Dittature, ideologie, integralismi,
religioni rivelate, teorie filosofiche e altre amenissime invenzioni
umane, hanno in comune ciò che Karl Popper rimproverava alla
psicanalisi. E cioè di essere esattamente il contrario della
scienza, in quanto le dottrine su cui si fondano hanno come
caratteristica quella di non essere in nessun modo falsificabili,
ossia di non consentire, al contrario della scienza, alcun tipo
di esperimento che possa confutarne i fondamenti o le previsioni.
Ovvero: se un fenomeno non si accorda con i presupposti della
dottrina, il risultato non è una ristrutturazione della dottrina
stessa, ma, nel migliore dei casi, una reinterpretazione del
fenomeno anomalo, quando non addirittura uno smaccato misconoscimento
del fenomeno stesso. Come ben sanno tutti quelli che, avendo
avuto a che fare con uno psicanalista, scoprono presto che nonostante
ogni loro professione di sincerità confessionale, il proprio
punto di vista è comunque messo in scacco dall’arma delle intenzioni
nascoste e “reali” del proprio inconscio, l’accesso al quale,
essendo a loro assolutamente negato, non oppone invece alcun
ostacolo all’acume del terapeuta e alla potenza della sua analisi.
A mio avviso la terapia risulterebbe meno stressante e più economica
se ottenuta confessandosi a un prete: costui almeno crede alle
tue parole. E tra un pater e quattro avemarie e la regressione
alla scena primaria attraverso il transfert, non ci vedo una
grande differenza né teorica né taumaturgica. Inoltre almeno
la religione possiede una casistica, sia pure non troppo rigorosamente
attestata, di guarigioni di malattie, contrariamente a quanto
possa vantare la psicanalisi.
Il compagno Zdanov è un classico esempio di riscrittura del
fenomeno, ed è noto che i libri di storia da lui approvati descrivevano
esattamente il progresso lineare e inarrestabile del popolo
della Grande Unione Sovietica, guidata dal Grande Partito Comunista.
Con lo stesso scientifico risultato del compagno Lysenko, il
quale, riconoscendo alla luce del Grande Marxismo Leninismo
(nonché delle dottrine del compagno Engels) che le teorie ereditario-evoluzionistiche
occidentali altro non erano che fole capitalistiche e imperialistiche,
ha tenuto a battesimo piani quinquennali che hanno arretrato
le potenzialità di produzione agricola delle campagne russe
di almeno cinquant’anni.
Nel piccolo della nostra italietta televisiva, a noi non poteva
mancare la compagna Zanicchi Iva da Ligonchio, la quale, in
una recente trasmissione Mediaset, spalleggiata da una matura
signora Longari, e da uno stravecchio come la grappa e stragonfio
di oliocuore Mike Bongiorno (comunque inossidabilmente fedele
alla propria fenomenologia, come precisamente descritta da U.
Eco), ha compiuto una brillante operazione ideologica di stampo
zdanoviano. Teste la summenzionata Longari (“io lavoro all’archivio
RAI, e non ho mai riscontrato quell’episodio”), e complice il
Grande Mike (“io non ricordo che sia mai successo, e se anche
la signora Longari lo conferma…”), la Zanicchi da Ligonchio
ha tentato di cancellare un episodio storico della nostra televisione,
che neanche la censura e la buoncostume erano riuscite a cassare:
la famosa esclamazione del Bongiorno “Ahi ahi ahi, signora Longari,
lei mi cade proprio sull’uccello…!”. L’episodio è arcinoto a
tutti quelli che, come me, videro quella puntata di Rischiatutto
e si sbellicarono dalle risate. L’unico dubbio che si poteva
avere, e sul quale si sarebbe potuto discutere con un certo
interesse o intelligenza, era quello se Mike in quella circostanza
ci fosse o ci facesse. E tra l’altro si sarebbe potuta citare
a proposito proprio la “fenomenologia” di Eco, la qual cosa
avrebbe persino rischiato di fornire a Mike il lustro della
profondità, sia pure col beneficio d’inventario dell’involontarietà.
Il popolo bue, invece di rivoltarsi scendendo in piazza e chiedendo
a gran voce la pelle di Mike, la testa della Longari e le culottes
della Zanicchi (peraltro trofei scarsamente appetibili), ha
dovuto attendere l’intervento riparatore di Ghezzi, che, a quanto
pare (io non l’ho visto), tempestivamente e a proposito ha denunciato
il tentativo mediasettico riproponendo la pizza RAI accidentalmente
sfuggita alla zelante campionatura della Longari, su Blob.
Meno male che conserviamo ancora un po’ di memoria storica.
Ma aspettate: quando quelli della mia generazione saranno tutti
morti o rimbambiti, e gli eredi di Berlusconi avranno venduto
le pizze Rai agli abitanti di un’isolotto della Micronesia in
cambio di sottoscrizioni di piani d’accumulo per pensioni integrative,
vedrete che le pagine del nuovo libro di storia scorreranno
via senza intoppi.
Certo, voi direte, le papere di Mike non sono questioni di vita
e di morte. Ma se spacciano quelle per mai dette, se vogliono
farci credere che l’oliocuore se la ride dei betabloccanti,
se tentano di riscrivere le pizze RAI come dei libri di storia
sovietici, che cosa faranno dei discorsi di Bin Laden, delle
scatole nere al largo di Lampedusa e di tutte le prossime scatole
nere? Che cosa hanno fatto o tentato di fare dell’incidente
ferroviario di Gioia Tauro, delle bombe anarchiche a Piazza
Fontana, dei documenti spariti da una piccola utilitaria incidentata
sull’autostrada verso Roma investita da un rimorchio fermo a
luci spente, di una finestra chiusa male nel palazzo della questura
di Milano, solo per citarne alcune? I regimi sono abituati a
far trascorrere più volte sempre gli stessi quattro carri armati
per far credere che siano quattrocento. Pensate un po’…eh?!…cari
amici! Se Mike… pardon…Adolf Hitler avesse avuto Mediaset o
una qualsiasi altra televisione moderna, oggi l’Olocausto non
sarebbe mai esistito…! Ehh?!… Ci pensate?… Allegriaaa!!!...
Fiato alle trombe, Turchetti…!
Carlo E. Menga
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