Rivista Anarchica Online
A proposito
a cura della Redazione
Prosegue il dibattito sulla rivista e, più in generale, sul ruolo della pubblicistica anarchica oggi. Gli
interventi precedenti sono stati pubblicati sui numeri 175, 176, 177, 178, 179 e 180.
Ed io vi amo per questo
Ho 32 anni e leggo la rivista da 4 anni ed è anche l'unico contatto che ho con il movimento
anarchico. L'aspetto
con trepidazione ogni mese, ciò che mi piace di più nella rivista ed in voi è l'amore che
riuscite ad esprimere
verso l'umanità intera senza alcuna preclusione. Forse la mia cultura cristiana mi porta a vedere in voi
i nuovi
"missionari" del prossimo millennio, gli unici ora in grado di vedere i problemi dell'umanità nella loro
globalità
e forse a creare un idealismo fatto di fratellanza e solidarietà tra i popoli della terra, segua con
attenzione a tal
proposito le idee dell'ecologia sociale. In questi giorni la guerra sta massacrando delle vite per il profitto
e il dominio, mi siete mancati in questi giorni
di dolore e l'unica voce che si è potuta sentire senza doppi fini e mire politiche è stata quella
dei gruppi non
violenti vicini all'area cristiana di base, anche perché siamo in un Paese cattolico, ed a voi non è
stato permesso
di rendere pubblica la vostra voce sulla stampa borghese. Non ho proposte per la rivista se non quella di
farla sempre più seguita, parlate più spesso dei vostri "grandi
vecchi" di cui i libri di storia non parlano, aumentate i servizi sulle realtà che non hanno voce, sugli
umili della
terra. Continuate sulla strada dei "vostri vecchi" che in una canzone dicevano: "E' una idea l'amante mia" con
tutta la passione e l'amore che sapete avere voi anarchici, ed io vi amo per questo.
Sergio (Roma)
Eccezionale...
Salve redazione di "A", (...) Volevo dire un paio di cosette personali, tanto personali (e politicamente
irrilevanti) che non vale la pena
pubblicarle sulla rubrica "A proposito". Innazitutto a me la rivista piace moltissimo. La grafica, la
qualità dei servizi, il contenuto degli articoli e,
soprattutto, i dossiers. Essendo abbonato da poco non so come la rivista possa essersi addolcita rispetto al
passato, però io la trovo sempre rivoluzionaria e decisamente anarchica. L'unica critica che le faccio
riguarda la sua "pesantezza". Pesantezza, per la verità, molto "alleggerita" dalle
rubriche ("Fatti e misfatti", "Comunicati", "A nous la liberté", "Musica & idee", "Rassegna
libertaria",
"Dibattiti", "Casella postale 17120": sono veramente parecchie) sempre presenti nella rivista. Però a
volte si
leggono articoli un po' troppo pesanti. Per esempio, in "A" n.176 ho faticato non poco a capire gli
interessantissimi articoli di Daria Padovan e Gaetano Ricciardo sul bioregionalismo. Non è
assolutamente colpa
vostra, infatti, se fatico a capire certi concetti, la colpa è unicamente mia, ma a volte, quando mi
capitano articoli
così difficili li leggo malvolentieri. Sempre con estremo interesse leggo invece chiari e semplici
articoli di Andrea Papi o quelli decisamente più
"elaborati" ma ugualmente chiari di Felice Accame e Gianfranco Bertoli. Con questo non voglio criticare gli
autori di narcisismo fine a se stesso (assolutamente!). Come ha già detto qualche compagno, anche
a me piacerebbe trovare più dossiers storici, data la mia cronica
carenza (lo so, si potrebbero comprare i libri e studiarla lì la storia, però penso che sia meglio
leggere prima
alcune notizie riguardanti un determinato periodo storico e approfondirlo successivamente con più
calma). Senz'altro ci sarebbe il rischio di pubblicare cose dette e ridette, ma...ripetuta iuvant (e non sempre
scocciant). Del resto, mi ripeto, la rivista è eccezionale sotto ogni punto di vista e non condivido
assolutamente alcune
critiche che ho letto nel dibattito. Molto spesso la gente non si rende conto che gestire e portare avanti una
rivista (e quale rivista!) comporta non solo qualche compromesso, ma anche molto sacrificio (...)
François Tuccia (Forlì)
Per un mensile meno "effimero"
Cari compagni della redazione, avrete un bel po' di problemi a sintetizzare le riflessioni e le
considerazioni intorno al mensile che egregiamente
curate da tanti anni. Difficile, veramente, sarà cogliere indicazioni praticabili subito per migliorare la
rivista. Anche perché il rischio di prendere "A" per pretesto e soffermarsi sulle crisi del pensiero
e/o del movimento
anarchico è forte: si dice spesso che gli strumenti sono il riflesso delle attività teoriche o
militanti, per cui il
livello qualitativo di un giornale, sia esso settimanale o mensile, è grossomodo deducibile da quello dei
compagni che gravitano intorno, siano essi redattori, collaboratori, lettori, simpatizzanti. Ben detto, certo,
solo che in tal modo non si può progettare un cambiamento relativo al giornale, il cui
perfezionamento è affidato ai tempi lunghi e anonimi delle vicende complicate di un
movimento. Comunque, siccome è vero anche il contrario, cioè che un movimento
è anche il riflesso del livello qualitativo
dei suoi strumenti, tra cui i mezzi di informazione e di riflessione, non cogliamo il dibattito che avete lanciato
come pretesto e cerchiamo di sforzarci a riflettere su "A" e solo su "A", almeno in questa sede, e ciò
non per
trascurare legami e condizionamenti reciproci, ma per coglierne le specificità di strumento. Il quale
ha alcune regole di "fabbricazione", probabilmente che non hanno nulla a che vedere con l'anarchia,
ma che sono tali per la tipologia di ciò che si fa: se si fa la sarta bisogna farla in un certo modo, se si
fa
l'idraulico in un altro certo modo, se si fa un giornale è lo stesso, occorre saper cogliere il meglio della
"professionalità", usando volutamente e provocatoriamente un termine che fa orrore ad alcuni
compagni. E
inspiegabilmente, a mio parere, se ricordiamo la dignità, il decoro e il vanto dei nostri compagni
anarchici del
secolo scorso, orgogliosi dei loro "mestieri" artigianali (fra tutti, gli orologiai svizzeri, e non è una
favola). Non
ho titoli per giudicare il vostro livello di professionalità, cioè di cura con la quale si fa un
giornale per
rispondere alle sollecitazioni nascoste del lettore, per fascinarlo anche, per attirarlo con la grafica, non solo, con
la sollecitudine redazionale, con la girandola dei temi presenti sulla rivista, con la varietà di stili e
rubriche, con
la rotazione delle firme. Mettiamola così, valutate voi se la rivista ha raggiunto (e intende
raggiungere) tale obiettivo. Solitamente, in questo caso, si sottolineano sempre i deficit, risparmiando elogi
e apprezzamenti non retorici,
che pure non stonerebbero di tanto in tanto (comunque il migliore apprezzamento è quello
fattivo). Trovo che sarebbe auspicabile estendere il raggio di copertura delle tematiche affrontate da "A",
sia sotto forma
di rubriche fisse che di argomenti trattati: politica, economia, cinema, libri, teatro, musica, critica letteraria su
autori libertari, ecologia (pagine verdi, ad esempio, aperte al mondo verde, alle sue riflessioni dall'interno, al
nostro dialogare con loro), ecc. ecc. "A" potrebbe puntare su un laboratorio di idee in progress, essendo un
mensile, di esperienze locali e
(soprattutto) estere - per quel che valgono per noi i confini di stato - di fatti ignoti perché non
arriveranno mai
alla stampa ufficiale, di informazioni dal di fuori di prima mano, di fatti sparsi sul territorio colti attraverso una
rete diffusa di collaboratori, e via su questo tono, tenendo presente che un mensile, gioco forza, riflette su dati,
principalmente. Troverei essenziale un taglio molto critico della società e dei tempi che
stiamo vivendo. Non
sempre "A" riesce ad esprimere una critica politica profonda e specifica, non sempre "A" coglie
quanto di
libertario o di utilizzabile dal nostro punto di osservazione si agita in fatti, eventi, libri (la cui scelta non segue
criteri politicamente intenzionati). Ecco, meno mensile "effimero" (con virgolette d'obbligo) e più
strumento di riflessione anarchica. Certo, bisogna cercare collaboratori, pezzi su riviste estere, libri
interessanti con i quali dialogare, interviste da
fare per vivacizzare, inchieste articolate da promuovere. Non è facile, lo so, ma va tentato. Più
difficile cercare
la critica anarchica dappertutto e il punto di vista che rende visibile la specificità di un
giornale, di un pensiero. Ritengo insufficiente, infatti, un livello di approccio etico alle questioni materiali,
e assolutamente inidonea una
cornice dettata dal "buon senso" elevato a categoria di lettura e di conoscenza. Pur risultando a volte
scardinante, il "buon senso" spesso riflette acriticamente luoghi comuni, una tensione rilassata di pensiero che
non si applica alla radice nascosta delle cose, alle strategie profonde che muovono situazioni
concrete. Spesso riveste quel "sentire comune", in media re, che sa di spirito ecumenico e di facile consenso
universale.
Del che personalmente diffido. Comunque, credo anche nello scambio e nel ricambio di uomini e idee, ed
ho fiducia nella vostra capacità
collaudata di apertura alla transizione verso una "A" migliore: nuovi collaboratori, nuove idee da immettere in
un tessuto vivo ben tramato. Merito vostro. Buon lavoro.
Salvo Vaccaro (Palermo)
La diversità di "A"
Uè, uaiò, voglio anch'io esporre alcuni miei
pareri in merito al dibattito su "A". Ci tengo a
ricordare quanto sia importante discutere e partecipare tutti a
questo dibattito visto che "A" è la pubblicazione
anarchica più diffusa e come ben sappiamo la stampa rimane
una delle poche armi di cui disponiamo per mantenere vivo, e se
possibile espandere, il nostro ideale. Analizzando la sostanza
delle cose, possiamo dire che "A" può essere un
mezzo efficace per raggiungere i fini di cui si parla sopra? Io
penso proprio di si, penso che sia il veicolo più
efficiente di messaggio libertario espresso dalla stampa
anarchica. Dico questo non solo basandomi sull'evidenza dei fatti
(la tiratura) ma anche avendo una piena fiducia della
potenzialità della rivista. Penso che altre pubblicazioni
anarchiche essendo lavori di stampo chiaramente militante,
ricoprano funzioni diverse, come quella di costituire strumenti di
dibattito interno, chiarificazione di posizioni, strumenti di
coesione interna sui grandi problemi sociali e politici che ci
toccano. Tutto ciò rientra, anche abbondantemente, sulle
pagine di "A" ma la peculiarità ed arma di
rivista anarchica, a mio parere, consiste nel non chiudersi in
questo. Se una persona di mentalità aperta, tollerante e
democratica si ritrovasse a sfogliare per caso un periodico
strettamente militante penserebbe di avere a che fare con una setta
di rigidi e incorrotti seguaci di un'idea mistica. Io non condanno
assolutamente la militanza e l'attivismo ma ribadisco che chi si
esprime solo in questi termini esclude un coinvolgimento, anche
graduale, degli altri, i non anarchici, penso che "A",
abbia considerato questo aspetto. Il suo compito è quello di
risvegliare il sentimento libertario soffocato dallo stordimento
repressivo dei media di regime, mettendo in chiaro la cultura
anarchica, visto che di cultura si tratta, intesa come soluzioni
alternative, antiautoritarie ed estremamente a misura d'uomo dei
problemi che si presentano (ambiente, droga, urbanistica, maternità,
arte, agricoltura, nuove forme di organizzazione del lavoro, e mille
altri) per questo credo che le materie trattate debbano espandersi
senza confini, tenendo conto anche di soluzioni ed esperienze non
dichiaratamente anarchiche ma comunque legate a connotati per noi
positivi. Così come deve essere aperta verso l'esterno,
penso che "A" debba essere aperta verso l'interno,
accettando collaborazioni dai più diversi orientamenti di
matrice libertaria: il dibattito non solo sulla situazione attuale
di "A" ma sulle questioni più diverse deve
continuare ed espandersi, portare al confronto (e alla
disponibilità) visto che ognuno di noi ha una sua particolare
visione di cosa sia la libertà e l'anarchia. Anche in ciò
deve consistere la diversità di "A" cioè nel
non essere settari, nel dimostrare come diversi orientamenti
possano cioè esistere ed anzi trovare nella diversità
una forza maggiore, una volta che sia garantita la disponibilità
e l'apertura verso chi non la pensa proprio come noi. La rivista
deve essere una palestra all'interno della quale esercitare la
capacità di trovarsi e unirsi sulla base di idee non uguali
(in certa misura lo è già). Se un cambiamento
sostanziale di "A" ci deve essere io penso che ciò
debba riguardare il suo aumento in numero di pagine cioè
la rivista deve essere più alta, più sostanziosa per
coprire le esigenze di cui sopra. Se ci sono difficoltà
nel reperire articoli, non vedo perché non si
possa ripescarne di vecchi ma ancora attuali, anche in vista di
un'apertura verso un confronto generazionale anche un po' di
storia non fa male anche perché il movimento passato ha
poche cose da rimproverarsi e quasi nulla da nascondere per le
azioni compiute. Non siamo staliniani in vena di ripensamenti e
il fatto di vedere cosa ieri non è funzionato, ci può
essere utile oggi. Uè uaiò, sto parlando troppo.
Concludo con un altro invito a voi a me e a tutti a sostenere
questa cazzo di rivista, con la distribuzione delle copie e
contribuendo con articoli (Rivista Aperta), se riusciamo a far
capire a quegli animi non ancora del tutto offuscati che gli
anarchici non sono bombaroli avremo compiuto un piccolo salto in
avanti. "A" può essere un mezzo per
riuscirci. Filippo Adorni (Langhirano)
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