rivista anarchica
anno 30 n.265
estate 2000


arte

Teatro & carcere
dentro fuori
di Cristina Valenti

Le più recenti iniziative della Compagnia della Fortezza di Volterra e del Tam Teatro Carcere di Padova


Compagnia della Fortezza, Orlando Furioso - CD rom basato sullo spettacolo realizzato nel 1998 con gli attori-detenuti del carcere di Volterra, regia di Armando Punzo. Regia video, ideazione e realizzazione di Andrea Salvadori e Valerio Di Pasquale.

L’esperienza del teatro in carcere è ormai una realtà diffusa a livello europeo, che in Italia conosce punte di sperimentazione ed eccellenza artistica tali da costituire di per sé momenti imprescindibili della cultura teatrale contemporanea, al di là di ogni connotazione di genere. E importanti risultati non mancano sul piano della riflessione e della documentazione. Le due realtà sicuramente più interessanti in questo ambito, la Compagnia della Fortezza di Volterra diretta da Armando Punzo e il Tam Teatro Carcere di Padova diretto da Michele Sambin e Pierangela Allegro, stanno significativamente percorrendo strade parallele sia sul versante artistico sia su quello delle iniziative culturali e della documentazione. Così al già cospicuo materiale video esistente (di cui forniamo elenco a parte) si aggiungono in questi giorni alcuni contributi interessanti sia dal punto di vista dei contenuti sia per la scelta dei supporti tecnici utilizzati.
Il Tam pubblica su CD gli Atti dell’Incontro europeo di teatro e carcere, dal titolo Dentro-Fuori / Dedans-Dehors / Dins-Fora, che si è svolto a Padova dal 9 al 13 dicembre 1999 e contemporaneamente fa uscire due nuovi video: il primo di documentazione complessiva dello stesso progetto (giornate di studio e incontri / visioni / spettacoli), il secondo contenente la ripresa video dell’ultimo spettacolo teatrale della compagnia, Fratellini di legno.
La Compagnia della Fortezza pubblica un CD rom che prende il titolo dallo spettacolo del 1998, Orlando Furioso, al quale è principalmente dedicato, ma contiene anche un percorso interattivo che va a toccare tutta la storia della Compagnia: gli spettacoli prodotti (con videoclip degli ultimi), le prove, gli spazi della Fortezza, la compagnia, le musiche, il lavoro tecnico e scenografico…
Sia il Tam sia la Fortezza hanno utilizzato questi lavori, a margine e a corredo della creazione degli spettacoli, per aprire una finestra in più che colleghi il fuori col dentro, i frequentatori sempre occasionali degli spettacoli in carcere e le condizioni di un lavoro che prima di diventare spettacolo è quotidianità sottratta a vincoli e impedimenti di ogni sorta. “Il CD sull’Orlando Furioso - hanno spiegato gli autori Valerio Di Pasquale e Andrea Salvadori - ci ha dato la possibilità di raccontare cosa significa realizzare uno spettacolo in carcere: dove anche portare dentro una lampadina è un’impresa”.1
A maggior ragione è impressionante il viaggio consentito dal CD: “Col mouse è possibile girare liberamente dentro il carcere”, ha detto Valerio Di Pasquale in occasione della presentazione del lavoro, non accorgendosi forse dell’arditezza dell’espressione. Si incontrano i momenti delle prove, nei corridoi e nelle stanze strettissime dove si svolge il lavoro quotidiano della compagnia, e quindi si ritrovano le immagini e gli spazi degli spettacoli, le imponenti costruzioni scenografiche allestite nel grande cortile della Fortezza, sotto il sole rovente di luglio, quando le produzioni vengono presentate al pubblico in occasione del Festival. Si entra nel meraviglioso labirinto dell’Orlando Furioso, dove uno a uno gli spettatori seguivano un attore isolandosi e perdendosi con lui fra vicoli ciechi ed improvvise aperture, e si penetra nell’intreccio di corridoi dell’edificio carcerario, dove si naviga per un po’ fino a scoprirsi senza uscita.
Cambia la percezione del tempo e del valore attribuito all’opera dell’uomo. Non ripercorriamo solo la costruzione di uno spettacolo, ma l’edificazione di un luogo per il teatro – ossia per la visione – dentro un altro luogo, fatto per sottrarre alla vista, per nascondere allo sguardo e alle relazioni con gli altri uomini. “Uno dei vostri paradossi! – dicevo a un attore detenuto, dopo l’Orlando Furioso – Voi siete la Compagnia che ha maggiori difficoltà a portare in giro gli spettacoli, e costruite una scenografia praticamente intrasportabile…”. “No, guarda... – mi ha risposto lui – non c’è voluto tanto per costruirla: solo due mesi di lavoro”. I mesi non hanno la stessa lunghezza – e lo stesso costo – per tutti… e i giorni e gli anni. Diversi spettacoli hanno toccato questo tema, raccontando agli spettatori il tempo degli attori detenuti frazionato in mesi e giorni e ore, come in una litania senza fine: avveniva nella Prigione della Fortezza2 e, più recentemente, in Fratellini di legno del Tam, dopo la condanna inferta a Pinocchio dalla corte.
Una finestra per entrare nel lavoro in carcere è aperta anche dal video del Tam dedicato alle giornate del progetto europeo Dentro-Fuori… Frammenti di sessioni di lavoro, condotte dagli ospiti internazionali, prove di spettacoli, momenti di incontro con studiosi e figure istituzionali, perché ogni discorso sul teatro e carcere contiene questi due livelli: il lavoro creativo e il contesto strutturale. E prima e dopo lo spettacolo non ci sono gloria né applausi ma quotidianità dura e impossibile, soprattutto laddove i vincoli burocratici si aggiungono alle difficoltà delle condizioni di lavoro. Alcuni racconti: dopo l’accoglienza di Fratellini di legno al Festival di Santarcangelo, i detenuti respinti dal carcere dove dovevano andare a dormire, raminghi con il loro regista nella spiaggia di Rimini in cerca di una soluzione fra tensioni di ogni sorta. E i detenuti della Fortezza in tournée a Roma, che vanno a dormire nel carcere di quella città e vengono sottoposti a perquisizioni e vessazioni di ogni tipo.
Così, su questo tema, della doppia e inestricabile condizione di artisti e detenuti, è nato, in fondo, l’ultimo spettacolo della Fortezza, che utilizzava con un’ironia raggelante i luoghi comuni sul carcere rappresentandoli in una finzione paradossale.


Compagnia della Fortezza, Insulti al pubblico (1999) da Peter Handke, regia di Armando Punzo, scene di Valerio Di Pasquale, costumi e oggetti di Carmen Lùpez Luna, con i detenuti attori della Compagnia della Fortezza
Foto di Maurizio Buscarino

Insulti al pubblico

La scorsa estate, lo spettacolo che dichiarava di celebrare il definitivo commiato della Compagnia della Fortezza da un panorama teatrale ed istituzionale ostile alla sua sopravvivenza, ha scelto il testo di Peter Handke per trasformare gli Insulti al pubblico del titolo in una specie di messinscena spudorata della condizione di “privilegio” di cui, secondo il più diffuso qualunquismo da bar, godrebbero i carcerati: ospitati e nutriti a spese dello stato, col televisore in camera… e per giunta attori di teatro! L’insulto al pubblico consisteva, inizialmente, nel mostrare tutto questo come vero, anzi: molto di più.
Gli spettatori venivano introdotti nel cortile della Fortezza trasformato in una specie di villaggio turistico con tanto di piscina, palme, sabbia, ombrelloni e materassini, accolti dagli attori detenuti che ballavano e si tuffavano al ritmo assordante della discobeach. Raccogliendo le indicazioni del regista Armando Punzo che parlava fuori scena attraverso un microfono (secondo una modalità non sconosciuta all’intrattenimento televisivo), un animatore/istruttore di aerobica intratteneva il pubblico, blandendolo con baci e applausi e sciorinando il più stucchevole armamentario di smancerie televisive: “Vi voglio bene… Vi amo… Vi abbraccerei tutti…”. Lo spettacolo della stupidità mediatica, il trionfo dell’apparenza vacanziera, interrotto e bruciato a tratti da frammenti di disarmante verità, da parole e domande vere e dirette, tali da spogliare gli spettatori di ogni illusoria innocenza: “Qui non vedete uno spettacolo... Forse vi aspettavate qualcosa?…” E i pochi brani utilizzati del testo di Handke arrivavano come pugni “Ascoltate parole morte… vivete in un mondo morto”. Poi, come niente fosse, di nuovo la sarabanda, fra aerobica, musica leggera, tuffi in piscina e gesti di seduzione acquatica…Finché ci accorgiamo che, fra applausi e palloncini colorati, l’insulto che abbiamo sotto agli occhi è il paesaggio quotidiano da cui proveniamo: noi frequentatori di spiagge più o meno artificiali, noi teleutenti rimbecilliti da varietà e talk show, turisti di massa animati da istruttori palestrati, spettatori di un teatro che non scegliamo, noi che normalmente non ci sentiamo insultati dal paesaggio di cui siamo parte (e invece dovremmo esserlo); ora troviamo insopportabile la finzione della stupidità allestita per noi. Nei precedenti spettacoli, gli attori della Fortezza ci avevano mostrato come la verità (della sopraffazione, dell’umiliazione, dell’assenza di libertà) possa essere insopportabile, ora ci fanno sperimentare quanto sia intollerabile la finzione, nel momento in cui ci rovesciano addosso la rappresentazione del mondo dal quale noi proveniamo, che abbiamo lasciato fuori da queste mura. E ad insultarci sono i nostri stessi pensieri di spettatori, attraversati da luoghi comuni e curiosità morbose, cui dà voce un microfono fuori scena: “Come saranno a letto? Guarda quello con tutti quei tatuaggi… E quello senza denti… Gli danno troppo a questi… Si è superato un limite… Perché ci dicono bravi?… Fuori si lavora”. Poi l’intrattenimento si fa commiato, presentando, come in una serata di omaggio, brani dai precedenti spettacoli: Marat Sade, Orlando Furioso, Masaniello: gli spettacoli che la Compagnia della Fortezza ha già rappresentato come verità di una condizione (la loro), ai quali ora preferisce la messinscena dell’irrealtà (la nostra).


Tam Teatro Carcere, Fratellini di legno (1999) da Collodi, regia di Michele Sambin, scrittura di Pierangela Allegro e Francesco Morselli, con i detenuti attori del Carcere Due Palazzi.
Foto di Claudia Fabris

 

Fratellini di legno

I Fratellini di legno del Tam si ispirano al Pinocchio di Collodi per portare gli attori detenuti a raccontarsi, protetti dal gioco teatrale e illusi dall’innocenza della favola.
Pinocchio ha ormai 116 anni e non è più un burattino: un attore “storico” del Tam racconta, con il distacco che ne deriva, una storia che lo riguarda profondamente: e i Pinocchi si moltiplicano sulla scena e consegnano i loro polsi ai fili/manette di un invisibile burattinaio.
La trama di Collodi fornisce “uno scenario di trasgressioni, furbizie, buoni propositi, fregature, sogni” nel quale gli attori detenuti fanno entrare se stessi e le proprie storie, senza neppure esplicitare più di tanto i nessi e i rispecchiamenti: non importa. E’ la presenza eloquente di questi attori a rivelare stratificazioni di senso, insieme alla molteplicità delle lingue e delle sonorità dei novelli Pinocchi: tunisini, egiziani, slavi, napoletani, siciliani… (dei 22 attori, 10 sono extracomunitari).
Le invenzioni si moltiplicano in un gioco teatrale che è divertimento vero eppure tiene insieme la leggerezza della farsa e la realtà di una condizione mai dissimulata né fatta oggetto di scherzo, anche quando gli attori danno vita a gag felicissime, fra nasi che si allungano, apparizioni di un improbabile “fatone turchino”, del gatto e della volpe siciliani in perfetta parodia mafiosa, mentre la corte che giudica Pinocchio è risolta con un “numero” da teatrino di fiera.
Il video dello spettacolo articola con belle soluzioni d#i montaggio lo sviluppo della rappresentazione insieme a brani di materiale documentario. Si tratta in particolare di una serie di interviste che il regista, Michele Sambin, sta raccogliendo dopo i primi 9 anni di lavoro in carcere, durante i quali era stato imperativo categorico non fare domande e quindi non conoscere le vicende personali e giudiziarie dei detenuti. Volti si accampano in primo piano portando brandelli di storie: il primo ingresso in carcere, il passaggio nell’illegalità, l’arrivo in Italia… Le parole dei detenuti diventano in qualche modo commento o sottotesto non didascalico delle vicende dei Pinocchi. E insieme ai fratellini di legno si moltiplicano le occasioni e le casualità di scelte diventate poi definitive. Ma il finale dello spettacolo propone un ribaltamento in nome dell’utopia. Un sole si accende, cala un sipario nel piccolo teatrino e gli attori riappaiono con le teste infilate nei tagli della tela, incorniciate da lunghe orecchie come fossero ali. La scelta della condizione asinina è parabola di innocenza ritrovata in una condizione originale, di fuoriuscita dal mondo, per immaginare un paese dove la conoscenza e la parola non siano elementi di discriminazione e prevaricazione: “dove si sa e dove ci si capisce, anche senza parole”… Lo spiega il raccontatore che chiude la storia: “Pinocchio ha preferito trasformarsi in animale per non soffrire e per non fare del male”.
“Non c’è proposito di salvezza o redenzione che tenga. – si legge nelle note di regia – Solo la decisione di interrompere un percorso segnato e esprimere una svolta individuale, realizzata insieme ad altri, può generare, anche se rari, momenti di gioia. Il grande peccato sarebbe non accorgersi neppure di quelli”. O non consentirli, ci viene da aggiungere, ora che anche l’esperienza del Tam – come perennemente quella della Fortezza – è messa a rischio da tagli di finanziamenti e mancanza di sostegno istituzionale.


Tam Teatro Carcere, B.B. (1998) , scrittura scenica e regia di Pierangela Allegro, collaborazione artistica di Michele Sambin, con i detenuti attori del Carcere Due Palazzi.
foto di Elena Bazzolo

 

Nel modo più paradossale

Il Teatro e Carcere ha trovato la strada dell’ironia, e lo ha fatto con due spettacoli contemporaneamente. L’ironia caustica di Insulti al pubblico, la toccante autoironia di Fratellini di legno. Lo spettatore accetta di essere smascherato dalla finzione del primo, di farsi commuovere dalle storie non raccontate del secondo, vede invaso il suo spazio di sicurezza, sa di essere chiamato in causa perché il teatro vivente del carcere è quello in cui “l’altro è così prossimo che potremmo essere noi”3, e accetta anche di essere coinvolto… come nell’Orlando Furioso aveva accettato di perdersi in un labirinto avendo per guida un attore detenuto sudato e tatuato. Quando accetterà di trasferire nella realtà tutto questo? Insulti al pubblico ce lo ha spiegato nel modo più paradossale ma anche più incontrovertibile: è la quotidianità ad insultarci, e la finzione è prerogativa di chi governa le nostre menti e, peggio, il nostro immaginario. In carcere questo è chiaro. Fuori molto meno. Allora ben venga il teatro, a collegare Dentro-Fuori / Dedans-Dehors / Dins-Fora, in tutte le lingue possibili, che non sono solo quelle parlate.

Cristina Valenti

1- Orlando Furiosov è stato presentato il 21 maggio 2000 a Pieve di Cento (Bologna), a cura di Federico Toni, all’interno di Tracce - rassegna di teatro d’autore, coproduttrice del CD insieme a Carte Blanche/Volterrateatro, Associazione Arte e Salute, AUSL di Bologna, Assessorato alla Sanità della Provincia di Bologna, Assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia Romagna, Assessorato alla Cultura di Pieve di Cento.
2- Cfr. C. Valenti, La Fortezza e la scena, in “A” XXVI, 4 maggio 1996, pp. 29-31.
3- Così Marc Augé descrive l’esperienza antropologica.

 

TAM TEATRO CARCERE

Produzioni video

1993 “Il cerchio nell’isola”
ripresa video dello spettacolo teatrale di
Pierangela Allegro e Laurent Dupont
riprese video: Giacomo Verde
produzione: TAM teatromusica
1994 “Meditazioni / Progetti paralleli tra arte e vita”
opera video di Michele Sambin
riprese video e montaggio: Giacomo Verde
produzione: TAM teatromusica
1995 “Il riso è un segno di festa”
ripresa video dello spettacolo teatrale di Michele Sambin
riprese video e montaggio: Giacomo Verde
produzione: TAM teatromusica
1997 “Natura selvatica”
opera video di Michele Sambin
riprese, musiche e regia: Michele Sambin
produzione: TAM teatromusica
1998 “B.B. Viaggio tra le parole di un certo Bertolt Brecht”
ripresa video dello spettacolo teatrale di Pierangela Allegro
riprese video: Fabio Gemo
produzione: TAM teatromusica
1999 “Fratellini di legno”
montaggio video dello spettacolo teatrale di Michele Sambin
riprese video: Fabio Gemo
produzione: TAM teatromusica
1999 “Dentro Fuori / Fora Dins / Dedans Dehors”
Incontro europeo di teatro carcere
Giornate di studio e incontri / visioni / spettacoli
riprese: Fabio Gemo
realizzazione e montaggio video: CSE Padova

Info:
TAM teatromusica
Via XX settembre 28, 35122
Padova Italy - tel/fax +39.049654669 +39.049656692
e-mail tamteatromusica@tiscalinet.it
www.tamteatromusica.it

 

CARTE BLANCHE/
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA

Produzioni video

1993 “Le voci di dentro -
Carte Blanche: cinque anni di teatro
nel Carcere di Volterra”
produzione: RAI-TGR in collaborazione con la Provincia di Pisa
regia: Stefano Marcelli

1994 Documentario della Televisione Tedesca
sul lavoro della Compagnia
della Fortezza
produzione: Eurokick Milano

1996 “Il teatro dentro le mura.
La Compagnia della Fortezza”.
Film documentario
produzione: ZDF
regia: Reinard Keller

1997 La Compagnia della Fortezza -
trilogia “Marat-Sade”, “The Brig”, “I negri”
produzione: Fabrica,
centro di ricerca sulla comunicazione di Oliviero Toscani

1998 “Laboratorio tetrale 1998”
a cura di Pasquale Catalano e Andrea Salvadori
produzione: Carte Blanche - ETI Ente Teatrale Italiano

1999 Documentario della Televisione Francese
sul lavoro della Compagnia della Fortezza
produzione: France 2
regia: Anna Ciulli

Info:
Carte Blanche - Volterrateatro
Via Don Minzoni 49, 56048
Volterra Italy- tel/fax +39.058880392
e-mail carteblanche@iol.it
www.compagniadellafortezza.org