Rivista Anarchica Online
Quei 150.000 fascicoli "dimenticati"
di Luciano Lanza
Collaboratore della Commissione parlamentare sulle stragi del giudice Guido Salvini, Aldo Giannuli conosce
come pochi le indagini relative alle stragi. E su Piazza Fontana dice che...
Il 4 ottobre 1996 fa una scoperta sensazionale: trova in un deposito della via Appia
a Roma, circa 150 mila
fascicoli del ministero dell'interno. Fascicoli che contengono una massa incredibile di informazioni e reperti
sull'operato dei servizi segreti italiani. Per di più quei fascicoli non sono catalogati, in pratica sono segreti
e li
conoscono soltanto pochi uomini dei servizi. L'autore di questa scoperta è Aldo Giannuli, 45 anni, che
lavora
presso la cattedra di Storia dell'America, all'università di Bari. Ma che accanto a questa sua
attività accademica
abbina il lavoro di consulente per il giudice di Milano Guido Salvini e della Commissione stragi. E' stato proprio
durante un'indagine per conto del giudice che ha condotto una nuova inchiesta sul terrorismo di destra e sulla
strage di piazza Fontana, che Giannuli arriva all'archivio segreto della via Appia. Un paziente lavoro di ricerca
che si è trasfuso anche in alcuni libri: Lo stato parallelo (1997), Storie di intrighi e
di processi (1991). Ma
Giannuli non si è occupato solo di "intrighi", tra le sue opere ci sono anche libri come Il
Sessantotto. La stagione
dei movimenti (1988) e Alle origini del movimento trotzkjista (1982). A-rivista
anarchica lo ha intervistato.
Come sei arrivato al deposito della via Appia?
Quando iniziai a esaminare i documenti custoditi presso la Direzione della polizia di prevenzione, mi venne
spiegato che parte di essi erano custoditi presso l'archivio corrente al Viminale, parte nell'archivio di deposito
sulla via Appia. Sin qui nulla di strano. Le stranezze cominciarono dopo. Spesso i documenti portano in margine
delle note che rinviano ad altro documento ("fare copia per fascicolo X" oppure "originale in Y") che io
immediatamente chiedevo di visionare. In molti casi questi fascicoli (la cui esistenza era attestata dagli stessi
documenti del Viminale) risultavano inesistenti nello schedario. Segnalai questa e molte altre incongruenze ai
responsabili della direzione che ordinarono un'ispezione nel grande deposito della via Appia e lì vennero
fuori
interi scaffali di materiale "non inventariato" e non protocollato. Da qui il seguito della storia culminato nel
sequestro dell'intero deposito da parte della Procura di Roma. Particolare curioso e tutto italiano: a fare le spese
di queste gravi irregolarità (commesse evidentemente anni addietro) sono stati proprio gli attuali dirigenti
della
polizia di prevenzione, che invece avevano agito correttamente. Paradossalmente, agli occhi dell'opinione
pubblica i depistatori sono diventati proprio quelli che, pur dietro mia sollecitazione, avevano scoperto
l'imbroglio.
Quali elementi importanti per la strage di piazza Fontana e le altre trame della strategia della
tensione sono
venuti fuori da quei fascicoli?
Più che sulla strage in sé, le notizie interessanti riguardano episodi di contorno assai rilevanti.
Ad esempio, ho
scoperto che l'allora Ufficio affari riservati custodiva presso di sé (dunque sottraendo illegittimamente
alla
magistratura) i reperti dell'esplosione sul treno Milano-Lecce, avvenuta la notte tra l'8 e il 9 agosto nella stazione
di Pescara. Reperti che avrebbero potuto portare all'identificazione dei responsabili (risulteranno poi essere
Franco Freda e Giovanni Ventura) molto tempo prima. Interessantissime, poi, le carte relative al
coordinamento dei servizi di sicurezza (prenderà il nome di Club di
Berna). Contrariamente a quanto sin qui si pensava, il coordinamento nasce nel 1968 non su ispirazione della Cia,
ma al contrario contro la Cia, ad opera di un'altra cordata che trovava i suoi esponenti nell'Ufficio affari riservati
italiano, nella Dst francese e nell'Fbi. Già, perché spesso facciamo un errore: diciamo "americani"
e pensiamo
Cia, ma il mondo è più complesso e nello stesso campo è possibile trovare diverse cordate
concorrenti. Ripeto:
sulla strage in quanto tale non sono emersi documenti sconvolgenti (per la verità neanche me li aspettavo),
però
sono emersi elementi fondamentali per rileggere la strategia della tensione nel suo complesso. Adesso si dispone
di una bussola molto più affidabile per orientarsi e ricostruire la "logica" di quelle vicende. Una logica
che sin
qui era sfuggita. Ci sono episodi noti (si pensi alla "velina Serpieri", quella con la quale il servizio segreto militare
accusa, già cinque giorni dopo la strage di piazza Fontana, Ralph Guerin Serac, capo dell'Aginter Presse,
di essere
il mandante) che sin qui non si riuscivano a spiegare e che oggi acquistano un altro senso.
Uno di quei fascicoli riguarda l'informatore del commissario Luigi Calabresi e dell'Ufficio affari
riservati:
nome in codice Anna Bolena, per l'anagrafe Enrico Rovelli. Che cosa riferiva Rovelli alla polizia e al
Viminale?
Già, Enrico Rovelli, Anna Bolena in codice. Uno dei personaggi chiave del "caso Pinelli". E' lui,
infatti, a
informare sistematicamente sulle attività del Ponte della Ghisolfa e, in qualche caso, ad aggiungere di suo.
Ad
esempio, il 30 dicembre 1969, interpellato da Silvano Russomanno, capo milanese dell'Ufficio affari riservati,
sull'attendibilità dell'accusa a Pietro Valpreda, risponde che è possibilissimo che la strage l'abbia
fatta lui.
Rovelli, comunque, non si limita a fare l'informatore, ma fa anche l'agente provocatore, come nel 1971, quando
compare in Italia uno strano personaggio che vende armi nell'ambiente dell'estrema sinistra e Rovelli viene
incaricato dai servizi segreti di acquistare una pistola e alcuni candelotti di dinamite, evidentemente, per incastrare
il trafficante.
Tu, come consulente della Commissione stragi, ti sarai certamente fatto una convinzione su
quanto è
successo alla fine degli anni Sessanta e negli anni successivi in Italia. Puoi riassumerla?
Io credo che le intuizioni della controinformazione sul carattere di "stato" delle stragi e dell'eversione fossero
sostanzialmente esatte, ma che, insieme, fossero molto semplicistiche e parziali, d'altronde lavorando in
simultaneità allo svolgersi dei fatti non avrebbe potuto essere diversamente: molte cose le si sono scoperte
ad anni
di distanza. Proverò ad indicare molto schematicamente alcune rilevanti novità nella lettura di
quei fatti. Lo
stragismo non coincide con la strategia della tensione, ma ne è solo la parte terminale: dal 1969 al 1974.
Infatti
la strategia della tensione dura ben 15 anni: dagli ultimi Cinquanta alla metà dei Settanta. La strategia
della
tensione non è stata un fenomeno solo italiano, ma una vicenda internazionale nella quale vanno inseriti
anche
i casi italiani. Non si capisce piazza Fontana senza tener presente la situazione greca, così come la strage
di piazza
della Loggia a Brescia va inserita in un contesto che vede, solo un mese prima, la caduta del fascismo portoghese
e, conseguentemente, la scoperta della sede dell'Aginter Presse in rua de Praças. Per leggere i fatti di quegli
anni
occorre avere presente come elemento primario i continui e durissimi conflitti tra le varie cordate che si
contrappongono all'interno dello stesso campo occidentale. E non alludo solo alle tensioni latenti fra gruppi
fascisti e partiti governativi di centro, ma anche a quelle fra i diversi servizi segreti organizzati in cordate
internazionali concorrenti. La dimensione "investigativa" non basta per inchieste di questa complessità:
occorre
riportare costantemente le varie acquisizioni al contesto storico in cui sono avvenute. Se non si vuole fare della
cattiva letteratura gialla, occorre inserire quelle vicende in un contesto da studiare con le categorie della storia e
della politologia.
L'inchiesta condotta dal giudice Guido Salvini ha sostanzialmente confermato sul piano
giudiziario, una
verità che politicamente una parte consistente della sinistra (in primo luogo gli anarchici) aveva
già
formulato: "la bomba di piazza Fontana è una strage di stato". Che cosa succederà: è
possibile che la
magistratura, parte dello stato, metta sotto processo un'altra parte dello stato?
Dopo otto anni di inchiesta ne sappiamo molto di più che nel passato. Soprattutto Salvini ha dato un
contributo
decisivo nello strappare molti veli. Debbo dire, però, che se il quadro politico inizia a chiarirsi e, insieme,
si è
vicini all'identificazione degli esecutori materiali e dei loro mandanti vicini, le nebbie sono ancora abbastanza
fitte man mano che si sale verso i "mandanti dei mandanti". Quale è stato il ruolo del presidente del
consiglio
Mariano Rumor? Perché si sarebbe rifiutato di decretare, dopo piazza Fontana, lo stato di pericolo
pubblico (come
dice Carlo Digilio, informatore della Cia e infiltrato nel gruppo di Ordine nuovo di Venezia, guidato da Delfo
Zorzi, accusato di essere l'esecutore materiale della strage)? E sino a che punto l'amministrazione americana era
coinvolta nella vicenda? Tutte questioni di cui percepiamo alcuni elementi, ma i cui contorni sono assai sfuocati.
Questo, però, più che mestiere della magistratura è compito della Commissione stragi
e degli storici. La
Commissione stragi vi si sta dedicando, sia pure tra molte difficoltà, gli storici, invece, brillano per la
latitanza.
E questo è tanto più grave se si pensa che l'alibi della mancanza di documenti non regge
più. In fondo, proprio
ora, per le smagliature nel blocco di potere, qualche velo dell'omertà di stato inizia a essere strappato/
Tangentopoli docet.
Un momento, qui non si tratta di processare politici coinvolti in un giro di bustarelle e di grandi
corruzioni,
si è di fronte a un problema ancora più grande: una strategia fatta di bombe e morti, di repressione
contro
la sinistra extraparlamentare, contro gli anarchici, per conservare il potere della Democrazia cristiana e
dei suoi alleati. Non è logico pensare che alla fine l'inchiesta di Salvini venga ridimensionata con un tipico
gioco all'italiana?
Sì, hai ragione, qui non si tratta di mandare sotto processo qualche politico ladro, ma di ben altro.
Peraltro posso
dirti che ti sbagli quando pensi che vi saranno tentativi per bloccare le inchieste (quella di Salvini in particolare)
e di disinnescarle. Questi tentativi non ci saranno: sono già in corso da almeno due anni. In altri tempi,
magistrati
e capitani dei carabinieri troppo curiosi avrebbero ricevuto, e da tempo, un sontuoso funerale di stato. Oggi le cose
sono più complicate e le tecniche di depistaggio devono farsi più raffinate. A questo punto
bloccare le cose non
è così semplice, ormai in 25 anni di inchieste giornalistiche, giudiziarie e parlamentari, si
è accumulata una tale
massa di conoscenze che i normali depistaggi servono a poco e il "suicidio" di un investigatore troppo
intraprendente attirerebbe un'eccessiva attenzione, producendo più danni che rimedi per i depistatori. E'
probabile
che le cose seguano un corso diverso: i mass media metteranno la sordina ai processi (roba vecchia, che sa di
muffa, non fa notizia), il sistema politico si limiterà a dare la colpa di tutto alla storia, i processi andranno
per le
lunghe e data l'età degli imputati chissà se finiranno (in fondo, qualche imputato malandato di
suo già c'è). Qui
spetta alle forze politiche della sinistra impedire che questo accada, formare l'opinione pubblica, promuovere una
campagna adeguata e così via. Ma se guardo al panorama attuale della sinistra italiana non sono affatto
tranquillo
sulla sua capacità di cogliere (o di voler cogliere) l'attualità politica della questione. Temo che
anche la
maggioranza della sinistra ritenga tutto questo archeologia e non politica.
Un'ultima domanda. Che cosa sapevano i dirigenti del Pci sulla strage di piazza
Fontana?
Sicuramente molto di più di quello che veniva raccontato sull'Unità: il Pci
aveva i suoi informatori nella destra
e nelle istituzioni, seguiva con comprensibile apprensione questi fatti e il servizio segreto russo (che non ha
mancato di fare le sue indagini in proposito) avrà passato più di una notizia ai "compagni italiani".
Ma è difficile
dire sino a che punto il Pci abbia saputo e in quale momento. Così come non è chiaro quale sia
stato l'uso di
queste conoscenze. Per rispondere alla tua domanda ci vorrebbe un'altra via Appia.
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