Un paio di volte all’anno, consentitemi di essere rapsodico.
E consentitemi di usare il verbo “consentire”, anche se in bocca
a me non avrà la stessa sfumatura semantica alla Sodoma e Gomorra
che ha quando lo usa Silvio “Pennywise il Clown”.
1) So bene che non ha senso mettersi a confrontare il predicato
qualitativo, la rappresentazione, con l’effettiva sostanza,
la percezione finale, del prodotto. So bene che la congruenza
dei due termini da confrontare è del tutto casuale.
Ma consentitemi di pestare i piedi come un bambino, e protestare
nei riguardi del TARTUFONE MOTTA, che mostra, disegnate sul
suo scatolo, delle incredibili fette all’interno delle quali
si possono contare almeno cinque gocce di crema gianduia e sette
macchie di farcia al cioccolato. In realtà il numero effettivamente
riscontrabile è, rispettivamente: uno e due. Ma non è questo
che nutre la mia indignazione. Sapevo già prima di compierlo
che cosa mi riservava l’atto di affettare il Tartufone. Ciò
che mi sconvolge è il tentativo di proporre come realisticamente
plausibile l’esistenza di un impossibile Tartufone, la cui struttura,
resa debole e fragile da un eccessivo numero di gocce e macchie
di cioccolato e crema gianduia, crollerebbe su se stessa. Arricchire
la presentazione del proprio prodotto va bene. Ma non bisogna
cadere nell’eccesso di zelo.
2) Secondo voi, Woody Allen percepisce un compenso in termini
di diritti d’autore, per aver dato in prestito allo yogurt ACTIMEL
la scena degli spermatozoi dal film “Tutto quello che avreste
voluto sapere sul sesso…”? Ovviamente, nel caso dello yogurt
gli attori sono vestiti da fermenti lattici vivi. Mi piacerebbe
sapere dopo quanti giorni hanno ripreso a mangiare coniglio
quelli che hanno visto il film di R. Polanski “Repulsion”… Comunque,
anche se pagano i diritti a W. A., la scenetta è banale e scontata,
e antica di oltre un ventennio. Ma non così archeologicamente
datata come la frasetta imbonitrice del testo che conclude pateticamente
lo spot. Qualcuno sa dirmi cosa sono gli “effetti positivi testati
scientificamente”? Vuol dire che lo yogurt fa bene, e che questo
aumento di salute è stato misurato sperimentalmente da un pool
di ricercatori? E che cosa facevano esattamente questi ultimi?
Monitoravano la flora batterica intestinale di un certo numero
di volontari rinchiusi in locali asettici per evitare l’interferenza
di qualsivoglia elemento patogeno sullo stato di salute delle
cavie medesime, al fine di poter effettuare misurazioni il più
accurate possibile? E non vi sorge il dubbio di che cosa potrebbero
somministrare in realtà al gruppo di controllo, nel caso volessero
effettuare uno studio in doppio cieco?… Lasciamo stare.
3) Lo sapevate che esiste un limite, una soglia di comprensibilità
dell’espressione linguistica, in funzione della velocità di
eloquio? Tale limite non può essere oltrepassato, nemmeno negli
spot pubblicitari, pena il fallimento dell’intenzione con cui
la frase è pronunciata. D’altra parte, il punto a cui tale velocità
può spingersi deve equilibrarsi con la breve durata dello spot,
tenendo conto del fatto che la lunghezza della frase potrebbe
anche essere obbligatoriamente piuttosto grande. Come nel caso
delle avvertenze cui la legge obbliga la pubblicità di farmaci
o sostanze affini. Ed obbliga non solo per iscritto, giacché
qualcuno potrebbe non riuscire a leggere o a vedere (nella quasi
totalità dei casi la scritta è lunghissima, piccolissima e la
sua apparizione è di brevissima durata), ma anche oralmente.
Ed ecco che la voce fuori campo di un attore che tenta di emulare
Mina qunado canta: “Brava, brava, sono tanto brava, brava …”,
impiega due secondi scarsi per dire: “È un medicinale. Leggere
attentamente il foglio illustrativo. Non somministrare sotto
i dodici anni.” Certo che se dobbiamo leggere il foglio illustrativo
con la stessa velocità con cui viene letta l’avvertenza dello
spot, e con la stessa attenzione che a essa riusciamo a dedicare,
staremmo freschi. Soprattutto se pensiamo a che cosa possa capirci
una persona comune, di betabloccanti e di farmaci anti monoamminoossidasi
…
Concedetemelo, quest’ultimo empito populistico. E concedetemi
anche l’uscita di strada nel punto
4) Lo sapevate che dal 1° di gennaio di quest’anno in Italia
non esiste più l’assistenza sanitaria indiretta? Cioè, per esempio,
per fare una Tac, o una coronarografia, o una risonanza magnetica
nucleare, non c’è più la possibilità di farsi autorizzare l’esame
presso un centro privato. Caspita: ve lo diamo noi lo stato
liberale! O affronti liste d’attesa di mesi presso le strutture
pubbliche (che hanno, ahimé, tra l’altro, un’affidabilità media
inversamente proporzionale alla latitudine della loro ubicazione),
oppure paghi per intero il costo dell’indagine presso la struttura
privata. A meno che tu non abbia stipulato una polizza assicurativa
sanitaria che copra le spese. Ora dite il nome di un personaggio
pubblico, di un politico, che possiede compagnie finanziarie
e assicurative… Il cui prodest è scontato.
Ve lo propongo io uno spot, a bassa velocità, su cui avere tutto
il tempo di riflettere. Dalla voce di uno che la libertà italiana
l’aveva assaggiata tutta: Antonio Gramsci. “Ogni stato è una
dittatura”.
Carlo E. Menga
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