Rivista Anarchica Online
Ventotto anni fa, praticamente ieri
di Marco Cilloni
15 dicembre. Sera. Sono le otto e mezza e fa parecchio freddo. Fa sempre uno
strano effetto il centro
di Milano la sera. Le luminarie di natale gettano una luce un po' sinistra sull'asfalto. Arriviamo in Piazza
Fontana con bandiere, mega striscione, aste, cassette per la musica e nastro adesivo, che ce n'è sempre
bisogno. Ci stringiamo nei giacconi, per quel poco che serve, pensando che due anni fa era andata molto
peggio, dato che pioveva e c'era lo sciopero dei mezzi. Davanti alla sede della Banca dell'Agricoltura
ci sono già dei compagni, che mezzo congelati anche loro, hanno deciso di arrivare in anticipo. Sono
facce conosciute che però in alcuni casi erano assenti da lungo tempo. Assenti da tutto. Dalle
manifestazioni, dalle iniziative, a volte persino da loro stesse. Ma facce che cominciano a ritrovarsi. A
riprendere il filo di un discorso che ogni anno rinnova il suo senso. Che ci sia gente già alle otto e
mezza è un fatto positivo. Vuol dire che la manifestazione è sentita. Che
c'è un'urgenza di comunicare il proprio dissenso, di marcare una differenza nei confronti di una
maggioranza sempre più silenziosa, grigia, quasi ostile. Per questo dobbiamo ringraziare il sindaco
Albertini, che nel suo discorso ufficiale del 12 dicembre, aveva accomunato in un unico destino vittima
e carnefice. Pinelli fianco a fianco con Calabresi. E anche il consiglio comunale ha fatto la sua parte,
con quella decisione, rimessa all'ordine del giorno, di spazzare via da Piazza Fontana, la lapide che
ricorda l'omicidio del nostro compagno. Lapide, morti, stragi, eppure questa non è una
commemorazione. E' una manifestazione di vita. La gente arriva sempre più numerosa. A capannelli
scendono dalle auto, dal tram, dalla metropolitana. E il tempo trascorre. E la piazza si riempie. Le poche
persone di prima diventano qualche centinaio. Dopo le dieci si arriva a contarne oltre un migliaio. Ed
è una cifra reale, non gonfiata. Noi, fortunatamente non abbiamo bisogno di giocare coi numeri. La
dimostrazione di ciò che scrivo sta nella compattezza del corteo che si muove verso piazza del
Duomo. Quando iniziano gli interventi, i presenti sono costretti a ricordare. A riandare con la mente a quei
giorni. E allora oltre al nome di Pinelli sorge spontanea l'esigenza di affiancarne un altro. Il nome di
Camilla Cederna. Che se ne è andata da poco, nella quasi totale indifferenza di una città sempre
più
chiusa in se stessa. Ricordo ancora una delle sue ultime apparizioni in pubblico, all'indomani della
vittoria della Lega alle elezioni amministrative. Venne zittita da una platea cialtrona e becera al grido
di "Bevi di meno", un insulto immotivato, oltre che offensivo. E allora il nome della Cederna diventa
un altro dei tasselli di un discorso che vuole frenare la perdita della memoria. Quanti intellettuali ha
perso questa città senza accorgersene? Di primo acchito mi vengono in mente Franco Fortini, Grazia
Cherchi, Franco Coggiola, Luciano Bianciardi solo per fare qualche nome. E tutto passa sopra la gente
come l'acqua fresca. Per questo la manifestazione per Pinelli continua ad avere un senso. Finché
qualcuno tenterà di riscrivere la storia, finché un Giuliano Ferrara qualsiasi dirà "Tutti
colpevoli, nessun
colpevole" noi scenderemo in piazza, come Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, finché uomini e
donne come la Cederna se ne andranno nell'indifferenza di tutti, noi scenderemo in piazza. Insieme, si
spera, ogni volta, a altre mille persone.
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