho letto nel dibattito. Molto spesso la gente non si rende conto che gestire e portare avanti una rivista (e quale rivista!) comporta non solo qualche compromesso, ma anche molto sacrificio (...)

François Tuccia (Forlì)

Per un mensile meno "effimero"

Cari compagni della redazione,
avrete un bel po' di problemi a sintetizzare le riflessioni e le considerazioni intorno al mensile che egregiamente curate da tanti anni. Difficile, veramente, sarà cogliere indicazioni praticabili subito per migliorare la rivista.
Anche perché il rischio di prendere "A" per pretesto e soffermarsi sulle crisi del pensiero e/o del movimento anarchico è forte: si dice spesso che gli strumenti sono il riflesso delle attività teoriche o militanti, per cui il livello qualitativo di un giornale, sia esso settimanale o mensile, è grossomodo deducibile da quello dei compagni che gravitano intorno, siano essi redattori, collaboratori, lettori, simpatizzanti.
Ben detto, certo, solo che in tal modo non si può progettare un cambiamento relativo al giornale, il cui perfezionamento è affidato ai tempi lunghi e anonimi delle vicende complicate di un movimento.
Comunque, siccome è vero anche il contrario, cioè che un movimento è anche il riflesso del livello qualitativo dei suoi strumenti, tra cui i mezzi di informazione e di riflessione, non cogliamo il dibattito che avete lanciato come pretesto e cerchiamo di sforzarci a riflettere su "A" e solo su "A", almeno in questa sede, e ciò non per trascurare legami e condizionamenti reciproci, ma per coglierne le specificità di strumento.
Il quale ha alcune regole di "fabbricazione", probabilmente che non hanno nulla a che vedere con l'anarchia, ma che sono tali per la tipologia di ciò che si fa: se si fa la sarta bisogna farla in un certo modo, se si fa l'idraulico in un altro certo modo, se si fa un giornale è lo stesso, occorre saper cogliere il meglio della "professionalità", usando volutamente e provocatoriamente un termine che fa orrore ad alcuni compagni. E inspiegabilmente, a mio parere, se ricordiamo la dignità, il decoro e il vanto dei nostri compagni anarchici del secolo scorso, orgogliosi dei loro "mestieri" artigianali (fra tutti, gli orologiai svizzeri, e non è una favola). Non ho titoli per giudicare il vostro livello di professionalità, cioè di cura con la quale si fa un giornale per rispondere alle sollecitazioni nascoste del lettore, per fascinarlo anche, per attirarlo con la grafica, non solo, con la sollecitudine redazionale, con la girandola dei temi presenti sulla rivista, con la varietà di stili e rubriche, con la rotazione delle firme.
Mettiamola così, valutate voi se la rivista ha raggiunto (e intende raggiungere) tale obiettivo.
Solitamente, in questo caso, si sottolineano sempre i deficit, risparmiando elogi e apprezzamenti non retorici, che pure non stonerebbero di tanto in tanto (comunque il migliore apprezzamento è quello fattivo).
Trovo che sarebbe auspicabile estendere il raggio di copertura delle tematiche affrontate da "A", sia sotto forma di rubriche fisse che di argomenti trattati: politica, economia, cinema, libri, teatro, musica, critica letteraria su autori libertari, ecologia (pagine verdi, ad esempio, aperte al mondo verde, alle sue riflessioni dall'interno, al nostro dialogare con loro), ecc. ecc.
"A" potrebbe puntare su un laboratorio di idee in progress, essendo un mensile, di esperienze locali e (soprattutto) estere - per quel che valgono per noi i confini di stato - di fatti ignoti perché non arriveranno mai alla stampa ufficiale, di informazioni dal di fuori di prima mano, di fatti sparsi sul territorio colti attraverso una rete diffusa di collaboratori, e via su questo tono, tenendo presente che un mensile, gioco forza, riflette su dati, principalmente. Troverei essenziale un taglio molto critico della società e dei tempi che stiamo vivendo. Non sempre "A" riesce ad esprimere una critica politica profonda e specifica, non sempre "A" coglie quanto di libertario o di utilizzabile dal nostro punto di osservazione si agita in fatti, eventi, libri (la cui scelta non segue criteri politicamente intenzionati).
Ecco, meno mensile "effimero" (con virgolette d'obbligo) e più strumento di riflessione anarchica.
Certo, bisogna cercare collaboratori, pezzi su riviste estere, libri interessanti con i quali dialogare, interviste da fare per vivacizzare, inchieste articolate da promuovere. Non è facile, lo so, ma va tentato. Più difficile cercare la critica anarchica dappertutto e il punto di vista che rende visibile la specificità di un giornale, di un pensiero.
Ritengo insufficiente, infatti, un livello di approccio etico alle questioni materiali, e assolutamente inidonea una cornice dettata dal "buon senso" elevato a categoria di lettura e di conoscenza. Pur risultando a volte scardinante, il "buon senso" spesso riflette acriticamente luoghi comuni, una tensione rilassata di pensiero che non si applica alla radice nascosta delle cose, alle strategie profonde che muovono situazioni concrete.
Spesso riveste quel "sentire comune", in media re, che sa di spirito ecumenico e di facile consenso universale. Del che personalmente diffido.
Comunque, credo anche nello scambio e nel ricambio di uomini e idee, ed ho fiducia nella vostra capacità collaudata di apertura alla transizione verso una "A" migliore: nuovi collaboratori, nuove idee da immettere in un tessuto vivo ben tramato.
Merito vostro.
Buon lavoro.

Salvo Vaccaro (Palermo)

La diversità di "A"

Uè, uaiò,
voglio anch'io esporre alcuni miei pareri in merito al dibattito su "A". Ci tengo a ricordare quanto sia importante discutere e partecipare tutti a questo dibattito visto che "A" è la pubblicazione anarchica più diffusa e come ben sappiamo la stampa rimane una delle poche armi di cui disponiamo per mantenere vivo, e se possibile espandere, il nostro ideale.
Analizzando la sostanza delle cose, possiamo dire che "A" può essere un mezzo efficace per raggiungere i fini di cui si parla sopra? Io penso proprio di si, penso che sia il veicolo più efficiente di messaggio libertario espresso dalla stampa anarchica. Dico questo non solo basandomi sull'evidenza dei fatti (la tiratura) ma anche avendo una piena fiducia della potenzialità della rivista. Penso che altre pubblicazioni anarchiche essendo lavori di stampo chiaramente militante, ricoprano funzioni diverse, come quella di costituire strumenti di dibattito interno, chiarificazione di posizioni, strumenti di coesione interna sui grandi problemi sociali e politici che ci toccano.
Tutto ciò rientra, anche abbondantemente, sulle pagine di "A" ma la peculiarità ed arma di rivista anarchica, a mio parere, consiste nel non chiudersi in questo. Se una persona di mentalità aperta, tollerante e democratica si ritrovasse a sfogliare per caso un periodico strettamente militante penserebbe di avere a che fare con una setta di rigidi e incorrotti seguaci di un'idea mistica. Io non condanno assolutamente la militanza e l'attivismo ma ribadisco che chi si esprime solo in questi termini esclude un coinvolgimento, anche graduale, degli altri, i non anarchici, penso che "A", abbia considerato questo aspetto. Il suo compito è quello di risvegliare il sentimento libertario soffocato dallo stordimento repressivo dei media di regime, mettendo in chiaro la cultura anarchica, visto che di cultura si tratta, intesa come soluzioni alternative, antiautoritarie ed estremamente a misura d'uomo dei problemi che si presentano (ambiente, droga, urbanistica, maternità, arte, agricoltura, nuove forme di organizzazione del lavoro, e mille altri) per questo credo che le materie trattate debbano espandersi senza confini, tenendo conto anche di soluzioni ed esperienze non dichiaratamente anarchiche ma comunque legate a connotati per noi positivi.
Così come deve essere aperta verso l'esterno, penso che "A" debba essere aperta verso l'interno, accettando collaborazioni dai più diversi orientamenti di matrice libertaria: il dibattito non solo sulla situazione attuale di "A" ma sulle questioni più diverse deve continuare ed espandersi, portare al confronto (e alla disponibilità) visto che ognuno di noi ha una sua particolare visione di cosa sia la libertà e l'anarchia. Anche in ciò deve consistere la diversità di "A" cioè nel non essere settari, nel dimostrare come diversi orientamenti possano cioè esistere ed anzi trovare nella diversità una forza maggiore, una volta che sia garantita la disponibilità e l'apertura verso chi non la pensa proprio come noi. La rivista deve essere una palestra all'interno della quale esercitare la capacità di trovarsi e unirsi sulla base di idee non uguali (in certa misura lo è già).
Se un cambiamento sostanziale di "A" ci deve essere io penso che ciò debba riguardare il suo aumento in numero di pagine cioè la rivista deve essere più alta, più sostanziosa per coprire le esigenze di cui sopra. Se ci sono difficoltà nel reperire articoli, non vedo perché non si possa ripescarne di vecchi ma ancora attuali, anche in vista di un'apertura verso un confronto generazionale anche un po' di storia non fa male anche perché il movimento passato ha poche cose da rimproverarsi e quasi nulla da nascondere per le azioni compiute. Non siamo staliniani in vena di ripensamenti e il fatto di vedere cosa ieri non è funzionato, ci può essere utile oggi.
Uè uaiò, sto parlando troppo. Concludo con un altro invito a voi a me e a tutti a sostenere questa cazzo di rivista, con la distribuzione delle copie e contribuendo con articoli (Rivista Aperta), se riusciamo a far capire a quegli animi non ancora del tutto offuscati che gli anarchici non sono bombaroli avremo compiuto un piccolo salto in avanti. "A" può essere un mezzo per riuscirci.

Filippo Adorni (Langhirano)