rivista anarchica
anno 30 n.264
giugno 2000


Francesco Saverio Merlino
Tra anarchismo tradizionale e socialismo liberale
intervista a Gianpiero Landi
a cura di G. L.

Tre domande a uno dei promotori del Convegno di studi del prossimo 1° luglio ad Imola.

 

Perchè un Convegno di studi su Merlino alle soglie del XXI secolo?

L’organizzazione del Convegno su Merlino si colloca all’interno di un progetto politico e culturale di ricerca e di approfondimento delle radici storiche e dell’attualità del socialismo libertario, che il gruppo di compagni e amici che hanno dato vita all’Associazione “Arti e Pensieri” sta portando avanti da tempo. Un momento particolarmente significativo di questo percorso di ricerca è stato rappresentato dal Convegno su Andrea Caffi svoltosi a Bologna nel novembre del 1993, organizzato in collaborazione con la Biblioteca Libertaria “Armando Borghi” di Castel Bolognese (gli Atti di quel Convegno sono stati poi pubblicati dalla Biblioteca Franco Serantini di Pisa nel 1996). Procedendo in questa ricerca era pressochè inevitabile arrivare a confrontarsi prima o poi con la figura di Saverio Merlino, che del socialismo libertario è stato sicuramente uno dei maggiori interpreti. C’è da chiedersi semmai perchè nessuno prima della nostra iniziativa abbia mai pensato di organizzare un Convegno su Merlino, di cui per inciso cade quest’anno il settantesimo anniversario della morte. Eppure Merlino è stato un esponente di primo piano del movimento anarchico e del socialismo italiano, e soprattutto è stato un pensatore e un teorico originale e di notevole spessore culturale, in grado di fornire ancora oggi spunti di riflessione e proposte di soluzione su alcuni nodi teorici e politici di estrema rilevanza. In questo senso Merlino, che dopo il suo abbandono dell’anarchismo rimase sostanzialmente un incompreso e un isolato, e che anche dopo la sua morte è stato a lungo ingiustamente trascurato dalla cultura italiana, si presenta a noi oggi con una sorprendente attualità. Tra i teorici del socialismo vissuti tra l’Ottocento e la prima metà del Novecento - uso il termine socialismo nella sua accezione più ampia -, Merlino è uno dei pochi che abbiano retto alla prova del tempo, e che abbiano ancora cose da dirci. Soprattutto in questa nostra epoca in cui si sono sgretolate tante certezze ideologiche e in cui la sinistra si interroga su se stessa, sui propri valori fondanti e sul suo futuro, diventa importante rivisitare criticamente il passato alla ricerca di punti di riferimento - magari pochi ma chiari - da cui ripartire. E Merlino, lo ripeto, è uno dei pochi teorici della sua epoca che possa ancora aiutarci a pensare. Certo, non si deve pretendere di trovare in lui - come del resto in chiunque altro - la soluzione a tutti i problemi, magari anche a quelli emersi soltanto in questi ultimi decenni. Alcune delle indicazioni fornite da Merlino sono ancora valide, e vale la pena studiarle e rifletterci sopra. Ma quello che vale è soprattutto il metodo: la sua concretezza e il suo realismo uniti alla volontà - in una tensione che potremmo definire utopica - di salvaguardare sempre e comunque le ragioni di una trasformazione dell’esistente nella direzione del massimo possibile di libertà e di giustizia sociale. Aggiungo una considerazione personale, su cui forse non tutti i compagni che stanno con me organizzando il Convegno si troveranno d’accordo. È’ mia convinzione che Merlino sia oggi utile soprattutto per gli anarchici, perchè ai suoi tempi egli ha proposto una “revisione” dell’anarchismo che da molto tempo anch’io ritengo necessaria e indispensabile.

La polemica Malatesta-Merlino, uno dei “classici” della storiografia e della pubblicistica anarchica, contiene spunti stimolanti anche oggi? Se sì, quali?

Come è noto, la polemica tra Malatesta e Merlino si sviluppò nell’arco di tutto il 1897, con articoli pubblicati su vari giornali (“Il Messaggero” di Roma, “L’Agitazione” di Ancona, e altri). Nel 1949 i documenti della polemica furono raccolti integralmente nel volume Anarchismo e democrazia, a cura del Gruppo “Roma-Centro”, e sono stati poi ripubblicati più volte da vari editori, divenendo come tu hai detto giustamente uno dei “classici” della pubblicistica anarchica. E con tutta ragione, in quanto si tratta senz’altro di uno dei punti più alti di riflessione sul nodo democrazia-socialismo-anarchismo, un contributo per molti versi ancora oggi insuperato. Il giudizio è a maggior ragione valido se si tiene conto anche delle pagine scritte durante una seconda fase della polemica, che si sviluppò su vari giornali anarchici negli anni successivi alla prima guerra mondiale (“Umanità Nova”, “Pagine Libertarie”, “Pensiero e Volontà”). In questo caso il dibattito, oltre ai due antichi protagonisti, coinvolse anche Luigi Fabbri e altri esponenti dell’anarchismo italiano. A questa seconda fase della polemica non si è data forse finora tutta l’importanza che merita.
L’attenzione si è concentrata piuttosto sulla prima fase, quella del 1897. Nel gennaio di quell’anno Merlino pubblicò sul quotidiano “Il Messaggero” una lettera in cui invitava gli anarchici ad abbandonare il loro tradizionale astensionismo e a prendere parte alle elezioni votando per i candidati dei partiti popolari. Già nella prima lettera Merlino partiva da una premessa che sarà alla base di tutta la sua azione di teorico e di politico negli anni successivi, riconoscendo che le forme politiche e democratiche hanno un loro valore, sia pure relativo e limitato, e che il loro rifiuto, come menzogna giuridica o finzione, sia un errore. La replica di Malatesta, che ribadì le tradizionali ragioni dell’astensionismo anarchico, non si fece attendere. Nei mesi successivi la polemica tra i vecchi amici e compagni si allargò sempre più, investendo tutte le questioni fondamentali della strategia rivoluzionaria e della costruzione di una società libertaria. Vennero affrontati problemi di grande rilievo come il principio di maggioranza e il conseguente rapporto tra maggioranza e minoranza, la necessità o meno di un minimo di forza e di coazione nella vita sociale, l’attribuzione a corpi specializzati o alla totalità dei cittadini delle funzioni di difesa sociale dalle aggressioni esterne e dalla criminalità, le forme politiche e le forme economiche di una società libera. Si tratta, come ben si vede, di questioni di capitale importanza, di nodi ancora oggi discriminanti, ben più interessanti della questione della partecipazione o meno alle elezioni. Ciò che rende ancora oggi di attualità e di interesse il dibattito è piuttosto l’altro tema, cioè quello della dimensione politica di una società antiautoritaria. Su questo aspetto ha scritto pagine lucidissime Massimo La Torre, in un suo saggio di diversi anni fa.
Vorrei rilevare che, nonostante la passione che li animava, i due protagonisti della polemica riuscirono a mantenere il dibattito su un piano teorico, evitando ogni scadimento personalistico. Merlino, disilluso sul movimento anarchico e incalzato dalla sua esigenza di concretezza, sottopose il suo contraddittore a un bombardamento di quesiti e di obiezioni. Malatesta intuì la sincerità di intenzioni del vecchio amico, riconobbe che egli sollevava dei problemi reali con cui non si poteva fare a meno di confrontarsi, arrivò perfino a importanti concessioni, ma ribadì anche alcuni punti fermi che dovevano servire di chiarificazione e di orientamento per i compagni. Pose dei limiti oltre i quali a suo avviso l’anarchismo non poteva andare se non stravolgendo le sue caratteristiche peculiari e le sue ragioni profonde. Alla fine, pressato da Malatesta che gli chiedeva di dichiarare se si riteneva ancora anarchico, Merlino preferì per sè la qualifica di “socialista libertario”, mettendosi in tal modo fuori del movimento. Da quel momento le sue critiche, esposte anche in altri scritti e in particolare nelle sue opere maggiori Pro e contro il socialismo (1897) e L’utopia collettivista (1898), avranno tra gli anarchici uno scarsissimo ascolto. Mi piace però ricordare che anche dopo l’abbandono del movimento anarchico non vennero meno i rapporti di amicizia, di stima e di rispetto con Malatesta e con i vecchi compagni. Questi rapporti vennero anzi rinsaldati nel tempo per la generosa disponibilità sempre manifestata da Merlino, che era avvocato, nell’assumere la difesa legale degli anarchici, come avvenne dopo il regicidio di Monza con la coraggiosa accettazione della difesa di Bresci.

Quali sono i filoni di pensiero, quali i pensatori che a tuo avviso hanno sviluppato gli spunti più interessanti ed originali della riflessione merliniana?

Credo che Aldo Venturini, il più importante studioso di Merlino nel secondo dopoguerra, sia stato per molti anni anche l’unico socialista merliniano dichiarato del nostro paese. Merlino non ha creato una propria corrente politica più o meno organizzata e inoltre, come già ho accennato, dopo il suo abbandono del movimento anarchico è rimasto sostanzialmente un incompreso e un isolato. Anche dopo la caduta del fascismo la cultura italiana, con poche eccezioni, si è a lungo dimenticata di lui, o comunque non ha riconosciuto in modo adeguato il valore della sua produzione teorica. Ciò non vuol dire che egli non abbia esercitato alcuna influenza. Alcuni autorevoli studiosi di Merlino, in particolare Aldo Venturini e Nico Berti, autore in questi ultimi anni dell’unica biografia scientifica completa del pensatore napoletano, hanno visto in lui un precursore e anzi il vero fondatore del socialismo liberale, prima e con maggiore forza teorica di Aldo Rosselli. Sul ruolo di Merlino come precursore del liberalsocialismo si sono espressi in tempi diversi anche Nicola Tranfaglia e lo stesso Norberto Bobbio. Pur trovando almeno in parte legittima questa interpretazione, perchè sicuramente in Merlino si trovano alcuni spunti e alcune anticipazioni del socialismo liberale, io sostengo da tempo che il pensiero di Merlino è caratterizzato da una tale radicalità che rinchiuderlo nell’ambito di quella corrente risulta difficile e sostanzialmente fuorviante. Nel suo caso mi sembra preferibile parlare di “socialismo libertario”, che è poi anche il termine che Merlino stesso aveva adottato per definire le proprie concezioni politiche negli anni della maturità. La questione non è ovviamente solo terminologica. Io ritengo che tra l’anarchismo tradizionale e il socialismo liberale esista uno spazio dello spettro politico in cui si sono mossi e si muovono personaggi e tendenze che almeno in parte presentano caratteristiche autonome e originali rispetto alle due correnti ideali e politiche contigue, con le quali peraltro si condividono anche tanti valori comuni. Questo spazio, dove finora storicamente non si è coagulato un vero e proprio movimento politico organizzato, è appunto il socialismo libertario, di cui Merlino è stato uno dei più importanti teorici. Un altro socialista libertario è stato, ad esempio, Andrea Caffi. Infine, una certa influenza Merlino l’ha esercitata anche sul movimento anarchico. Nella sua fase giovanile anarchica (una fase, non va dimenticato, che è durata circa vent’anni, durante i quali egli è stato al pari di Malatesta uno dei più noti e influenti esponenti del movimento a livello italiano e internazionale), Merlino ha esercitato una importante funzione valorizzando dell’anarchismo il suo aspetto socialista, battendosi contro l’emergere delle correnti individualiste e antiorganizzatrici e in particolare - con una dura polemica che gli attirò anche rischi personali - contro quella tendenza espropriatrice e illegalista che prese il nome di “ravacholismo”. Malatesta, che gli fu a fianco in questa lotta, riconobbe anche a distanza di alcuni decenni l’importanza del ruolo sostenuto da Merlino. Più in generale, si può sostenere che Merlino, che pure all’occorrenza fu un abile e infaticabile cospiratore, cercò sempre di valorizzare nell’anarchismo il suo lato propositivo e costruttivo, più di quello negativo e distruttivo. Dopo la polemica del 1897 con Malatesta e l’uscita dal movimento, l’influenza di Merlino è stata minore, anche se forse non del tutto trascurabile nell’aiutare a fare emergere posizioni più problematiche e criticamente fondate. Mi sembra innegabile comunque che l’interesse per Merlino abbia riguardato e riguardi soprattutto quei militanti che a un certo punto cominciano ad avvertire l’insufficienza di alcuni postulati dell’anarchismo tradizionale. In questi casi, il confronto con l’ “anarchia possibile” proposta da Merlino diventa un passaggio quasi obbligato, soprattutto se non si vuole rinunciare del tutto a una trasformazione in senso libertario della società.

G.L.

La vita, i libri

Francesco Saverio Mer-lino nacque nel 1856 a Napoli, dove si laureò giovanissimo in giurisprudenza. Ancora studente aderì al movimento anarchico, divenendone in breve tempo uno degli esponenti di maggior rilievo. Per circa venti anni condusse una instancabile attività di militante e di organizzatore rivoluzionario, a cui affiancò lo studio e la elaborazione di opere che misero in luce la sua solida preparazione culturale e le non comuni qualità di teorico. Dal 1884 visse in esilio in Inghilterra, con frequenti viaggi e periodi di permanenza in altri paesi europei e negli Stati Uniti. A questa fase della sua vita risalgono opere come Socialismo o monopolismo? (1887), L’Italie telle qu’elle est (1890), e gli opuscoli Necessità e basi di un accordo (1892) e L’individua-lismo nell’anarchismo (1893). Nel 1894 rientrò clandestinamente in Italia, ma venne arrestato e dovette trascorrere in carcere due anni per scontare una vecchia condanna. Giunse a maturazione in questo periodo un processo di ripensamento e di revisione ideologica che lo portò nel 1897 a distaccarsi dal movimento anarchico, nel corso di una lunga e celebre polemica con Malatesta. Stabilitosi definitivamente a Roma, sviluppò le sue nuove idee elaborando una concezione originale e organica del socialismo libertario. Risalgono a quegli anni le sue opere maggiori Pro e contro il socialismo (1897), L’utopia collettivista e la crisi del “socialismo scientifico” (1898), Formes et essence du socialisme (1898) e l’importante “Rivista Critica del Socia-lismo” che uscì per tutto il 1899 sotto la sua direzione. Precursore e protagonista di primo piano della crisi e revisione del marxismo di fine Ottocento, fu interlocutore apprezzato di personaggi come Bernstein in Germania e Sorel in Francia, ma si attirò pure gli attacchi spesso velenosi di interpreti ortodossi del marxismo come Antonio Labriola e Leonida Bissolati. Alla fine del 1899 si iscrisse al PSI, ma nel partito rimase sempre un isolato e dovette sostenere una dura polemica con Turati. Deluso, dopo il 1907 si ritirò a vita privata, dedicandosi alla sua professione di avvocato. Nel 1900, dopo il regicidio di Monza, aveva assunto coraggiosamente la difesa di Gaetano Bresci. Tornò a occuparsi di politica nel primo dopoguerra, riavvicinandosi agli anarchici che ospitarono vari suoi scritti nei loro giornali, senza peraltro mai nascondere le ragioni di dissenso. La comune opposizione al bolscevismo e al fascismo rendeva del resto secondarie molte distinzioni. Pubblicò in quegli anni Fascismo e democrazia (1924) e Politica e Magistratura dal 1860 ad oggi in Italia (1925). Morì a Roma nel 1930. Solo nel 1948 apparve postuma, a cura di Aldo Venturini, l’opera Il problema economico e politico del socialismo.

LA FINE DEL SOCIALISMO?
FRANCESCO SAVERIO MERLINO
E L’ANARCHIA POSSIBILE
Convegno di Studi
promosso e organizzato
dalla Associazione “Arti e Pensieri” di Bologna
IMOLA
Sala delle Stagioni, Via Emilia 25
Sabato 1 luglio 2000
Ore 9,30 - 13,00 e 15,00 - 18,30

Programma Sessione del mattino

9,30 Presentazione del Convegno (Associazione “Arti e Pensieri”)

Relazioni di:

- Giampietro (“Nico”) BERTI, Francesco Saverio Merlino nella storia del Socialismo

- Nicola TRANFAGLIA, Merlino e la crisi dell’Italia liberale

- Paolo FAVILLI, La “Rivista Critica del Socialismo”: un carrefour di
itinerari del revisionismo italiano?

- Emilio R. PAPA, F. S. Merlino avvocato dei “malfattori”

Comunicazioni di:

- Natale MUSARRA, Merlino e la rivoluzione nel Mezzogiorno d’Italia

- Gianpiero LANDI, Aldo Venturini studioso e continuatore dell’opera
di Merlino

12,30 Dibattito

Sessione del pomeriggio

15,00 Relazioni di:

- Bruno BONGIOVANNI,
La revisione del marxismo tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento

- Massimo LA TORRE, Merlino tra anarchismo e democrazia

- Raimondo CUBEDDU, Merlino, i marginalisti austriaci e i teorici
dell’individualismo

- Luciano PELLICANI, Merlino e la questione del mercato

Comunicazioni di:

- Pietro ADAMO, La critica di Merlino a Benjamin Tucker

- Nadia URBINATI,
Il cooperativismo in Merlino e in
Stuart Mill

- Enrico VOCCIA, La formazione giovanile di Merlino a Napoli

18,00 Dibattito