La compagnia di telefonia mobile BLU
(“Il futuro che non c’era”: approfittando del fatto che le nuove
generazioni si guardano bene dal leggere Leopardi, tutti non
fanno altro che tessere sperticate lodi del futuro per vendere
il proprio “nuovo” prodotto. Presto sarà ben evidente,
senza necessità di pellegrinaggio a Recanati, come le
sorti dell’umanità siano tutt’altro che “progressive”.
Sarà un disastro, ma ogni tanto qualche potente dose
di disillusione fa bene alla salute.), non contenta di averci
ammorbato per mesi col neonato giuggioloso e gongolante, ci
ammannisce una nuova campagna pubblicitaria, fondata sulle varazioni
sul tema della cosiddetta Legge di Murphy. Campagna un po’ più
varia e piacevole di quella precedente, ma che a occhio esperto
non manca di rivelare un paio di punti critici.
Certo, è simpatico e divertente (e talora anche vero)
far notare come (cito a senso, non a memoria) “un’informazione
non si trova mai dove la si cerca”, “non fare mai capire a un
congegno meccanico che hai fretta”, “la fila a fianco è
sempre la più veloce”. Non c’è bisogno di essere
uno sfigato alla Dario Vergassola, per avere esperienza di queste
leggi inconfutabili. Chiunque si è trovato infinite volte
nella vita a dover subire tali forme di ineluttabilità.
Forse è proprio per questo che gli spot in questione
risultano gradevoli, per il fatto che il pubblico si riconosce,
anziché come anomalia, come fenomeno del tutto naturale.
Di nuovo, comunque non c’è proprio nient’altro.
Già la saggezza antica vuole sconfitta la pioggia dall’essere
usciti con l’ombrello, e viceversa vuole propizie le precipitazioni
dall’esserne sprovvisti per strada. E non occorre un Mark Twain
per raccontare innumerevoli aneddoti in merito alla contrarietà
della realtà all’idea. Io stesso potrei raccontare modalità
diverse e nevroticamente sfrenate da me adottate per abbindolare
il destino ineluttabile. Ho acceso sigarette alla fermata dell’autobus,
ed armeggiato col sedile della mia automobile al semaforo rosso,
ed evitato stoicamente di cambiare fila, ed uscito di notte
senza preservativo. Ma invano. Novello Edipo, nonostante tutti
gli sforzi e gli astuti accorgimenti, non sono riuscito a evitare
di uccidere Laio e sposare Giocasta, e ho consumato stecche
di sigarette aspettando il 14. Ingenuo come Fichte, ho creduto
di poter ancora dissimulare l’intenzione, nella speranza di
far credere alla realtà che non mi opponevo, nell’intento
che essa, opponendosi, mi favorisse: dunque uscendo senza ombrello
affinché, spingendo la realtà a pensare che io
desiderassi la pioggia, non piovesse. E via attorcigliandomi.
Ma invano. La legge di Murphy, come tutte le leggi, è
pressocché ineluttabile. E, soprattutto, farla franca
non dipende da abilità umana, ma da cieca sorte.
Ma vi siete chiesti perché, come io me lo sono chiesto,
tra gli spot messi in scena non figuri mai la legge originale,
ma soltanto delle leggi derivate che sono banali corollari di
essa? Tanto banali da risultare irrilevanti e innocue. Perché
gl’ideatori degli spot di BLU non ci pensano neanche a mettere
in scena l’originale, anzi, arzigogolano tanto le derivate che
sorge il dubbio che ci tengano a tener quella celata, a non
lasciarsi sfuggire l’implicito che, viscido, si divincola tra
le loro mani?
Vi ricordate cosa dice la legge di Murphy? Essa recita: “Se
qualcosa può andar male, lo farà”. Essa va al
nocciolo della questione, non cincischia sulle file di automobili
nel traffico o sui distributori automatici di preservativi.
Afferma che le sorti dell’umanità non sono affatto “magnifiche”,
che gli Almanacchi sono tutti uguali, che il mio cellulare,
o la mia lavastoviglie, o la mia linea telefonica, o il mio
microchip prima o poi si guasteranno. Sono progettati per guastarsi.
Probabilmente non sono progettabili altrimenti. E anche BLU,
come WIND, come TIM, come OMNITEL, ecc., può andar male.
E, prima o poi, lo farà.
Carlo E. Menga
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