L’autogestione è uno degli scopi che
l’anarchismo si prefigge. È utile per tanto illustrare
cosa intendiamo con questa idea e verificarne i problemi, presupposti,
possibilità ecc. L’autogestione è un progetto o movimento sociale
che ha come metodo ed obiettivo che il comune, l’economia e
la società intera vengano diretti dai lavoratori e dalle lavoratrici
di tutti i settori legati alla produzione e distribuzione di
beni e servizi, propugnando la gestione e la democrazia diretta.
Esaminiamo le affermazioni precedenti. L’autogestione si oppone
alle forme gerarchiche verticaliste che rappresentano il modo
di condurre le imprese, l’economia, la politica o la società
al di fuori dell’insieme dei lavoratori, come avviene ora, dove
le imprese e l’economia sono dirette dal Capitale, la politica
dai partiti e la società dallo Stato.
È un progetto o movimento, vale a dire non è un modello
compiuto. La sua struttura, organizzazione e anche la sua esistenza
è e sarà il frutto del desiderio, il pensiero e l’azione dei
componenti del gruppo coinvolto (una fabbrica, una azienda,
un’officina o l’intera società) senza preconcetti né imposizioni.
È sociale, pertanto non è individuale. La gestione comporta
inoltrare le istanze sulle faccende, per ciò che implica la
partecipazione di più di una persona. Se questa gestione si
realizza nel seno di un gruppo, attraverso accordi e senza costrizioni
dall’esterno, non si colpisce la libertà individuale che rappresenta
la base per far si che un accordo non diventi sottomissione.
L’autogestione è metodo ed obiettivo, vale a dire che il fine
è insito nella proposta, nella piena partecipazione dell’individuo
nel contesto sociale, nell’assunzione diretta e collettiva nella
conduzione del proprio gruppo. Il solo modo per ottenerlo è
attraverso la messa in pratica di azioni autogestionarie. Non
c’è un metodo che ci conduce all’autogestione che non sia la
sua applicazione nel seno di un collettivo.
Estendere l’autogestione
A livello di micro economia l’impresa autogestita è caratterizzata
dal fatto che la direzione è in mano ai lavoratori e non nelle
mani dei padroni, siano essi privati o Stato. A livello di macro
economia ciò che abbiamo detto precedentemente si traduce nella
totale perdita di peso del Capitale nelle decisioni economiche
(proprio come è adesso), dal momento che sono i lavoratori ed
i loro interessi collettivi a voler dirigere l’economia, creando,
se necessario, nuovi sistemi di organizzazione. Estendere l’autogestione
alla società implica far scomparire tutti i centri di potere
che ora mantengono la gestione politico-sociale, come i partiti
politici, le burocrazie sindacali, lo Stato, l’esercito, ecc.
trasferendone i compiti nelle mani di tutti i membri della collettività,
senza intermediari o “dirigenti”, organizzandosi nella maniera
giudicata più adeguata.
Prendiamo in esame un altro concetto sbandierato di tanto in
tanto dalla burocrazia sindacale, ovvero la cogestione. La cogestione
è un modello di partecipazione caratterizzato da una composizione
paritetica delle istituzioni. In altre parole, lavoratori e
datori di lavoro partecipano in egual numero (nel migliore e
più ipotetico dei casi), con un uomo “neutrale” per risolvere
le situazioni di stallo. L’autogestione è qualcosa di molto
differente dalla cogestione. Come abbiamo detto la cogestione
è una forma di partecipazione, vale a dire, prendere parte ad
una cosa. Ma prender parte, in questo caso, significa accettare
una struttura preesistente, l’impresa o la fabbrica, a cui i
lavoratori danno un contributo nella direzione di un qualcosa
che non gli appartiene. Nella cogestione il datore di lavoro
cede intelligentemente una parte del proprio potere dittatoriale
per conciliare o superare gli attriti tra impiegati e proprietari.
Ma in nessuna maniera viene messo in discussione chi “comanda”,
chi ha l’ultima parola, chi è il “padrone”: il Capitale, sia
esso privato o statale, mai i lavoratori.
L’autogestione non è partecipazione. Nell’autogestione non c’è
padrone del Capitale, privato e statale, che partecipa o compartecipa.
È soltanto la totalità dei lavoratori ad assumere la
direzione e l’amministrazione dell’impresa. Non si tratta di
limitare il fattore Capitale nella conduzione, ma di eliminarlo.
A ciò si aggiunge che l’autogestione afferma la necessità della
trasformazione totale e radicale della società e non soltanto
dell’impresa. L’autogestione è un tentativo di modificare l’organizzazione
sociale e la nozione di politica, mettendo nelle mani di tutti
e di ognuno, in maniera diretta e senza intermediari, tutto
ciò che gli riguarda. Le attuali forme del fare politica non
consentono al nostro lavoro collettivo di rafforzarsi col nostro
lavoro individuale per creare così una partecipazione libera
e massiccia. Il sistema possiede una dinamica perversa dove
la partecipazione e l’azione responsabile degli interesssati
viene marginalizzata dall’esclusione pensata e diretta da interessi
alieni a quelli del popolo. Questa è la vera natura della democrazia
rappresentativa: delegare la nostra responsabilità, capacità
ed azione individuale ad un rappresentante indiretto che si
specializza nel prendere decisioni per il proprio elettorato.
Perciò ti chiedono di votare, di “partecipare”. Per restarsene
al proprio posto col gradito bottino della ricchezza che produciamo
col nostro lavoro, per far sì che i partiti politici si sentano
legittimati dai nostri voti, per far sì che i governanti, i
funzionari, gli impresari, i burocrati sindacali e repressori
continuino a mangiare dalla nostra mano, per far sì che si rubino
non soltanto il nostro presente ma anche il futuro dei nostri
figli. In sintesi, per continuare a saccheggiare l’Argentina
assassinando e reprimendo il popolo.
Dobbiamo dire No a questa situazione e farla finita con questo
sistema sfruttatore.
Noi proponiamo...
Perciò proponiamo:
L’AUTONOMIA DELLE ASSEMBLEE POPOLARI: i centri studenteschi,
le organizzazioni popolari, le assemblee di quartiere o comunali
e le associazioni devono essere indipendenti dalle autorità
politiche e dai partiti politici, dallo Stato, dalle imprese
private, dalla Chiesa o da qualsiasi gruppo estraneo ad essi.
Vale a dire, i partecipanti delle assemblee debbono decidere
come organizzarsi senza rendere conto a nessuno, né accettare
imposizioni.
L’AUTOGESTIONE DELLE ORGANIZZAZIONI: vale a dire che tutti i
compagni possano decidere da soli tutte le questioni. La forma
organizzativa dove questo si può raggiungere è nelle assemblee,
dove si prendono le decisioni senza intermediari. Quando la
quantità dei partecipanti è così elevata da rendere difficoltosa
la partecipazione di tutti gli interessati, le decisioni verranno
prese in assemblee più piccole e verranno designati dei delegati
con mandato assembleare i quali dopo aver adempiuto all’incarico
nelle modalità assegnategli torneranno tra gli altri, come gli
altri. I delegati sono portavoce, non dirigenti. Devono essere
revocabili in qualsiasi momento e designati con criteri di rotazione,
per far in modo che tutti partecipino e si occupino dei differenti
compiti.
LA FEDERAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI: è la forma per tenere unite
le organizzazioni senza che nessuna sia un gradino sopra le
altre. Ogni organizzazione è autonoma e solidale all’interno
della federazione. Non vi è un centro che decide o impartisce
ordini; al contrario il centro è in ogni luogo, poiché le decisioni
sono prese tra tutti. L’organizzazione verticistica è sostituita
da quella orizzontale.
RECUPERIAMO LA NOSTRA CAPACITÀ DECISIONALE
LE FABBRICHE E LE TERRRE SONO NOSTRE
NON C’È NULLA DA TRATTARE CON GLI SFRUTTATORI
CONCERTARE SIGNIFICA NUTRIRE IL SISTEMA, CONSOLIDANDO I PRIVILEGI
DEI PADRONI, DEI POLITICI, DEI REPRESSORI E DELLA CHIESA.
SE NESSUNO LAVORA PER TE, CHE NESSUNO DECIDA PER TE.
Grupo Anarquista Libertad
(traduzione di Brix del Gruppo
“E. Malatesta” di Roma)
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