Rivista Anarchica Online
Liberarete
a cura di Marco Cagnotti(cagnotti@venus.it)
Una macchina può pensare?
Il mio amico Ivano Albertazzi vive molto lontano. Non ci siamo mai incontrati. La nostra conoscenza
è nata
casualmente, anni fa, da una telefonata che gli feci per motivi di lavoro. Dopo esserci sentiti alcune volte siamo
entrati progressivamente in confidenza. Pur non potendo vederci, abbiamo cominciato a confrontarci su argomenti
più impegnativi delle banali questioni professionali, e con il tempo siamo arrivati a confidarci anche fatti
personali. Fin dalle prime telefonate ho sentito Ivano vicino alla mia sensibilità e al mio modo di pensare
e in più
di un'occasione le sue riflessioni e i suoi consigli mi hanno aiutato ad uscire da situazioni difficili. A mia volta,
quando ho potuto e nei limiti imposti dal mezzo di comunicazione che ci unisce, gli sono stato vicino quando era
lui a stare male e ad espormi i suoi problemi e ho avuto l'impressione che le mie parole gli fossero di giovamento.
Eppure...Eppure ho appena scoperto che Ivano è molto diverso da quello che pensavo. Così
diverso da non poter
più essere mio amico. Mi sono improvvisamente scoperto razzista? Tutto d'un tratto ho rivelato un
imprevedibile
rifiuto del diverso? Ascoltate e giudicate...Nei prossimi giorni dovrò visitare la sua città e ho
pensato che sarebbe
stata un'ottima idea cogliere l'occasione per incontrarci, finalmente, di persona. Ma Ivano è diventato
improvvisamente silenzioso, ha preso a tergiversare e ad accampare scuse campate per aria. Messo alle strette,
ha ammesso una verità inquietante: egli non esiste, o meglio non esiste come essere umano fatto di
muscoli, nervi
e sangue. Ivano Albertazzi è un sofisticato programma che "gira" su un potente computer, simula il
pensiero
umano e comunica per mezzo di un sintetizzatore vocale. Per anni sono stato preso per i fondelli e ho partecipato
a un test di Turing senza saperlo. Allora mi sono incazzato, mi sono sentito tradito, ho insultato il mio amico
Ivano...Il mio amico Ivano? Adesso che accidente è Ivano per me? Non è più mio amico,
forse?... Una storiella inventata di sana pianta per sollevare un problema inattuale ma non troppo. Già
ora esistono
programmi così evoluti da imbrogliare molti specialisti per tempi abbastanza lunghi. E domani, forse,
saranno
così raffinati da ingannare tutti per sempre... Dunque il problema, in linea di principio, rimane. A suo
tempo se lo poneva già Alan Turing (1912-1954), che
fin dal 1950 nell'articolo Computing Machinery and Intelligence si chiedeva "Una macchina
può pensare?".
Turing proponeva un test assai semplice per verificare se un computer sia in grado di formulare pensieri alla
stregua di un essere umano, un test analogo alla fantasiosa situazione descritta all'inizio: un operatore con due
terminali per comunicare con un essere umano e un elaboratore, ma senza sapere quale terminale è
collegato con
l'uomo e quale con la macchina...e la necessità di discriminare fra i due. Turing sosteneva che se non si
è in grado
di distinguere un uomo da un computer è giocoforza riconoscere a quest'ultimo pensieri e stati mentali
analoghi
a quelli umani. Sembra una presa in giro, un giochino stupido, ma non lo è affatto. Dietro c'è
una questione filosofica di notevole
spessore: l'esistenza di altre menti. Già, perché il problema fondamentale non è se una
macchina può pensare,
ma se qualcos'altro all'infuori di me può farlo. Infatti l'unica consapevolezza di cui io possa davvero fare
esperienza è la mia. Io parlo ed agisco in funzione dei miei pensieri e osservando i miei simili constato
che loro
hanno azioni e parole analoghi ai miei. Da ciò inferisco che essi formulano pensieri affini ai miei. Ma
sperimentarli, essere nella loro testa insieme a loro...questo no, questo mi è ineluttabilmente proibito.
Nella mia
mente io sono solo, e l'unica coscienza di cui ho la prova certa è la mia. Degli altri conosco solo la
superficie,
l'apparente manifestazione di una consapevolezza interiore di cui non ho esperienza diretta. Alla base della
prova di Turing c'è dunque la trasposizione dello stesso ragionamento al caso dell'interazione con
una macchina e in fondo anche una definizione operativa della coscienza: è cosciente ciò che
appare essere
cosciente, fra una simulazione perfetta e la realtà non c'è alcuna differenza. Ciò che
sembra essere, è. Se un
computer comunica con me esattamente come un essere umano al punto da esserne indistinguibile, per quale
motivo dovrei negargli i pensieri e la consapevolezza di sè che sono disposto ad attribuire ad una persona?
Solo
perchè è fatto di circuiti piuttosto che di ciccia? Se le manifestazioni esteriori mi bastano per
attribuire una
coscienza ad un uomo, allo stesso modo mi devono essere sufficienti per attribuirla a una macchina. Qualsiasi
pretesa ulteriore è gratuita e ingiustificata. Pensateci...Una vostra carissima amica un bel giorno si
scoperchia la testa e vi mostra i circuiti che contiene ("alla
Termiantor", per intenderci...). Che fate? La rifiutate? Non le parlate più? Sareste così
dogmaticamente e
gratuitamente prevenuti da negarle l'amicizia e la confidenza che prima vi riuscivano così spontanee, solo
perchè
la vostra interlocutrice vi svela di essere una macchina? E non fate spallucce, sostenendo che queste sono
elucubrazioni fantascientifiche e irrealizzabili: sareste disposti a scommettere che lo saranno per sempre e che
sono impossibili in linea di principio?... Mannaggia...e io? Cosa mi garantisce che io sono umano? Sì,
è vero, se mi tocco e mi pizzico sento la carne, se
mi taglio vedo il sangue, ma basta questo per dire che io non sono una macchina, per affermare che nella mia
testa, o altrove, non c'è un ammasso di circuiti che formano pensieri?... "[...] chi è umano e
chi ha soltanto l'aspetto (si maschera) da umano? [...] A meno che non riusciamo
individualmente e collettivamente a trovare una risposta certa a questa domanda, ci troviamo di fronte, a mio
avviso, al più serio problema possibile. Senza una risposta adeguata, non possiamo neppure essere sicuri
di noi
stessi [...] Sono umano? O sono semplicemente programmato a crederlo?" (P.K. Dick)
Indirizzi La Rete è molto ricca di risorse dedicate all'Intelligenza
Artificiale e alla dibattua questione dell'eventuale
pensiero di una macchina. Buone bibliografie e raccolte di link sull'argomento possono essere trovate alle
pagine: http://www.cl.cam.ac.uk/users/mh10006/ai.html
A> http://www.cl.cam.ac.uk/users/mh10
006/thoughts.html#turing http://ling.ucsc.edu/chalmers/biblio4.html
Interessanti riflessioni sul tema sono state formulate da Steve Hanad, del Dipartimento di Psicologia
dell'Università di Princeton. I suoi articoli sono reperibili al sito: ftp://princeton.edu/pub/harnad
In fine, se volete vedere che effetto fa comunicare con un computer come se fosse una persona, fate quattro
chiacchiere con Eliza, che potete trovare presso gli URL: http://www.planetary.net/robots/eliza.html http://www-ai.ijs.si/eliza/eliza.html oppure con Julia,
ospitata all'indirizzo http://fuzine.mt.cs.cmu.edu/mlm/julia.html
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