Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 8
novembre 1971 - dicembre 1971


Rivista Anarchica Online

L'operazione Bastogi
di Emilio Cipriano

Una vittoria dei nuovi padroni
La lotta per il controllo dell'importante società finanziaria porta allo scoperto lo scontro tra managers e capitalisti

I giornali, la radio, la televisione ci hanno fornito, a più riprese, le fasi salienti del grande scontro in atto alla Bastogi (una delle società finanziarie più importanti in Italia). Quasi nessuno ha però, a nostro avviso, colto il significato più importante di questa operazione finanziaria; nostro compito sarà quello di enucleare i fenomeni rilevanti e significativi agli effetti dell'azione politica ed economica rivoluzionaria che se ne devono trarre.

L'offerta pubblica d'acquisto
La cronaca è presto fatta. Un gruppo finanziario privato facente capo alla Hambros Bank, tramite una sua collegata tedesca, agenti in Italia mediante il finanziere Michele Sindona, dopo essersi assicurato il controllo di un'altra importante società finanziaria (La Centrale), tenta di accaparrarsi il controllo della Bastogi e quindi di procedere alla fusione delle due società, così da assicurarsi una base di azione nell'economia italiana che è sempre più nelle mani delle holdings della finanza statale o parastatale. Il gruppo privato non è solo estero, ma rappresenta l'unione di capitali privati sia esteri sia nazionali: è in definitiva la risposta del capitalismo tradizionale italiano che si allea con quello estero per frenare l'avanzata dello stato nell'economia.
Il progetto di fusione viene però a scontrarsi con il disegno del presidente della Montedison Eugenio Cefis, che vuole fondere la Bastogi con altre finanziarie di cui detiene il controllo: l'Italpi, la S.E.S. e la S.G.E.S. inoltre il trasferimento della S.A.D.E., alla Montedison.
Questa iniziativa mira a rendere la Bastogi una centrale di intervento della finanza pubblica nell'economia. L'operazione dovrebbe infatti portare a tre risultati principali:
a) ridurre la proporzione di proprietà dei gruppi privati (guidati da Sindona) nella Bastogi.
b) attribuire il controllo effettivo della Bastogi alla Montedison, principale azionista della Italpi.
c) rafforzare l'autonomia d'azione dello staff di Eugenio Cefis che, attraverso la partecipazione incrociata Montedison-Bastogi-Montedison non sarebbe più soltanto un mandatario del sindacato di controllo ma si sosterrebbe anche con il 6,5% di azioni Montedison di proprietà della Bastogi di cui la Montedison (a fusione avvenuta) avrebbe il controllo. Parallelamente Cefis potrebbe contare sul 2,5% di azioni Montedison di proprietà della S.A.D.E. dopo il trasferimento di quest'ultima nella Montedison.
Sindona, e chi per esso, per contrastare la manovra di Cefis lancia un'offerta pubblica impegnandosi ad acquistare 20 milioni di azioni Bastogi al prezzo di L.2.800 (circa 1000 lire in più delle quotazioni di borsa).
L'offerta pubblica non riesce; infatti vengono depositate poco più di 12 milioni di azioni. Cefis e la finanza pubblica hanno vinto un'altra volta.

Significato della vittoria di Cefis
In Italia la lotta tra capitale privato e pubblico si sta facendo sempre più serrata, una dopo l'altra le società più importanti cadono sotto il controllo dello stato. Il capitale privato si dibatte in un vicolo cieco e la sua fine è ormai segnata. Neppure i tentativi estremi della violenza e del terrorismo (leggi bombe di Milano) riescono a frenare l'avanzata dello stato che, anzi, riesce a neutralizzare le strategie del capitalismo privato e a condurle verso i propri scopi.
Gli sfruttati assistono impotenti a questa lotta di potere: da un tipo di padroni stanno cadendo nelle mani di un altro, altrettanto sfruttatore, liberticida, autoritario e forse anche peggiore.

Il nuovo metodo di sfruttamento
Le linee di tendenza dell'economia italiana sono ormai chiare e definite: il progressivo ingresso dello stato nell'economia. Questo fenomeno (rilevabile in forma più o meno accentuata nella maggior parte dei paesi industrializzati) comporta una serie di problemi per la strategia rivoluzionaria. Non possiamo più rivolgere la nostra lotta soltanto verso le componenti capitalistiche dell'economia e quindi combattere il modo di sfruttamento che ne deriva, ma dobbiamo indirizzare la nostra azione anche contro il nuovo modo di sfruttamento.
Eugenio Cefis oggi è "padrone" e sfruttatore non perché detentore a titolo di proprietà di mezzi di produzione, ma perché detentore di potere.
La proprietà formale, infatti, è attribuita ad altri soggetti: una miriade di piccoli azionisti, alcuni grossi capitalisti e, in forma indiretta, lo stato. Questa situazione, decisamente anomala rispetto alle analisi classiche, è il primo indicatore della mutata realtà nei rapporti di produzione. Non è più soltanto la proprietà privata dei mezzi di produzione l'indice della funzione sfruttatrice, bensì il possesso di questi mezzi, il potere di decidere del loro impiego.
Lo sfruttamento si fa ancora più mistificato: Cefis non si accaparra in modo diretto il plusvalore prodotto dalle decine di migliaia di operai direttamente e indirettamente legati alla Montedison, ma dalla Montedison viene stipendiato, usufruisce di servizi e di prebenda speciali. Cefis e la sua corte regolano l'accesso ai mezzi di produzione, sono in definitiva i reali padroni della Montedison anche senza detenerne la proprietà formale.
Il fenomeno del possesso disgiunto dalla proprietà è tipico di questo momento di transizione verso nuove forme economiche e nuovi assetti sociali.
L'operazione della Bastogi esplicita il tentativo di questi nuovi padroni di assicurarsi un'autonomia ancora maggiore, superando la legislazione vigente (ancora legata al concetto di proprietà), attraverso il controllo delle società che dovrebbero controllarli: è un'operazione abile ed efficace. Si mantiene ancora la forma ma la si svuota di ogni significato concreto, sino al giorno in cui anche giuridicamente verrà riconosciuto il nuovo assetto sociale e la nuova forma di proprietà. I nuovi dirigenti sociali stanno ogni giorno di più affermando il loro predominio; ciò avviene attraverso la loro autonomizzazione dai loro mandanti: capitalisti e parlamento. In questo contesto la tecnoburocrazia oggi muove i suoi passi, creando una identità tra potere politico e potere economico che fa pensare, per analogia, ai signori feudali amministratori della giustizia e dei mezzi di produzione.
Dietro l'apparente apoliticità dei nuovi padroni scorgiamo il nuovo assetto sociale che porterà gli sfruttati verso forme di assoggettamento ancor più vincolanti. Nasce il nuovo corporativismo che non ha bisogno di fasci e gagliardetti per manifestarsi ma che nella sostanza risulta ancor più pericoloso.
Compito dei rivoluzionari è contrastare questo processo in atto, combattendo le nuove forme di potere, scegliendo i mezzi più idonei a questa lotta che permane pur sempre nel filone tradizionale dell'anarchismo: la lotta allo stato, alla società gerarchica, alla sacralità delle funzioni direttive.

Emilio Cipriano

Il corriere nei piani di Cefis
Nel quadro dell'ascesa al potere dei tecnoburocrati, si inseriscono ed acquistano un senso preciso molte altre vicende, oltre all'operazione Bastogi, che raramente la pubblica opinione riesce a collegare in modo significativo, anche perché la grande stampa (di destra, centro o sinistra che sia) si guarda bene dall'offrirle i mezzi per interpretarli.
Fra queste vicende vi sono ad esempio quelle che il bollettino di controinformazione democratica chiama le "grandi manovre intese a creare una nuova rete di informazione che vada dalla televisione al Corriere della Sera.
Nella sua strategia di potere, dice il bollettino, Eugenio Cefis non poteva non tentare di estendere la sua influenza anche nel settore giornalistico. A questo scopo, Cefis ha avviato da tempo caute trattative con Tonino Leonardi, marito di una delle Crespi, per persuaderlo a cedere la sua quota parte del Corriere della Sera e assicurarsi il controllo del massimo organo italiano di informazione. In tal modo anche la gestione dei grandi giornali del Nord rifletterebbe le strutture del grande capitale nostrano di cui interpreterebbe fedelmente le esigenze politiche e propagandistiche. Se l'operazione Cefis andrà in porto, La Stampa di Agnelli resterà il portavoce del capitale privato, il Corriere della Sera, con una partecipazione della Montedison, diventerà l'espressione del capitale misto e Il Giorno accentuerà il suo carattere di organo quasi ufficiale del capitalismo di Stato. Tre voci condizionate e condizionatrici perfettamente integrate nel sistema. Il che toglierebbe anche la minima autonomia all'informazione, già largamente distorta e mistificata. Di questo Corriere in mezzadria il direttore più probabile sarebbe Italo Pietra, uomo di fiducia di Cefis, che lascerebbe Il Giorno a Piero Ottone, attuale direttore de Il Secolo XIX di Genova. Mentre continuano le trattative, i più diretti interessati all'operazione, cioè Cefis e Leonardi, hanno fatto circolare formali smentite che non hanno convinto nessuno.