rivista anarchica
anno 30 n.268
dicembre 2000 - gennaio 2001


stragi (di stato)

Siamo tutti sudafricani
di Luciano Lanza

Il presidente della Commissione Stragi lancia una proposta per azzerare i conti sulla strategia della tensione: niente più colpevoli. Così, mettendo una pietra sul passato, centrosinistra e centrodestra si libereranno di eredità ingombranti.

 

Mettiamocelo bene in testa: le stragi in Italia non le ha fatte nessuno. Non ci sono colpevoli. Quindi resteranno impunite. Allora bisogna trovare una soluzione. Politica, ovviamente. Così, mentre un processo in corso a Milano (quello contro Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e soci) sta mettendo in luce, sul piano giuridico, le responsabilità dei neonazisti italiani nella strategia della tensione negli anni Sessanta e Settanta, con fiammate fino ai primi anni Ottanta, si sviluppano altre iniziative. Preoccupanti. L'ultima sortita è di Giovanni Pellegrino, senatore Ds e presidente della Commissione stragi. In un libro intervista, Il segreto di Stato, Pellegrino lancia una proposta che sta già facendo molto discutere, ma non apertamente, solo nei corridoi del Palazzo.
Che cosa dice Pellegrino? Bisogna superare quella che è stata una "guerra civile" e azzerare le responsabilità penali da una parte e dall'altra. Chi sa, parli e verrà perdonato. Solo così si può ricostituire un clima politico non più avvelenato da quel "tragico passato". Insomma, un soluzione che Pellegrino definisce "alla sudafricana". Cioè quella soluzione che una commissione guidata da Desmond Tutu permise al Sudafrica di passare a un regime democratico, senza più alimentare continui scontri razziali tra bianchi e neri. In Italia il confronto sarebbe tra rossi e neri o, per essere più aderenti ai tempi, tra rosa e grigi.
La cosa in sé può far sorridere (o altro a seconda dei gusti e dei temperamenti) e letta come una delle tante dichiarazioni preelettorali di un politico in odore di non rielezione (e che probabilmente non vuole uscire del tutto dalla scena politica, rimanendo almeno presidente di quella Commissione). Ma la questione, è ovvio, non si esaurisce solo a un problema di poltrone.

 

Atto primo: guerra di dossier

Per capire appieno la tattica e la strategia che sta dietro quella proposta (non irrilevante e non campata in aria, teniamolo presente) bisogna fare il classico passo indietro.
Tutto comincia, si fa per dire, con la relazione dei parlamentari Ds presenti nella Commissione stragi. Una lettura (o rilettura, se volete) degli anni delle bombe, degli attentati e dei tentativi di golpe. I Ds fanno una ricostruzione a prima vista sufficientemente suffragata da riscontri di fatto, di sentenze, di accertamenti. Il risultato è la messa in evidenza del ruolo delle organizzazioni neonaziste e neofasciste, delle coperture di cui hanno goduto negli apparati dello Stato, della magistratura, dei servizi segreti, e del ruolo rilevante che hanno avuto la Cia e i servizi segreti della Nato. Per i lettori di questa rivista non si tratta certo di novità. L'aspetto originale è rappresentato dall'immagine immacolata che assume il Pci degli anni Sessanta e Settanta: il partito di Luigi Longo e di Enrico Berlinguer sarebbe stato il grande bastione a difesa della democrazia in Italia. Un'autoesaltazione, insomma.
Atto secondo: la risposta dei parlamentari di Alleanza nazionale. Con due brevi, ma al tempo stesso molto fantasiose, relazioni riportano l'attenzione sugli anarchici. Pietro Valpreda sarebbe il vero colpevole dell'attentato del 12 dicembre a Milano, Giuseppe Pinelli era coinvolto in quella storia (forse anche confidente della polizia) e messo alle strette si suicida. Per di più gli anarchici milanesi in fatto di bombe hanno una storia che inizia fin dai primi anni Sessanta. Logico, quindi, che tra loro vadano cercati i responsabili della strategia della tensione. Il tutto sotto la regia del sovietico Kgb.
Una manovra maldestra, neppure documentata seriamente, piena di illazioni senza riscontri, ma che ha un preciso scopo politico: la storia di quegli anni può essere letta in modi diametralmente opposti. E se nessuno ha torto, nessuno ha ragione. Quindi meglio lasciar perdere e applicare la regola tutta italiana del colpo di spugna.

 

Atto secondo: meglio dimenticare

Qual è l'intento? La cosa è chiara e già nel numero 4/2000 (ottobre-dicembre) di Libertaria l'editoriale (Colpevoli? I soliti anarchici) così concludeva, parlando proprio di queste vicende: "Annullare dopo le elezioni (che il centrodestra conta di vincere) la Commissione stragi e ricostituirne un'altra. Quindi riconoscere che gli anni Sessanta e Settanta sono stati luttuosi. Ma bisogna uscirne e varare un'amnistia che, nell'impossibilità di trovare i veri colpevoli, chiuda quella pagina. Tutti a casa e tutti non colpevoli. E se si passa un colpo di spugna su reati come attentati, stragi non vorrete certo lasciare in piedi processi per fatterelli secondari come il finanziamento illecito ai partiti, le frodi fiscali, le corruzioni, le tangenti?".
Quanto prevedeva (sulla base di verificate informazioni di prima mano) Libertaria ha avuto adesso un'accelerazione. Non si deve nemmeno aspettare che il centrodestra vinca le elezioni per mettere una pietra sopra quel passato scottante. No, ci pensa da subito un esponente dell'ex Pci. E come tutti sappiamo certe cose in politica non avvengono per caso.
Ecco che cosa sta succedendo.
Quel passato scotta per entrambe le formazioni politiche. La destra vi è coinvolta in prima persona, tanto che ha dovuto rinunciare all'alleanza elettorale con Pino Rauti e il suo Msi-Fiamma tricolore. Sarebbe stato un alleato troppo scomodo perché pesantemente coinvolto nella stagione degli attentati: Ordine nuovo, di cui allora era capo Rauti, è stato in moltissimi casi il braccio armato di quella strategia. Per non dire delle connivenze (chiamiamole con un eufemismo) del Movimento sociale di Giorgio Almirante con i terroristi neri. Oggi Gianfranco Fini, allora giovane fedelissimo di Almirante, vuole farci dimenticare quel passato. Alleanza nazionale, infatti, ha assunto la forma di "destra democratica". Poi, siccome la partita elettorale si gioca tutta sugli elettori di "centro", bisogna lasciarsi alle spalle e far dimenticare le posizioni "estremiste". Da qui la necessità per il centrodestra di seppellire un passato scomodo e decisamente poco presentabile.
Discorso analogo per il centrosinistra, soprattutto per la sua componente maggioritaria, i Ds. Il suo progenitore, il Pci, ha utilizzato (per dirla in modo schematico, ma non arbitrario) la verità sulle stragi di Stato (che conosceva, si veda il fondamentale articolo di Aldo Giannuli, Pci & stragi. La politica del silenzio, in Libertaria numero 1/1999) per favorire la sua ascesa al potere. In pratica ha commercializzato il suo silenzio sulle tante cose che sapeva. Come? Mettendo alle strette la Democrazia cristiana, grande calderone politico in cui vivevano gomito a gomito tendenze filogolpiste con personaggi "democraticamente più presentabili". La famosa tattica del "Io so, ma non parlo se ci mettiamo d'accordo". Una tattica che ha dato i suoi frutti anche perché la Dc aveva un alleato compromesso nella copertura del ruolo dei servizi segreti americani: il Psdi. Il partito amerikano operante nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta (non a caso nato nel 1947 con un sostanziosissimo finanziamento della Cia tramite il sindacato Afl-Cio).

 

Atto terzo: salvare la faccia

Insomma, il Pci seguì, si può dire pedissequamente, gli insegnamenti del suo padre storico, Palmiro Togliatti: l'utilizzo spregiudicato e machiavellico delle informazioni "scomode" per conquistare il potere. E volete che uno con la faccia di Walter Veltroni abbia le capacità perverse del "Migliore"? Via, non facciamo ridere.
Ecco allora definiti i contorni dell'operazione. Un'operazione semplice, ma che loro sperano paghi: salviamoci la faccia a vicenda. Altro che impossibilità di arrivare alla verità. Qui siamo di fronte a pura e semplice alchimia politica ancor prima che elettorale.
Il lato penoso, in tutto questo, è che molto probabilmente l'operazione pagherà e sarà redditizia per tutti. Che ci volete fare? Sono passati più di trent'anni. La gente dimentica. E la storia, lo sappiamo tutti, è lì per essere come al solito riscritta. A vantaggio dei potenti di turno. Ma non è detto che vada sempre così. Staremo a vedere.

Luciano Lanza