rivista anarchica
anno 31 n. 273
giugno 2001


stampa alternativa

Scrivere a Barcelona
intervista di Andrea Dilemmi ad alcuni redattori di "MASALA"

L'esperienza di un foglio multiculturale tra leggi liberticide, presenza multiculturale e movimenti di lotta.

 

 

Ciutat Vella è il cuore di Barcellona. Circondata dagli isolati esagonali e dai grandi viali dell'Eixample, frutto del razionalismo urbanista del primo novecento, è un dedalo di vie che sintetizza la vita di tutta la città. Divisa a metà dalle famose Ramblas, passerella turistica per eccellenza, si divide in più quartieri: dal conosciuto Barrio Gotico, la parte più antica e meglio conservata, con i palazzi degli antichi regnanti e la Cattedrale, fino al Barrio Chino, il quartiere dove vecchie e nuove povertà, prostituzione e droga fanno da sfondo a una realtà in rapida trasformazione. Celebrato sulle pagine di Montalbàn, il Barrio Chino ha conosciuto in questi anni la più pesante ristrutturazione urbanistica della città. Interi isolati di vecchie ma belle case sono stati abbattuti per fare posto a palazzi-carcere e ad una nuova, immensa Rambla (dove le macchine del vicino commissariato di Polizia sfrecciano con molta più facilità). Al posto delle vecchie botteghe crescono come funghi piccoli alimentari gestiti dalle famiglie di pakistani, aperti fino a tarda ora, bar per alternativi alla moda, gallerie d'arte contemporanea. Una delle strade che si inoltra verso il centro della zona del sesso a pagamento (ma non quello per vip) confina con il lussuosissimo Teatro Liceu, da poco ricostruito dopo l'incendio che lo distrusse. Uno spazio urbano dai forti contrasti che ha visto negli ultimi anni una costante caratteristica nella fortissima immigrazione. Da una parte quella quasi benestante (a volte decisamente) dei giovani più o meno alternativi, dall'Europa, dagli Stati Uniti, dal Sudamerica, dall'altra quella più difficile di Pakistani, Marocchini, Africani, Domenicani, Cinesi, Filippini. Ciutat Vella è oggi un crogiuolo di culture e di comunità che vivono spesso con difficoltà la dura realtà dell'immigrazione, aggravata dall'entrata in vigore di una legge liberticida che proibisce agli immigrati senza documenti persino il diritto di riunione, sciopero, iscrizione ai sindacati, manifestazione. Da qui l'importante movimento che ha visto per tutto il mese di febbraio più di 600 immigrati occupare ben otto chiese della città ed arrivare ad una trattativa diretta con il governo per una sanatoria generalizzata. Un movimento che ha ricevuto la forte solidarietà cittadina in manifestazioni di massa.
In questo contesto alcuni ragazzi e ragazze si sono messi a scrivere e a stampare un giornale di quartiere multiculturale e di denuncia: un'esperienza interessante e preziosa, in controtendenza rispetto alle spinte razziste e criminalizzatrici che anche in una città come Barcellona non mancano.

Com'è nata Masala?

Lo spunto è stato una rivista che esisteva tempo fa nel Barrio Gotico, Les senyoretes d'Avinyò: le persone che facevano questa rivista, assieme ad altre, si sono messe a pensare ad un periodico che fosse più ampio, che potesse coprire tutta Ciutat Vella e che tenesse conto delle necessità sorte negli ultimi anni nel quartiere per la forte crescita dell'immigrazione. Gli obiettivi erano molteplici: dare un'immagine degli immigrati non come portatori di problemi ma come portatori di ricchezze culturali e sociali, mettere in relazione collettivi che già esistono e stanno nascendo nel quartiere e denunciare i piani speculativi del Comune in questa area.

L'interculturalità e il fenomeno immigrazione sono fra le cose più importanti che vi hanno spinti a porre mano al progetto…

Eravamo venuti a conoscenza di altre riviste plurilingui, in Francia e in Italia, e questo ci è parso un buon pretesto per riflettere in una rivista la mezcla, l'insieme di differenze di cui è fatto il quartiere. Volevamo creare un mezzo di comunicazione che potesse essere del quartiere e per il quartiere. Da qui nasce il progetto di un periodico plurilingue di denuncia sociale e che allo stesso tempo servisse come mezzo di dibattito e comunicazione fra le stesse comunità di immigrati che a volte vivono in mondi paralleli e non comunicanti. "Masala" è un mix di spezie che si usa nella cucina pakistana, e ci sembrava un buon simbolo.

Esiste una tradizione di stampa di quartiere a Barcellona?

Negli ultimi due anni sono usciti periodici in varie zone di Barcellona, soprattutto a partire dal movimento di occupazione delle case: molti di noi sono entrati in contatto con le problematiche legate alla comunicazione ed in relazione con altri movimenti e gruppi presenti nei quartieri. C'è stato il tentativo di creare un periodico che coprisse tutta l'area urbana di Barcellona e tutta la Catalogna ma non è riuscito a concretizzarsi, almeno per adesso. La lezione di questo tentativo fallito è stata la constatazione che forse è meglio lavorare a partire dai quartieri, che sono realtà che conservano ancora delle qualità specifiche. Quindi abbiamo La Burtxa nel quartiere di Sants, Xibarri a S. Andreu, El Borinot a Gracia, ed infine Masala. La necessità è stata quella di trovare strumenti che non globalizzassero troppo, per mantenere vive le specificità di ogni luogo. Una possibile differenza di Masala rispetto agli altri periodici di quartiere può essere la volontà di creare un progetto il più possibile aperto e partecipativo, non indirizzato necessariamente all'ambiente "di movimento".

Quante lingue contiene Masala?

Castigliano, catalano, brevi testi in arabo e urdu – la lingua parlata dalla comunità pakistana – oltre a qualcosa in inglese e in alcune lingue africane, ma siamo in attesa di ampliare lo spettro. In filippino non abbiamo ancora pubblicato niente perché la comunità filippina è fra le più chiuse, senza voler dare un senso peggiorativo al termine, ma contiamo di pubblicare qualcosa in futuro perché siamo venuti a sapere che ci sono gruppi di giovani che suonano rock in filippino e persone non del tutto conformi anche all'interno della stessa comunità. Come "Masala" inoltre partecipiamo a progetti ed attività che nascono nel quartiere, come un Forum interculturale che si è riunito la prima volta proprio in un locale di un'associazione filippina. Lo spirito è quello di cercare contatti affinché la stessa gente delle comunità scriva in prima persona: di solito non andiamo a caccia della notizia con penna e blocchetto.
Abbiamo deciso di aprire anche un sito web dove chiunque può scriverci e collaborare così al giornale.
Poiché qui c'è un buon numero di associazioni di quartiere, più che in altri, cerchiamo di far conoscere queste realtà destinando delle pagine alle loro presentazioni, una in ogni numero. Cercando di far emergere alla luce questo lavoro che il più delle volte risulta sotterraneo si creano reti sociali sulle quali è possibile contare in seguito, perché si tratta di associazioni formate da persone che conoscono molto bene la loro realtà, il loro ambiente e quello che succede. Attraverso queste reti si può accedere a informazioni che non sono facili da raccogliere ad un primo tentativo.

Che tipo di risposta ha avuto Masala dopo i primi due numeri?

Siamo abbastanza contenti/e dell'accoglienza che ha avuto. Non è semplice farsi conoscere perché esistono già alcune piccole pubblicazioni, una in arabo, una in urdu, una del Partito Umanista, con la quale non abbiamo alcuna relazione. È difficile entrare in contatto con la gente del quartiere e soprattutto con gli immigrati. Accadono comunque cose curiose: la copertina del primo numero era la foto di un ragazzino di origine maghrebina – gli abbiamo chiesto il permesso di pubblicare la sua foto, con alle spalle una scritta contro la legge sull'immigrazione, e quando ha visto che la rivista era uscita ha cominciato a prendere numeri e a distribuirli da solo in strada, entusiasta. È una forma di dare voce a chi non ce l'ha, di fare vedere, anche a loro stessi, che sono persone che esistono. Siamo andati nel quartiere di S. Coloma con un educatore a distribuire il giornale ai ragazzi nelle piazze e l'accoglienza è stata molto buona: c'è molta voglia di leggere in arabo. Leggevano le pagine in arabo e gli piacevano, si rendevano conto di cose che non sapevano, come ad esempio lo stipendio del console del Marocco a Barcellona.

Quali relazioni avete avuto con il movimento di lotta degli immigrati?

È stata una relazione molto positiva: abbiamo preso parte al movimento e incontrato gente molto ben disposta verso il giornale. Oltre al valore della protesta è stato importante come momento di incontro. Ad esempio, abbiamo conosciuto un ragazzo pakistano che ci ha risolto un problema importante, quello di scrivere direttamente in urdu con la tastiera del computer. La casualità è stata di uscire con il giornale proprio all'inizio del movimento, che ha coinciso con l'entrata in vigore della nuova legge sull'immigrazione.

Il vostro lavoro al giornale è volontario?

Sì, non guadagniamo nulla, anzi, a volte siamo noi a metterci i soldi.

Qualcuno di voi ha qualifiche professionali nel campo giornalistico?

No, anche se molti di noi hanno fatto esperienza con mezzi di comunicazione alternativi. Alcuni hanno delle conoscenze di grafica, ma anche in quel campo siamo autodidatti. L'immagine è importante per il giornale perché c'è molta gente che non sa leggere o ha delle difficoltà, per questo cerchiamo di curare questo aspetto con immagini del quartiere, con gente di qui, per favorire una relazione di prossimità.

Come funziona la redazione e la distribuzione della rivista?

C'è un'assemblea redazionale che si riunisce una volta alla settimana. L'ultima settimana prima dell'uscita si trasforma quasi in una riunione continua. Stiamo dibattendo molto sul tema "organizzazione": i primi due numeri sono stati fatti di corsa e quindi ci siamo posti il problema di come coniugare la velocità con il tempo necessario a discutere del giornale in assemblea, senza delegare ad alcuni le decisioni. All'interno della stessa assemblea vi sono differenti modi di vedere il giornale. Stiamo cercando inoltre di motivare alcuni degli immigrati a partecipare in prima persona all'assemblea.
A livello economico il giornale si regge sugli spazi pubblicitari, che sono a disposizione di realtà artigianali, commerciali e culturali presenti nel quartiere ma cercando di mantenere una coerenza di fondo con lo spirito del giornale, e quindi lasciando fuori le grandi imprese. Abbiamo dibattuto molto anche questo tema, per vedere se c'erano altri modi di sovvenzionarci, ma per adesso continuiamo in questa direzione. Di sicuro non ci interessano sovvenzioni di tipo istituzionale.
Entrare in contatto con le realtà che mettono la loro pubblicità sul giornale in fondo è un altro modo ancora di creare relazioni nel quartiere: si tratta di entità culturali socialmente impegnate, piccoli negozi, bar di gente conosciuta sulla quale puoi contare… è sempre pubblicità, ma con una componente etica e responsabile.
Lo distribuiamo a piedi, con un paio di carrettini, è gratis e lo lasciamo prevalentemente in negozi e bar, coprendo tutto il quartiere, una zona discretamente ampia.

Andrea Dilemmi

Nome Masala
Periodicità mensile
Copie 10.000
Distribuzione gratuita
Città Barcellona
Zona Città Vecchia
Redazione assembleare
Recapito C/Aurora 23, baixos.
08001 Barcelona

Telefono 0039-93-4418029
e-mail masala@sindominio.net
sito web www.sindominio.net/masala