Rivista Anarchica Online
Spagna: garrote e tortura
traduzione di E. M.
Come si ottengono le confessioni
"Franco deve morire, perché vivano gli spagnoli!" Salvador de
Madariaga
Riproduciamo parte di un'ampia documentazione pervenutaci dalla Spagna, suffragata da
decine di
testimonianze riferentesi agli ultimi tre anni. Questo agghiacciante documento mostra
come nella Spagna franchista (nonostante la facciata di
democratizzazione che si cerca di accreditare all'estero) siano tuttora in uso metodi inquisitori che per
la loro Barbara ferocia nulla hanno nulla da invidiare a quelli della più famosa Inquisizione della
chiesa cattolica apostolica romana, della Gestapo nazista, della G.P.U. staliniana. Metodi che del
resto sono ben noti agli altri governi, che pur ben si guardano dall'intervenire, "democratici" o
"socialisti" che siano. Con questi metodi è stata ottenuta, fra innumerevoli altre "confessioni" di
innocenti, anche la "confessione di J. Millan Hernandez (cf. articolo a lato).
Strumenti A) Manganello di caucciù di 25 cm. di lunghezza
e 3 cm. di diametro. Impiegato generalmente dalla
Brigada sociale per ogni tipo di colpi ripetuti, destinati a rendere la carne od i muscoli doloranti al punto
di non poterli toccare a causa dell'ematoma prodottosi. B) Manganello di caucciù formato
da un tubo scanalato di 35 cm. di lunghezza e 3 cm. di diametro.
Impiegato generalmente dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano.
Questo manganello
si utilizza per ogni tipo di colpi, soprattutto per rendere i polpacci gonfi a forza dei colpi ripetuti. Questo
strumento ha un doppio effetto, fisico e psicologico: dato il terribile dolore della carne tumefatta, la sola
vista del manganello, arriva qualche volta a far perdere la conoscenza. C) Manganello di
caucciù di 75 cm. di lunghezza e 2,5 di diametro; questo è elastico. Impiegato dalla
Guardia civile e dalla Brigata sociale. Serve a dare dei violenti colpi sulla schiena, sulle reni, sulle gambe
ecc. Il caucciù essendo elastico, prende le forme del corpo, aumentando il dolore e coprendo una
ampia
superficie. D) Manico di vanga (in legno) di 80 cm. di lunghezza e 4 cm. di diametro. Impiegato per
diversi colpi
sul corpo, ma specialmente per colpire la pianta dei piedi, mentre i prigionieri sono distesi su di una
tavola. È anche impiegata per colpire le dita e le unghie, sia delle mani, sia dei piedi. E)
Masso di pietra di 2 kg., testa di ferro rosso forgiato e manico di legno. Impiegato dalla Brigata sociale
di Bilbao. Il suo scopo è quello di spezzare l'alluce. Generalmente si lega il prigioniero, con i
piedi
denudati, poi si solleva il masso ad un'altezza variabile per lasciarlo cadere sugli alluci fino a quando non
si spezzano.
Metodi Lo sgabello. Metodo impiegato dalla
551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Il detenuto,
con le mani legate dietro il dorso, è obbligata a piazzarsi su di uno sgabello. Qualche volta sta
sul ventre,
altre volte sul dorso. È mantenuto in questa dolorosa posizione lungo tempo, talvolta delle ore
intere. In
questa posizione viene colpito, sia sul corpo, sia sulla pianta dei piedi. Quando è bene "indurito",
lo
gettano a terra, lo calpestano, per poi sollevarlo e metterlo ancora nella precedente posizione sullo
sgabello. Questo metodo è impiegato allo scopo di affaticare, estenuare il prigioniero e per
"prepararlo",
come dicono. Il dolore è spasmodico in tutto il corpo e particolarmente nella colonna
vertebrale che qualche volta resta
toccata.
La Verga. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia
civile di San Sebastiano. Il disgraziato
detenuto è legato, mani e piedi, ad un tavolo, i piedi scalzi. Un poliziotto colpisce la pianta dei
piedi con
una verga d'acciaio, il cui diametro varia; qualche volta colpisce con un manganello di caucciù.
Mentre
uno colpisce, un altro sale sul tavolo, sedendosi sul prigioniero, oppure calpestandolo. Questa tortura
qualche volta dura delle ore. Le verghe d'acciaio provocano un dolore terrificante. I piedi si gonfiano ed
il dolore straziante percorre tutto il corpo. Quando i piedi diventano a metà sensibili, dopo
diverse ore
di martirio, il detenuto viene obbligato ad immergerli nell'acqua fredda per ricominciare poi di nuovo la
tortura.
La vasca. Metodo di tortura impiegato dalla 551a compagnia della
Guardia civile di San Sebastiano.
Questo metodo consiste nell'immergere la testa del prigioniero in una vasca. Le mani sono ammanettate,
e questa immersione ha lo scopo di provocare un'asfissia temporanea. Qualche volta gli immergono la
testa in un catino d'acqua, altre volte in un lavandino, o anche nella tazza d'un gabinetto: poi scaricano
l'acqua, con l'effetto di terrorizzare il detenuto, per l'azione congiunta dell'acqua e del rumore prodotti
dalla scarica. Per questa tortura 4 o 5 poliziotti si riuniscono: 3 tengono immersa la testa del prigioniero,
gli altri lo interrogano e lo colpiscono. Normalmente la testa è immersa per uno o due minuti
nell'intenzione d'angosciare e terrorizzare il prigioniero. Ma il gioco preferito dei torturatori è
quello di
colpire il prigioniero sulle reni con i manganelli o con i pugni, mentre questo è con la testa
nell'acqua: così
è obbligato ad ingurgitare delle grandi quantità d'acqua dalla bocca e dal naso, con le
conseguenti reazioni
ben conosciute. Questa tortura è continuata per delle ore, interrotta da colpi o da altre
torture. L'effetto è terribile per
molti e molto pericoloso per coloro che non hanno una buona salute. La sensazione provata è
di angoscia
e di soffocamento assoluti. Da una parte la mancanza di aria, dall'altra i polmoni e le vie respiratorie che
si riempiono d'acqua, provocando scompensi di cuore e crisi di tosse. I polmoni danno l'impressione di
bruciarsi, di scoppiare, ed inoltre l'acqua ingurgitata sembra bollire all'interno del corpo.
Il bilanciamento. Metodo impiegato dalla Guardia civile di San Sebastiano. Il detenuto
è appeso per i
piedi ad una certa altezza dal suolo, qualche volta di diversi metri, e minacciato di farlo poi cadere nel
vuoto. Generalmente il detenuto è appeso rasoterra a e mentre si trova in questa posizione,
brutalmente
percosso. Lo colpiscono generalmente sulle costole, sulle reni, sui testicoli, ecc. e lo fanno dondolare
violentemente in tutti i sensi, allo scopo di stordirlo e di spaventarlo. Il dolore causato dalle manette e
dalla
corda sulle caviglie è estremo, e generalmente provoca lo svenimento.
Il piccolo ciottolo. Metodo impiegato dalla Guardia civile e dalla Brigata sociale di
Bilbao. Il prigioniero
è spogliato dei pantaloni e costretto ad inginocchiarsi su dei piccoli ciottoli o su delle sfere
d'acciaio di
diverse dimensioni. Per questa tortura, come per tutte le altre, il prigioniero ha le manette alle mani ed
ai piedi. Quando il detenuto è su questi ciottoli o sfere d'acciaio, è obbligato a marciarvi
in ginocchio. Assai spesso i poliziotti montano sulle sue gambe, esercitando un peso tale che le
pietre penetrano nella
carne fino all'osso. Altre volte il detenuto, in quella posizione, viene colpito con il manganello sulle
gambe
e sulle cosce. Il metodo del "piccolo ciottolo", viene egualmente impiegato per la pianta dei piedi. Il
detenuto è obbligato a marciare per delle ore, a piedi scalzi, mentre i poliziotti gli assestano
violenti colpi
di manganello sugli alluci e sulle altre parti del corpo.
Colpi sulle unghie. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della
Guardia civile di San Sebastiano. Il
prigioniero deve subire dei continui colpi sulle unghie delle mani e dei piedi. Un poliziotto prende le mani
ammanettate e le pone sul bordo d'un tavolo ed un altro colpisce progressivamente le unghie e le dita con
manganello di caucciù o di legno. Arriva un momento in cui le dita sono insopportabilmente
straziate dal
dolore. Qualche volta questa tortura dura lungo tempo, ma in generale l'applicano con sapienti intervalli,
arrestandosi solo per ricominciare se il detenuto s'ostina a non confessare. Il metodo è impiegato
come
sistema definitivo, perché il detenuto confessi, nel terrore di subire nuovamente la tortura. Molti
prigionieri perdono le unghie dopo simili torture.
L'Impiccagione. Metodo impiegato dalla Guardia civile e dalla Brigata sociale di
Bilbao. Esso consiste
nell'appendere il prigioniero ad una corda fissata al soffitto od altrove. Il prigioniero, ammanettato, con
la corda fissata alla catena delle manette, che penetrano nei polsi in modo che il ferro incontra l'osso.
Ciò
è doloroso da sopportare, ma la tortura diviene straziante, quando il detenuto è colpito
a colpi di
manganello e calato verso il suolo. Quando resta lungo tempo appeso con le manette, perde la
conoscenza, così i poliziotti hanno l'abitudine di far rimanere il detenuto a livello di raso al suolo,
appena
comincia a svenire. Non appena si è, per così dire, "riposato", viene nuovamente
sollevato; il detenuto in questo modo risente
in modo brutale il dolore straziante, non solo ai polsi, ma egualmente in tutto il corpo, dalle mani ai piedi.
Se questa tortura dura più di 15 minuti, il torturato diviene infermo, le sue mani non
funzioneranno più
per molti giorni ed il dolore lacerante durerà più di 2 mesi; rischia pure che i tendini
restino colpiti per
tutta la vita. A volte, la polizia lascia i detenuti molto tempo come dei cadaveri; ciò è
definito
"preparazione a confessare". Qualche volta il detenuto è appeso, ma i suoi piedi scalzi toccano
il suolo.
Viene allora violentemente colpito con dei manganelli di caucciù sugli alluci e le unghie, e per
evitare che
le dita si schiaccino contro il suolo, è obbligato ad alzarle, ed è allora che tutto il peso
del corpo riposa
sulle ossa dei polsi, con conseguenti tremende contorsioni di dolore.
La sedia. Metodo di tortura impiegato dalla Brigata sociale e dalla Guardia civile di
Guipuzcoa e di
Bilbao. Questo metodo consiste nel far sedere il detenuto su di una sedia. Per evitargli ogni movimento,
viene legato con le caviglie ai piedi della sedia, mentre gli vengono messe le manette ai polsi dietro la
spalliera della sedia. Il torturato è sulla sedia al centro d'una stanza, accerchiato da 4 o 5 poliziotti
che
continuamente lo colpiscono al viso e sul corpo coi loro manganelli, mentre un poliziotto che sta dietro
la sedia lo prende per i capelli forzando la catena delle manette con il suo piede. Il dolore più
intenso è
prodotto dai ferri delle manette che penetrano fino alle ossa dei polsi e delle mani. La pressione che il
poliziotto esercita su questi, è variabile; assai sovente è tutto il suo peso che grava sui
polsi e sulle mani
del detenuto. Il dolore è talmente forte che la vittima perde conoscenza; per evitare ciò,
la pressione varia
da un minimo ad un massimo ed inversamente. Questa tortura dura generalmente da 3 a 4 ore per
giorno;
i polsi sono terribilmente schiacciati, l'osso, qualche volta è completamente frantumato. Dopo
la tortura
il prigioniero viene curato per esservi nuovamente sottoposto l'indomani. Quando perde conoscenza, si
rimedia con delle borse di ghiaccio o dell'acqua fredda.
La ginnastica. Metodo impiegato nei commissariati della Brigata politico-sociale di
Bilbao e di San
Sebastiano e negli uffici della Guardia civile. Questo "esercizio di ginnastica" consiste nel sollevarsi e
nell'abbassarsi, facendo forza sui polsi, senza piegare il corpo, manette alle mani; è
soprannominato
"mili". Il detenuto l'effettua sotto i colpi dei piedi, dei pugni e dei manganelli. In generale, colui che non
è abituato a questo esercizio, non può ripeterlo più di 20 volte. Giunto a questo
numero, il corpo rifiuta
d'obbedire alle braccia, che si piegano e che non si possono più raddrizzare. In questa posizione,
il
detenuto è in preda ad uno stato di accasciamento fisico e morale; è allora che i
torturatori si scatenano
infierendo con un massimo di colpi, di minacce, di grida, d'insulti, per poter ricominciare l'interrogatorio.
Questa volta, sotto il prigioniero è piazzato un ritratto di Franco, che il torturato è
costretto a baciare ad
ogni movimento. Questo metodo è considerato uno dei più spaventosi dal punto di vista
fisico e morale,
ed è praticato per predisporre il detenuto all'interrogatorio.
La matita e l'apertura delle dita. Metodo impiegato dalla 551a
compagnia della Guardia civile. "La
matita": metodo consistente nell'introdurre una matita tra le dita d'una mano, (le mani sono
precedentemente legate) e farla girare continuamente con un movimento rotatorio. Dopo un momento
la carne diviene sensibile e la materia che ricopre la matita si incolla alla pelle, producendo un vivo
dolore.
"L'apertura delle dita" consiste nell'allargare le dita della mano con una verga di 30 mm. di diametro. Le
ossa della mano vengono allargate fino alla lussazione ed i tendini sono talmente forzati, che il dolore
penetrante dura molto a lungo.
La sega. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile
di San Sebastiano. Nella sede di
detta compagnia v'è una falegnameria, ove si trova una sega circolare di 50 cm. di diametro
all'incirca.
Il sergente Lopez ed un altro dei suoi agenti hanno l'abitudine di far scendere i detenuti nella suddetta
falegnameria. Dopo aver messo in moto la sega, trascinano il disgraziato che si trova nelle loro mani, fino
alla sega. La tortura consiste nell'avvicinare il collo e la testa fino a qualche millimetro dalla lama, che
produce un rumore infernale, e una nuvola di segatura. L'effetto sul detenuto è terrificante. Il
fatto
d'essere avvicinato brutalmente alla sega in marcia, provoca, con il pericolo di morte, i colpi, il frastuono,
la segatura, ecc. una sensazione estrema di panico e di follia.
I solleticamenti. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile al Posto Centrale di
San Sebastiano ed
altri commissariati. Tortura facile ad immaginare: l'effetto del solletico su coloro che ne sono sensibili
è
ben conosciuto. Il detenuto è immobilizzato da uno o due poliziotti, oppure legato, mentre un
altro cerca
i centri nervosi più sensibili. Quando hanno scoperto questi punti, non lasciano più
il detenuto in pace, torturandolo con diversi
oggetti. Contrariamente a quello che si potrebbe credere, il detenuto non ride: geme e grida. Il solletico
ha un tale effetto, che molti dei torturati hanno il sistema nervoso completamente rovinato. Qualche volta
i poliziotti stessi non osano continuare l'applicazione di questo metodo.
Le tavolette. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile e dalla Polizia segreta
di Vitoria. Questo
metodo consiste nel serrare tra due tavolette le mani, e specialmente le articolazioni delle dita. Le
tavolette
sono munite di viti che passano tra le dita. Le viti sono serrate progressivamente. Il dolore diviene molto
presto terribile, ma i torturatori l'intensificano continuando a serrare le viti. Il dolore più forte
è prodotto
dai colpi dati sulle tavolette con un qualsiasi oggetto. Le dita restano contratte per cui il minimo
movimento è estremamente doloroso. Questa tortura è praticata per intere ore. Qualche
volta il detenuto
è rimesso in cella con le tavolette. Le mani liberate hanno un grande tremolio continuo per molti
giorni.
La bicicletta. Metodo di tortura impiegato al commissariato della Brigata di
investigazione sociale di
Bilbao. Questo metodo consiste nel far marciare il detenuto con le mani ammanettate al disotto delle
cosce, in una posizione ridicola. Generalmente, obbligano il detenuto a girare attorno ad una tavola,
mentre i poliziotti lo colpiscono con i manganelli, i pugni e i piedi. Il detenuto scivola continuamente al
suolo, ma è costretto ad avanzare per non essere calpestato, cosa che continua fino a quando lo
svenimento l'immobilizza. Questa tortura è chiamata "bicicletta", perché nei sotterranei
della BIS, v'è una
bicicletta sulla quale un poliziotto ha l'abitudine di montare per colpire e far scivolare il detenuto che
avanza in questa posizione penosa e ridicola. Questa tortura è molto impiegata, perché
la polizia stima
che data l'incomodità e la ridicolezza della posizione, il detenuto è moralmente
squilibrato, si sente
umiliato ed esaurito e nello stesso tempo fisicamente sfinito.
La tavola d'operazione. Metodo di tortura impiegato dalla Brigata di investigazione
sociale di Bilbao.
Questo metodo è una variante, durante la quale il detenuto, coricato sulla tavola ed ivi
immobilizzato, è
costretto a ingurgitare acqua sporca od ogni altro liquido dalle narici e dalla bocca, in modo che i polmoni
si trovino rapidamente invasi. Il detenuto si trova in questo modo torturato tra i colpi e le sevizie, con le
vie respiratorie ostruite ed una intensa sensazione di bruciore interno. Quando questo metodo è
applicato
alle donne, i poliziotti, invece di legarle alla tavola, ve le mantengono con le loro mani, smaneggiandole
su tutte le parti del corpo con lo scopo di rendere anche oltraggiante il loro martirio.
Il rubinetto. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia
civile di San Sebastiano. Questo
apparecchio è un tubo di ferro di 70 mm. di lunghezza e di 23 mm. di diametro. Una vite
è saldata su di
un buco fatto sul lato. Un bullone traversa il principio del tubo avvitandosi e svitandosi a volontà.
Si infila
questo apparecchio su un dito del detenuto (ammanettato) e lo si stringe progressivamente con la chiave.
La tortura consiste qualche volta nel serrare ed allentare la vite, che penetra nella carne o nell'unghia;
altre
volte nel serrare questo apparecchio più o meno, e ciò per delle ore. Detto apparecchio
è egualmente
conosciuto sotto il nome di "strappa unghie", perché la vittima perde in seguito la sua unghia.
Colpisce
anche l'osso con il rischio di gravi complicazioni.
Schiacciamento con le dita. Metodo impiegato dalla 551a compagnia
della Guardia civile di San
Sebastiano. Consiste nel pressare i pollici sulla parte inferiore delle orecchie, tra la nuca e
l'estremità della
mascella. Ciò rassomiglia un po' ad una presa di jiu-jitsu impiegata in un sistema d'auto-difesa.
La polizia
se ne serve in modo più brutale, spingendo fino a piazzare le dita nella parte più sensibile
del corpo
umano. Il dolore provocato è intenso al punto di fare perdere conoscenza, se la pressione
continua. Il
dolore persiste per molti giorni.
Le catene. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile e dalla polizia segreta nei
posti di Bilbao,
Vitoria , Pampeluna e San Sebastiano. Questo metodo consiste nel serrare le catene al massimo sui polsi.
In questo modo, le mani non ricevono più il flusso sanguigno, divengono ghiacciate e prendono
un colore
bluastro. Il dolore è tremendo; esso diviene ancora più acuto quando alle catene
s'imprimono delle scosse,
per cui l'acciaio può allora penetrare fino all'osso. Il detenuto qualche volta è sottomesso
alle "catene" per
giorni interi. Sovente, dopo molte settimane le mani restano ancora morte e tremanti. È facile
incontrare
dei torturati, che portano profonde cicatrici ai polsi.
Le principali scene di tortura avvengono nei commissariati di polizia. In detti locali, fino a qualche
anno
fa il fermo era illimitato. Lo è stato di nuovo durante i lunghi mesi dello "stato eccezionale".
Attualmente
è di 72 ore, nel corso delle quali il pervenuto è consegnato, senza difesa, all'arbitrio della
polizia. Nelle
prigioni le sevizie sono differenti: riduzione di vitto, cella di punizione, ecc.: tali sono i mezzi di
coercizione abitualmente utilizzati. Ciononostante, durante lo "stato eccezionale" dei prigionieri sono stati
trasferiti dalla prigione al commissariato per essere nuovamente torturati. Numerosi prigionieri restano
fisicamente marcati e resi invalidi per tutta la vita. Molti soffrono di traumi permanenti. Alcuni sono
divenuti pazzi. Senza dubbio, ci sono dei decessi a seguito delle torture anche se non possediamo i dati
precisi.
Salviamo Julio Millan Hernandez Garcia
Rebull, la iena assetata di sangue che era a capo del Tribunale Militare di Burgos all'epoca del
famoso processo ai "16 baschi" (giusto un anno fa), è ora Capitano Generale della regione
Militare di
Madrid. Questo mostro ha nelle sue mani insanguinate la vita dell'anarchico J. Millan Hernandez. Da
lui dipende infatti il Tribunale Militare di Madrid, la cui terza sezione dovrà processare
prossimamente
il giovane rivoluzionario, le cui imputazioni lo portano dritto dritto al "garrote". Millan, militante
anarco-sindacalista della C.N.T., fu arrestato nell'ottobre del '67 sul treno che va da
Port Bau (frontiera francese) a Barcellona ed accusato di due attentati avvenuti a Madrid cinque anni
prima (che, per la cronaca, avevano fatto solo qualche danno materiale). I sadici torturatori del
Commissariato centrale di Barcellona gli estorsero una "confessione", dopo averlo tenuto cinque giorni
senza mangiare e senza dormire, sottoponendolo alle diverse sevizie di cui sono specialisti (cfr. il
documento pubblicato in questa stessa pagina). Davanti al giudice istruttore Millan negò tutto,
dichiarò
che, oltre a tutto, all'epoca degli attentati egli non si trovava a Madrid e descrisse le torture subite, un
trattamento dopo il quale chiunque avrebbe confessato qualunque cosa. Il giudice fascista ritenne
invece valida la "confessione" ed allora Millan rimase sepolto nelle galere franchiste. Ora, da
ambienti prossimi alla "Giustizia" fascista, si è saputo che il Tribunale Militare si appresta a
processare il giovane anarchico (dopo quattro anni di carcere preventivo!). La condanna prevista
(trattandosi di un anarchico la condanna è quasi certa) va da a quarant'anni di carcere al
"garrote". Perciò gli anarchici di tutto il mondo, prime, naturalmente, le organizzazioni
spagnole all'interno ed
in esilio (F.A.I., C.N.T., F.I.J.L.) si stanno mobilitando e cercano di mobilitare l'opinione pubblica
(non i governi, passivi spettatori da trent'anni e quindi complici dei delitti franchisti), per fermare la
mano del boia. |
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