In questi tragici giorni di fine settembre,
tra gli orrori del terrorismo e quelli delle guerre, dobbiamo
anche assistere alle farneticanti affermazioni del fondamentalismo
islamico e alle più o meno manifeste dichiarazioni di
presunte superiorità culturali e sociali di “autorevoli”
occidentali.
In questo scenario di guerra senza armi che è l’imbecillità
ideologica che accomuna uomini di potere occidentali e orientali,
mi pare indispensabile cercare di ragionare e discutere capovolgendo
la logica che domina queste affermazioni e queste visioni del
mondo.
Innanzitutto occorre ribadire ancora una volta che ciò
che accomuna tutte le società esistenti, che attraversa
strutturalmente ogni realtà, è la comune organizzazione
gerarchica dei rapporti umani.
Sia le forme teocratiche più sfacciate che le più
democratiche di società, prevedono che le relazioni tra
gli individui siano regolate da forme di potere e di dominio.
Quindi, per un anarchico, pari sono nel generare una critica
e una ribellione. Questo però dal punto di vista astratto
e generale. Certamente tra la Norvegia e l’Iran, solo per fare
due esempi, passa molta differenza dal punto di vista delle
forme e degli spazi di libertà che all’interno della
società esistono e si sviluppano.
Inoltre le condizioni di dominazione alla quale sono sottoposti
gli individui nelle due diverse forme di società sono
molto diversificate e soprattutto non sono equivalenti.
La peggior democrazia è comunque meglio della migliore
teocrazia anche per un anarchico perché le conquiste
storiche conseguite in termini di libertà e giustizia,
qualità della vita e possibilità concrete di allargamento
di queste, sono sicuramente migliori in una società democratica
che in una teocratica.
Questo concetto è un presupposto indiscutibile per una
concezione etico-pragmatica dell’anarchismo.
Ma penso sia necessario fare un altro passo in avanti, vale
a dire uscire da alcuni errori concettuali che sono stati, ed
in parte lo sono tuttora, propri di una visione messianico-rivoluzionaria
di alcune forme nichiliste di ribellione sociale ed umana.
Nella realtà dei fatti questa prospettiva del “totalmente
altro” si fonda sulla convinzione pessimistica e al contempo
anche fondamentalista che i regimi autoritari e totalitari sono,
dal punto di vista rivoluzionario, più evidenti nella
loro brutalità e pertanto producono un contrasto più
forte ed immediato nelle forme di ribellione. In sostanza si
tratta del ripristino dello slogan del “tanto peggio, tanto
meglio”.
Questa visione si accompagna ad una lettura dello sviluppo storico
che tende a sottolineare come le conquiste in termini di libertà
e giustizia che si producono nel corso dell’evoluzione della
società non siano altro che aggiornamenti delle tecniche
del Potere.
Da tutto ciò discende che la democrazia, quella storicamente
definitasi nel corso della storia che parte dalla rivoluzione
francese, non sarebbe altro che la forma più subdola
e feroce del Potere.
Ecco quindi che ogni forma di attacco e di ribellione nei confronti
delle società democratiche è comunque giustificato,
capito, quando non apertamente sponsorizzato.
Credo invece che il diritto-dovere di critica e di rivolta contro
ogni forma di dominio non possa fondarsi su questi presupposti
ma piuttosto su una forte e chiara scelta etica, prima che su
le altre scelte necessarie e conseguenti.
L’anarchismo che penso corretto e coerente con la sua tradizione
e storia, ma al contempo anche capace di affrontare le nuove
sfide del XXI secolo, si nutre soprattutto della convinzione
che è solo una continua e incessante serie di discontinuità,
rispetto all’esistente, che l’uomo può migliorare la
propria esistenza e quella dei suoi simili. La storia è
soprattutto storia di lotte ed esperienze di solidarietà
e reciprocità e pertanto lo sviluppo non è che
sviluppo di libertà, mai definitivo, mai completo, ma
sempre necessariamente perfettibile, altrimenti di sviluppo
non si tratta. Le cosiddette libertà “borghesi” (quelle
storicamente determinatesi) sono frutto di incessanti e continue
lotte di uomini e donne e sono comunque state strappate al dominio
e agli Stati, e sono pertanto irrinunciabili conquiste dalle
quali partire per costruire forme più evolute di società.
Inoltre occorre ricordare che gli esempi e le forme di alternative
praticabili fin da subito esistono già nelle molteplici
espressioni di micro-società che come “seme sotto la
neve” covano tra le maglie autoritarie della società.
Rapporti libertari ed egualitari, certamente non assoluti (per
fortuna!) ma parziali, esistono già, si sviluppano e
crescono a dispetto delle forme più sofisticate e subdole
di potere, nelle società che faticosamente, con prezzi
grandissimi, hanno conquistato convivenze più evolute
in termini di rispetto e di possibilità di sviluppo delle
libertà individuali. Lo stesso non si può dire
nelle società totalitarie dell’occidente (fascismo, nazismo,
comunismo) e in quelle teocratiche e fondamentaliste dell’oriente.
I concetti di occidente e oriente non possono essere quindi
utilizzati per una corretta analisi libertaria, perché
non svelano in modo chiaro quali siano il grado di gerarchia
e di dominio presente nelle diverse società; è
attorno al concetto di potere e gerarchia, come ineluttabili
forme di organizzazione dei rapporti umani, che si deve fondare
una critica radicale.
Chiarito questo si può procedere però a specificare
alcune altre cose.
Un
anarchismo moderno
Innanzitutto ritengo opportuno e necessario muovere una critica
decisa al relativismo etico che sfocia nell’indifferenza asettica
della ragione e della passione.
Se è vero, e certamente lo è, che non esistono
punti di vista e culture che possano arrogarsi il diritto di
prevalere sulle altre, così come non sono accettabili
forme più o meno svelate di “verità”, è
altrettanto vero che una radicale relatività senza alcun
giudizio etico e morale sfocia nell’indifferenza e quindi nell’oggettiva
accettazione dell’esistente. L’anarchismo può essere
pluralista, non relativista. In altre parole dobbiamo, dal mio
punto di vista, accettare e anzi sostenere molteplici forme
di espressione e di organizzazione che contemplino forme diverse
e approssimazioni variegate di libertà dentro un contesto
che preveda però dei punti fermi: la libertà individuale
che si realizza attraverso la medesima libertà degli
altri. Ciò significa che noi non possiamo permetterci
l’indifferenza etica e morale del “tutto è relativo quindi
tutto è legittimo”, pena la scomparsa della nostra stessa
ragione di esistere come etica della libertà.
Il pluralismo si limita a negare, come giustamente osserva Isaiah
Berlin, che esista un’unica morale autentica, o un’unica estetica
e ammette valori alternativi ugualmente oggettivi. L’anarchismo
quindi non può che concretizzarsi attraverso un atto
di libera volontà e mai attraverso un’imposizione, in
sostanza esso è il risultato di una opzione individuale
e autonoma. Pertanto è solo attraverso di questa che
gli individui possono edificare una società diversa,
così come possono, e la storia lo dimostra purtroppo,
costruire anche mostruosità sociali come quelle del fondamentalismo
religioso o dell’alienazione culturale ed economica. Allora
è possibile respingere una cultura perché la si
ritiene moralmente ripugnante a patto però di comprendere
come e perché la stessa cultura risulti accettabile ad
un’altra società umanamente riconoscibile.
Questo riconoscimento non significa però né indifferenza
etica, né rinuncia alla professione e alla testimonianza
della propria diversità, e al contempo riconosce la necessità
della contaminazione culturale come indispensabile progresso
verso forme più evolute e ampie di libertà.
Un moderno anarchismo ha necessità, e in questi giorni
di tragedie umane in modo particolare, di trovare conferme continue
nell’esistente varietà e pluralità di forme diverse
di risposte spontanee e alternative che crescono tra le strette
maglie della società del dominio e dell’oppressione in
tutte le latitudini. La nostra scelta di campo è accanto
agli esclusi e a coloro che praticano forme di resistenza e
di auto-organizzazione che rispondono in modo libertario all’invadente
marea del potere comunque mascherato.
Nessuna paura dunque del compromesso quotidiano cui necessariamente
siamo costretti se saremo fermi nel difendere e valorizzare
le conquiste di questi secoli di storia passati, e al contempo
decisi e determinati ad ampliarle senza fine, tracciando sistematicamente
limiti e confini oltre i quali la nostra etica e la nostra proposta
rischia di essere rinnegata e vilipesa irrimediabilmente.
L’anarchismo così come lo abbiamo conosciuto finora è
soprattutto il parto della cultura dell’illuminismo europeo,
niente vieta che possa ricomparire in altre storie e tradizioni
lontane e diverse dalla nostra. Anzi ciò è auspicabile
e conferma l’assunto principe della nostra idea: la tensione
verso la libertà non può avere limiti e confini
perché essa è nella natura stessa dell’esistenza
umana.
Francesco Codello
|