Rivista Anarchica Online
Il ritorno della «Tripla A»
di Gianni Sartori
La denuncia viene dalle «Madri di Plaza de Mayo», l'organizzazione di donne,
in particolare madri di
«desaparecidos», che in Argentina continua a lottare per il rispetto dei diritti umani e della democrazia.
Una loro esponente ha dichiarato: «Questo governo che ha graziato i generali genocidi, che ha svenduto
l'intero
paese e che ha fatto tabula rasa di tutte le conquiste sociali ottenute dalla classe operaia in più di un
secolo di
lotta, oggi vuoi far tacere le voci che si alzano contro l'ingiustizia». A provocare la reazione delle «Madri»
è
stata la recrudescenza di attacchi squadristi (alcuni firmati AAA) contro giornalisti democratici ed esponenti
di organismi che si battono per il rispetto dei diritti umani. Continua la portavoce dell'organizzazione
democratica: «Oggi le aggressioni ai giornalisti, la codardia delle
minacce telefoniche, l'uccisione di giovani nei quartieri popolari ad opera della polizia dal grilletto facile, fanno
rivivere lo spettro della "Tripla A"». Una breve parentesi storica su quella che probabilmente è stata
la più famosa tra le varie «squadre della morte»,
presa poi a modello non solo nei paesi del «Cono Sud», ma in gran parte del mondo, dall'Irlanda al Sudafrica
(GAL, UVF, Falange Armata, «Vigilantes» sudafricani ... ). Agli inizi degli anni '70, durante l'ultimo
governo peronista di Isabel Peron, precedente alla dittatura militare,
venne organizzata la tristemente nota «Tripla A» (Alleanza Anticomunista Argentina). Si trattava di un gruppo
terrorista parastatale, finanziato ed organizzato dallo stesso governo, che faceva capo al ministro Josè
Lopez
Rega, dichiaratamente fascista, ex segretario del defunto Peron e successivamente principale collaboratore della
Presidente «Isabelita». La Tripla A coinvolgeva nelle sue azioni terroristiche elementi delle Forze Armate, della
Polizia Federale, delle varie polizie provinciali e dei gruppi armati della destra peronista. Ben presto, come da
copione, dalle minacce e dalle intimidazioni si passò agli attentati dinamitardi e all'uccisione degli
oppositori.
Come ci ricordano le «Madri»: «Numerosi parlamentari di sinistra, dirigenti sindacali di base, giornalisti
scomodi, sacerdoti "terzomondialisti", professori universitari e semplici militanti popolari, furono trucidati nel
silenzio e con la complicità del governo». Oggi la storia rischia di ripetersi. Secondo le «Madri»
si assiste alla stessa connivenza fra le alte autorità dello
Stato, i militari, le forze di sicurezza e i «civili», come nel caso degli appartenenti al cosiddetto «Commando
d'Organizzazione», un gruppo paramilitare definito «di provocazione» che arruola i suoi membri fra gli
esponenti della malavita. Dall'indagine sull'aggressione al giornalista d'opposizione Hernan Lopez Echague,
di «Pagina 12», sono emerse precise responsabilità. Alcuni degli esecutori materiali dell'attentato sono
stati
identificati come aderenti al «Commando d'Organizzazione» capeggiato da Alberto Brito Lima, fino a poco
tempo fa ambasciatore del governo argentino in Honduras, in passato sostenitore di Isabel Peron, membro della
Tripla A (un elemento quindi di continuità) e oggi fervente seguace di Menem. Sempre secondo
quanto denunciano le Madri, il Commando d'Organizzazione recluta i suoi membri tra i
malavitosi del Mercato Ortofrutticolo di Buenos Aires, feudo di Alberto Pierri, Presidente della Camera dei
Deputati. Va anche ricordato che alcune targhe dei veicoli utilizzati nell'azione contro Lopez Echague,
identificate da testimoni, hanno coinvolto l'Amministrazione della Provincia di Buenos Aires nell'attentato. Per
la cronaca il governatore della Provincia è Eduardo Duhalde, uno dei più stretti collaboratori
del Presidente
Menem. Con ogni probabilità questo clima di intimidazioni, minacce, pestaggi, attentati e censura
contro ogni forma di
opposizione rientra in qualche modo nel progetto di Menem, di essere rieletto Presidente della Repubblica. E'
questa anche l'opinione di alcuni suoi ex sostenitori, come l'ex ministro degli Interni Gustavo Beliz che si
è
dimesso dall'incarico denunciando le manovre del governo per «conquistare voti e consensi a costo di
qualunque
prezzo». Da parte sua Menem, parlando delle aggressioni subite dai giornalisti dell'opposizione ha dichiarato:
«Queste cose fanno parte dei rischi della professione». Niente male per il «garante della democrazia».
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