Rivista Anarchica Online
L'operazione Bastogi
di Emilio Cipriano
Una vittoria dei nuovi padroni La lotta per il controllo dell'importante società finanziaria
porta allo scoperto lo scontro tra
managers e capitalisti
I giornali, la radio, la televisione ci hanno fornito, a più riprese,
le fasi salienti del grande scontro in atto
alla Bastogi (una delle società finanziarie più importanti in Italia). Quasi nessuno ha
però, a nostro avviso,
colto il significato più importante di questa operazione finanziaria; nostro compito sarà
quello di enucleare
i fenomeni rilevanti e significativi agli effetti dell'azione politica ed economica rivoluzionaria che se ne
devono trarre.
L'offerta pubblica d'acquisto La cronaca è presto fatta. Un
gruppo finanziario privato facente capo alla Hambros Bank, tramite una
sua collegata tedesca, agenti in Italia mediante il finanziere Michele Sindona, dopo essersi assicurato il
controllo di un'altra importante società finanziaria (La Centrale), tenta di accaparrarsi il controllo
della
Bastogi e quindi di procedere alla fusione delle due società, così da assicurarsi una base
di azione
nell'economia italiana che è sempre più nelle mani delle holdings della finanza statale o
parastatale. Il
gruppo privato non è solo estero, ma rappresenta l'unione di capitali privati sia esteri sia nazionali:
è in
definitiva la risposta del capitalismo tradizionale italiano che si allea con quello estero per frenare
l'avanzata dello stato nell'economia. Il progetto di fusione viene però a scontrarsi con il
disegno del presidente della Montedison Eugenio
Cefis, che vuole fondere la Bastogi con altre finanziarie di cui detiene il controllo: l'Italpi, la S.E.S. e la
S.G.E.S. inoltre il trasferimento della S.A.D.E., alla Montedison. Questa iniziativa mira a rendere
la Bastogi una centrale di intervento della finanza pubblica nell'economia.
L'operazione dovrebbe infatti portare a tre risultati principali: a) ridurre la proporzione
di proprietà dei gruppi privati (guidati da Sindona) nella Bastogi. b) attribuire
il controllo effettivo della Bastogi alla Montedison, principale azionista della Italpi. c)
rafforzare l'autonomia d'azione dello staff di Eugenio Cefis che, attraverso la partecipazione incrociata
Montedison-Bastogi-Montedison non sarebbe più soltanto un mandatario del sindacato di
controllo ma
si sosterrebbe anche con il 6,5% di azioni Montedison di proprietà della Bastogi di cui la
Montedison (a
fusione avvenuta) avrebbe il controllo. Parallelamente Cefis potrebbe contare sul 2,5% di azioni
Montedison di proprietà della S.A.D.E. dopo il trasferimento di quest'ultima nella
Montedison. Sindona, e chi per esso, per contrastare la manovra di Cefis lancia un'offerta pubblica
impegnandosi ad
acquistare 20 milioni di azioni Bastogi al prezzo di L.2.800 (circa 1000 lire in più delle
quotazioni di
borsa). L'offerta pubblica non riesce; infatti vengono depositate poco più di 12 milioni di
azioni. Cefis e la
finanza pubblica hanno vinto un'altra volta.
Significato della vittoria di Cefis In Italia la lotta tra capitale privato
e pubblico si sta facendo sempre più serrata, una dopo l'altra le società
più importanti cadono sotto il controllo dello stato. Il capitale privato si dibatte in un vicolo cieco
e la sua
fine è ormai segnata. Neppure i tentativi estremi della violenza e del terrorismo (leggi bombe di
Milano)
riescono a frenare l'avanzata dello stato che, anzi, riesce a neutralizzare le strategie del capitalismo privato
e a condurle verso i propri scopi. Gli sfruttati assistono impotenti a questa lotta di potere: da un tipo
di padroni stanno cadendo nelle mani
di un altro, altrettanto sfruttatore, liberticida, autoritario e forse anche peggiore.
Il nuovo metodo di sfruttamento Le linee di tendenza dell'economia
italiana sono ormai chiare e definite: il progressivo ingresso dello stato
nell'economia. Questo fenomeno (rilevabile in forma più o meno accentuata nella maggior parte
dei paesi
industrializzati) comporta una serie di problemi per la strategia rivoluzionaria. Non possiamo più
rivolgere
la nostra lotta soltanto verso le componenti capitalistiche dell'economia e quindi combattere il modo di
sfruttamento che ne deriva, ma dobbiamo indirizzare la nostra azione anche contro il nuovo modo di
sfruttamento. Eugenio Cefis oggi è "padrone" e sfruttatore non perché detentore a
titolo di proprietà di mezzi di
produzione, ma perché detentore di potere. La proprietà formale, infatti, è
attribuita ad altri soggetti: una miriade di piccoli azionisti, alcuni grossi
capitalisti e, in forma indiretta, lo stato. Questa situazione, decisamente anomala rispetto alle analisi
classiche, è il primo indicatore della mutata realtà nei rapporti di produzione. Non
è più soltanto la
proprietà privata dei mezzi di produzione l'indice della funzione sfruttatrice,
bensì il possesso di questi
mezzi, il potere di decidere del loro impiego. Lo sfruttamento si fa ancora più mistificato:
Cefis non si accaparra in modo diretto il plusvalore prodotto
dalle decine di migliaia di operai direttamente e indirettamente legati alla Montedison, ma dalla
Montedison viene stipendiato, usufruisce di servizi e di prebenda speciali. Cefis e la sua corte regolano
l'accesso ai mezzi di produzione, sono in definitiva i reali padroni della Montedison anche senza
detenerne la proprietà formale. Il fenomeno del possesso disgiunto dalla proprietà
è tipico di questo momento di transizione verso nuove
forme economiche e nuovi assetti sociali. L'operazione della Bastogi esplicita il tentativo di questi
nuovi padroni di assicurarsi un'autonomia ancora
maggiore, superando la legislazione vigente (ancora legata al concetto di proprietà), attraverso
il controllo
delle società che dovrebbero controllarli: è un'operazione abile ed efficace. Si mantiene
ancora la forma
ma la si svuota di ogni significato concreto, sino al giorno in cui anche giuridicamente verrà
riconosciuto
il nuovo assetto sociale e la nuova forma di proprietà. I nuovi dirigenti sociali stanno ogni giorno
di più
affermando il loro predominio; ciò avviene attraverso la loro autonomizzazione dai loro
mandanti:
capitalisti e parlamento. In questo contesto la tecnoburocrazia oggi muove i suoi passi, creando una
identità tra potere politico e potere economico che fa pensare, per analogia, ai signori feudali
amministratori della giustizia e dei mezzi di produzione. Dietro l'apparente apoliticità dei
nuovi padroni scorgiamo il nuovo assetto sociale che porterà gli sfruttati
verso forme di assoggettamento ancor più vincolanti. Nasce il nuovo corporativismo che non ha
bisogno
di fasci e gagliardetti per manifestarsi ma che nella sostanza risulta ancor più
pericoloso. Compito dei rivoluzionari è contrastare questo processo in atto, combattendo le
nuove forme di potere,
scegliendo i mezzi più idonei a questa lotta che permane pur sempre nel filone tradizionale
dell'anarchismo: la lotta allo stato, alla società gerarchica, alla sacralità delle funzioni
direttive.
Emilio Cipriano
Il corriere nei piani di Cefis Nel quadro
dell'ascesa al potere dei tecnoburocrati, si inseriscono ed acquistano un senso preciso molte
altre vicende, oltre all'operazione Bastogi, che raramente la pubblica opinione riesce a collegare in
modo significativo, anche perché la grande stampa (di destra, centro o sinistra che sia) si guarda
bene
dall'offrirle i mezzi per interpretarli. Fra queste vicende vi sono ad esempio quelle che il
bollettino di controinformazione democratica
chiama le "grandi manovre intese a creare una nuova rete di informazione che vada dalla televisione
al Corriere della Sera. Nella sua strategia di potere, dice il
bollettino, Eugenio Cefis non poteva non tentare di estendere
la sua influenza anche nel settore giornalistico. A questo scopo, Cefis ha avviato da tempo caute
trattative con Tonino Leonardi, marito di una delle Crespi, per persuaderlo a cedere la sua quota
parte del Corriere della Sera e assicurarsi il controllo del massimo organo italiano di
informazione.
In tal modo anche la gestione dei grandi giornali del Nord rifletterebbe le strutture del grande
capitale nostrano di cui interpreterebbe fedelmente le esigenze politiche e propagandistiche. Se
l'operazione Cefis andrà in porto, La Stampa di Agnelli resterà il portavoce
del capitale privato, il
Corriere della Sera, con una partecipazione della Montedison, diventerà l'espressione del
capitale
misto e Il Giorno accentuerà il suo carattere di organo quasi ufficiale del
capitalismo di Stato. Tre
voci condizionate e condizionatrici perfettamente integrate nel sistema. Il che toglierebbe anche la
minima autonomia all'informazione, già largamente distorta e mistificata. Di questo
Corriere in
mezzadria il direttore più probabile sarebbe Italo Pietra, uomo di fiducia di Cefis, che
lascerebbe
Il Giorno a Piero Ottone, attuale direttore de Il Secolo XIX di Genova. Mentre
continuano le
trattative, i più diretti interessati all'operazione, cioè Cefis e Leonardi, hanno fatto
circolare formali
smentite che non hanno convinto nessuno. |
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