Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 8
novembre 1971 - dicembre 1971


Rivista Anarchica Online

Spagna: garrote e tortura
traduzione di E. M.

Come si ottengono le confessioni

"Franco deve morire, perché vivano gli spagnoli!"
Salvador de Madariaga

Riproduciamo parte di un'ampia documentazione pervenutaci dalla Spagna, suffragata da decine di testimonianze riferentesi agli ultimi tre anni.
Questo agghiacciante documento mostra come nella Spagna franchista (nonostante la facciata di democratizzazione che si cerca di accreditare all'estero) siano tuttora in uso metodi inquisitori che per la loro Barbara ferocia nulla hanno nulla da invidiare a quelli della più famosa Inquisizione della chiesa cattolica apostolica romana, della Gestapo nazista, della G.P.U. staliniana. Metodi che del resto sono ben noti agli altri governi, che pur ben si guardano dall'intervenire, "democratici" o "socialisti" che siano. Con questi metodi è stata ottenuta, fra innumerevoli altre "confessioni" di innocenti, anche la "confessione di J. Millan Hernandez (cf. articolo a lato).

Strumenti
A) Manganello di caucciù di 25 cm. di lunghezza e 3 cm. di diametro. Impiegato generalmente dalla Brigada sociale per ogni tipo di colpi ripetuti, destinati a rendere la carne od i muscoli doloranti al punto di non poterli toccare a causa dell'ematoma prodottosi.
B) Manganello di caucciù formato da un tubo scanalato di 35 cm. di lunghezza e 3 cm. di diametro. Impiegato generalmente dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Questo manganello si utilizza per ogni tipo di colpi, soprattutto per rendere i polpacci gonfi a forza dei colpi ripetuti. Questo strumento ha un doppio effetto, fisico e psicologico: dato il terribile dolore della carne tumefatta, la sola vista del manganello, arriva qualche volta a far perdere la conoscenza.
C) Manganello di caucciù di 75 cm. di lunghezza e 2,5 di diametro; questo è elastico. Impiegato dalla Guardia civile e dalla Brigata sociale. Serve a dare dei violenti colpi sulla schiena, sulle reni, sulle gambe ecc. Il caucciù essendo elastico, prende le forme del corpo, aumentando il dolore e coprendo una ampia superficie.
D) Manico di vanga (in legno) di 80 cm. di lunghezza e 4 cm. di diametro. Impiegato per diversi colpi sul corpo, ma specialmente per colpire la pianta dei piedi, mentre i prigionieri sono distesi su di una tavola. È anche impiegata per colpire le dita e le unghie, sia delle mani, sia dei piedi.
E) Masso di pietra di 2 kg., testa di ferro rosso forgiato e manico di legno. Impiegato dalla Brigata sociale di Bilbao. Il suo scopo è quello di spezzare l'alluce. Generalmente si lega il prigioniero, con i piedi denudati, poi si solleva il masso ad un'altezza variabile per lasciarlo cadere sugli alluci fino a quando non si spezzano.

Metodi
Lo sgabello. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Il detenuto, con le mani legate dietro il dorso, è obbligata a piazzarsi su di uno sgabello. Qualche volta sta sul ventre, altre volte sul dorso. È mantenuto in questa dolorosa posizione lungo tempo, talvolta delle ore intere. In questa posizione viene colpito, sia sul corpo, sia sulla pianta dei piedi. Quando è bene "indurito", lo gettano a terra, lo calpestano, per poi sollevarlo e metterlo ancora nella precedente posizione sullo sgabello. Questo metodo è impiegato allo scopo di affaticare, estenuare il prigioniero e per "prepararlo", come dicono.
Il dolore è spasmodico in tutto il corpo e particolarmente nella colonna vertebrale che qualche volta resta toccata.

La Verga. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Il disgraziato detenuto è legato, mani e piedi, ad un tavolo, i piedi scalzi. Un poliziotto colpisce la pianta dei piedi con una verga d'acciaio, il cui diametro varia; qualche volta colpisce con un manganello di caucciù. Mentre uno colpisce, un altro sale sul tavolo, sedendosi sul prigioniero, oppure calpestandolo. Questa tortura qualche volta dura delle ore. Le verghe d'acciaio provocano un dolore terrificante. I piedi si gonfiano ed il dolore straziante percorre tutto il corpo. Quando i piedi diventano a metà sensibili, dopo diverse ore di martirio, il detenuto viene obbligato ad immergerli nell'acqua fredda per ricominciare poi di nuovo la tortura.

La vasca. Metodo di tortura impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Questo metodo consiste nell'immergere la testa del prigioniero in una vasca. Le mani sono ammanettate, e questa immersione ha lo scopo di provocare un'asfissia temporanea. Qualche volta gli immergono la testa in un catino d'acqua, altre volte in un lavandino, o anche nella tazza d'un gabinetto: poi scaricano l'acqua, con l'effetto di terrorizzare il detenuto, per l'azione congiunta dell'acqua e del rumore prodotti dalla scarica. Per questa tortura 4 o 5 poliziotti si riuniscono: 3 tengono immersa la testa del prigioniero, gli altri lo interrogano e lo colpiscono. Normalmente la testa è immersa per uno o due minuti nell'intenzione d'angosciare e terrorizzare il prigioniero. Ma il gioco preferito dei torturatori è quello di colpire il prigioniero sulle reni con i manganelli o con i pugni, mentre questo è con la testa nell'acqua: così è obbligato ad ingurgitare delle grandi quantità d'acqua dalla bocca e dal naso, con le conseguenti reazioni ben conosciute.
Questa tortura è continuata per delle ore, interrotta da colpi o da altre torture. L'effetto è terribile per molti e molto pericoloso per coloro che non hanno una buona salute. La sensazione provata è di angoscia e di soffocamento assoluti. Da una parte la mancanza di aria, dall'altra i polmoni e le vie respiratorie che si riempiono d'acqua, provocando scompensi di cuore e crisi di tosse. I polmoni danno l'impressione di bruciarsi, di scoppiare, ed inoltre l'acqua ingurgitata sembra bollire all'interno del corpo.

Il bilanciamento. Metodo impiegato dalla Guardia civile di San Sebastiano. Il detenuto è appeso per i piedi ad una certa altezza dal suolo, qualche volta di diversi metri, e minacciato di farlo poi cadere nel vuoto. Generalmente il detenuto è appeso rasoterra a e mentre si trova in questa posizione, brutalmente percosso. Lo colpiscono generalmente sulle costole, sulle reni, sui testicoli, ecc. e lo fanno dondolare violentemente in tutti i sensi, allo scopo di stordirlo e di spaventarlo. Il dolore causato dalle manette e dalla corda sulle caviglie è estremo, e generalmente provoca lo svenimento.

Il piccolo ciottolo. Metodo impiegato dalla Guardia civile e dalla Brigata sociale di Bilbao. Il prigioniero è spogliato dei pantaloni e costretto ad inginocchiarsi su dei piccoli ciottoli o su delle sfere d'acciaio di diverse dimensioni. Per questa tortura, come per tutte le altre, il prigioniero ha le manette alle mani ed ai piedi. Quando il detenuto è su questi ciottoli o sfere d'acciaio, è obbligato a marciarvi in ginocchio.
Assai spesso i poliziotti montano sulle sue gambe, esercitando un peso tale che le pietre penetrano nella carne fino all'osso. Altre volte il detenuto, in quella posizione, viene colpito con il manganello sulle gambe e sulle cosce. Il metodo del "piccolo ciottolo", viene egualmente impiegato per la pianta dei piedi. Il detenuto è obbligato a marciare per delle ore, a piedi scalzi, mentre i poliziotti gli assestano violenti colpi di manganello sugli alluci e sulle altre parti del corpo.

Colpi sulle unghie. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Il prigioniero deve subire dei continui colpi sulle unghie delle mani e dei piedi. Un poliziotto prende le mani ammanettate e le pone sul bordo d'un tavolo ed un altro colpisce progressivamente le unghie e le dita con manganello di caucciù o di legno. Arriva un momento in cui le dita sono insopportabilmente straziate dal dolore. Qualche volta questa tortura dura lungo tempo, ma in generale l'applicano con sapienti intervalli, arrestandosi solo per ricominciare se il detenuto s'ostina a non confessare. Il metodo è impiegato come sistema definitivo, perché il detenuto confessi, nel terrore di subire nuovamente la tortura. Molti prigionieri perdono le unghie dopo simili torture.

L'Impiccagione. Metodo impiegato dalla Guardia civile e dalla Brigata sociale di Bilbao. Esso consiste nell'appendere il prigioniero ad una corda fissata al soffitto od altrove. Il prigioniero, ammanettato, con la corda fissata alla catena delle manette, che penetrano nei polsi in modo che il ferro incontra l'osso. Ciò è doloroso da sopportare, ma la tortura diviene straziante, quando il detenuto è colpito a colpi di manganello e calato verso il suolo. Quando resta lungo tempo appeso con le manette, perde la conoscenza, così i poliziotti hanno l'abitudine di far rimanere il detenuto a livello di raso al suolo, appena comincia a svenire.
Non appena si è, per così dire, "riposato", viene nuovamente sollevato; il detenuto in questo modo risente in modo brutale il dolore straziante, non solo ai polsi, ma egualmente in tutto il corpo, dalle mani ai piedi. Se questa tortura dura più di 15 minuti, il torturato diviene infermo, le sue mani non funzioneranno più per molti giorni ed il dolore lacerante durerà più di 2 mesi; rischia pure che i tendini restino colpiti per tutta la vita. A volte, la polizia lascia i detenuti molto tempo come dei cadaveri; ciò è definito "preparazione a confessare". Qualche volta il detenuto è appeso, ma i suoi piedi scalzi toccano il suolo. Viene allora violentemente colpito con dei manganelli di caucciù sugli alluci e le unghie, e per evitare che le dita si schiaccino contro il suolo, è obbligato ad alzarle, ed è allora che tutto il peso del corpo riposa sulle ossa dei polsi, con conseguenti tremende contorsioni di dolore.

La sedia. Metodo di tortura impiegato dalla Brigata sociale e dalla Guardia civile di Guipuzcoa e di Bilbao. Questo metodo consiste nel far sedere il detenuto su di una sedia. Per evitargli ogni movimento, viene legato con le caviglie ai piedi della sedia, mentre gli vengono messe le manette ai polsi dietro la spalliera della sedia. Il torturato è sulla sedia al centro d'una stanza, accerchiato da 4 o 5 poliziotti che continuamente lo colpiscono al viso e sul corpo coi loro manganelli, mentre un poliziotto che sta dietro la sedia lo prende per i capelli forzando la catena delle manette con il suo piede. Il dolore più intenso è prodotto dai ferri delle manette che penetrano fino alle ossa dei polsi e delle mani. La pressione che il poliziotto esercita su questi, è variabile; assai sovente è tutto il suo peso che grava sui polsi e sulle mani del detenuto. Il dolore è talmente forte che la vittima perde conoscenza; per evitare ciò, la pressione varia da un minimo ad un massimo ed inversamente. Questa tortura dura generalmente da 3 a 4 ore per giorno; i polsi sono terribilmente schiacciati, l'osso, qualche volta è completamente frantumato. Dopo la tortura il prigioniero viene curato per esservi nuovamente sottoposto l'indomani. Quando perde conoscenza, si rimedia con delle borse di ghiaccio o dell'acqua fredda.

La ginnastica. Metodo impiegato nei commissariati della Brigata politico-sociale di Bilbao e di San Sebastiano e negli uffici della Guardia civile. Questo "esercizio di ginnastica" consiste nel sollevarsi e nell'abbassarsi, facendo forza sui polsi, senza piegare il corpo, manette alle mani; è soprannominato "mili". Il detenuto l'effettua sotto i colpi dei piedi, dei pugni e dei manganelli. In generale, colui che non è abituato a questo esercizio, non può ripeterlo più di 20 volte. Giunto a questo numero, il corpo rifiuta d'obbedire alle braccia, che si piegano e che non si possono più raddrizzare. In questa posizione, il detenuto è in preda ad uno stato di accasciamento fisico e morale; è allora che i torturatori si scatenano infierendo con un massimo di colpi, di minacce, di grida, d'insulti, per poter ricominciare l'interrogatorio. Questa volta, sotto il prigioniero è piazzato un ritratto di Franco, che il torturato è costretto a baciare ad ogni movimento. Questo metodo è considerato uno dei più spaventosi dal punto di vista fisico e morale, ed è praticato per predisporre il detenuto all'interrogatorio.

La matita e l'apertura delle dita. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile. "La matita": metodo consistente nell'introdurre una matita tra le dita d'una mano, (le mani sono precedentemente legate) e farla girare continuamente con un movimento rotatorio. Dopo un momento la carne diviene sensibile e la materia che ricopre la matita si incolla alla pelle, producendo un vivo dolore. "L'apertura delle dita" consiste nell'allargare le dita della mano con una verga di 30 mm. di diametro. Le ossa della mano vengono allargate fino alla lussazione ed i tendini sono talmente forzati, che il dolore penetrante dura molto a lungo.

La sega. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Nella sede di detta compagnia v'è una falegnameria, ove si trova una sega circolare di 50 cm. di diametro all'incirca. Il sergente Lopez ed un altro dei suoi agenti hanno l'abitudine di far scendere i detenuti nella suddetta falegnameria. Dopo aver messo in moto la sega, trascinano il disgraziato che si trova nelle loro mani, fino alla sega. La tortura consiste nell'avvicinare il collo e la testa fino a qualche millimetro dalla lama, che produce un rumore infernale, e una nuvola di segatura. L'effetto sul detenuto è terrificante. Il fatto d'essere avvicinato brutalmente alla sega in marcia, provoca, con il pericolo di morte, i colpi, il frastuono, la segatura, ecc. una sensazione estrema di panico e di follia.

I solleticamenti. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile al Posto Centrale di San Sebastiano ed altri commissariati. Tortura facile ad immaginare: l'effetto del solletico su coloro che ne sono sensibili è ben conosciuto. Il detenuto è immobilizzato da uno o due poliziotti, oppure legato, mentre un altro cerca i centri nervosi più sensibili.
Quando hanno scoperto questi punti, non lasciano più il detenuto in pace, torturandolo con diversi oggetti. Contrariamente a quello che si potrebbe credere, il detenuto non ride: geme e grida. Il solletico ha un tale effetto, che molti dei torturati hanno il sistema nervoso completamente rovinato. Qualche volta i poliziotti stessi non osano continuare l'applicazione di questo metodo.

Le tavolette. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile e dalla Polizia segreta di Vitoria. Questo metodo consiste nel serrare tra due tavolette le mani, e specialmente le articolazioni delle dita. Le tavolette sono munite di viti che passano tra le dita. Le viti sono serrate progressivamente. Il dolore diviene molto presto terribile, ma i torturatori l'intensificano continuando a serrare le viti. Il dolore più forte è prodotto dai colpi dati sulle tavolette con un qualsiasi oggetto. Le dita restano contratte per cui il minimo movimento è estremamente doloroso. Questa tortura è praticata per intere ore. Qualche volta il detenuto è rimesso in cella con le tavolette. Le mani liberate hanno un grande tremolio continuo per molti giorni.

La bicicletta. Metodo di tortura impiegato al commissariato della Brigata di investigazione sociale di Bilbao. Questo metodo consiste nel far marciare il detenuto con le mani ammanettate al disotto delle cosce, in una posizione ridicola. Generalmente, obbligano il detenuto a girare attorno ad una tavola, mentre i poliziotti lo colpiscono con i manganelli, i pugni e i piedi. Il detenuto scivola continuamente al suolo, ma è costretto ad avanzare per non essere calpestato, cosa che continua fino a quando lo svenimento l'immobilizza. Questa tortura è chiamata "bicicletta", perché nei sotterranei della BIS, v'è una bicicletta sulla quale un poliziotto ha l'abitudine di montare per colpire e far scivolare il detenuto che avanza in questa posizione penosa e ridicola. Questa tortura è molto impiegata, perché la polizia stima che data l'incomodità e la ridicolezza della posizione, il detenuto è moralmente squilibrato, si sente umiliato ed esaurito e nello stesso tempo fisicamente sfinito.

La tavola d'operazione. Metodo di tortura impiegato dalla Brigata di investigazione sociale di Bilbao. Questo metodo è una variante, durante la quale il detenuto, coricato sulla tavola ed ivi immobilizzato, è costretto a ingurgitare acqua sporca od ogni altro liquido dalle narici e dalla bocca, in modo che i polmoni si trovino rapidamente invasi. Il detenuto si trova in questo modo torturato tra i colpi e le sevizie, con le vie respiratorie ostruite ed una intensa sensazione di bruciore interno. Quando questo metodo è applicato alle donne, i poliziotti, invece di legarle alla tavola, ve le mantengono con le loro mani, smaneggiandole su tutte le parti del corpo con lo scopo di rendere anche oltraggiante il loro martirio.

Il rubinetto. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Questo apparecchio è un tubo di ferro di 70 mm. di lunghezza e di 23 mm. di diametro. Una vite è saldata su di un buco fatto sul lato. Un bullone traversa il principio del tubo avvitandosi e svitandosi a volontà. Si infila questo apparecchio su un dito del detenuto (ammanettato) e lo si stringe progressivamente con la chiave. La tortura consiste qualche volta nel serrare ed allentare la vite, che penetra nella carne o nell'unghia; altre volte nel serrare questo apparecchio più o meno, e ciò per delle ore. Detto apparecchio è egualmente conosciuto sotto il nome di "strappa unghie", perché la vittima perde in seguito la sua unghia. Colpisce anche l'osso con il rischio di gravi complicazioni.

Schiacciamento con le dita. Metodo impiegato dalla 551a compagnia della Guardia civile di San Sebastiano. Consiste nel pressare i pollici sulla parte inferiore delle orecchie, tra la nuca e l'estremità della mascella. Ciò rassomiglia un po' ad una presa di jiu-jitsu impiegata in un sistema d'auto-difesa. La polizia se ne serve in modo più brutale, spingendo fino a piazzare le dita nella parte più sensibile del corpo umano. Il dolore provocato è intenso al punto di fare perdere conoscenza, se la pressione continua. Il dolore persiste per molti giorni.

Le catene. Metodo di tortura impiegato dalla Guardia civile e dalla polizia segreta nei posti di Bilbao, Vitoria , Pampeluna e San Sebastiano. Questo metodo consiste nel serrare le catene al massimo sui polsi. In questo modo, le mani non ricevono più il flusso sanguigno, divengono ghiacciate e prendono un colore bluastro. Il dolore è tremendo; esso diviene ancora più acuto quando alle catene s'imprimono delle scosse, per cui l'acciaio può allora penetrare fino all'osso. Il detenuto qualche volta è sottomesso alle "catene" per giorni interi. Sovente, dopo molte settimane le mani restano ancora morte e tremanti. È facile incontrare dei torturati, che portano profonde cicatrici ai polsi.

Le principali scene di tortura avvengono nei commissariati di polizia. In detti locali, fino a qualche anno fa il fermo era illimitato. Lo è stato di nuovo durante i lunghi mesi dello "stato eccezionale". Attualmente è di 72 ore, nel corso delle quali il pervenuto è consegnato, senza difesa, all'arbitrio della polizia. Nelle prigioni le sevizie sono differenti: riduzione di vitto, cella di punizione, ecc.: tali sono i mezzi di coercizione abitualmente utilizzati. Ciononostante, durante lo "stato eccezionale" dei prigionieri sono stati trasferiti dalla prigione al commissariato per essere nuovamente torturati. Numerosi prigionieri restano fisicamente marcati e resi invalidi per tutta la vita. Molti soffrono di traumi permanenti. Alcuni sono divenuti pazzi. Senza dubbio, ci sono dei decessi a seguito delle torture anche se non possediamo i dati precisi.

Salviamo Julio Millan Hernandez
Garcia Rebull, la iena assetata di sangue che era a capo del Tribunale Militare di Burgos all'epoca del famoso processo ai "16 baschi" (giusto un anno fa), è ora Capitano Generale della regione Militare di Madrid. Questo mostro ha nelle sue mani insanguinate la vita dell'anarchico J. Millan Hernandez. Da lui dipende infatti il Tribunale Militare di Madrid, la cui terza sezione dovrà processare prossimamente il giovane rivoluzionario, le cui imputazioni lo portano dritto dritto al "garrote".
Millan, militante anarco-sindacalista della C.N.T., fu arrestato nell'ottobre del '67 sul treno che va da Port Bau (frontiera francese) a Barcellona ed accusato di due attentati avvenuti a Madrid cinque anni prima (che, per la cronaca, avevano fatto solo qualche danno materiale). I sadici torturatori del Commissariato centrale di Barcellona gli estorsero una "confessione", dopo averlo tenuto cinque giorni senza mangiare e senza dormire, sottoponendolo alle diverse sevizie di cui sono specialisti (cfr. il documento pubblicato in questa stessa pagina). Davanti al giudice istruttore Millan negò tutto, dichiarò che, oltre a tutto, all'epoca degli attentati egli non si trovava a Madrid e descrisse le torture subite, un trattamento dopo il quale chiunque avrebbe confessato qualunque cosa. Il giudice fascista ritenne invece valida la "confessione" ed allora Millan rimase sepolto nelle galere franchiste.
Ora, da ambienti prossimi alla "Giustizia" fascista, si è saputo che il Tribunale Militare si appresta a processare il giovane anarchico (dopo quattro anni di carcere preventivo!). La condanna prevista (trattandosi di un anarchico la condanna è quasi certa) va da a quarant'anni di carcere al "garrote".
Perciò gli anarchici di tutto il mondo, prime, naturalmente, le organizzazioni spagnole all'interno ed in esilio (F.A.I., C.N.T., F.I.J.L.) si stanno mobilitando e cercano di mobilitare l'opinione pubblica (non i governi, passivi spettatori da trent'anni e quindi complici dei delitti franchisti), per fermare la mano del boia.