Rivista Anarchica Online
Luoghi della stupidità umana
di Jules Elisard
Si racconta che «Lucien Gutry, allorché, vedendo un cieco seduto contro
un muro, dà al figlio, il piccolo Sacha,
una moneta d'oro perché vada a mettergliela nel cappello. "Perché non hai sorriso a quell'uomo,
facendogli
l'elemosina, Sacha?" "Ma, babbo, è cieco." E Lucien Gutry che risponde: "Sì, Sacha, ma se
fosse un finto cieco?"»
Come non sentire in queste brevi e striminzite battute - tratte dallo splendido capolavoro di Didier
van
Cauwelaert, Aller simple (Sola andata), edito in italiano da Longanesi
- l'armoniosa e intrigante atmosfera di
un romanzo che si narra allegro e scanzonato? Un romanzo che appartiene al coraggio di uno scrittore impegnato
a trattare uno dei temi più tristi e drammatici dell'uomo, l'espulsione da un paese in cui si è stati
costretti ad
immigrare, con surrealistico umorismo. Sì perché Sola andata è la storia
di un ragazzo marocchino, che
marocchino non è, espulso dalla Francia a seguito di un provvedimento contro (pardon), per
i clandestini,
organizzato nientepopodimeno che dall'Omi, Organizzazione delle Migrazioni Internazionali, da sempre in prima
fila nella lotta contro il razzismo. Peccato, però, che per lottare contro il razzismo è necessario
mandare a casa
gli immigrati; come dire che per lottare contro un'idea bisogna metterla in pratica. Aziz, raccolto per sbaglio
in tenera età dal sedile posteriore di una «AMI 6 di razza Citroën», rubata per davvero
dal vecchio Vasile - l'anziano e rimbambito capo di un gruppo di zingari Rom accampato alla periferia di
Marsiglia - viene adottato dalla comunità nomade e, come chiaro segno del destino, battezzato Ami
sis (Aziz, ce
plus facile). Qui - il nostro Aziz in qualità «di marocchino provvisorio» - è subito costretto a darsi
da fare,
specializzandosi nel settore autoradio (nel senso che impara velocemente il mestiere di
rubarle), finché
un giorno,
dopo aver finalmente ottenuto la bella Lila in sposa dal fratello, per «dodici Pioneer laser e quaranta altoparlanti
Bose», proprio nel corso del sontuoso banchetto nuziale al bar Marchelli, finisce al fresco a seguito di una retata
della polizia. L'accusa è di aver rubato l'anello nuziale, e poco vale la sua parola di averlo invece
regolarmente
comprato (perché, per dio, un anello nuziale non si ruba!) contro la parola del risentito e farabutto
gioielliere del
Panier di Place-Vendôme che dichiara di esser stato derubato. Cosi Aziz, figlio di AMI 6 della stirpe
Citroën, è
espulso dal territorio francese, accompagnato da un addetto diplomatico dell'Omi con il compito di provvedere
alla suo reinserimento nel paese d'origine. Già, ma qual'è il paese di origine di Aziz? Poche
palle: con quel nome arabo e quel passaporto falso del Marocco, dubbi non ve ne sono! E poi, non si può
mica mandare a culo il programma di reinserimento, quando finalmente le filantropiche autorità francese
hanno
sotto mano l'unico immigrato che dispone di uno straccio di documento d'identità, fosse anche falso! Dura
la vita
di chi è costretto improvvisamente ad inventarsene una, con tanto di famiglia e paese, per non dir nulla
della
lingua (l'arabo) e della religione (islamica). Ma Aziz, prodigio della natura, pur di far contento chi tanto si
preoccupa del suo reinserimento, è pronto ad inventarsi tutto, ad incominciare dal paese - Irghiz - degli
«uomini
grigi», come recita la leggenda al capitolo 12 del libro di geografia; un atlante, regalo del professor Giraudy
quando Aziz dovette lasciare la scuola dell'obbligo per dedicarsi a tempo pieno nel settore autoradio. Un atlante
di 3 chili intitolato Leggende del mondo, così caro ad Aziz che per ringraziare il professore,
il giorno in cui ha
rubato la prima autoradio, una Grundig, gliela spedita per posta. Ripromettendosi, racconta il caro Aziz, «che,
in
seguito, quando avessi avuto l'età per guidare, avrei rubato per lui, da abbinare all'autoradio, una
macchina,
perché l'avevamo sempre visto in autobus, il signor Gyraudi, e poi me ne sono dimenticato; e poi non ne
ho avuto
il tempo a causa dell'avventura che mi è capitata». E che avventura! Su e giù per i monti
dell'Atlante alla ricerca
di risposte plausibili per la stupidità umana. Ma, si sa, la stupidità non ha paesi né
confini...
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