Rivista Anarchica Online
Nella mia "assurda" utopia?
Il privilegio, datomi dalla redazione, di rispondere a Cristiano
Draghi mi serve per rassicurarlo che non è mio costume
tagliare la penna e la lingua a nessuno, impedendo libertà di
espressione in tutti i sensi. Ho però poco da replicare
perché Draghi mi imputa molto (pure di riesumare
fantomatici complotti di multinazionali sulle quali cado dalle
nuvole) senza controprovare nulla. Siccome credo che anche
lui conosca il mondo dell'informazione, avrei piuttosto preferito
replicare a obiezioni di contenuto o di metodo, a critiche
fondate su altre considerazioni o su altri elementi di
valorizzazione del sistema informativo. Nulla di tutto questo. Anzi,
a quanto pare, non muterebbe un mattone all'edificio, tanto gli sta
bene. Sospetta innanzitutto un mio livore contro individui o
contro una corporazione, mentre ho sostenuto l'imbecillità
di un sistema, non di singoli, come è corretto usare una
categoria al vetriolo quale è quella dell'imbecillità. Mi
fa onore essere paragonato a Karl Kraus, che evidentemente Draghi
sconosce: in caso contrario, non si arrischierebbe a eleggerlo a
paladino della destra reazionaria, proprio lui, che diresse una
storica rivista, "Der Fackel" sino all'avvento hitleriano,
stigmatizzando senza compromessi usi e costumi di una borghesia
lanciata follemente verso la dittatura e la follia nazista. Draghi,
invece, non sospetta che il miglior modo di occultare la verità
non sia la censura - prima o poi si scopre - quanto obbligare la
verità a parlare, a confessarsi, come è evidente nel
meccanismo della confessione religiosa a proposito di peccati di
ordine sessuale (il rinvio è al primo volume della "Storia
della sessualità" di Michel Foucault), oppure
nell'artifizio della "lettera rubata" di Edgar Allan Poe:
ciò che è più visibile si sottrae alla
visibilità. La censura è arcaica in rapporto
al velamento da troppa trasparenza. I mass media, logorroici,
sono specializzati nel far dimenticare le cose non occultandole
(sebbene ciò accada), bensì facendole parlare molto in
un tempo ristretto, per poi rimuoverle appena perdono di attualità,
venendo così sostituite a ciclo continuo, proprio come nei
famosi bulloni accelerati nella catena di montaggio di
Charlot. Sull'unica obiezione concreta che mi muove, Draghi non
si immagina neanche lontanamente che, pur criticando un sistema
informativo, possa essere scrupoloso quanto un buon
professionista qualsiasi, dandosi il caso di aver avuto modo,
vivendo a Palermo, di assistere al maxi-processo contro la mafia,
di aver avuto accesso a interrogatori, e di avere così
appreso - senza dare o meno credito di affidabilità - da
alcuni imputati pentiti quanto riportato nel mio saggio. Del
resto, qualunque struttura intelligente organizza le proprie
attività per ricavarne massima amplificazione possibile
gratuitamente sui mezzi di informazione. Certo, se si pensa di
poterlo leggere negli statuti di Cosa nostra... Infine, quanto
alla scelta di Cristiano Draghi di difendere questa libertà
di stampa, questa pluralità dell'informazione (?),
addirittura lodando nel migliore dei modi possibili (bel relativismo
culturale) ed eleggendo l'America quale migliore luogo d'esilio dove
poter continuare a pensare ed a parlare liberamente, ebbene, mi è
difficile poterlo seguire. Preferisco restare nella mia "assurda"
utopia piuttosto che nel suo "reale" sistema di
dominio.Salvo Vaccaro (Palermo)
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