Agricoltura, memoria contadina, critica al consumo.
di Enrico Ranieri
La Monsanto è, tra le imprese multinazionali del
settore chimico/sementiero, una delle più avanzate nella
ricerca e nelle applicazioni di biotecnologie.
Di recente ha fatto pubblicare alcune inserzioni sui giornali
USA di agricoltura, in cui minaccia ritorsioni legali, con relative
multe, nei confronti degli agricoltori che, avendo acquistato
semi modificate geneticamente da lei prodotte, conservino parte
del raccolto per riseminarlo l’anno successivo, o che cedano
parte delle stesse ad altri agricoltori.
Introducendo criteri di "sterilità contrattuale"
e di "sterilità giuridica" nelle sementi, conseguenza
del fatto che le sementi biotecnologiche sono protette da brevetti
(Le Monde Diplomatique n° Dic. pag. 21).
Questo fatto, apparentemente settoriale e tecnico/giuridico,
è rappresentativo del salto di qualità che si
è realizzato nel controllo capitalista, e statuale, sulla
materia vivente, sulla natura tutta.
È il corollario alle motivazioni profonde della ricerca
biotecnologica: trasformare in merce il vivente, modificandolo
con caratteristiche interessanti solo per le imprese produttrici,
imponendo l’arbitrio della proprietà intellettuale.
Tutta la ricerca degli ultimi cent’anni nel settore delle
produzioni agricole, fatta dalle imprese chimico/sementiere,
ha come scopo di occupare la nicchia della riproduzione e questo
si ottiene sterilizzando i semi delle rese agricole e, aspetto
attuale, modificandole geneticamente per renderle compatibili
ai pesticidi prodotti dalle singole imprese.
Infatti sul terreno pratico il terrorismo legale della Monsanto
ha poco senso: le semi biotecnologiche sono produttive solo
per la prima semina e raramente, se riseminate quelle presenti
nelle rese, producono qualcosa negli anni successivi. Ma tant’è,
hanno voluto evidenziare la loro vittoria nei confronti degli
agricoltori e consumatori (non si conoscono gli effetti delle
sementi modificate sulla salute umana e sull’ambiente).
Sterilità e copyright delle sementi modificano ulteriormente
il rapporto atavico, contadino, della produzione agricola, il
conservarsi la seme per ripiantarla, rapporto già duramente
scosso su grande scala dalla comparsa delle semi ibride (sterili
di fatto anch’esse), nel periodo della "Rivoluzione Verde",
iniziata negli anni ’50.
Contribuendo alla perdita di autonomia ed identità
dei contadini e dei loro saperi. Alla scomparsa di specie e
varietà vegetali ed animali non interessanti industrialmente.
Non solo. Come è stato fatto osservare da tempo e
da più parti, la ricchezza di varietà e specie
di cui dispone il pianeta è da una parte il prodotto
dell’evoluzione della natura selvaggia, e dall’altra il risultato
del lavoro di selezione/adattamento prodotto in migliaia di
anni dai contadini di tutto il mondo ed in particolare di quelli
del sud, che operano in zone in cui la variabilità biologica
è maggiore.
Si ha, quindi, che il "materiale biologico" originario
è alla mercé di saccheggiatori industriali ed
i risultati di laboratorio sono di loro proprietà! Per
i secoli a venire!
Quanto avviene nella ricerca biogenetica rende visibile,
al peggio, quanto succede in generale.
Tutte le innovazioni scientifiche attuali sono il risultato
del lavoro di ricerca accumulato nello spazio e nel tempo. Lavoro
scientifico e pratico di generazioni che, soprattutto nell’epoca
dell’interdipendenza planetaria e della comunicazione generalizzata,
è merito dell’intero genere umano e patrimonio della
collettività.
Il capitale, attraverso il monopolio delle tecnologie, saccheggia
questo patrimonio, addirittura non pagando una lira. Incrementando
il suo sovrapporsi alla natura, fatto di dominio e sfruttamento,
allargando le subalternità di individui, di genere, di
classi e popoli.
Il capitale e lo stato, visto che la maggior parte della
ricerca nei diversi campi (almeno quella di base), viene fatta
con soldi pubblici.
Il copyright è uno dei paradigmi della civiltà
capitalistica/industriale che vanno demoliti!
Altri paradigmi sono la crescita illimitata, impossibile
anche in teoria, con risultati disastrosi nella pratica (inquinamento,
distruzione di risorse, dominio e così via), ed il passaggio
dal produrre e consumare per vivere al produrre per produrre
e consumare per consumare, creando sempre di più tossicodipendenza
da merci. Produrre e consumare che non sono solo interdipendenti
ma scambiabili. Anche in negativo: chi produce merce consuma
comunque se stesso, chi consuma merce produce comunque alienazione,
per sé e per gli altri.
Siamo tutti consumatori non esistendo "isole"
in cui non arrivano merci.
Certo è diverso il grado di consumo, e si sta allargando
la critica al consumismo. Vanno organizzate giornate contro
il consumo, di denuncia delle imprese più infami nello
sfruttamento e dominio.
È desiderabile, e possibile, orientare criteri ed
iniziative anche nel resto dell’anno.
Il mondo contadino, fatto di autosufficienza e saperi, ma
anche di dominio selvaggio, nei secoli, da parte degli sfruttatori
(nobiltà, clero, latifondisti, stato, banche, commercianti,
aziende chimiche e consorterie varie), come "mondo"
non esiste più.
Esistono pezzi di saperi, brandelli di culture e colture
che vanno ripresi, analizzati criticamente e valorizzati lungo
il percorso di liberazione.
Liberazione che per essere tale non può prescindere
dalle relazioni, consapevoli, con le altre specie viventi e
con il pianeta nel suo insieme. Liberazione come rifiuto dell’alienazione
tecnocratica, rimettendo al centro l’individuo, e l’etica nelle
relazioni collettive, sapendo che a fianco delle possibili ecologie
urbane, di agrosistemi, della natura selvatica dobbiamo valorizzare
un ’ecologia della mente.
Nelle metropoli e nelle realtà rurali.
Questo è possibile incrementando la quantità,
e la qualità, di autogestione, sia nel conflitto sociale
che nei progetti di autoproduzione.
Noi, nelle realtà rurali, abbiamo individuato nel
collegamento tra le realtà esistenti, e resistenti, la
possibilità di segnare questa nostra epoca. Collegamento
a partire da elementi materiali: formazione ed informazione,
scambio dei prodotti in eccedenza, mutuo appoggio nelle attività
definendo calendari ed appuntamenti, reperimento e distribuzione
di sementi biologiche sia rustiche che selvatiche, ricerca ed
utilizzo di tecnologie appropriate. In altri termini: collegando
situazioni spesso diverse (c’è chi occupa terre di proprietà
pubblica o privata, chi è proprietario di piccoli appezzamenti,
chi è coltivatore diretto con P. IVA, chi è anche
nel biologico ufficiale, chi autocertifica i propri prodotti,
chi è uno o più nuclei familiari, chi vive in
una comune o in una collettività e così via nelle
differenti tipologie ) attraverso attività di agenzia,
in grado di affrontare le difficoltà dove le singole
situazioni non sarebbero in grado.
Introducendo costantemente criteri che ci facciano crescere
insieme come: estensione del valore d’uso, integrazione tra
lavoro manuale ed intellettuale, rottura del monopolio del sapere
e degli specialismi, rottura della gestione autoritaria della
differenza sessuale, negazione radicale delle gerarchie… dall’ottimizzare
il rapporto con i rifiuti alla formazione di una sfera pubblica
non statale.
Dette così sono solo "parole chiave" che,
comunque, cerchiamo di far vivere quotidianamente.
Abbiamo individuato nello scambio di prodotti con le realtà
metropolitane un ulteriore elemento di collegamento, anche sociale
e di conoscenza, fondamentale. Valorizzando l’accoglienza e
la convivialità come elementi forti.
Operando per crescere di scala, collegandoci dal locale
al bioregionale, all’internazionale.
Collegandoci sia negli aspetti progettuali, sia nelle lotte
possibili ed auspicabili, contro le imprese come la Monsanto
ad esempio. Contro il copyright.
Da tempo la rete dell’autogestione, sia rurale che urbana,
si sta collegando attraverso fiere locali e nazionali e materiali
scritti, attraverso incontri e scadenze sia a tema che generali.
Siamo solo all’inizio di un’attività che vuole confrontarsi
con le scelte individuali nel rurale, con la composizione sociale
extrametropolitana, con le realtà antagoniste e progettuali
presenti nelle metropoli, individuando insieme i passaggi teorico/pratici
nei percorsi libertari di emancipazione.
Sapendo di essere un tassello, tra gli altri possibili in
questi percorsi fatti di federalismo, azione diretta ed autogestione.
Enrico Ranieri, Bakunino,
di ALIAS
Autogestione in Svizzera
di Peter Schrembs
Lo ammetto: negli ultimi mesi ho cercato di chiudere gli occhi
di fronte a una realtà che non si può più
ignorare. In Svizzera, dopo un periodo caratterizzato da un
fiorire di iniziative e proposte, il movimento autogestionario
sta conoscendo una battuta d’arresto. Non che le realtà
autogestite stiano scomparendo, anzi: i centri sociali come
Espace autogéré, i Mulini o Espace Noir
sono vivi e vegeti, le imprese autogestite funzionano, le aziende
di servizio come la cassa pensione Abendroth e la Banca Alternativa
(che però non è autogestita) prosperano. È
vero che la Banca del tempo di Lugano ha chiuso (provvisoriamente)
i battenti, ma iniziative analoghe come "Lo scambio di
favori" funzionano invece benissimo. Non è quindi
una crisi dell’esistente, bensì una crisi del divenire.
Manca la proliferazione di nuove iniziative, il dibattito stagna,
non si intravedono prospettive di più ampia portata.
Che cos’è successo? Prima di tutto, c’è stata
in Svizzera una sostanziale ristrutturazione della gestione
della disoccupazione. Si tratta di un fatto importante, perché
anche se sarebbe del tutto fuorviante vedere nell’autogestione
prevalentemente una misura di ripiego contro la disoccupazione,
è pur vero che una parte delle iniziative autogestionarie
(segnatamente di ispirazione istituzionale o sindacale) sono
andate sviluppandosi in relazione alla crisi del pieno impiego.
Le successive revisioni della legge sull’assicurazione contro
la disoccupazione (attestatasi a un livello inferiore del 3%),
hanno determinato il privilegio di programmi di riqualificazione
miranti a ristabilire l’idoneità al collocamento nel
quadro del mercato del lavoro tradizionale. Le istituzioni che
si fanno carico della gestione di tali programmi hanno decisamente
abbandonato le timide aperture dell’inizio degli anni ‘90 verso
le esperienze autogestionarie per spartirsi il nuovo mercato
dei programmi occupazionali finanziati dall’ente pubblico. Nessuna
meraviglia, è chiaro, ma una conferma in più della
scarsa sedimentazione politica del discorso autogestionario
tra le istituzioni di matrice socialista anche laddove queste
se ne fanno promotrici. È interessante constatare come
spesso si verifica un parallelismo abbastanza evidente tra la
struttura interna e l’orientamento della politica sociale di
queste istituzioni: infatti, la scomparsa dell’impegno autogestionario
è generalmente affiancato da fenomeni di riorientamento
aziendale con l’introduzione di criteri meritocratici, il consolidamento
delle gerarchie, il predominio dei valori di marketing sociale,
la subordinazione alle esigenze del mercato. Ma anche nel mondo
del lavoro negli ultimi due o tre anni si sono verificati importanti
mutamenti. Da un lato, l’aumento del costo della vita soprattutto
in seguito alla costante erosione delle prestazioni sociali
indirette sta minando alla base il lavoro precario antagonista
creando una necessità di reddito non più compatibile
con prestazioni autodeterminate. In altre parole, non si riesce
più, o sempre più a fatica, ad avviare o gestire
un’attività economica sottratta agli imperativi del mercato
poiché ci si trova confrontati a dover assumere una tale
somma di costi fissi da vanificare qualsiasi tentativo in quel
senso. È vero che probabilmente non sono ancora state
esplorate fino in fondo dal movimento autogestionario tutte
le opportunità di finanziamento previste dalle leggi
di rilancio economico e di promozione dell’occupazione (sgravi
fiscali e degli oneri sociali ecc.): tuttavia l’impostazione
di tali misure è decisamente orientata alla promozione
dell’imprenditorialità in condizioni di mercato, dove
i margini di autonomia per un progetto autogestionario sono
davvero troppo esili. Non a caso, tutto il dibattito sugli sgravi
fiscali per il lavoro autonomo passa sotto il cappello della
"politica a favore dei ceti medi". Sul piano teorico,
l’attenzione per il discorso autogestionario risulta compromessa
dal prepotente emergere di istanze di mera conservazione sociale
(uso volontariamente un termine provocatorio perché spero
che su queste cose s’inneschi un dibattito) quali il reddito
minimo garantito, il salario di cittadinanza, la riduzione della
durata del lavoro, l’adozione di strategie per una nuova ripartizione
del lavoro, la tassa sui redditi da capitale, la tassa sui movimenti
di capitale speculativi ecc. La mia tesi è: la sottrazione
di plusvalore tende a spostarsi sempre di più dalla produzione
ai consumi nella misura in cui il consumo stesso diventa produzione.
La fabbrica del domani (e in parte già dell’oggi) è
il parco divertimenti, e il tempo libero è il nuovo tempo
di lavoro. La produttività si misura in termini di adempimento
delle aspettative di consumo. In quest’ottica, il salario di
cittadinanza per esempio, uno dei pezzi forti della nuova strategia
di conservazione "socialista" del sistema esistente,
costituisce un tassello decisivo per l’affermazione di quella
che in fondo e con grande lungimiranza già da decenni
qualcuno chiamava la "civiltà dei consumi".
Il problema del salario di cittadinanza, visto in una prospettiva
autogestionaria, è di duplice natura. Da un lato, per
poter essere ridistribuito, questo reddito va creato e ovviamente
prelevato con strumenti fiscali. Il funzionamento del sistema
ha quindi come presupposto che la macchina capitalistica giri
liscia come l’olio, ossia che nulla freni l’accumulo di capitale
necessario alla sua "ridistribuzione". Il significato
di questo meccanismo in termini di creazione di bisogni, stimolazione
di consumi, consumo di risorse, sprechi e predominio assoluto
della logica di massimizzazione dei profitti è ancora
da indagare, ma i contorni si delineano comunque terrificanti.
Dall’altro lato, il sistema di ridistribuzione del reddito si
basa sul più totale asservimento allo stato, che si fa
così garante del diritto sociale al consumo alle condizioni
di mercificazione imposte dal capitale. Anche se i modelli si
differenziano ancora per qualche particolare (verrà richiesta
l’erogazione di lavoro "volontario" in cambio dell’assegno
sociale?), è tuttavia evidente fin d’ora che con questo
strumento in mano dovremo fare i conti con uno stato davvero
onnipotente. Su questi temi credo che il dibattito all’interno
del movimento autogestionario presenti ancora ampi spazi scoperti.
È vero che tutto ciò può sembrare molto
astratto, ma io credo che i riflessi dell’affermazione del programma
"conservatore" socialista stiano già lasciando
qualche segno negativo sul concreto sviluppo delle esperienze
autogestionarie in Svizzera.
Peter Schrembs
FMB Federazione Municipale di Base di San Lorenzo
del Vallo
San Lorenzo del Vallo (CS) é un paese di circa 3.600
abitanti con un’economia prevalentemente agricola. Chi possiede
degli appezzamenti di terreno riesce anche a vivere del proprio
lavoro coltivandoli ad agrumeti, pescheti, uliveti, vigneti,
mentre chi possiede solo le proprie braccia vive soprattutto
di lavoro in nero nei campi dei grandi proprietari terrieri,
nelle piccole strutture ortofrutticole, di trasformazione e
commerciali dei prodotti, dei paesi limitrofi, nonché
del lavoro sempre in nero che si svolge nel settore dell’edilizia.
Gli altri settori, discretamente sviluppati, risultano quello
del commercio e quello dell’artigianato. Resta da sottolineare
la nascita negli ultimi anni di alcune attività professionali.
La disoccupazione supera il 30%.
La FMB si è costituita in San Lorenzo del Vallo nel
giugno l998, per opera di alcuni cittadini, già impegnati
politicamente e socialmente, quale proposta comunalista autogestionaria
protesa a dare vita ad una struttura di reale contropotere col
fine di stimolare la comunità, attraverso una metodologia
di base, verso la prospettiva dell’autogoverno municipale, aggregando
studenti, disoccupati, lavoratori, impiegati. La FMB si caratterizza
in momenti di lotta rivendicativa ed in momenti di sperimentalismo
autogestionario per un’alternativa sociale e per l’autogoverno
municipale.
Dalla sua costituzione ad oggi la FMB di San Lorenzo del
Vallo si è interessata di svariate problematiche comunitarie
stimolando nel paese dibattito e prese di posizione pubblica
con convegni, mostre e comizi su tematiche, quali: difesa ambientale,
recupero del centro storico, associazionismo, comprensorio,
lavoro.
Le radici storiche, remote e non, di San Lorenzo del Vallo
affondano senza dubbio nel Castello: un antico monumento che
si presume medioevale, e dunque preesistente di qualche secolo
all’arrivo dei profughi albanesi giunti nella seconda metà
del XV secolo nella vicina Spezzano ed in altre zone dell’Italia
meridionale.
Le iniziative della FMB che hanno di più stimolato
dibattito nell’opinione pubblica sanlorenzana sono proprio quelle
legate alla "Questione Castello". Una questione annosa
che risale agli anni ’60, quando la baronessa (moglie del barone
Longo da tempo deceduto), cede per finalità culturali
il Castello all’UNLA (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo).
Nel 1995 per mezzo di un decreto di espropriazione dell’amministrazione
comunale, dietro pagamento di £ 250.000.000 a favore della ditta
proprietaria UNLA e di £ 30.000.000 a favore del colono, il
castello passa di proprietà al Comune.
Però, sia quando il Castello era nelle mani dell’UNLA
e sia oggi che è proprietà pubblica, nonostante
sulla carta risultasse allora come uno strumento di cui servirsene
per promuovere cultura ed oggi un bene collettivo, in effetti
l’uso dello stesso, chiuso al pubblico oggi come allora, è
alla mercé di un privato (parente fra l’altro di un amministratore
comunale) che autoproclamatosi custode del Castello, senza mostrare
nessun documento che ne attesti il titolo, detiene la chiave
rivendicando presunti diritti di indennità dall’UNLA.
La Federazione Municipale di Base, non appena costituitasi
denunciò pubblicamente la "Questione Castello"
con una campagna di sensibilizzazione protesa al recupero dello
stesso, quale bene culturale pubblico, e proponendosi altresì
che lo stesso venisse restaurato per tali finalità (dato
che si parla di uno stanziamento di fondi in merito) e dato
in uso ad una cooperativa autogestita di giovani con il duplice
scopo di alleviare il tasso di disoccupazione che impera in
loco e di offrire alle associazioni del luogo spazi liberi dove
poter svolgere le manifestazioni culturali. Alla controinformazione
della FMB ben presto si associano l’Associazione Culturale "‘A
fajidda" e altre associazioni con interessanti iniziative
davanti al piazzale del Castello (mostre di artisti locali,
canti popolari, dibattiti pubblici), promuovendo la costituzione
di un Comitato Civico pro-castello.
Gli amministratori, appellandosi ad una dicitura contenuta
nel decreto comunale di espropriazione, laddove si legge che
il Castello "deve essere lasciato libero da persone e da
cose", affidano la risoluzione del caso ad una logica meramente
giuridica scaricando le colpe del non uso pubblico del Castello
su inadempienze contrattuali dell’UNLA. Comunque, grazie alla
controinformazione del Comitato Civico pro-castello, a ritenere
fondata la controversia giuridica sono veramente in pochini
mentre in molti in realtà si chiedono: quando il comune
spese alcuni anni fa un miliardo e più di stanziamento
per il primo restauro del Castello, come fece ad avere la chiave
per poter espletare i lavori? Gli fu data in piena serenità
dal parente-"custode" dell’assessore comunale? Se
così fu, perché oggi la stessa chiave gli amministratori
non gliela chiedono per mettere il Castello a disposizione della
comunità come le associazioni culturali rivendicano?
Si intende forse coprire gli interessi del parente-"custode"
a danno della collettività in attesa della spesa dell’attuale
nuovo stanziamento di fondi? Non è che l’ormai famosa
formula del Castello che "deve essere lasciato libero da
persone e da cose", contenuta nel decreto comunale di espropriazione
e riferita dal sindaco alle associazioni, è stata coniata
ad hoc per sancire un’alquanto strana intesa tra amministrazione
comunale e il "di Lei" parente/custode?
Intanto la comunità attende di appropriarsi del suo
bene pubblico: ma fino a quando? I cittadini e il Comitato Civico
pro-castello con ulteriori iniziative in programma promettono:
"Non molto. Vogliamo i fatti e per fatti intendiamo che
da qui a non molto troveremo il modo di appropriarci di ciò
che è di tutti, ovvero del Castello".
Federazione Municipale di Base
di San Lorenzo del Vallo
Fiera dell’Autogestione
del Nord Ovest
Carrù (CN) 23 24 25 luglio
Venerdì 23
Presentazione dell’iniziativa
La "grammatica" dell’autogestione
Intervento di Maria Matteo
Sabato 24 mattina e pomeriggio
La pratica dell’autogestione: esperienze e percorsi a
confronto
Interverranno:
La Comune Urupia: "Un’esperienza di autogestione
nel Salento"
Peter Schrembs: "L’autogestione in Svizzera"
L’école Bonaventure: "La pedagogia libertaria
in una scuola gratuita e autogestita in Francia"
Alias: "Cooperazione e mutuo appoggio tra realtà
rurali ed urbane nel Lazio sud orientale"
Domenico Liguori: "La Federazione Municipale di Base
di Spezzano Albanese", una realtà municipalista
in Calabria
Rete per l’autogestione: percorsi e prospettive
Domenica 25 mattina
L’autogestione in rete
Gruppi di lavoro su:
Cooperazione sociale e mutualismo
Ipotesi di creazione di un collegamento tra realtà
liguri e piemontesi
Scambio di idee, conoscenze, prodotti
Domenica 25 pomeriggio
Assemblea generale
Sono previsti spazi per i bambini e animazione a cura
di gruppi locali, cucina ligure e piemontese, teatro di
strada, buon vino, spettacoli musicali e spazi per l’esposizione
dei prodotti e delle idee del popolo dell’autogestione.
Organizzano: Collettivo "B.Vanzetti" - Saluzzo;
FAI di Cuneo; Circolo Arci "Beniamino" - Carrù;
Federazione Anarchica Torinese - FAI; Gruppo "P.Gori"
- FAI di Savona; Gruppo Sciarpanera Alessandria; FAI di
Chiavari; Gruppo "Grassini" - FAI di Genova;
FAI di Alessandria
Per info: 0175 79293 (Lele); 0338 6594361 (Maria)
Collettivo "B.Vanzetti" - Saluzzo -
c/o Lele Odiardo e Pia Chiapella
tel. 0175/79293
e- mail: yarince@sa.newsoft.it
Federazione Anarchica Cuneese
c/o Antonio Lombardo
tel. 0173/52541
Circolo Arci "Beniamino" - Carrù -
Via Cavour, 5 tel. 0173/750941
Federazione Anarchica Torinese
C.so Palermo 46 10152 Torino
tel/fax 011 857850; cellulare 0338 6594361
E mail fat@inrete.it
FAI Savona "P.Gori"
C.P. 22 17100 SV
Gruppo Sciarpanera Alessandria
C/o Cà Spallona 11
15049 Vignale Monferrato (AL)
Tel. 0142 926319
FAI di Chiavari
Gruppo "Grassini" - FAI di Genova
piazza Embriaci 5, Genova
Tel. 010 2463295; 0339 4588184 (Guido)
|
La
Fiera dell’Autogestione del Nord-Ovest Carrù
Si svolgerà a Carrù il 23, 24 e 25 luglio prossimi
la prima Fiera dell’autogestione del Nord-Ovest organizzata
da realtà libertarie di Piemonte e Liguria.
Dal 1994 ha luogo una analoga iniziativa annuale su base
nazionale che raduna un vasto arcipelago di gruppi, associazioni,
centri sociali, individualità che hanno come scopo principale
la pratica autogestionaria ed egualitaria nei settori dell’agricoltura
biologica, artigianato, produzione artistica o più in
generale dell’agire sociale. Queste realtà si riconoscono
in alcuni principi che vogliono essere, da un lato, il tentativo
di definire chiaramente cosa si intende per autogestione, dall’altro,
modalità concrete di sperimentazione di percorsi alternativi
all’idea dominante di "produzione-mercato-consumo".
Sono stati individuati tre punti essenziali:
Le realtà autogestite, siano esse agricole, artigianali,
culturali, di servizi, sociali, politiche o quant’altro, fondano
le proprie decisioni ed azioni su base assembleare ed egualitaria,
rifiutando conseguentemente ogni tipo di rapporto gerarchico
e di sfruttamento.
Le realtà autogestite effettuano la distribuzione
delle risorse disponibili in maniera egualitaria e solidale.
Ogni attività autogestita tende all’integrazione tra
lavoro manuale e lavoro intellettuale, in sintonia con la necessità
della rotazione degli incarichi e con il rifiuto della delega.
In caso di produzioni alimentari e non, queste devono essere
ottenute con tecniche che riducano al minimo l’impatto con l’ecosistema
naturale e non comportino conseguenze negative per il benessere
psicofisico tanto dei fruitori quanto di coloro che sono coinvolti
nella produzione, ponendosi, comunque, al di fuori di una logica
classista di esclusione.
Riteniamo che anche nelle province del nord-ovest esistano
delle forme di autogestione le quali, pur partendo da motivazioni
politiche e ideali diverse tra loro, agiscono secondo principi
mutualistici e di solidarietà. Una tendenza contro le
logiche di sfruttamento capitalistico e di aggressione ambientale,
nella tensione alla trasformazione sociale dell’esistente contro
i vincoli istituzionali e di potere.
L’intento dei promotori della Fiera del Nord-Ovest è
quello di creare un momento di incontro, riflessione e scambio
di esperienze e prodotti a livello locale: le tre giornate si
articoleranno attraverso dibattiti, lavori di gruppo, mostre,
musica, animazione di strada e altro ancora. L’iniziativa potrebbe
gettare le basi per un ulteriore passo in avanti nel tentativo
di creare un coordinamento tra le varie situazioni autogestite
e di iniziare anche nelle nostre provincie una discussione costruttiva
su tematiche condivise.
Invitiamo pertanto tutti coloro che sono a vario titolo,
nei più diversi settori, impegnati sul terreno dell’autogestione
a prendere contatto per segnalare la loro attività ed
eventualmente la disponibilità a collaborare alla realizzazione
della Fiera.
Federazione Municipale di Base di Spezzano Albanese
IMPEGNO E PROPOSTE
• Attività svolta
La FMB insieme a larghi settori della comunità
attraverso conferenze, convegni, assemblee pubbliche, comizi,
mostre, manifesti e il foglio Comunic/Azione municipalista
si è resa promotrice delle seguenti iniziative di lotta:
Ci siamo opposti alla privatizzazione della Nettezza Urbana
ed al licenziamento dei prestatori d’opera con proposte alternative
che guardavano ad una gestione cooperativistica del servizio
da parte degli stessi prestatori d’opera
Abbiamo avanzato sulla gestione dei servizi proposte consorziali
cooperativistiche alle quattro comunità del comprensorio.
Abbiamo avanzato proposte in merito alla variante PRG (l’urbanizzazione
a compasso) che andavano verso il recupero del centro storico,
verso l’edilizia popolare, verso un’urbanizzazione a misura
d’uomo fuori da logiche speculative, verso la difesa dell’ambiente.
Siamo stati i promotori della controinformazione sul tunnel
decoinbentazione amianto ed abbiamo attivamente partecipato
alle lotte del Comitato Cittadino che hanno impedito la costruzione
del tunnel della morte.
Abbiamo controinformato i cittadini sul dissesto delle casse
comunali.
Abbiamo redatto un dossier sulla questione Terme ed avanzato
proposte di risoluzione del problema. Abbiamo rivolto una
lettera aperta agli amministratori su tutte le problematiche
territoriali (lavoro, servizi, associazionismo, Terme, Centro
Storico, ecc.).
• Proposte in atto
La FMB da convinta assertrice che i problemi di natura
sociale possano trovare risoluzione nell’azione diretta comunalista
e libertaria e nello spirito autogestionario e di autogoverno
di coloro che li vivono, si propone la costituzione dal basso
dei Comitati di Quartiere e di un Osservatorio dei Disoccupati
con l’obbiettivo:
• di vincolare l’operato dell’amministrazione comunale alle
decisioni pubbliche che saranno prese dalla collettività
in materia di equilibrio tra assetto urbanistico ed assetto
ambientale, servizi sociali e ambiente (sanità, scuola,
nettezza urbana, discarica pubblica), tasse comunali, bilancio
comunale, ecc.;
• di promuovere azioni ed iniziative nel mondo del lavoro
stimolando lo spirito cooperativo autogestionario e opponendosi
al lavoro nero e alle assunzioni clientelari nel settore pubblico
e privato attraverso un’opera di controllo delle assunzioni.
URBANISTICA
• Recupero del centro storico, diventato un ghetto,
contro la speculazione edilizia protesa ad un’urbanizzazione
a dismisura rispetto alle reali esigenze comunitarie;
• messa in atto per le attività professionali, artigiane,
i servizi nel Centro Storico di una serie di iniziative incentivanti
(tagli alle tasse comunali: Acqua, RSU, ecc.), protese a ridare
vitalità all’antico centro abitato.
SERVIZI
• Per una ridefinizione dei servizi da discutere e decidere
in pubbliche assemblee popolari e per una gestione collettiva
dei stessi attraverso l’associazionismo cooperativo presente
in loco con lo scopo di offrire sbocchi occupazionali autogestionari
ai disoccupati;
• per una ridefinizione in sede assembleare pubblica della
Pianta Organica del Comune sulla base delle esigenze comunitarie;
• adoperarsi per la progettazione di lavori socialmente
utili (assistenza domiciliare agli anziani, assistenza ai portatori
di handicap, ecc.).
• discutere collettivamente la questione della RSA e del
potenziamento delle strutture sanitarie già esistenti
in loco;
• affrontare pubblicamente la questione relativa all’istruzione
con l’obiettivo di salvaguardare e potenziare le strutture scolastiche
di istruzione secondaria già esistenti (ad esempio: costruzione
dell’edificio del Liceo Scientifico nei terreni dell’istituto
professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente).
AMBIENTE
• Confrontarsi in apposite assemblee per trovare risoluzioni
in merito ai problemi delle discariche abusive e della discarica
pubblica;
• salvaguardare il verde, l’assetto paesaggistico e l’ambiente
in genere da ogni forma di speculazione ed abusivismo edilizio;
• ridefinire la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti
solidi urbani;
• avviare un intervento specifico di promozione dell’agricoltura
biologica.
CULTURA
Biblioteca comunale:
• elaborare un documento pubblico che regolamenti la gestione
tecnica e culturale della stessa;
• affidare ad operatori (lavori socialmente utili, cooperative
di servizi) la gestione tecnica della biblioteca;
• affidare la gestione culturale della biblioteca alle iniziative
delle associazioni culturali presenti nel luogo.
Associazionismo culturale, ricreativo e sportivo:
• contribuire all’attività delle associazioni con
fondi comunali che garantiscano il 50% di un tetto massimo e
minimo di spesa prestabilito;
• esonerare le associazioni dalle tasse comunali (acqua,
NU);
• garantire alle associazioni i locali dell’ex centro dimessi
psichiatrici (ex scuole medie) o altre strutture municipali.
COMUNITÀ SCALO
• Attivazione della nuova stazione attraverso l’apertura
degli uffici per il servizio passeggeri e dello scalo merci;
• aprire un discorso sull’uso degli immobili della vecchia
stazione con la comunità scalo per giungere a delle soluzioni
che soddisfino le esigenze sociali dei residenti;
• rilancio delle attività produttive cooperativistiche
nel campo dell’agricoltura;
• urbanizzazione dello scalo fuori da logiche speculative
ed in armonia con attività produttive cooperativistiche
e l’ambiente.
TERME
• Affrontare la questione Terme in maniera seria e radicale
chiamando a confronto l’intera comunità se non addirittura
le comunità del Comprensorio;
• porre al vaglio del confronto collettivo sulla questione
Terme proposte, quali ad esempio la gestione collettiva e cooperativistica
delle stesse da parte della Comunità di Spezzano o delle
Comunità del Comprensorio.
La FMB rivolge ai cittadini ed alle forze sociali un pressante
invito ad un libero confronto, su tutte le proposte esposte,
al di fuori delle idee politiche di appartenenza, per insieme
discutere le problematiche sociali, con lo scopo di contribuire
nel contempo all’affermarsi di un forte e genuino movimento
civico di azione diretta per contribuire tutti in prima persona
e in maniera autogestionaria alla risoluzione dei problemi che
gravano sulla comunità.
Federazione Municipale di Base
di Spezzano Albanese
Impegnarsi a livello locale
della Comune Urupia
Quest’anno l’appuntamento con la Fiera dell’Autogestione si
è finalmente spostato a Sud, novità fondamentale
per Urupia: l’importanza di uscire da un circuito quasi esclusivamente
legato a realtà nordiche e, in qualche modo, metropolitane
era ormai diventato per noi una necessità non più
rinviabile visto il contesto in cui viviamo e tentiamo di muoverci.
La Fiera ha rappresentato fin dall’inizio un punto di riferimento
e una scadenza fissa cui abbiamo sempre deciso di partecipare
attivamente ma con un disagio crescente dovuto alla distanza
che abbiamo sentito aumentare tra noi e le realtà con
le quali ci siamo trovati a confronto: il nostro quotidiano
è ben diverso da quello di tanti compagni perché
profondamente diverso è il contesto sociale che viviamo:
la nostra è una realtà agricola circondata da
una società per lo più contadina e "arcaica"
con problemi, limiti, prospettive ben lontani da quelli che
si possono trovare a Milano o Torino o anche nelle realtà
agricole del nord Italia. Per questo la scelta di Spezzano Albanese
ci sembra aprire nuove possibilità di un soddisfacente
percorso comune in quanto situazione vicina alla nostra, non
solo geograficamente, ma vicine soprattutto per quel che riguarda
il sostrato politico-sociale-culturale in cui agire, nella piena
consapevolezza, però, di una profonda differenza.
L’appuntamento calabrese si inserisce perfettamente in quello
che è stato lo sforzo - ma anche nella sfida - maggiore
di Urupia nell’ultimo anno, muoversi a livello locale mantenendo
costanti contatti con realtà sociali, gruppi di donne,
individualità varie, anche molto diverse da noi, e cercando
anche nuovi contatti, con la profonda insoddisfazione che ci
accompagna nel constatare come ci sia paradossalmente più
familiare la realtà del nord Italia e della Germania
piuttosto di quella locale; questo non significa certo dare
priorità al contesto regionale piuttosto che a quello
a noi più noto - e a cui siamo sentilmentalmente e politicamente
più legati, in quanto parte fondamentale della storia
personale di praticamente tutte le comunarde - ma vuole completare
un "lavoro" che è presupposto base del progetto
Urupia, essere dimostrazione pratica della possibilità
di autogestire la propria vita riprendendo pieno possesso della
propria esistenza.
E in questa direzione stiamo facendo altri passi; nel mese
di maggio abbiamo potuto realizzare alcuni fondamentali progetti
che risalgono alle origini della Comune: prima di tutto abbiamo
dato inizio all’autoproduzione di acqua calda grazie all’impianto
solare, la cui costruzione non sarebbe stata possibile senza
il sostegno dei numerossissimi compagni, giunti dai luoghi più
diversi tra loro, che nel mese di aprile hanno animato il "cantiere
Urupia" con un entusiasmo e un’energia tali da dare leggerezza
a ritmi di lavoro molto pesanti.
Contemporaneamente, infatti, iniziavano anche i lavori di
costruzione di due bagni e di un forno nuovo, essendo ormai
situazioni limite da superare: i nostri tre bagni sono sempre
stati insufficienti e il forno nuovo, da concludersi a fine
estate, porterà un miglioramento della qualità
del lavoro in questo settore "simbolo" di Urupia riducendo
notevolmente le ore di lavoro a parità di produzione
e creando uno spazio più adatto, utile anche per la trasformazione
di altri prodotti.
Ci piace anche sottolineare come da qualche mese ci siamo
liberati dalle passata dipendenza totale da piccoli produttori
locali o - peggio - dalle varie centrali per quel che riguarda
la produzione del latte e di qualche modesta quantità
di formaggio grazie all’arrivo di una mucca che ci ha fatti
progredire sulla strada dell’autonomia alimentare: la nostra
crescita economica non ci ha ancora portati all’autosufficienza
ma dagli ultimi mesi riusciamo a coprire circa le metà
del nostro fabbisogno con una certa soddisfazione: crediamo
che non sia facile per una realtà agricola come la nostra
raggiungere in pochi anni livelli di produzione tali da garantire
l’autonomia e questo per una serie di motivazioni oggettive,
come lo stato di abbandono dei terreni e la nostra scarsa competenza
al nostro arrivo, e soggettive, come le scelte da noi fatte
rispetto lavorazioni e modalità di produzione.
Questo ha per noi delle conseguenze importanti costringendoci
a rinviare continuamente investimenti e progetti che, nel tempo,
ci porterebbero un notevole risparmio economico e migliori prospettive
sociali, tenendoci invece legati al bisogno concreto di un ampio
circuito di sostenitori che continuano ad essere fondamentali
per la nostra sopravvivenza.
Comune Urupia
La Fiera dell’Autogestione approda a Spezzano
Albanese
Di ospitare la fiera dell’autogestione al sud è da anni
che se ne parla, e precisamente sin dopo la sua prima edizione
tenutasi ad Alessandria sei anni fa. Motivazioni di natura varia,
ma soprattutto legati all’oggettività geografica, essendo
per lo più dislocate nel centronord le realtà
partecipanti all’iniziativa autogestionaria, ci hanno fatto
cambiare idea di anno in anno. Ma questa volta abbiamo deciso
di raccogliere la sfida, ed infatti al suo sesto anno di vita
la fiera dell’autogestione approderà al sud, e precisamente
a Spezzano Albanese, dove da circa un trentennio una consistente
presenza anarchica e libertaria si è radicata nel sociale,
coadiuvata nell’ultimo decennio da una peculiare esperienza
comunalista autogestionaria, quale appunto è quella della
FMB - Federazione Municipale di Base.
Un’esperienza, quest’ultima, che dimostra quotidianamente
con la propria prassi come lavorare nel sociale per una società
altra non sia utopico, e come dunque non sia impossibile progettare
e mettere in atto, passo dopo passo, nelle comunità dove
si vive e si lavora una sfera politica e pubblica non statale,
extraistituzionale, federalista autogestionaria, che impedisca
alle istituzioni gerarchiche preposte al governo sulle comunità
di fare, come si suol dire, il buono e il cattivo tempo, e offra
nel contempo agli individui mezzi e strumenti per poter insieme
autodeterminare, attraverso l’azione diretta e dunque attraverso
l’impegno in prima persona, le proprie scelte rispetto alla
soluzione da trovare alle problematiche territoriali ed al metodo
di cui servirsi per la costruzione di una socialità nuova
permeata sui valori della libertà e della solidarietà.
E come tutto ciò non sia impossibile, anche se non
bisogna ignorare le difficoltà a cui si va incontro,
soprattutto laddove non esiste il retroterra di una presenza
libertaria nel sociale, lo dimostra ancora la nascita nel comprensorio
e fuori di altre FMB, come quella di San Lorenzo del Vallo che
da un anno circa dalla sua nascita, si è fatta promotrice
di varie battaglie sociali che hanno stimolato dibattito nell’intera
comunità, e come quella di San Giovanni in Fiore, che
pur essendo nata in un territorio che non presentava particolari
tradizioni libertarie, sta comunque lo stesso costruendosi,
attraverso i suoi primi passi, i propri spazi di agibilità
politica e sociale.
Comunque, ospitare la fiera dell’autogestione a Spezzano
non rappresenta solo un’occasione che si da alla presenza libertaria
e comunalista in loco per venire a diretto contatto, attraverso
scambi di idee e progetti con altre esperienze autogestionarie
disseminate in Italia e altrove, ma soprattutto l’opportunità
che si da a tutte le altre esperienze autogestionarie presenti
nel sud di sentirsi più vicine e coordinate nella progettualità
ideale che le unisce pur nelle diversità peculiari che
caratterizzano l’intervento nel sociale del vasto arcipelago
autogestionario.
Arrivederci a Spezzano Albanese.
Federazione Municipale di Base di
Spezzano Albanese
Sesta Fiera dell’Autogestione
19-20-21-22 agosto Spezzano Albanese
4 giorni sull’autogestione 4 giorni di autogestione
UN’OCCASIONE per parlarsi, stringere
rapporti, scambiarsi idee e prodotti
UN APPUNTAMENTO per chi è convinto che l’autogestione
sia l’ambito in cui la pratica nel qui ed ora della libertà
si congiunge ad una forte tensione alla trasformazione
sociale
UN’OPPORTUNITÀ per rendere più fitta
e resistente la rete di collegamenti tra chi opera nei
più diversi settori: dall’agire comunalista alle
scuole autogestite, dall’autoproduzione agricola a quella
musicale e culturale, dalla costituzione di comunità
all’autogestione del territorio
UN LUOGO per intessere le relazioni dirette da
cui trae la propria linfa vitale un movimento per l’autogestione
tutti i giorni
L’AUTOGESTIONE IN FIERA
esposizione, scambio, baratto di oggetti prodotti e fatti
circolare fuori e contro la logica del mercato
tutte le sere
MUSICA E TEATRO DI GRUPPI AUTOGESTITI
ogni giorno
interventi autogestiti di artisti: pittori, scultori,
poeti...
Nell’arco delle quattro giornate ci saranno dibattiti,
tavole rotonde e gruppi discussione su temi specifici:
Giovedì 19 ore 17
Smaltimento dei rifiuti e tutela dell’ambiente: l’esperienza
dei vari comitati locali che in tutta la penisola si battono
contro inceneritori e discariche e contro le varie forme
di inquinamento
Venerdì 20 ore 10
organizzazione dei gruppi di lavoro (progetto di un server
di movimento; tutela dell’ambiente; proposta di un’università
libertaria; catalogo per l’autogestione; economia autogestita...).
I gruppi di lavoro si riuniranno per tutta la durata della
fiera in tempi e modi decisi dai partecipanti a ciascun
gruppo e avranno a disposizione spazi specifici per riunirsi.
Venerdì 20 ore 17
La cooperazione e l’associazionismo: per un’economia autogestita
Sabato 21 ore 10
Né di chiesa né di stato: per una scuola
pubblica non statale
Sabato 21 ore 17
Municipalismo: l’autogestione come prassi comunalista
fuori e contro la logica statuale
E, per concludere... e ricominciare a lavorare
Domenica 22 ore 10
L’ARCIPELAGO DELL’AUTOGESTIONE IN ASSEMBLEA
La Fiera si svolgerà a
Spezzano Albanese (CS)
Possibilità di alloggio gratuito per saccopelisti,
pensioni e campeggi a basso costo.
Dalla settimana precedente ci sarà un campo di
lavoro per preparare la fiera: elettricisti, cuochi, muratori,
giocolieri... sono i benvenuti
Per info: 0981 953680 (Domenico esclusivamente
dalle 13,30 alle 14,30) oppure 0339 5788876 oppure 0338
6594361
E-mail lido@newtech.it
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