Rivista Anarchica Online
Un secolo di sopraffazioni
di Pino Cacucci
Nella presentazione di un suo precedente libro, Alla corte di Re Artù, l'editrice
Elèuthera definisce Noam Chomsky
«infaticabile guastafeste dell'intellighentzia americana». Tanto che, pur essendo considerato il più grande linguista
vivente,
con cattedra dal 1955 al prestigioso Massachussetts Institute of Technology, Chomsky continua a subire un assoluto
ostracismo su giornali «autorevoli» e network televisivi per tutto ciò che riguarda la sua opera di impegno politico.
Negli
Usa, viene pubblicato da piccoli editori o su periodici a diffusione limitata, una forma di oscuramento che la dice lunga
sulla pericolosità dei suoi scritti, eversivi in quanto impossibili da confutare. Ma nonostante il boicottaggio
informativo,
i saggi politici di Chomsky ne fanno, secondo una ricerca condotta da Arts and Humanistics Citation Index, l'autore vivente
più citato nel mondo degli ultimi dodici anni, mentre figura all'ottavo posto assoluto, subito dopo Platone e
Sigmund Freud. Il recente I cortili dello Zio Sam (Gamberetti Editrice, pp. 109,
L. 15.000) potrebbe rappresentare un folgorante riassunto
delle sue note denuncie sulla politica estera statunitense e sul lavaggio del cervello planetario che fa da supporto al Nuovo
Ordine Mondiale. Come sempre, la riproduzione di documenti rende inconfutabile ogni sua asserzione. Per esempio, se
qualcuno affermasse che gli Stati Uniti sono i veri eredi, e prosecutori, dei princìpi nazisti propugnati da Adolf
Hitler, è
facile immaginare quali reazioni scomposte susciterebbe, dallo scherno sprezzante alla richiesta di cure psichiatriche. Ma
come, se gli Usa sono il referente primario e gli artefici della diffusione della democrazia nel mondo intero... Il libro
contiene solo un centinaio di pagine, ma risultano più che sufficienti a dimostrare pienamente tale affermazione.
A
cominciare dal riciclo sistematico dei gerarchi nazisti operato alla fine della II Guerra Mondiale. Per prima cosa misero
Reinhard Gehlen, ex capo dello spionaggio militare tedesco sul Fronte Orientale, a dirigere la rete informativa dell'Est
europeo. «Tale rete era soltanto uno dei frutti di quell'alleanza tra nazisti e americani che portò in breve tempo
all'arruolamento di molti dei peggiori criminali di guerra e che estese poi le proprie operazioni in America Latina e in molte
altre regioni del mondo». Persino Klaus Barbie, il «Boia di Lione», dove dirigeva la locale Gestapo, ricevette dall'esercito
statunitense l'incarico ufficiale di spiare i personaggi più in vista della sinistra e del sindacalismo francesi. Il
colonnello
Eugene Kolb, del controspionaggio militare, nel 1982 ha dichiarato: «C'era un gran bisogno delle capacità di
Barbie dal
momento che le sue attività erano state dirette contro la resistenza». E il principale obiettivo, era proprio il
disarmo e anche l'eliminazione fisica dei partigiani che non mostravano troppo
entusiasmo per il nuovo invasore camuffato da liberatore: in Grecia, gli inglesi arrivarono dopo che i tedeschi si erano
ritirati, e imposero un regime corrotto per impedire un'ipotesi di governo di sinistra scaturito dalla resistenza. Non
riuscendoci appieno, ricevettero nel 1947 il fraterno aiuto Usa: bilancio, 160.000 morti, uso della tortura, esilio per decine
di migliaia di greci, smantellamento dei sindacati e «campi di rieducazione» per i sopravvissuti al massacro. «Tutto
ciò mise
la Grecia saldamente nelle mani degli investitori americani», che resta poi il motivo per cui ogni zona del pianeta, nessuna
esclusa, ha subito in questo secolo almeno un'invasione militare nordamericana, sempre volta a proteggere gli «investitori»,
il «libero mercato», la «democrazia in crisi». Tutti termini dei quali Chomsky (da linguista oltre che coscienza critica
e fustigatore dei manipolatori) dimostra, in un
illuminante capitolo che prende il titolo da 1984 di Orwell, come subiscano un costante stravolgimento,
comunicando
sempre il significato contrario di ciò che dovrebbero: «difesa da un'aggressione», per esempio, vuol dire invasione
di un
paese dove gli interessi economici e strategici di Washington vengono minacciati, cioè «aggrediti». Bombardarlo
e
mandarci i marines, è appunto un modo per difendersi da una simile aggressione. Per drogare l'opinione pubblica
e
convincerla a sostenere «guerre giuste», esistono quelli che Chomsky definisce «I media: commissari politici del sistema»,
ma gli addetti ai lavori sono estremamente schietti tra loro, e sanno perfettamente quale sia la posta in gioco; basti leggere
lo Studio n° 23 di Pianificazione Politica scritto nel 1948 da George Kennan, un «moderato» a capo dell'ufficio
programmazione del Dipartimento di Stato: «Noi possediamo circa il 50% delle ricchezze del globo, ma solo il 6,3 % della
sua popolazione. Il nostro vero compito nell'immediato futuro consiste nell'individuare uno schema di rapporti che ci
consentano di mantenere tale posizione di disparità. Per poterlo fare, dovremo rinunciare a tutti i sentimentalismi
e i sogni
a occhi aperti; la nostra attenzione dovrà concentrarsi, sempre e in ogni caso, sul nostro immediato obiettivo
nazionale.
Dovremo smetterla di parlare di obiettivi vaghi e irreali come i diritti umani, l'innalzamento del livello di vita e la
democratizzazione». Alla luce di tanta chiarezza, ecco spiegato mezzo secolo di orrore imposto al Centro e al Sud America.
I capitoli dedicati in particolare al Guatemala, al Salvador, al Nicaragua, a Panama -come anche all'Indonesia sull'altro
emisfero- riescono addirittura ad andare oltre la tesi iniziale: gli Stati Uniti hanno di gran lunga superato, in politica estera,
qualsiasi livello di genocidio raggiunto dai nazisti. L'ossessione è sempre la stessa: anche il più miserabile
e insignificante
dei paesi, non può costituire un esempio pericoloso per il mantenimento dei privilegi conquistati in un secolo di
sopraffazioni. E va annientato immediatamente, prima che contagi qualcun altro. In quanto allo stalinismo, che si
camuffasse o meno da «socialismo», ha sempre svolto una funzione complementare, e
Chomsky cita Michail Bakunin come esempio di lungimiranza politica, quando predisse con notevole anticipo la sorte della
classe emergente intellettuale di fronte a un futuro bipolarismo: «o cercare di sfruttare le lotte popolari per prendere il
potere, trasformandosi quindi in una brutale e oppressiva «burocrazia rossa»; oppure, diventare i manager e gli ideologi
di società basate sul capitalismo di stato». E attenzione, perché «capitalismo di stato» è un
termine che, paradossalmente, si può applicare anche in Occidente: il
sedicente «libero mercato» viene imposto solo al Terzo Mondo, mentre qui i profitti sono sì dei privati, ma la
ricerca che
li produce, e gli eventuali fallimenti, sono sempre sovvenzionati da denaro pubblico. La collettività fornisce i
capitali per
investimenti, speculazioni, azzardi, e se si vince, incassa soltanto l'elite. Lasciando il testo di Chomsky per spostarci
su certi ricordi di «casa nostra», non so se Giorgio Napolitano possa essere
considerato un «intellettuale» (ma del resto, è un titolo che non si nega più a nessuno, suvvia), comunque
manifestò
notevole solerzia quando si fece intervistare dai telegiornali la notte in cui gli Stati Uniti invadevano Panama, e mentre in
quegli stessi istanti migliaia di civili panamensi venivano trasformati in luce e calore dai nuovi bombardieri Stealth,
Napolitano dichiarava tutto il suo appoggio alla «giusta operazione di pulizia contro il trafficante Noriega». Se I
cortili dello Zio Sam è un libro assolutamente irrinunciabile in ogni sua parte, vale la pena soffermarsi in
modo
particolare sulle cosiddette «guerre alla droga», e al corollario di colossali menzogne che continuano a propinarci al
riguardo. Alla luce dei fatti, documentati e inoppugnabili, Orwell ha davvero peccato di ottimismo.
|