Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 92
maggio 1981


Rivista Anarchica Online

Lavorare tutti lavorare gratis
di C. L.

Cortei per le vie di Sesto e di Milano, scioperi, presidio in piazza Duomo, blocchi stradali e addirittura due blocchi della metropolitana che li ha sbattuti sulle prime pagine dei giornali milanesi: quelli della Marelli sono in lotta da mesi. Ci riferiamo all'industria elettromeccanica e Ercole Marelli, quella che si incontra appena entrati nel comune di Sesto San Giovanni provenienti da Milano, dal lunghissimo viale Monza. Indebitata per miliardi, l'azienda - spiegano i dirigenti - attraversa un difficile momento finanziario. Se ne sono accorti i 6.000 dipendenti dell'intero gruppo, che da febbraio non percepiscono più lo stipendio: in verità ad aprile ci hanno dato qualcosina, "per pasqua" ci è stato specificato - dice Patrizio, 27 anni, operaio alla Marelli da 11. Ma la gente non è incazzata? Va un po' a periodi, non c'è una tensione continua: ci sono momenti di incazzatura generalizzata e momenti di rilassamento. Come lo spieghi? Molti operai, soprattutto tra quelli residenti in Brianza e nel Bergamasco, stanno tutto sommato abbastanza bene: hanno la loro casetta di proprietà, un po' di soldi in banca, insomma non devono farsi i conti in tasca a fine mese per vedere come tirare avanti - come invece capita ancora ad altri operai. E allora tutto normale, tutti continuano tranquillamente ad andare in fabbrica? In effetti è così: quello che colpisce di più è che non solo continuano ad andare in fabbrica normalmente (non c'è stato aumento nell'assenteismo), ma anche continuano a lavorare... come se fossero pagati.
Un ruolo importante nel mantenimento della pace sociale e della produttività è esercitato, come dappertutto, dal sindacato, soprattutto tramite il Consiglio di fabbrica ed il suo esecutivo. Bisogna tener presente - precisa Patrizio - che i delegati di reparto, una volta eletti nel consiglio, qualora non siano iscritti al sindacato, sono formalmente obbligati a renderne conto, a spiegare perché. L'esecutivo del consiglio di fabbrica, poi, non è eletto dal consiglio di fabbrica stesso, ma nominato dalla burocrazia sindacale esterna alla fabbrica, sulla base della più rigida lottizzazione tra C.G.I.L., C.I.S.L. e U.I.L..
Alternative al sindacato, dal punto di vista organizzativo, non ce ne sono: anche quelli di Democrazia Proletaria, che ebbero una decina d'anni fa la loro breve stagione extra-istituzionale all'epoca dei "Comitati unitari di base" (i CUB), sono da tempo rientrati e formano con altri la "sinistra sindacale" (molto sindacale e poco sinistra - puntualizza Patrizio). Una cappa molto forte, questa del sindacato, rafforzata dalla parallela cappa politica rappresentata dall'influenza del P.C.I., che in questa zona ha tradizionalmente una sua roccaforte: tanto che negli anni '40 e '50 Sesto San Giovanni era citata come la Stalingrado d'Italia.
Eppure, nonostante ciò, la rabbia operaia è esplosa a tratti con blocchi stradali, cortei in direzione e altre azioni spontanee che hanno coinvolto un buon numero di lavoratori al di fuori delle direttive sindacali. Ogni volta che si vedeva "sorpassato" da un'azione spontanea, il Consiglio di fabbrica si mobilitava subito per cercare di cavalcare la tigre: ricordo che un giorno, dopo che era iniziata un'azione spontanea degli operai, siamo passati davanti alla bacheca sindacale e abbiamo visto il comunicato del c.d.f. che... indiceva questa lotta autonoma. Un'altra volta, e anche questo è un episodio significativo, siamo andati davanti agli uffici della direzione, a Milano, e i dirigenti sindacali, usciti fuori per spiegare l'andamento delle trattative, sono stati accolti dall'ostilità di molti operai.
Ma chi sono, prevalentemente, i più scontenti, quelli che tendono a rifiutare il lavoro, a fregarsene della produttività, a rifiutare la delega al sindacato? Dalla risposta di Patrizio emerge la netta separazione tra due figure-tipo di operaio: da una parte l'operaio più anziano, con decenni di vita aziendale e di lotte sindacali alle spalle, perlopiù militante del P.C.I., ormai definitivamente (o quasi) integratosi nell'ambiente di lavoro, in ciò favorito anche dal ricordo dei tempi (nemmeno troppo lontani: fino al '68) in cui bastava che un guardiano vedesse del fumo uscire da sopra i gabinetti per beccarsi una multa. Questo operaio vecchio si muove solo dopo aver ricevuto ordini dal sindacato, e quindi tende a muoversi poco: in compenso, produce molto e ne è fiero. Dall'altra parte vi è la figura del giovane operaio, che entra malvolentieri in fabbrica, cerca di starci il meno possibile (di qui, l'assenteismo) e comunque di non farsi assorbire e stritolare dai ritmi della produzione: sono operai di questo tipo ad essere in prima fila nelle lotte, i vecchi al massimo si accodano. Va osservato comunque che il rifiuto del lavoro e dell'integrazione da parte di molti giovani operai è frutto di una posizione istintiva, non di una presa di coscienza piena né tanto meno di una precisa scelta ideologica.