Rivista Anarchica Online
Né intellettuali né soldatini
di Gianni Landi
Vorrei subito precisare che questo mio intervento su A-Rivista anarchica, come il precedente su
Umanità Nova con la "lettera ai compagni del movimento anarchico", non deve essere
interpretato come una scelta politica nei confronti dell'uno o dell'altro dei vari fogli anarchici, da
tempo non mi identifico più con nessuno dei giornali anarchici perché tutti quanti sono
l'espressione di un gruppo ristretto di persone e non riflettono le istanze, il lavoro e le indicazioni
di una organizzazione politica. Leggo tutto quanto viene prodotto dai compagni anarchici, perché
è l'unica alternativa sociale e politica che mi interessa, ma in tutta la nostra pubblicistica ho sempre
trovato poca concretezza, poca aderenza alla realtà della vita quotidiana, assenza quasi totale di
interventi che riflettano la presenza degli anarchici in situazioni di lotta, un pedante allineamento
su posizioni social-riformiste o "lottarmatiste" dell'area marxista leninista. Potrei fare alcuni
esempi molto eloquenti in tal senso: strategia della tensione ed antifascismo militante, lotte
carcerarie, antimilitarismo e movimento dei proletari in divisa, femminismo e lotte per l'aborto,
lotta armata, recupero dell'autonomia di lotta sui posti di lavoro e critica serrata nei fatti delle
organizzazioni politiche e sindacali m.l., ecc.. Non una volta che queste lotte siano state proposte
e "condotte" come forza trainante da parte degli anarchici; siamo sempre andati al traino, abbiamo
osservato dal di fuori, dai nostri salotti o dalle nostre sedi ciò che succedeva nella strada, pronti
poi a criticare Lotta Continua perché ci aveva fatto morire Serantini, Pannella perché tutto
sommato le sue lotte avevano portato ad una legge fasulla, l'Autonomia perché era ed è una falsa
autonomia, i Collettivi carceri perché puzzano troppo di N.A.P., la lotta armata perché non siamo
in una fase pre-rivoluzionaria, perché non è "eticamente" accettabile, perché è gestita da
avanguardie e non da tutto il popolo. No compagni, non mi sembra questa la maniera seria,
corretta e concludente di affrontare la realtà che ci circonda o di criticare i nostri avversari, e
quando parlo di avversari mi riferisco non solo a quelli dell'area di sinistra parlamentare o neo-parlamentare, ma anche a quelli che tirano le fila dell'Autonomia e della lotta armata.
Vorrei cercare di non divagare troppo e rientrare nei binari dell'argomento che è alla base di
questo mio intervento, ma se ho fatto questo breve preambolo non è perché mi sono fatto
prendere la mano dalla penna, piuttosto perché la lettera di Amedeo Bertolo ad Alfredo Maria
Bonanno, pur giusta nella sua sostanza (tempo fa ne scrissi una analoga ad Alfredo, riguardo
all'"armiamoci e partite" ed ai suoi "falsi") se riferita esclusivamente alla recensione del libro di H.
Henry, diventa superficiale e strumentale quando pretende di liquidare cinque anni di lotta armata
in Italia in poche parole. La stessa critica vada per Paolo Finzi quando dice di "provare orrore di
fronte all'assurda violenza che inutilmente caratterizza le gesta di tanti rivoluzionari", e si
scorda che Calabresi fu uno degli assassini di Pinelli; che Rumor e compagnia "bella" furono i
registi delle stragi del '69 e del nostro linciaggio politico e morale; che funzionari statali del
Ministero di Grazia e Giustizia o sbirri o medici o costruttori delle nostre carceri colpiti in questi
anni sono individui che programmano cinicamente al tavolino la morte civile, la tortura pulita,
l'inferno asettico per chiunque si ponga al di fuori del "Sistema democratico nato dalla resistenza"
e ne sono un chiaro esempio gli arresti di questi giorni in tutta Italia. Sono d'accordo con Paolo
quando dice che non si possono fare delle rappresaglie indiscriminate e che va colpito chi è
soggettivamente colpevole e va colpito con doverosa proporzione alla "colpa" commessa, ma
questo dipende dall'essere o no calati nella realtà della lotta quotidiana, dipende dall'essere vicini
all'"anima" popolare, ai suoi bisogni, alla sua rabbia e se i marxisti leninisti delle organizzazioni
combattenti hanno il grosso limite di ragionare da "militari" (si fa per dire... e se non fosse tragico
ci sarebbe anche da ridere nel pensarli contrapposti all'apparato militare dello Stato!), da élite
politico-militare, da super-avanguardia, noi non possiamo liquidare l'argomento rifugiandoci in
una non ben definita etica anarchica come fa Paolo Finzi o strumentalizzare una recensione
veramente inopportuna e profondamente errata politicamente come quella di Bonanno al libro
Colpo su colpo di H. Henry. Sarebbe stato molto più corretto, interessante, meno personalizzato,
costruttivo e non strumentale, affrontare l'argomento Lotta Armata partendo dall'articolo di
Bonanno comparso sul numero 21 della rivista Anarchismo o dal "tremendismo" superficiale de
La gioia armata, dall'opuscolo di Vaneigem Contributi alla lotta rivoluzionaria destinati ad
essere discussi, corretti e principalmente messi in pratica senza perdere tempo tanto caro
all'autore del documento di Azione Rivoluzionaria comparso sull'ultimo numero di
Controinformazione; dal libretto Speciale Asinara intriso di "Potere rosso" da capo a piedi; dalla
serie di documenti staliniani pubblicati a profusione in maniera acritica sulla rivista Anarchismo.
L'analisi di questi documenti, la confutazione delle tesi esposte, l'evidenziazione del carattere
situazionista, intellettualoide, pantoclastico, fantapolitico, civettuolo, inconcludente, acritico,
certamente di non difficile confutazione, vi avrebbero consentito di affrontare il nocciolo del
problema, di dare un contributo al dibattito sulla lotta armata e di aprire gli occhi a tanti compagni
che pur animati da una grande disponibilità personale e da generosità non comune, mancano però
di esperienza nella prassi politica che, quando manca, porta a scelte errate ed al suicidio di
militanti che potrebbero porsi in maniera molto più intelligente di fronte ad un nemico preparato,
agguerrito e capace di far fronte all'occasione anche ad un popolo in armi come quello spagnolo
nel '36. Il problema a mio avviso non si pone tanto nei termini di essere pro o contro la lotta
armata o di valutare se siamo in una fase pre-rivoluzionaria (questa ultima distinzione può
interessare ai trotskisti od ai leninisti che si pongono il problema della rivoluzione in termini di
scontro finale e di presa del potere), quanto di essere o no dei rivoluzionari che coscienti della
forza politico-militare dell'avversario devono darsi una prospettiva che abbia un programma di
lavoro chiaramente formulato con dei livelli di scontro sul piano economico che prevederà in
futuro dei momenti di attacco armato con l'apparato militare che difende gli interessi di chi detiene
il potere. Personalmente non faccio parte dell'ultima leva di compagni che vedono nella lotta
armata una indicazione politica e rifiuto qualsiasi avanguardia armata, dalla più stalinista (le
Brigate Rosse) alla più marxista-libertaria o situazionista come Prima Linea o Azione
Rivoluzionaria, proprio perché (come ho scritto nell'introduzione alla Lettera ad uno svedese di
Bakunin) separando il momento politico da quello dello scontro armato nella "formazione di un
militante rivoluzionario, avremo soltanto degli individui che hanno una testa senza un corpo o un
corpo senza testa, o meglio dei "politici" o dei "soldatini". Sono d'accordo con Makhno quando
critica gli anarchici russi in generale perché non avevano un'opinione chiara e concreta sui
principali problemi della rivoluzione sociale... sui tempi intermedi da suggerire per una
produzione ed una struttura di tipo nuovo... sulla necessità di darsi dei mezzi per consolidare e
difendere le conquiste della rivoluzione... perché sono proprio queste carenze che allontanano
gli anarchici dalle masse e li votano all'impotenza sociale e storica", ma non sono d'accordo con
l'autore dell'ultimo documento di Azione Rivoluzionaria (parlo di autore perché altrimenti non
avrebbe senso parlare di Appunti per una discussione interna ed esterna), quando imputa la
sconfitta degli anarchici russi alla mancanza totale di un programma, perché anche quando lo
avevano come a Kronstadt od in Ucraina furono schiacciati dal fascismo rosso di Lenin, Trotski e
Stalin. La scorrettezza e la strumentalizzazione nel citare un passo di Makhno dall'autore del
documento di Azione Rivoluzionaria è uno dei tanti elementi che troviamo in questo documento
per poter affermare senza ombra di dubbio che è stato steso da un individuo ancora legato al
campo marxista e che contraddice con questa citazione quanto ha affermato in altri passi del
documento, riesumando il pressappochismo di Vaneigem e lo spirito pantoclastico di soreliana
memoria o del peggiore Saint Just.
Vorrei quindi concludere questo mio intervento con un invito a tutti i compagni, siano essi
impegnati nella lotta armata od a criticarla apertamente od a farne il panegirico, perché abbiano un
maggior senso della realtà che ci circonda, perché vivano nel presente e non in un ipotetico futuro,
perché cessino di fare o soltanto gli intellettuali od i "militari" mancati di professione, perché gli
uni e gli altri abbiano sempre presente come referente delle loro dissertazioni i bisogni degli
sfruttati e la loro disponibilità di lotta momento per momento, perché al di là delle divergenze di
fondo sui metodi di lotta sappiano trovare quella solidarietà pratica, anche se critica, che sempre
ci ha caratterizzati di fronte ad un nemico comune comprendente un arco molto più vasto di
quello esistente ai tempi della Prima Internazionale (...).
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