rivista anarchica
anno 28 n.250
dicembre 1998 / gennaio 1999



a cura di Marco Cagnotti (cagnotti@venus.it)

 

Porci!

 

Eccoli, i porci, i maiali. Eccoli, i pedofili, i seduttori o gli stupratori di bambini. Gente squallida, da mettere alla berlina per esporla al pubblico ludibrio, e poi da sbattere in galera buttando via la chiave. La caccia allo zozzone è cominciata, la psicosi collettiva si è scatenata, e ormai anche rivolgere un innocente sorriso a un bimbo per strada ti fa guardare con sospetto dalla madre del frugoletto. Pazienza: non sorrideremo più ai bambini.
Non passa settimana senza che un nuovo, squallido caso di abuso sessuale ai danni di minori non venga annunciato dai telegiornali e dai quotidiani, e analizzato, sviscerato, discusso, condannato e stigmatizzato da autorevoli tuttologi (pardon: opinionisti), filosofi, sociologi e preti di vario genere e natura dalle pagine dei settimanali. E quando non è la storiaccia di violenza in casa, fra parenti più meno stretti, nel degrado sociale, economico e morale della povera gente, allora c'è di mezzo Internet. Se si tratta di un facoltoso medico che va in Thailandia a cercare ragazzini, o di un noto avvocato scoperto nudo in automobile con una bambina, scava e trovi la Rete. E lì la fantasia del cronista si lancia in arditi collegamenti fra la nequizia dei soggetti e l'alta tecnologia: "Scoperta organizzazione internazionale di pedofili: si tenevano in contatto con Internet", "Pedofili olandesi e italiani si scambiavano materiale via Internet".
Mettici dentro Internet, e farai colpo. Che siano i pedofili, gli squatter, gli anarchici bombaroli, i neonazisti, i mafiosi o i produttori di droga, poco importa: se hai deciso di fare un'inchiesta o anche solo un articolo di cronaca su di loro, fai un accenno alla Rete e puoi star certo che il direttore te lo passa. Racconti che hanno un sito Web (e se non è vero, pazienza), o che si scrivevano via posta elettronica (e non si capisce perché non racconti anche che si telefonavano), e la magica parolina, "Internet", emerge. Se poi devi anche ricavarne un servizio televisivo, fai passare immagini di monitor che mostrano gli accessi ai soliti siti porno a pagamento. Fa molto trendy, l'alta tecnologia. E attrae l'attenzione: il lettore o lo spettatore medio non ne capiscono niente, e la vedono come luogo virtuale (vai a sapere poi come se l'immaginano, questo "luogo virtuale") affollato da maniaci sessuali e terroristi, dove basta poco per trovare foto pornografiche con bambini e animali oppure istruzioni per costruirsi una bomba atomica in casa. Buffo, però. Quando i pedofili si scambiavano le fotografie con la posta tradizionale, oppure incontrandosi in qualche locale, ai giornalisti non veniva in mente di ricordare il mezzo di trasmissione. Troppo banale, forse, troppo scontato. La Rete invece evoca la difficoltà del computer, strumento ostico, alla portata della comprensione di pochi, quindi di gente che necessariamente dev'essere strana, e chissà poi con che deviazioni sessuali, o con quali pericolose idee politiche. Risultato: una mia studentessa diciassettenne mi ha detto di aver chiesto ai propri genitori di concederle un abbonamento a Internet, ma le è stato rifiutato "perché non sei abbastanza matura per queste cose."
Ebbene, è un fatto che, come tutti gli strumenti di comunicazione, anche Internet si presta a essere usata per ogni genere di fine, lecito o illecito che sia. E' un fatto pure che più della metà del traffico totale è provocato dall'accesso a siti che offrono materiale pornografico. Ed è un fatto, infine, che basta andare a frugare fra i gruppi di discussione della gerarchia alt.erotica.binaries.* per trovare immagini da far apparire quelle de Le Ore roba da educande. Ma è altrettanto vero che il contatto con i pedofili telematici non è più semplice di quello con i pedofili comuni: se non hai un amico pedofilo che ti faccia entrare nel giro, col cavolo che trovi le foto porno con i bambini. Mica basta un motore di ricerca. Inoltre i siti Web pornografici sono a pagamento, e se non gli molli il numero di carta di credito ti fanno vedere giusto un paio di tette (e per tanto così basta comprare L'Espresso o Panorama), o foto più esplicite ma strategicamente censurate nei punti critici. E sempre solo roba con adulti, comunque. Infine, chi pubblica nei newsgroup le foto della moglie che se la fa con il cane è facilmente rintracciabile, anche se si nasconde dietro pseudonimi e indirizzi fittizi, e certo non rischia di esporsi pubblicamente con materiale illegale come le foto con i bambini.
Del resto, mica per niente esiste la polizia telematica. Un braccio del Ministero dell'Interno nuovo di zecca, studiato apposta per ravanare nella Rete alla ricerca dei delinquenti. Cosa ciò significhi non è chiaro. Penetrazione nei siti dei pedofili con tecniche da hacker? Oppure semplici indagini compiute magari con l'ausilio di infiltrati? Resta il fatto che sapere che qualcuno veglia sul rispetto della legge in Internet dà un senso di tranquillità. Pedofili e bombaroli, siete fregati: i paladini della giustizia telematica non vi lasceranno scampo, per la gioia di cronisti e lettori sprovveduti. Che poi, si sa, con il tempo la polizia telematica può sempre tornare utile per fare anche altre cose. Ma questa è tutta un'altra storia.

Marco Cagnotti