Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Moleste e opportune
violazioni d'intimità
"Sheldon scriveva
romanzi per vivere, ora deve scrivere per restare vivo", oppure
"Aveva visto l'assassino, è riuscita a fuggire, ma un
poliziotto l'ha trovata e le ha offerto la sua protezione..." Oppure
altri insiemi di frasi: non c'è che l'imbarazzo della scelta.
Manifesti e annunci pubblicitari di film abbondano di dichiarazioni
consimili, tendenti a dar già allo spettatore almeno mezzo
film - quando non tutto intero... - prima che questi varchi la
soglia della sala cinematografica. Evidentemente, la sorpresa fa
paura, disincentiva; si ritiene che la gente voglia andare al cinema
sapendo già per filo e per segno cosa andrà a vedere.
La cosa, a ben vedere, fa parte di un andazzo più generale,
quello che io chiamo delle "volate lunghe" - un meccanismo
micidiale con cui la civiltà (cosiddetta) dei consumi
anticipa praticamente tutto: il Natale che alla prima settimana
di dicembre sembra una vicenda già vissuta più che
a sufficienza, l'intervista del tale di cui si sa già
tutto tre giorni prima che vada in onda, l'evento pubblico o privato
tanto pre-analizzato da venir appiattito, edulcorato, predigerito,
privato della sua potenziale virulenza e della sua capacità
innovativa. Così, da un po' di tempo in qua, e per il cinema:
e il fenomeno non è molto disgiunto da quello che vede la
gente sorbirsi per la dodicesima volta - con gran soddisfazione a
dar retta ai dati dell'auditel - il medesimo film in tv. Con
questa tecnica sono riusciti anche a rovinare non poco la percezione
di un film come Green Card - Matrimonio di convenienza (e sul
sottotitolo italiano, sciocco com'è, non giurerei) di Peter
Weir, uno che, a giudicare da quel che dice nei suoi film,
nell'andazzo generale dovrebbe trovarsi piuttosto imbarazzato.
Credendo di esser furbi e divertenti, l'hanno presentato fin dai
manifesti come "la storia di due persone che si sposano, si
conoscono e poi si innamorano". Con il che hanno detto
tutto (suggerendo una lettura unidimensionale di un film ben più
ricco) e niente o, meglio, peggio di niente (portando fuori strada
gli eventuali volenterosi che, dal film, pretendessero qualcosa di
più cospicuo). Senza metter loro nel conto la non modesta
seccatura di sapere su che trama narrativa - dall'a alla zeta - il
regista va a sciogliere i nodi fondamentali del suo
discorso. Discorso che, ovviamente, con la storiellina dei due
che per motivi burocratici si sposano, che per gli stessi motivi
burocratici fingono un matrimonio che non c'è fino al momento
in cui, al naufragare della finzione, si ritrovano pronti e decisi
l'uno per l'altro, discorso, dicevo, che con tutto ciò ha
poco a che vedere, mirando ben più in alto e pretendendo di
colpire noi tutti, cittadini di una metropoli invivibile ed
asfissiante noi che non riusciamo più né a far scelte
collettive né personali. Avvalendosi della
collaborazione entusiastica di due attori come Gerard Depardieu e
Andie MacDowell (che regalano sguardi sinceri, contrizioni
improvvise e spassi del cuore), Peter Weir riprende, in questo Green
Card, quei malumori verso i suffragetti dell'ecologismo facilone
e verso le nuove tecniche della subordinazione sociale che già
aveva affrontato con encomiabile grinta in Mosquito Coast.
Qui il risultato è tuttavia più compatto, meno
didascalico e magari privo di svolte cruciali e di momenti
enfatizzabili, ma ugualmente meritorio (anche se attrarrà di
meno la complicità di quel pubblico che, numeroso e
plaudente, aveva ratificato la bontà de L'attimo
fuggente). Un'occasione propizia, allora per dar libero corso
ai virtuosismi del narratore, geniale come pochi nello schiudere
l'intimo di due persone allo spettatore proprio mentre, per piana e
coerente evoluzione, il medesimo intimo si schiude per l'una e per
l'altra (una straordinaria dichiarazione d'amore indiretta, alcune
brevissime soggettive che complementano la sceneggiatura, certi
imprevisti stacchi musicali che vengono a costituire un accomodante
spartito per i pensieri agitati dei personaggi: particolari che
contribuiscono alla piacevolezza ed alla solidità del
tutto). Peccato aver dovuto vederlo sotto il diktat invadente
della sua pubblicità: un ulteriore sintomo del fatto che, a
questo mondo, lo spettatore non è mai considerato maturo per
la sua completa autonomia. Come se non ci si dovesse già
difendere a sufficienza dal previsto, dal pre-cotto e pre-giudicato,
ora ci propinano anche i pre-raccontati.
|