Rivista Anarchica Online
Ma la causa è nel sociale
"Gli uomini non soffrono per le cose, ma per il modo in cui le vedono" (Epitteto)
Ho appena finito di leggere la lettera a firma di Roberto Gimmi sullo scorso numero ("Antiproibizionista,
ma...")
e le sensazioni che sto provando non sono, purtroppo, del tutto positive. La prima parte della lettera, quella
che si dedica soprattutto alla descrizione del dibattimento sulla legalizzazione
della "droga", sembra essere chiara e semplificante. Pare facilitare il farsi un'idea di massima rispetto a
ciò che
sta accadendo all'interno dell'arco istituzionale. La seconda contiene invece diverse prese di posizione ed alcune
valutazioni etiche. Al di là di questa prima immagine di semplicità e coerenza si notano
purtroppo alcuni elementi di confusione
o, meglio, di manipolazione mass-mediale che, come anarchico, ritengo assolutamente indispensabile mettere
in luce. Ma procediamo con ordine. Tutta la prima parte basa il proprio esistere su una serie di termini
standard che vengono quotidianamente
sempre più usati senza una reale coscienza del loro significato. Mi riferisco, banalmente, a termini quali
"droga,
tossicodipendenza, tossicofilia, etc." L'impressione è che ci si dimentichi che questi termini sono
estremamente elastici e che possono sottendere
significati assai diversi. Negli ultimi anni, a fronte delle solite, semplificanti e tendenziose, scelte della
comunicazione di massa si
assiste ad un bieco compattamento in cui il termine droga diventa sinonimo di eroina, in cui si dimentica della
grande vastità di sostanze psicoattive (legali e non) e si rimuove il fatto che l'uso delle suddette sostanze
non
è una novità degli ultimi decenni ma al contrario attraversa tutta la storia dell'umanità.
Si tratta di un
compattamento altamente funzionale alle scelte del potere, che può in questo modo facilmente bollare
alcuni
individui di asocialità o di devianza. Per uscire dal binario chiuso che identifica l'utilizzo di una
sostanza con la dipendenza dalla stessa, vale la pena
di introdurre i concetti di "sostanza tossica, uso ed abuso". Le sostanze tossiche sono sostanze che, ad un
determinato dosaggio, causano avvelenamento, morte o alterazioni gravi del normale funzionamento
dell'organismo. Con dosaggi diversi le stesse sostanze provocano altri effetti. Esempi banali: alcuni oppiacei
vengono usati come analgesici, la stricnina è talvolta utilizzata a scopo
terapeutico, etc. L'"uso" di una sostanza tossica è un utilizzo che permette di fruirne gli aspetti
positivi limitando i negativi
(dipendenza psichica o fisica, cronicizzazione di eventuali trasformazioni organiche). Nel momento in cui
viene superata la soglia dell'"indipendenza" dalla sostanza subentra all'"uso" l'"abuso". L'uso di una
sostanza tossica da parte di un individuo che riesce ad evitare cronicizzazioni deve portare
all'utilizzo del termine "tossicofilia". Nel caso in cui invece si vada incontro a problemi di dipendenza (e
cioè ad un bisogno compulsivo) si tratterà
di "tossicomania". Per permettere al lettore di immaginarsi, almeno in minima parte, qual è la grande
quantità
delle sostanze attive (e delle eventuali possibili tossicomanie) riporto qua di seguito una tabella semplificata.
E' il frutto di una serie di lavori successivi: stesa per la prima volta nel 1928 da L. Lewin è stata poi
aggiornata
da H. Ey nel 1979. E' utile ricordare che tratta solo di sostanze di uso comune nel nostro secolo ed esclude
principi utilizzati in altre fase storiche o da gruppi geograficamente minoritari.
Tossicomania: Euphorica Sostanze e
derivati: - Oppio, morfina, codeina, metadone (sintetico), petidina (sint.), destromoramina
(sint.) (Note: L'oppio si ricava dal papaverum somniferum, noto ai sumeri ed agli antichi greci; nel
1804 Sertuner, un
farmacista tedesco, ne isola il contenente attivo, la morfina; dal 1850,con l'introduzione della siringa ipodermica
si diffonde il suo abuso. Nel 1874 in Inghilterra, per mezzo di una modificazione chimica, si produce l'eroina
che, dal 1898, viene prodotta dalla Bayer per curare la morfinomania.) - Cocaina (Note:
la cocaina si ricava dalle foglie dell'Erythroxylon coca, una pianticella delle Ande. Pianta sacra per gli
Incas, era usata dai sacerdoti Aztechi per riti religiosi. Nel mondo occidentale appare nel secolo scorso ed
inizialmente è considerata non più pericolosa del the o del caffè (S. Freud) e valida
come "tonico cerebrale, per
la cura delle affezioni delsistema nervoso... rimedio per cefalee e per apprendere rapidamente" -
pubblicità della
Coca Cola del 1885 -.)
Tossicomania: Phantastica. Sostanze e
derivati: - LSD (Dietilamide dell'acido Lisergico) (Note: l'LSD deriva dalla segale cornuta
e fu isolata nel 1930 nei laboratori della Sandoz.Tuttavia l'effetto
dell'alcaloide era noto da secoli allorché la farina di segale usata per panificare, contaminata
accidentalmente
dalla segale cornuta, procurava nei consumatori deliri, midriasi, sudori, disturbi circolatori periferici, ecc.
insomma i sintomi propri della sindrome denominata "fuoco di S. Antonio") -
Psilocibina (Note: Componenti di un gruppo di funghi della famiglia delle agaricacee che
crescono esclusivamente in
Messico (Stapharia e Psilocybes) o in Sud America (Conocytes). - Mescalina (Note:
Componente del cactus peyote che cresce nel Messico, in prevalenza.) - Canapa Indiana. Se si tratta
di foglie seccate viene definita Marijuana (in America) o Kif (nei paesi arabi).
La resina viene chiamata Hascisc (in oriente) o Chira (n Nord Africa) (Note: la descrizione della
canapa indiana è già presente in erbari cinesi del terzo millennio a.C. Cresce ed è
stata diffusa sin dall'antichità e lo è tuttora in tutti i continenti. E' ormai generalmente
considerata una sostanza
non pericolosa anche se antiche paure e la coincidenza che ha portato persone giovani a far uso concomitante
o sequenziale di derivati della canapa e dell'oppio pongono l'uso di questa sostanza fuori legge).
Tossicomania: Inebrianti. Sostanze e
derivati: - Alcol etilico da fermentazione (vino) da distillazione (liquori) (Note: l'alcol
etilico, prodotto dalla fermentazione della frutta, è ritenuta la sostanza che, prima tra le altre, fu
conosciuta per i suoi effetti producenti uno stato di benessere; si è ipotizzato che l'uomo preistorico lo
abbia
sperimentato casualmente, bevendo il liquido raccoltosi dalla fermentazione naturale della frutta. Si hanno
riscontri che la birra fosse prodotta alcuni millenni a.C.; anche il fermentato dell'uva (nettare) è
menzionato nei
poemi omerici. L'uso del vino si espanse dal XVII sec. con l'utilizzo di bottiglie di vetro e tappi di sughero che
ne consentivano l'asportazione e l'uso domestico. La distillazione fu introdotta in Europa dagli Arabi che
inventarono l'alambicco; nel secolo XVI ci fu il massimo dell'espansione dell'uso dei superalcolici.) -
Etere, cloroformio, benzina, protossido d'azoto, colle
Tossicomania: Hypnotica. Sostanze e
derivati - Barbiturici, cloralio, bromuri, Benzodiazepine (Tavor, Valium, Roipnol, Ansiolin,
etc.) (Note: l'uso di alcol etilico, etere, etc, come sonnifero e sedativo viene sostituito in buonaparte,
nel XX sec., da
sostanze prodotte per sintesi. L'effetto, per cui erano originariamente utilizzate, era come depressore del sistema
nervoso, ma sciolti in bevande alcooliche un sinergismo tra le due sostanze procura sensazioni non dissimili
da quelle dell'eroina. Miscele di liquori e benzodiazepine sono attualmente usate da eroinomani in alternativa
all'eroina.)
Tossicomania: Excintatia: Sostanze e
derivati: - Caffè, the, canfora, tabacco, anfetamine (Benzedrina, Orfedrina, Pervitina,
Maxiton, Metedrina) (Note: in questa tossicomania si includono sostanze di uso quotidiano, il cui
abuso, oltre all'alcol etilico visto
prima, è pero socialmente accettato. In alcuni ceti sociali è anche accettato l'uso delle
anfetamine. Le anfetamine
sono spesso contenute negli anoressizzanti prescritti nelle cure dimagranti.)
Tossicomania: Altre. Sostanze e derivati: -
Farmaci analgesici, tranquillanti, psicotropi, lassativi, diuretici etc. (Note: l'eliminazione di
un disturbo - reale od immaginario - può essere vissuta come un enorme beneficio da
un soggetto, al punto che l'uso di certi farmaci può venir effettuato sia al primo insorgere della
sensazione
indesiderata, o addirittura, al livello preventivo. La dipendenza si fissa su quel determinato prodotto.)
Per concludere, nella classificazione proposta da H. Ey, sono contemplati anche certicomportamenti
"nevrotici"
come bulimia ed anoressia, superlavoro, etc. Questa carrellata era un tentativo di mettere in crisi alcuni termini
"granitici" e tendenziosi che tanto piacciono a chi vuole gestirci. La seconda parte della lettera di Gimmi
si lancia in un tentativo di analisi (in vari punti contraddittoria) che
termina con l'affermazione: "una volta chi si drogava veniva visto come un uomo in rivolta oggi è solo
uno
stronzo. Ecco, questa è già una battaglia vinta". Stento a credere che chi l'ha scritta possa
ritenersi un libertario.
E' una frase, come altre che la precedono, che si lega perfettamente a logiche di potere. Si nega insomma
l'individualità di una persona e la si valuta, semplicemente per l'uso o il non uso di una
sostanza. Tornando alla lettera, ne ho fatto più volte delle riletture ma non riesco a dipanarne una
logica realmente
precisa. Prima vi si parla di spazi di libertà, poi si citano le tesi antiproibizionistiche di Malatesta; poche
righe
oltre viene invece affermato che poiché "i drogati si trovano in un circolo vizioso, bisogna assumere
atteggiamenti decisi ed autoritari in quanto essi tentano in mille modi di trovare giustificazioni alle loro
difficoltà di smettere". E si prosegue ancora con uno splendido esempio di logica autoritaria: "Cosa
facciamo
se un bambino vuole mettere le mani in una presa elettrica?". Si tratta ovviamente di una domanda retorica che
impone la risposta: "Certo, lo fermiamo" (e magari poi gli spieghiamo anche il motivo). Purtroppo è
un
parallelismo che, sotto un profilo di logica formale, è errato perché, normalmente, chi inizia ad
utilizzare
sostanze psicoattive non è un bambino. Porsi in una posizione giudicante o sbilanciata, dividerci tra chi
può
decidere e chi non può più significa fare il gioco delle istituzioni più repressive. Certo,
molto spesso la
dipendenza da sostanze porta a situazioni di estrema sofferenza, sia peril tossicodipendente che per chi gli sta
vicino. Non dimentichiamoci però che esistono innumerevoli esempi di dipendenza e di dolore che
passano
quotidianamente sottobanco. Rischiose quanto l'uso di sostanze stupefacenti sono innumerevoli altre
attività.
Ciò che va sempre e comunque focalizzato non è semplicemente l'atto ma le modalità
attraverso le quali questo
si esplica. L'uso di una sostanza, di qualsiasi sostanza (e molti comportamenti di tipo socio-relazionale),
può
essere, in estrema sintesi, causato da una coppia di motivazioni. Può trattarsi della semplice ricerca di
piacere
o di conoscenza oppure essere un tentativo di eliminare sentimenti di inadeguatezza e di alienazione. Nel primo
caso si tratta di una scelta autonoma; eventuali (ma non obbligatori) problemi conseguenti possono essere
superati puntando l'attenzione sulla sostanza. Nel secondo caso invece, quello più comune, ogni
tentativo di
superamento deve coinvolgere globalmente l'individuo sofferente e chi gli sta accanto.Questo perché
è il sociale,
i suoi conflitti e gli eventuali fantasmi, che causano una situazione di disperazione. Il fatto che questa
seconda categoria sia più diffusa dipende semplicemente dal "senso" che questa società ha
voluto attribuire all'uso di sostanze psicoattive, connotandole cinicamente come "strumenti di fuga dalla
realtà".
Sta a noi il cercare di trasformare queste interpretazioni distorcenti, magari cercando di analizzare con un
maggiore distacco ciò che ci circonda e, al contrario, guardando un poco più profondamente
dentro a noi stessi.
La vera "malattia della società" non è la droga ma i termini di relazione all'interno di questa
società. Nella speranza della apertura di un dibattito, vi saluto.
Alessandro Leali (Milano)
P.S. - Per cercare di facilitare l'individuazione di altre interpretazioni del fenomeno cito qui di seguito alcuni
testi. Si tratta di opere eterogenee (in alcuni casi saggi, in altri poesie o romanzi), nel senso che propongono
interpretazioni assai diverse e, in molti casi, addirittura contrastanti. Nulla di negativo, anzi: solo accettando
la mancanza di una valutazione univoca è possibile riuscire a costruirsi un percorso autonomo.
AA. VV. Droga, il vizio di proibire, Volontà n. 1/1991. AA. VV. W.S.
Burroughs, B. Gysin, RE/search, Shake 1992. G. Arnao, Erba proibita,
Feltrinelli. Professor Bad Trip, Il pasto nudo, Shake 1992. G. Bertoli, Attraverso
l'arcipelago, Ed. Senzapatria, 1983. P. C. Baudelaire, I paradisi artificiali, Dall'Oglio,
1974. R. S. De Ropp , Le droghe e la mente, Cesco Ciapanna Editore, 1980. I.
Eilb-Eibesfeldt, Etologia della Guerra, Boringhieri, 1983. M. Ey, Manuale di
psichiatria, Masson, 1978. P. T. Furst, Allucinogeni e cultura, Cesco Ciapanna Editore,
1981 . A. Huxely, Il mondo nuovo, Mondadori, 1966. A. Huxely, Le porte della
percezione, D'evil Books, 1990. R. Hodgson, P. Miller, La mente drogata, Rizzoli,
1983. S. Marsicano, Comunicazione e disagio sociale, Angeli, 1988. J. M. Pelt, Le
droghe, Vallardi, 1984. R. Terranova, P. Cornacchia, Quale droga, Tennerello,
1979. B. Vesper, Il Viaggio, Feltrinelli, 1980. D. S. Worthon, Conoscere le piante
allucinogene, Savelli, 1980.
Rispetto al problema della libertà personale vale forse la pena, per chi non lo ha ancora fatto, di dare
almeno
una scorsa a: M. Bookchin, Post-scarsity anarchism, La Salamandra, '79 AA. VV,
Il prisma e il diamante, Antistato, 1991. D. Guerin, Né dio, né
padrone, Jaka Book, 1977. A. Papi, La nuova sovversione, Ed. Archivio Famiglia
Berneri, 1985. T. Tomasi, Ideologia libertaria e formazione umana, Nuova ltalia '73
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