Rivista Anarchica Online
Totem computer
di Maria Teresa Romiti
È il nostro futuro. Forse è anche il nostro presente. Sta rivoluzionando il mondo sotto i nostri
occhi e nessuno sembra accorgersene: la più grossa rivoluzione dopo quella industriale è la
telematica. Non è facile affrontare l'argomento. Da una parte i mass-media cominciano solo ora a
dare informazioni che spesso sono solo confuse e contraddittorie, dall'altra l'accesso ai dati nudi e
crudi è coperto da una cortina di silenzio; per questo l'articolo non può essere che un approccio a
un problema che va affrontato. La telematica è la tecnologia che fonde le tecniche dell'informatica
(teoria dell'informazione, dei
calcolatori e sue applicazioni), con le tecniche delle telecomunicazioni (trasmissioni a distanza di
informazioni, visive, vocali e/o codici). Lo sviluppo della telematica inizia negli Stati Uniti nel
decennio scorso, quando dei calcolatori a tutti i livelli rese la tecnologia di allora troppo costosa,
lenta, farraginosa per le applicazioni richieste. In poche parole la struttura del calcolatore era di
un nucleo centrale grosso e ingombrante, in cui aveva sede la memoria e la capacità elaborativa,
collegato a molti terminali in continua comunicazione con il nucleo per mezzo di linee telex o
telefoniche. Questa struttura mostrava la corda, le linee erano spesso in sovraccarico, si
guastavano, le comunicazioni si bloccavano. Lo sviluppo delle tecnologie del silicio e dei circuiti
integrati rendeva sempre meno costoso e poco ingombrante dotare gli stessi terminali di una certa
capacità di memoria e di elaborazione. Venne elaborato un sistema più elastico, meno
centralizzato, che ovviasse agli inconvenienti: un sistema almeno parzialmente autonomo, il
nucleo centrale era collegato a terminali e a "concentratori", (una struttura che concentrava alcuni
terminali, dotata di memoria e capacità elaborativa, che velocifica i procedimenti e permette un
filtro verso il centro evitando il sovraccarico). Le tecniche dell'hardware (tecniche di costruzione
di base del calcolatore) da allora continuano a costare meno, oggi si costruiscono minicalcolatori
che hanno la stessa potenza dei grossi calcolatori di dieci anni fa ma costano dieci volte meno,
d'altra parte è aumentato di pari passo il costo del software (i programmi, le istruzioni che
consentono di usare la macchina) sia perché il software è di tipo artigianale, in mano a pochi
tecnici altamente specializzati, sia perché oggi si richiedono software sempre più complessi e
quindi costosi: oggi una riga di programma costa come un singolo pezzo della macchina. La
soluzione adottata è collegare i minicalcolatori ad una rete di trasmissione dati formata da diversi
computers riuniti tra di loro e collegati ai terminali che oggi sono indifferentemente terminali
veri e propri, minicalcolatori utenti della rete, strutture di calcolo, calcolatori con i propri
terminali, anche questi utenti della rete; si affitta l'uso della rete, la sua capacità di elaborazione e
soprattutto il numero di dati disponibili. L'utente al proprio terminale accede di volta in volta alla
risorsa di cui ha bisogno in quel momento purché sia in possesso del codice giusto. È l'inizio di
una nuova era i cui effetti si stanno già evidenziando, ma che presto ci travolgeranno come una
valanga. Le varie reti non potranno che essere sotto il controllo statale e quindi di fatto esisterà una rete
nazionale, pubblica, con alcune appendici private; le reti nazionali saranno collegate a loro volta
tra di loro in un gigantesco sistema che coprirà tutto il globo. Ogni utente sarà l'utente dell'intero
sistema e solo il suo codice stabilirà a quali e quante informazioni l'utente potrà accedere, se oltre
ad accedere alle informazioni potrà inviare dati, cancellarne di già registrati, cambiare
programmi, aggiungerne nuovi e/o cancellarne vecchi. Il codice è la chiave d'accesso alla rete e al
suo potere. Perché di potere si tratta dal momento che è gerarchia d'accesso alle informazioni,
possibilità o meno di manipolazione di queste, possibile controllo. Del resto la possibilità della
rete di accumulare informazioni ed elaborarne è praticamente infinita e oggi queste informazioni
possono in ogni momento essere dettagliate al massimo. La rete mondiale non è ovviamente la
realtà, è la strada su cui si sta muovendo la telematica, per nostra fortuna esistono ancora diversi
problemi sia tecnici che politici da risolvere, anche se io sono convinta che sia solo questione di
tempo. Tra le difficoltà di carattere tecnico le due più grosse riguardano la standardizzazione
dei
linguaggi (linguaggio uomo-macchina) e dei "protocolli" (il linguaggio che l'elaboratore centrale
usa con i terminali). Oggi esistono diversi linguaggi uomo-macchina più o meno generali e tanti
"protocolli" quante sono le ditte costruttrici. Una rete estesa richiede un protocollo unico o
perlomeno unificabile e un linguaggio semplice che chiunque possa usare. La soluzione che si sta
cercando è simile per i due problemi: un linguaggio semplice per tutti via via complicabile, un
"protocollo" unico per comunicare nella rete con livelli sempre più specifici e ristretti. Il
problema su cui si sta studiando di più è il linguaggio che ha dei risvolti più generali: da una
parte la ricerca di questo settore è molto avanzata, il nuovo linguaggio standard a diversi livelli di
complessità ha già un nome - "Utopia1984" - e dovrebbe essere pronto entro quell'anno, dall'altra
il problema del linguaggio investe ben altro, investe il nostro modo di ragionare, di porsi i
problemi, che viene delimitato, guidato dal simbolico, il linguaggio diviene il simbolico per
eccellenza, quello da cui discendono gli altri. Come non pensare che l'uso continuo di un
linguaggio adatto all'elaboratore, forgiato dai tecnici, reso sempre più povero e standardizzato
non finisca per condizionare anche il nostro modo di pensare? Se Orwell in 1984 aveva
acutamente posto il problema del linguaggio come controllo del pensiero, l'implicazione è ben
presente oggi agli occhi stessi dei tecnici, un esempio è un recente articolo di un esperto del
settore, prof. Dadda, dove si dice: "Non si può inoltre sottovalutare il fatto che i linguaggi di
programmazione, oltre allo scopo primario di produrre programmi per far funzionare i
calcolatori, sono diventati un veicolo per l'espressione di algoritmi, e che essi influenzano il
modo di ragionare intorno ai problemi in quanto definiscono e delimitano lo spazio astratto nel
quale formuliamo e diamo forma ai nostri pensieri". Questo è un punto centrale,
importante, di cui si rendono ben conto i tecnici: il linguaggio, specie
quello del calcolatore, semplice, logico, altamente strutturato può delimitare finanche il nostro
pensiero, e in questo senso l'affermazione di Roland Barthes del linguaggio come fascismo
diventerebbe vera, anzi questo sarebbe totalitarismo perché la trasgressione non sarebbe più
possibile, neppure con il pensiero, il nostro codice, il nostro simbolico prevederebbe solo certe
categorie di pensieri, di astrazioni, strettamente controllabili e manipolabili. Questa forse è solo una
visione fantascientifica, ma neppure poi tanto: il presente dimostra
l'avanzare del cambiamento verso questa direzione, il calcolatore ha iniziato la nuova era; se ne
rendono ben conto i tecnici dell'informatica che già chiamano questa l'era dell'informazione.
Dietro alle questioni puramente tecniche, dietro ai problemi squisitamente logici, per loro, esiste
anche una filosofia, un'ottica, una nuova "visione del mondo"; si rendono conto che il
cambiamento investe tutti i campi, che questa è una rivoluzione la cui portata è forse anche
più
ampia di quella della rivoluzione industriale, una rivoluzione che li sta portando sempre più ai
vertici del potere. Non fanno nemmeno tanto mistero di ciò che vogliono; il loro mondo è il
mondo meritocratico, in cui l'università è il veicolo della nuova aristocrazia, un mondo
senza
troppa fantasia, ordinato, controllato, di cui essi sono i nuovi sacerdoti. Per questo non sono
affatto d'accordo nel definire il calcolatore lo strumento del capitale, come invece sostiene parte
della critica marxista; il calcolatore non è lo strumento del capitale. Basterebbe già a confutare
questa teoria lo sviluppo e lo studio che esiste nei paesi "comunisti": il calcolatore è lo strumento
della tecnoburocrazia. Strumento principe in quanto permette cambiamenti radicali e velocissimi.
Oggi negli Stati Uniti esiste già un'etica del lavoro che è forse l'espressione più
compiuta della
nuova filosofia: 1) ognuno prende un salario giusto, corrispondente alla propria capacità; 2) ogni
lavoratore deve fedeltà alla ditta dove lavora; 3) i passaggi di livello si ottengono tramite corsi di
perfezionamento e conoscenze acquisite. E se è vero che noi siamo molto in ritardo, è anche vero
che basta scorrere le ultime piattaforme sindacali per accorgersi che stiamo battendo la stessa
strada. Ma non voglio dare l'impressione di fare un discorso legato al futuro più o meno possibile, alle
idee, alla filosofia che sottende: questo è anche un problema reale e presente, ancora più
pericoloso perché poco conosciuto. Le applicazioni della telematica sono già presenti nella
nostra vita di tutti i giorni e in misura
molto maggiore nei paesi più "avanzati" come Stati Uniti e Giappone. Dare anche solo una scorsa
a tutte le possibili applicazioni della telematica è del tutto impossibile (come sostiene un tecnico
"l'unico limite della telematica è la fantasia degli esseri umani") ma una visione anche parziale
può essere utile per far comprendere i termini del problema. Tra le applicazioni già pronte o in
via di realizzazione vi sono: la posta elettronica, l'automazione
delle biblioteche e delle librerie, trasmissioni giornali, informazioni su costi di merci, orari dei
mezzi di trasporti, prenotazioni di alberghi, informazioni statistiche di tutti i tipi. A prima vista
possono risultare cambiamenti poco rivoluzionari, ma immaginiamo solo cosa vuol dire:
l'automazione degli uffici diventa sempre più massiccia, l'uso di personale sempre più inutile:
c'è
bisogno forse di commesse e di negozi quando è possibile ordinare le merci direttamente tramite
video-terminale pagandole con la carta di credito? Servono forse edicole o librerie dove è
possibile avere i "fac-simili" (riproduzione di qualsiasi stampato) direttamente a casa? Servono
insegnanti dove è possibile standardizzare i programmi e riceverli direttamente dal video? E i
magazzinieri, i postini, gli impiegati, gli operai? Ma i cambiamenti maggiori si possono avere nei cosiddetti
"servizi sociali", dove si può
esplicare meglio il controllo. Controllare il mercato del lavoro e dell'istruzione, sapere dove va
una persona, cosa compra, che malattie ha. Un casellario giudiziario automatizzato dove si
possono far affluire tutti i dati su una persona, i più disparati, una scheda personale in cui la
storia della propria vita è presente nei minimi particolari: il sogno di tutte le polizie fatto realtà.
Un insieme di controlli dove non c'è più posto per l'individuo, nemmeno nel pensiero: forse chi
ha chiamato il nuovo linguaggio per elaboratore "Utopia 1984" è dotato di un senso
dell'umorismo fin troppo macabro. Rimane un quesito molto importante. Se l'era dell'informatica è l'era
della tecnoburocrazia, esiste
la possibilità di un uso diverso del calcolatore, di un uso delle tecniche di informazione anche in
una società libertaria? E ancora possiamo oggi pensare una società che non preveda l'uso dei
calcolatori o è ormai troppo tardi per tornare indietro e qualunque società futura dovrà
convivere
con questa tecnologia? Problemi forse insolubili. Il calcolatore è un mostro o solo l'uso del calcolatore
che stiamo facendo è mostruoso? U.K. Le
Guin, nel I reietti dell'altro pianeta, mostra l'uso ambiguo dell'informatica, il rischio sempre
presente in una tecnologia per definizione accentratrice. Ma forse oggi non è più possibile
altrimenti, dovremo vivere per sempre con il computer.
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