Eccoli, i porci, i maiali. Eccoli, i
pedofili, i seduttori o gli stupratori di bambini. Gente squallida,
da mettere alla berlina per esporla al pubblico ludibrio, e
poi da sbattere in galera buttando via la chiave. La caccia
allo zozzone è cominciata, la psicosi collettiva si è scatenata,
e ormai anche rivolgere un innocente sorriso a un bimbo per
strada ti fa guardare con sospetto dalla madre del frugoletto.
Pazienza: non sorrideremo più ai bambini.
Non passa settimana senza che un nuovo, squallido caso di abuso
sessuale ai danni di minori non venga annunciato dai telegiornali
e dai quotidiani, e analizzato, sviscerato, discusso, condannato
e stigmatizzato da autorevoli tuttologi (pardon: opinionisti),
filosofi, sociologi e preti di vario genere e natura dalle pagine
dei settimanali. E quando non è la storiaccia di violenza in
casa, fra parenti più meno stretti, nel degrado sociale, economico
e morale della povera gente, allora c'è di mezzo Internet. Se
si tratta di un facoltoso medico che va in Thailandia a cercare
ragazzini, o di un noto avvocato scoperto nudo in automobile
con una bambina, scava e trovi la Rete. E lì la fantasia del
cronista si lancia in arditi collegamenti fra la nequizia dei
soggetti e l'alta tecnologia: "Scoperta organizzazione internazionale
di pedofili: si tenevano in contatto con Internet", "Pedofili
olandesi e italiani si scambiavano materiale via Internet".
Mettici dentro Internet, e farai colpo. Che siano i pedofili,
gli squatter, gli anarchici bombaroli, i neonazisti, i mafiosi
o i produttori di droga, poco importa: se hai deciso di fare
un'inchiesta o anche solo un articolo di cronaca su di loro,
fai un accenno alla Rete e puoi star certo che il direttore
te lo passa. Racconti che hanno un sito Web (e se non è vero,
pazienza), o che si scrivevano via posta elettronica (e non
si capisce perché non racconti anche che si telefonavano), e
la magica parolina, "Internet", emerge. Se poi devi anche ricavarne
un servizio televisivo, fai passare immagini di monitor che
mostrano gli accessi ai soliti siti porno a pagamento. Fa molto
trendy, l'alta tecnologia. E attrae l'attenzione: il lettore
o lo spettatore medio non ne capiscono niente, e la vedono come
luogo virtuale (vai a sapere poi come se l'immaginano, questo
"luogo virtuale") affollato da maniaci sessuali e terroristi,
dove basta poco per trovare foto pornografiche con bambini e
animali oppure istruzioni per costruirsi una bomba atomica in
casa. Buffo, però. Quando i pedofili si scambiavano le fotografie
con la posta tradizionale, oppure incontrandosi in qualche locale,
ai giornalisti non veniva in mente di ricordare il mezzo di
trasmissione. Troppo banale, forse, troppo scontato. La Rete
invece evoca la difficoltà del computer, strumento ostico, alla
portata della comprensione di pochi, quindi di gente che necessariamente
dev'essere strana, e chissà poi con che deviazioni sessuali,
o con quali pericolose idee politiche. Risultato: una mia studentessa
diciassettenne mi ha detto di aver chiesto ai propri genitori
di concederle un abbonamento a Internet, ma le è stato rifiutato
"perché non sei abbastanza matura per queste cose."
Ebbene, è un fatto che, come tutti gli strumenti di comunicazione,
anche Internet si presta a essere usata per ogni genere di fine,
lecito o illecito che sia. E' un fatto pure che più della metà
del traffico totale è provocato dall'accesso a siti che offrono
materiale pornografico. Ed è un fatto, infine, che basta andare
a frugare fra i gruppi di discussione della gerarchia alt.erotica.binaries.*
per trovare immagini da far apparire quelle de Le Ore
roba da educande. Ma è altrettanto vero che il contatto con
i pedofili telematici non è più semplice di quello con i pedofili
comuni: se non hai un amico pedofilo che ti faccia entrare nel
giro, col cavolo che trovi le foto porno con i bambini. Mica
basta un motore di ricerca. Inoltre i siti Web pornografici
sono a pagamento, e se non gli molli il numero di carta di credito
ti fanno vedere giusto un paio di tette (e per tanto così basta
comprare L'Espresso o Panorama), o foto più esplicite
ma strategicamente censurate nei punti critici. E sempre solo
roba con adulti, comunque. Infine, chi pubblica nei newsgroup
le foto della moglie che se la fa con il cane è facilmente rintracciabile,
anche se si nasconde dietro pseudonimi e indirizzi fittizi,
e certo non rischia di esporsi pubblicamente con materiale illegale
come le foto con i bambini.
Del resto, mica per niente esiste la polizia telematica. Un
braccio del Ministero dell'Interno nuovo di zecca, studiato
apposta per ravanare nella Rete alla ricerca dei delinquenti.
Cosa ciò significhi non è chiaro. Penetrazione nei siti dei
pedofili con tecniche da hacker? Oppure semplici indagini compiute
magari con l'ausilio di infiltrati? Resta il fatto che sapere
che qualcuno veglia sul rispetto della legge in Internet dà
un senso di tranquillità. Pedofili e bombaroli, siete fregati:
i paladini della giustizia telematica non vi lasceranno scampo,
per la gioia di cronisti e lettori sprovveduti. Che poi, si
sa, con il tempo la polizia telematica può sempre tornare utile
per fare anche altre cose. Ma questa è tutta un'altra storia.
Marco Cagnotti
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