Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 181
aprile 1991


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Moleste e opportune violazioni d'intimità

"Sheldon scriveva romanzi per vivere, ora deve scrivere per restare vivo", oppure "Aveva visto l'assassino, è riuscita a fuggire, ma un poliziotto l'ha trovata e le ha offerto la sua protezione..." Oppure altri insiemi di frasi: non c'è che l'imbarazzo della scelta. Manifesti e annunci pubblicitari di film abbondano di dichiarazioni consimili, tendenti a dar già allo spettatore almeno mezzo film - quando non tutto intero... - prima che questi varchi la soglia della sala cinematografica. Evidentemente, la sorpresa fa paura, disincentiva; si ritiene che la gente voglia andare al cinema sapendo già per filo e per segno cosa andrà a vedere. La cosa, a ben vedere, fa parte di un andazzo più generale, quello che io chiamo delle "volate lunghe" - un meccanismo micidiale con cui la civiltà (cosiddetta) dei consumi anticipa praticamente tutto: il Natale che alla prima settimana di dicembre sembra una vicenda già vissuta più che a sufficienza, l'intervista del tale di cui si sa già tutto tre giorni prima che vada in onda, l'evento pubblico o privato tanto pre-analizzato da venir appiattito, edulcorato, predigerito, privato della sua potenziale virulenza e della sua capacità innovativa. Così, da un po' di tempo in qua, e per il cinema: e il fenomeno non è molto disgiunto da quello che vede la gente sorbirsi per la dodicesima volta - con gran soddisfazione a dar retta ai dati dell'auditel - il medesimo film in tv.
Con questa tecnica sono riusciti anche a rovinare non poco la percezione di un film come Green Card - Matrimonio di convenienza (e sul sottotitolo italiano, sciocco com'è, non giurerei) di Peter Weir, uno che, a giudicare da quel che dice nei suoi film, nell'andazzo generale dovrebbe trovarsi piuttosto imbarazzato. Credendo di esser furbi e divertenti, l'hanno presentato fin dai manifesti come "la storia di due persone che si sposano, si conoscono e poi si innamorano".
Con il che hanno detto tutto (suggerendo una lettura unidimensionale di un film ben più ricco) e niente o, meglio, peggio di niente (portando fuori strada gli eventuali volenterosi che, dal film, pretendessero qualcosa di più cospicuo).
Senza metter loro nel conto la non modesta seccatura di sapere su che trama narrativa - dall'a alla zeta - il regista va a sciogliere i nodi fondamentali del suo discorso.
Discorso che, ovviamente, con la storiellina dei due che per motivi burocratici si sposano, che per gli stessi motivi burocratici fingono un matrimonio che non c'è fino al momento in cui, al naufragare della finzione, si ritrovano pronti e decisi l'uno per l'altro, discorso, dicevo, che con tutto ciò ha poco a che vedere, mirando ben più in alto e pretendendo di colpire noi tutti, cittadini di una metropoli invivibile ed asfissiante noi che non riusciamo più né a far scelte collettive né personali.
Avvalendosi della collaborazione entusiastica di due attori come Gerard Depardieu e Andie MacDowell (che regalano sguardi sinceri, contrizioni improvvise e spassi del cuore), Peter Weir riprende, in questo Green Card, quei malumori verso i suffragetti dell'ecologismo facilone e verso le nuove tecniche della subordinazione sociale che già aveva affrontato con encomiabile grinta in Mosquito Coast. Qui il risultato è tuttavia più compatto, meno didascalico e magari privo di svolte cruciali e di momenti enfatizzabili, ma ugualmente meritorio (anche se attrarrà di meno la complicità di quel pubblico che, numeroso e plaudente, aveva ratificato la bontà de L'attimo fuggente).
Un'occasione propizia, allora per dar libero corso ai virtuosismi del narratore, geniale come pochi nello schiudere l'intimo di due persone allo spettatore proprio mentre, per piana e coerente evoluzione, il medesimo intimo si schiude per l'una e per l'altra (una straordinaria dichiarazione d'amore indiretta, alcune brevissime soggettive che complementano la sceneggiatura, certi imprevisti stacchi musicali che vengono a costituire un accomodante spartito per i pensieri agitati dei personaggi: particolari che contribuiscono alla piacevolezza ed alla solidità del tutto).
Peccato aver dovuto vederlo sotto il diktat invadente della sua pubblicità: un ulteriore sintomo del fatto che, a questo mondo, lo spettatore non è mai considerato maturo per la sua completa autonomia. Come se non ci si dovesse già difendere a sufficienza dal previsto, dal pre-cotto e pre-giudicato, ora ci propinano anche i pre-raccontati.