Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 225
marzo 1996


Rivista Anarchica Online

Segnali di fumo
a cura di Carlo E. Menga

Il nome del profumo

Vi ricordate di quando in televisione c'era Baruffa nell'aria? E di quando una canzoncina morbidamente jazzata coniugava la parola "Arrogance" come se fosse il modo imperativo di un verbo inglese ("Arrogance you...Arrogance me...")? E di quando una mezza dozzina di donne sedotte e abbandonate (tutte, evidentemente, francofone), spalancando altrettante finestre su due piani di un imponente edificio, gridavano, prima a turno e poi all'unisono: "Egoiste! Egoiste" all'indirizzo del pnto di fuga dell'invisibile seduttore, verosimilmente dileguatosi prima dell'alba (l'alba di quei tipi lì corrisponde all'incirca a un orario non anteriore alle 10.30 del mattino: perciò la scena si svolgeva in piena luce)?
Io me ne sono ricordato recentemente. Mentre sfogliavo le pagine di un settimanale patinato al fine di scoprire quale sarebbe stato il prossimo film-gadget allegato in videocassetta, mi sono sorpreso a pensare al nome del profumo, la cui inserzione pubblicitaria mi era apparsa davanti aglli occhi, come se fosse da pronunciare alla francese, pur essendo una parola del lessico italiano. Come se si fosse trattato di Platini, o di Gambetta, io leggevo "Vendetta" e pronunciavo mentalmente "Vandetta". E invece di continuare a farmi i fatti miei, mi sono chiesto quale meccanismo mi avesse spinto a considerare automaticamente il francese lingua ufficiale, non solo del mondo dei profumi - che è ovvio - ma anche di quello dei relativi messaggi pubblicitari - che forse lo è un po' meno.
Ne è scaturita un piccola ricerca, condotta su 30 inserzioni a stampa, per mezzo della quale, perso di vista lo scopo iniziale, ho scoperto alcune cosette che mi sono sembrate molto interessanti.
Intanto mi sono accorto che: a) i tre capostipiti mutanti (Baruffa, Arrogance, Egoiste) non solo si erano prosperosamente moltiplicati, ma avevano anche avuto uno strepitoso successo evolutivo, dal momento che i loro discendenti erano andati ad occupare vantaggiosamente, in una decina d'anni, quasi ogni nicchia ecologica disponibile. C'è come una legge che regola la produzione dei nomi dei profumi, una formula che ha una profonda parentela con quella che dà origine ai nomi delle automobili, basata su profonde associazioni e suggestioni al di sotto della soglia della consapevolezza. Come spesso accade nel mondo del messaggio pubblicitario, si tratta di meccanismi che favoriscono sentimenti di partecipazione a classi socio-culturali privilegiate e di identificazione con esse, in questo caso soprattutto in relazione allo scopo attribuito all'uso dei profumi, che è quello del richiamo sessuale e della seduzione. E come altrettanto spesso avviene nell'universo del linguaggio verbale e non verbale umano, tale scopo diretto viene mascherato dal vello della metafora nel tentativo di farlo apparire altro da ciò che è. In questo senso, il profumo artificiale è metafora dell'odore naturale e il cosmetico è metafora delle manifestazioni visibili delle condizioni di attivazione delle caratteristiche sessuali secondarie. E' noto che l'uso di Atropa Belladonna per fingere un fenomeno fisico percepito subliminalmente, provocando la dilatazione delle pupille per destare interesse manifestando analogo interesse (vedi, a riguardo, e anche per l'uso del rossetto e di altri cosmetici, Desmond Morris, L'uomo e i suoi gesti). Ed ecco, come se nel nome ci fosse la cosa, che si spiegano i vari "Eden", "Angel", "Dolce vita", "Opium", "Heaven", "Insensè", ecc. E poichè è noto, che in amore come in guerra tutto è lecito, si spiegano anche gli ulteriori "Egoiste", "Vendetta", "Escape", ecc. Segnalo l'unica simpatica eccezione che consiste in un gioco di parole. Si tratta di "L'Eau d'Issey" di Issey Miyake, la cui pronuncia significa sia "L'acqua di Issey" sia "L'Odissea". Che non è male.
Mi sono inoltre accorto che: b) la mia ipotesi iniziale non era del tutto esatta, giacchè è risultato che quella lingua ufficiale non era il francese, bensì, nella maggior parte, uno strano pidgin di francese, inglese e italiano. Un esempio completo di questo fenomeno è dato dalla seguente inserzione: "ESCAPE for men. Calvin Klein eau de toilette. Lancio di una nuovo fragranza". Credo che l'uso di questo tipo di linguaggio sia dovuto a tre fattori che si sono sovrapposti. Una base francese, lingua che un luogo comune vuole elegante e raffinata e perciò storicamente riservata alla comunicazione con un target femminile, nel tentativo di livellare verso uno standard elevato (rappresentato dalle caratteristiche attribuite a tale lingua) l'identificazione del ricevente (se uso il profumo che mi parla francese, con tutto quello che ne conseguirebbe implicitamente sulla sua qualità, è come se anche io sapessi parlarlo, con tutto quel che ne consegue sulla mia qualità). Su tale base si è impiantato l'inglese (lingua più "rude e virile"), originariamente destinato a un pubblico maschile fruitore di acque di colonia e soprattutto dopobarba, che non disdegna oggi di comprare e usare deodoranti e anche profumi più complessi e "personali". Infine l'uso dell'italiano, aggiunto quando necessario, per chiarificare il messaggio nel caso in cui quest'ultimo trascenda il riferimento standard interno agli stilemi tipici dell'inserzione profumiera. Come, in linguistica, si dice in genere che il singolare rispetto al plurale non è marcato, ovvero non ha indicatori espliciti di numero, così, nella pubblicità dei profumi non è marcato il genere femminile rispetto al maschile (sintagma pour femme/for women vs pour homme/for men). Infatti, su un totale di 15 profumi per sole donne, 11 sono risultati non marcati, mentre su 12 profumi per soli uomini ne rilevo solo 3 non marcati. Questo fenomeno dipende dall'originaria destinazione del prodotto a un target femminile, per cui la specificazione nella maggior parte dei casi non risulta necessaria. Si sa che operare una metafora è un atto che può trascinare nel campo semantico, un certo numero di conseguenti metafore secondarie. E' il caso, nella fattispecie, della presenza abbastanza frequente di una parola chiave evidentemente emergente (3 inserzioni su 30). Si tratta del termine "fragranza". Poichè "il profumo" è già impegnato su due fronti, sia per indicare la specie del prodotto sia per eliminare eufemisticamente il termine più generale "odore", che non ha tratti semantici obbligatoriamente positivi o piacevoli, sorge la necesità, per indicare la creazione di una nuova qualità (e dunque di un nuovo "odore"), di reperire un termine diverso. Ed ecco, bello e pronto, dalla dispensa della lingua, "fragranza", che ti dà in più l'idea che quel profumo te lo abbiano appena imbottigliato nel retrobottega.
Direte: ma in tutta questa ricerca, neanche la piccola verifica empirica di andare ad annusare qualche profumo? Rispondo: non si deve annusare a casaccio. Proprio per questo motivo sono andato a documentarmi preventivamente. Sul numero 407 del Venerdì di la Repubblica è apparso un dossier sui profumi. In una pagina appariva un delizioso quadro sinottico raffigurante "le famiglie dei profumi", ovvero un elenco di categorie di odori sotto la quale venivano raggruppati gli elementi caratteristici di ciascuna. Epistemologicamente inverosimile. Mi è sorta una questione che rasentava l'antinomia di Russel circa la domanda se la classe di tutte le classi contenga se stessa come elemento. Infatti, per fare un esempio, la categoria "floreale" (che a sua volta conteneva come elemento subordinato la categoria "legnoso"), entrava a far parte, come elemento, delle categorie: "orientale", "ambrato", "felce", "cipriato", "aldeitico" (sic: probabile corruzione di "aldeico" o "aldeidico"), "agrumato" e "cuoio". La categoria "musk" (che sarebbe il muschio) era riportata priva di specificazioni, lasciando nel dubbio che, anzichè trattarsi di una classe con un solo elemento, potesse trattarsi di una classe vuota. Insomma: un guazzabuglio. Ho avuto l'impressione certamente errata che, forse, da un punto di vista puramente mentale, in sostanza i profumi siano tutti uguali. Pertanto ho rinunciato a esercitare, almeno per il momento, il diritto d'olfatto. Nomina nuda tenemus (a noi restano solo dei nomi vani).