Rivista Anarchica Online
Segnali di fumo a cura di Carlo E. Menga
Il nome del profumo
Vi ricordate di quando in televisione c'era Baruffa nell'aria? E di quando una canzoncina morbidamente jazzata
coniugava
la parola "Arrogance" come se fosse il modo imperativo di un verbo inglese ("Arrogance you...Arrogance
me...")? E di
quando una mezza dozzina di donne sedotte e abbandonate (tutte, evidentemente, francofone), spalancando altrettante
finestre su due piani di un imponente edificio, gridavano, prima a turno e poi all'unisono: "Egoiste! Egoiste" all'indirizzo
del pnto di fuga dell'invisibile seduttore, verosimilmente dileguatosi prima dell'alba (l'alba di quei tipi lì
corrisponde
all'incirca a un orario non anteriore alle 10.30 del mattino: perciò la scena si svolgeva in piena luce)? Io me
ne sono ricordato recentemente. Mentre sfogliavo le pagine di un settimanale patinato al fine di scoprire quale
sarebbe stato il prossimo film-gadget allegato in videocassetta, mi sono sorpreso a pensare al nome del profumo, la cui
inserzione pubblicitaria mi era apparsa davanti aglli occhi, come se fosse da pronunciare alla francese, pur essendo una
parola del lessico italiano. Come se si fosse trattato di Platini, o di Gambetta, io leggevo "Vendetta" e pronunciavo
mentalmente "Vandetta". E invece di continuare a farmi i fatti miei, mi sono chiesto quale meccanismo mi
avesse spinto
a considerare automaticamente il francese lingua ufficiale, non solo del mondo dei profumi - che è ovvio - ma
anche di
quello dei relativi messaggi pubblicitari - che forse lo è un po' meno. Ne è scaturita un piccola ricerca,
condotta su 30 inserzioni a stampa, per mezzo della quale, perso di vista lo scopo iniziale,
ho scoperto alcune cosette che mi sono sembrate molto interessanti. Intanto mi sono accorto che: a) i tre capostipiti
mutanti (Baruffa, Arrogance, Egoiste) non solo si erano prosperosamente
moltiplicati, ma avevano anche avuto uno strepitoso successo evolutivo, dal momento che i loro discendenti erano andati
ad occupare vantaggiosamente, in una decina d'anni, quasi ogni nicchia ecologica disponibile. C'è come una legge
che
regola la produzione dei nomi dei profumi, una formula che ha una profonda parentela con quella che dà origine
ai nomi
delle automobili, basata su profonde associazioni e suggestioni al di sotto della soglia della consapevolezza. Come spesso
accade nel mondo del messaggio pubblicitario, si tratta di meccanismi che favoriscono sentimenti di partecipazione a classi
socio-culturali privilegiate e di identificazione con esse, in questo caso soprattutto in relazione allo scopo attribuito all'uso
dei profumi, che è quello del richiamo sessuale e della seduzione. E come altrettanto spesso avviene nell'universo
del
linguaggio verbale e non verbale umano, tale scopo diretto viene mascherato dal vello della metafora nel tentativo di farlo
apparire altro da ciò che è. In questo senso, il profumo artificiale è metafora dell'odore naturale
e il cosmetico è metafora
delle manifestazioni visibili delle condizioni di attivazione delle caratteristiche sessuali secondarie. E' noto che l'uso di
Atropa Belladonna per fingere un fenomeno fisico percepito subliminalmente, provocando la dilatazione delle
pupille per
destare interesse manifestando analogo interesse (vedi, a riguardo, e anche per l'uso del rossetto e di altri cosmetici,
Desmond Morris, L'uomo e i suoi gesti). Ed ecco, come se nel nome ci fosse la cosa, che si spiegano i vari
"Eden", "Angel",
"Dolce vita", "Opium", "Heaven", "Insensè", ecc. E poichè è noto, che in amore come in guerra
tutto è lecito, si spiegano
anche gli ulteriori "Egoiste", "Vendetta", "Escape", ecc. Segnalo l'unica simpatica eccezione che consiste in un gioco di
parole. Si tratta di "L'Eau d'Issey" di Issey Miyake, la cui pronuncia significa sia "L'acqua di Issey" sia "L'Odissea". Che
non è male. Mi sono inoltre accorto che: b) la mia ipotesi iniziale non era del tutto esatta, giacchè
è risultato che quella lingua ufficiale
non era il francese, bensì, nella maggior parte, uno strano pidgin di francese, inglese e italiano. Un esempio
completo di
questo fenomeno è dato dalla seguente inserzione: "ESCAPE for men. Calvin Klein eau de toilette.
Lancio di una nuovo
fragranza". Credo che l'uso di questo tipo di linguaggio sia dovuto a tre fattori che si sono sovrapposti. Una base francese,
lingua che un luogo comune vuole elegante e raffinata e perciò storicamente riservata alla comunicazione con un
target
femminile, nel tentativo di livellare verso uno standard elevato (rappresentato dalle caratteristiche attribuite a tale lingua)
l'identificazione del ricevente (se uso il profumo che mi parla francese, con tutto quello che ne conseguirebbe
implicitamente sulla sua qualità, è come se anche io sapessi parlarlo, con tutto quel che ne consegue sulla
mia qualità). Su
tale base si è impiantato l'inglese (lingua più "rude e virile"), originariamente destinato a un pubblico
maschile fruitore
di acque di colonia e soprattutto dopobarba, che non disdegna oggi di comprare e usare deodoranti e anche profumi
più
complessi e "personali". Infine l'uso dell'italiano, aggiunto quando necessario, per chiarificare il messaggio nel caso in
cui quest'ultimo trascenda il riferimento standard interno agli stilemi tipici dell'inserzione profumiera. Come, in linguistica,
si dice in genere che il singolare rispetto al plurale non è marcato, ovvero non ha indicatori espliciti di numero,
così, nella
pubblicità dei profumi non è marcato il genere femminile rispetto al maschile (sintagma pour
femme/for women vs pour
homme/for men). Infatti, su un totale di 15 profumi per sole donne, 11 sono risultati non marcati, mentre su 12
profumi per
soli uomini ne rilevo solo 3 non marcati. Questo fenomeno dipende dall'originaria destinazione del prodotto a un target
femminile, per cui la specificazione nella maggior parte dei casi non risulta necessaria. Si sa che operare una metafora
è
un atto che può trascinare nel campo semantico, un certo numero di conseguenti metafore secondarie. E' il caso,
nella
fattispecie, della presenza abbastanza frequente di una parola chiave evidentemente emergente (3 inserzioni su 30). Si tratta
del termine "fragranza". Poichè "il profumo" è già impegnato su due fronti, sia per indicare la
specie del prodotto sia per
eliminare eufemisticamente il termine più generale "odore", che non ha tratti semantici obbligatoriamente positivi
o
piacevoli, sorge la necesità, per indicare la creazione di una nuova qualità (e dunque di un nuovo "odore"),
di reperire un
termine diverso. Ed ecco, bello e pronto, dalla dispensa della lingua, "fragranza", che ti dà in più l'idea che
quel profumo
te lo abbiano appena imbottigliato nel retrobottega. Direte: ma in tutta questa ricerca, neanche la piccola verifica
empirica di andare ad annusare qualche profumo? Rispondo:
non si deve annusare a casaccio. Proprio per questo motivo sono andato a documentarmi preventivamente. Sul numero 407
del Venerdì di la Repubblica è apparso un dossier sui profumi. In una pagina
appariva un delizioso quadro sinottico
raffigurante "le famiglie dei profumi", ovvero un elenco di categorie di odori sotto la quale venivano raggruppati gli
elementi caratteristici di ciascuna. Epistemologicamente inverosimile. Mi è sorta una questione che rasentava
l'antinomia
di Russel circa la domanda se la classe di tutte le classi contenga se stessa come elemento. Infatti, per fare un esempio, la
categoria "floreale" (che a sua volta conteneva come elemento subordinato la categoria
"legnoso"), entrava a far parte,
come elemento, delle categorie: "orientale", "ambrato", "felce",
"cipriato", "aldeitico" (sic: probabile corruzione di
"aldeico" o "aldeidico"), "agrumato" e "cuoio". La categoria "musk" (che sarebbe
il muschio) era riportata priva di
specificazioni, lasciando nel dubbio che, anzichè trattarsi di una classe con un solo elemento, potesse trattarsi di
una classe
vuota. Insomma: un guazzabuglio. Ho avuto l'impressione certamente errata che, forse, da un punto di vista puramente
mentale, in sostanza i profumi siano tutti uguali. Pertanto ho rinunciato a esercitare, almeno per il momento, il diritto
d'olfatto. Nomina nuda tenemus (a noi restano solo dei nomi vani).
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