rivista anarchica
anno 31 n. 273
giugno 2001


antiglobalizzazione

Liberi tutti!
intervista di Gianni Sartori a Gino Barsella

La globalizzazione, la sopravvivenza, i diritti umani visti da un missionario comboniano, direttore di "Nigrizia".

 

Qualche mese fa si è tenuto a Schio (Vicenza) il Meeting internazionale sulle nuove schiavitù: "Liberi tutti" che, forse involontariamente, rievocava un vecchio slogan di Lotta Continua diventato anche il titolo di una delle più note ballate di Pino Masi.
Dopo gli interventi di Daniel Adwok Marko Cur, Joe Buttigieg e Chiekh Saadbouth Kamara che si erano occupati delle forme tradizionali di schiavitù ancora molto diffuse in Sudan e in Mauritania (vedi A 268), Gino Barsella ha voluto "allargare il discorso sulle tante nuove schiavitù che contraddistinguono il nostro tempo. Abbiamo visto che in Sudan il governo nega l'esistenza della schiavitù e preferisce parlare di 'rapimenti'. Io sostengo che anche fra noi vi sono molte forme di vera e propria schiavitù, anche se si preferisce chiamarle in altro modo".

Padre Barsella, ci può spiegare questo concetto?

Voglio dire che anche noi siamo coinvolti, responsabili. Noi viviamo nella società del 20 a 80: il 20% della popolazione ricca che vive nel nord del pianeta usa l'80% delle risorse del mondo. Il resto della popolazione, quella che vive nel Sud, utilizza il restante 20% delle risorse. In particolare alla parte più povera (un 20% della popolazione mondiale) rimangono soltanto le briciole, l'1%. Insomma i ricchi diventano sempre più ricchi e, almeno in proporzione, la forbice si è allargata. Non molto tempo fa un alto esponente della Banca Mondiale sosteneva che al mondo ci sono un miliardo di persone "superflue", nel senso che non producono e non consumano adeguatamente (secondo i parametri della Banca Mondiale). E ormai le sacche di povertà si stanno allargando anche nel Nord.

Per non parlare della questione ambientale…Che cosa ne pensa in proposito?

A mio avviso, continuando così, tra cinquant'anni non ci sarà più nemmeno la possibilità di porsi il problema della sopravvivenza, non solo quello dei Diritti Umani; se anche il rimanente 80% della popolazione consumasse come noi, il pianeta finirebbe per "esplodere":

Tutto questo è anche una conseguenza della globalizzazione economica. Qual è la vostra posizione? Intravede qualche segnale di speranza?

La globalizzazione del sistema economico comporta che un sempre maggior numero di prodotti venga fabbricato dove il lavoro costa meno e dove è più facile "aggirare" o calpestare i diritti delle persone. Vedi per esempio la questione del lavoro minorile.
Contro tutto questo si è andato sviluppando un movimento di resistenza altrettanto globale: da Seattle a Genova, da Bologna a Praga questo movimento ha costretto tutti ad un ripensamento. Perfino il presidente della Banca Mondiale (quello del miliardo di "superflui") ha dovuto riconoscere, parlando a Praga dei manifestanti che assediavano il convegno, che "in fondo questa gente ha ragione…". Naturalmente ognuno può contribuire a questo movimento di resistenza. Pensiamo al boicottaggio. Chiunque può impegnarsi a boicottare la "Nike" che nelle sue fabbriche usa lavoratori bambini (anche questa è una forma di schiavitù). Chiunque può boicottare gli ananas e gli altri prodotti della Del Monte che in Kenya ha fatto largo uso di pesticidi, pericolosi soprattutto per i lavoratori agricoli costretti a lavorare in condizioni disumane. Per inciso vorrei ricordare che dopo tre mesi della nostra campagna per il boicottaggio quelli della Del Monte si sono impegnati a rivedere la questione.

Oltre al lavoro minorile (vedi Nike o il caso Benetton in Turchia…) quali altre forme di sfruttamento individua come forme moderne di schiavitù?

Direi innanzitutto il cosiddetto turismo sessuale in Brasile, Santo Domingo, Asia … (gli Italiani tra l'altro sono ai primi posti) e poi la tratta della prostituzione. Vorrei aggiungere anche l'uso dei bambini- soldato. In questo caso le responsabilità del nostro paese sono tra le maggiori. L'Italia infatti è tra i principali produttori ed esportatori a livello mondiale di armi leggere, quelle più utilizzate per esempio nelle guerre africane. Queste armi sono l'ideale per metterle in mano ai bambini soldato. Recentemente sono stato a Roma con Alex Zanotelli per "smuovere" una legge contro il traffico di armi leggere che "dorme" da tempo in Parlamento. In realtà non si vuole scongelarla per non provocare ritorsioni a livello economico e politico.

Evidentemente sono in gioco grossi interessi. Oltre ai fabbricanti di armi quali sono i maggiori responsabili?

Sicuramente i finanziatori, in particolare alcune banche. Su questo argomento abbiamo realizzato un dossier - Banche armate - in cui viene analizzato l'export legale di armi in base alla relazione annuale, pubblicato in marzo. Quest'anno, per la prima volta, Ciampi ha riportato anche la lista delle banche coinvolte ed è scoppiato un bel casino. Ovviamente molte persone si sono indignate scoprendo che con i loro risparmi si finanziava il traffico d'armi. Anche in questo caso è possibile scrivere alla propria banca (proprio come al tempo dell'apartheid con quelle che finanziavano Pretoria) invitandola a cambiare politica. Altrimenti si cambia banca. Non dobbiamo dimenticare che quello che oggi è legale, non sempre è etico e in futuro, mi auguro, potrà diventare illegale.

E per quanto riguarda l'immigrazione?

Anche questa a volte si configura come una moderna forma di schiavitù, di deportazione. Gli immigrati arrivati in Occidente vengono usati come forza lavoro ma, trattandoli come schiavi, non riconosciamo loro pari dignità, non gli diamo una casa. Alla radice del problema ci sono sempre i rapporti tra il Nord ricco e il Sud povero: sono questi rapporti che devono cambiare, anche a livello di mentalità. Mi viene in mente la recente questione della cioccolata, quando Bruxelles ha approvato una legge che permette di non usare il burro del cacao. Tutti si sono indignati per salvaguardare la genuinità del prodotto, ma quasi nessuno si è preoccupato di chi vive producendo il cacao. In Italia soltanto l'Avvenire e il Manifesto hanno informato i loro lettori sul fatto che per i paesi produttori (soprattutto la Costa d'Avorio e il Ghana) sarà un disastro. Nel Ghana in particolare, nel giro di quattro-cinque anni, si avrà una crisi economica e sociale di vaste proporzioni. Non si può escludere nemmeno che scoppi l'ennesima guerra africana (e in questo caso noi saremo i primi a vendere le armi). È facile immaginare le conseguenze: carestie, distruzioni, sfollati, profughi… Naturalmente l'Occidente troverà il modo di guadagnarci sia con le "operazioni umanitarie" che con le successive ricostruzioni, attraverso la cosiddetta cooperazione internazionale. Bisognerebbe pensarci quando vediamo gli immigrati girare per le nostre strade…

Qualcuno (mi sembra Indro Montanelli) di fronte alle tragedie dell'Africa ha scritto che forse questo continente andrebbe ricolonizzato dagli europei… Voi di Nigrizia cosa gli rispondete?

Gli abbiamo già risposto e ha riconosciuto il nostro punto di vista, chiedendoci di fornire adeguate soluzioni. Più che fornire ricette, penso sia necessario rileggere la storia. Forse tutto è cominciato nel 1498 quando Vasco de Gama ha circumnavigato l'Africa per arrivare in India senza dover pagare il "dazio" agli Arabi. Da quel giorno l'Africa è diventata una fonte di risorse, trascinata nella spirale di 500 anni di colonizzazione, sfruttamento, schiavitù. Non è eccessivo dire che il nostro sistema economico, il nostro capitalismo si è alimentato con il sangue degli Africani. Allora forse è il caso di chiedersi: chi è in debito verso chi? Forse si dovrebbe parlare di risarcimento verso l'Africa. Giustamente sono state risarcite le vittime dell'Olocausto e ugualmente andrebbero risarcite le vittime della schiavitù.

Gianni Sartori