rivista anarchica
anno 32 n. 279
marzo 2002


anarchismo

Tutti liberi, tutti uguali, tutti solidali
del Grupo Anarquista Libertad

Autorganizzazione, autogestione e lotta in una presa di posizione di un gruppo di anarchici argentini.

L’autogestione è uno degli scopi che l’anarchismo si prefigge. È utile per tanto illustrare cosa intendiamo con questa idea e verificarne i problemi, presupposti, possibilità ecc. L’autogestione è un progetto o movimento sociale che ha come metodo ed obiettivo che il comune, l’economia e la società intera vengano diretti dai lavoratori e dalle lavoratrici di tutti i settori legati alla produzione e distribuzione di beni e servizi, propugnando la gestione e la democrazia diretta. Esaminiamo le affermazioni precedenti. L’autogestione si oppone alle forme gerarchiche verticaliste che rappresentano il modo di condurre le imprese, l’economia, la politica o la società al di fuori dell’insieme dei lavoratori, come avviene ora, dove le imprese e l’economia sono dirette dal Capitale, la politica dai partiti e la società dallo Stato.
È un progetto o movimento, vale a dire non è un modello compiuto. La sua struttura, organizzazione e anche la sua esistenza è e sarà il frutto del desiderio, il pensiero e l’azione dei componenti del gruppo coinvolto (una fabbrica, una azienda, un’officina o l’intera società) senza preconcetti né imposizioni.
È sociale, pertanto non è individuale. La gestione comporta inoltrare le istanze sulle faccende, per ciò che implica la partecipazione di più di una persona. Se questa gestione si realizza nel seno di un gruppo, attraverso accordi e senza costrizioni dall’esterno, non si colpisce la libertà individuale che rappresenta la base per far si che un accordo non diventi sottomissione. L’autogestione è metodo ed obiettivo, vale a dire che il fine è insito nella proposta, nella piena partecipazione dell’individuo nel contesto sociale, nell’assunzione diretta e collettiva nella conduzione del proprio gruppo. Il solo modo per ottenerlo è attraverso la messa in pratica di azioni autogestionarie. Non c’è un metodo che ci conduce all’autogestione che non sia la sua applicazione nel seno di un collettivo.


Estendere l’autogestione

A livello di micro economia l’impresa autogestita è caratterizzata dal fatto che la direzione è in mano ai lavoratori e non nelle mani dei padroni, siano essi privati o Stato. A livello di macro economia ciò che abbiamo detto precedentemente si traduce nella totale perdita di peso del Capitale nelle decisioni economiche (proprio come è adesso), dal momento che sono i lavoratori ed i loro interessi collettivi a voler dirigere l’economia, creando, se necessario, nuovi sistemi di organizzazione. Estendere l’autogestione alla società implica far scomparire tutti i centri di potere che ora mantengono la gestione politico-sociale, come i partiti politici, le burocrazie sindacali, lo Stato, l’esercito, ecc. trasferendone i compiti nelle mani di tutti i membri della collettività, senza intermediari o “dirigenti”, organizzandosi nella maniera giudicata più adeguata.
Prendiamo in esame un altro concetto sbandierato di tanto in tanto dalla burocrazia sindacale, ovvero la cogestione. La cogestione è un modello di partecipazione caratterizzato da una composizione paritetica delle istituzioni. In altre parole, lavoratori e datori di lavoro partecipano in egual numero (nel migliore e più ipotetico dei casi), con un uomo “neutrale” per risolvere le situazioni di stallo. L’autogestione è qualcosa di molto differente dalla cogestione. Come abbiamo detto la cogestione è una forma di partecipazione, vale a dire, prendere parte ad una cosa. Ma prender parte, in questo caso, significa accettare una struttura preesistente, l’impresa o la fabbrica, a cui i lavoratori danno un contributo nella direzione di un qualcosa che non gli appartiene. Nella cogestione il datore di lavoro cede intelligentemente una parte del proprio potere dittatoriale per conciliare o superare gli attriti tra impiegati e proprietari. Ma in nessuna maniera viene messo in discussione chi “comanda”, chi ha l’ultima parola, chi è il “padrone”: il Capitale, sia esso privato o statale, mai i lavoratori.
L’autogestione non è partecipazione. Nell’autogestione non c’è padrone del Capitale, privato e statale, che partecipa o compartecipa. È soltanto la totalità dei lavoratori ad assumere la direzione e l’amministrazione dell’impresa. Non si tratta di limitare il fattore Capitale nella conduzione, ma di eliminarlo.
A ciò si aggiunge che l’autogestione afferma la necessità della trasformazione totale e radicale della società e non soltanto dell’impresa. L’autogestione è un tentativo di modificare l’organizzazione sociale e la nozione di politica, mettendo nelle mani di tutti e di ognuno, in maniera diretta e senza intermediari, tutto ciò che gli riguarda. Le attuali forme del fare politica non consentono al nostro lavoro collettivo di rafforzarsi col nostro lavoro individuale per creare così una partecipazione libera e massiccia. Il sistema possiede una dinamica perversa dove la partecipazione e l’azione responsabile degli interesssati viene marginalizzata dall’esclusione pensata e diretta da interessi alieni a quelli del popolo. Questa è la vera natura della democrazia rappresentativa: delegare la nostra responsabilità, capacità ed azione individuale ad un rappresentante indiretto che si specializza nel prendere decisioni per il proprio elettorato. Perciò ti chiedono di votare, di “partecipare”. Per restarsene al proprio posto col gradito bottino della ricchezza che produciamo col nostro lavoro, per far sì che i partiti politici si sentano legittimati dai nostri voti, per far sì che i governanti, i funzionari, gli impresari, i burocrati sindacali e repressori continuino a mangiare dalla nostra mano, per far sì che si rubino non soltanto il nostro presente ma anche il futuro dei nostri figli. In sintesi, per continuare a saccheggiare l’Argentina assassinando e reprimendo il popolo.
Dobbiamo dire No a questa situazione e farla finita con questo sistema sfruttatore.


Noi proponiamo...

Perciò proponiamo:
L’AUTONOMIA DELLE ASSEMBLEE POPOLARI: i centri studenteschi, le organizzazioni popolari, le assemblee di quartiere o comunali e le associazioni devono essere indipendenti dalle autorità politiche e dai partiti politici, dallo Stato, dalle imprese private, dalla Chiesa o da qualsiasi gruppo estraneo ad essi. Vale a dire, i partecipanti delle assemblee debbono decidere come organizzarsi senza rendere conto a nessuno, né accettare imposizioni.
L’AUTOGESTIONE DELLE ORGANIZZAZIONI: vale a dire che tutti i compagni possano decidere da soli tutte le questioni. La forma organizzativa dove questo si può raggiungere è nelle assemblee, dove si prendono le decisioni senza intermediari. Quando la quantità dei partecipanti è così elevata da rendere difficoltosa la partecipazione di tutti gli interessati, le decisioni verranno prese in assemblee più piccole e verranno designati dei delegati con mandato assembleare i quali dopo aver adempiuto all’incarico nelle modalità assegnategli torneranno tra gli altri, come gli altri. I delegati sono portavoce, non dirigenti. Devono essere revocabili in qualsiasi momento e designati con criteri di rotazione, per far in modo che tutti partecipino e si occupino dei differenti compiti.
LA FEDERAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI: è la forma per tenere unite le organizzazioni senza che nessuna sia un gradino sopra le altre. Ogni organizzazione è autonoma e solidale all’interno della federazione. Non vi è un centro che decide o impartisce ordini; al contrario il centro è in ogni luogo, poiché le decisioni sono prese tra tutti. L’organizzazione verticistica è sostituita da quella orizzontale.
RECUPERIAMO LA NOSTRA CAPACITÀ DECISIONALE
LE FABBRICHE E LE TERRRE SONO NOSTRE
NON C’È NULLA DA TRATTARE CON GLI SFRUTTATORI
CONCERTARE SIGNIFICA NUTRIRE IL SISTEMA, CONSOLIDANDO I PRIVILEGI DEI PADRONI, DEI POLITICI, DEI REPRESSORI E DELLA CHIESA.
SE NESSUNO LAVORA PER TE, CHE NESSUNO DECIDA PER TE.

Grupo Anarquista Libertad
(traduzione di Brix del Gruppo
“E. Malatesta” di Roma)