rivista anarchica
anno 32 n. 281
maggio 2002


attenzione sociale


diario a cura di Felice Accame

Nella credenza del criminologo

 

Emile Durkheim, ne Le regole del metodo sociologico (pubblicato a Parigi, per la prima volta, nel 1895), fa già i conti in tasca all’appena nata “criminologia” facendo notare che Raffaele Garofalo – il primo, a quanto sembra, ad usare il termine riferendosi ad una disciplina “scientifica” e ad intitolarne un libro, nel 1885 – non aveva affatto le idee chiare su come definire il “normale” e il “patologico”. Nei cento e rotti anni che seguono le cose non sono migliorate granché – perlomeno dal punto di vista della fondatezza metodologica, perché è invece indubbio che i conti in banca dei criminologi abbiano goduto di continui incrementi.
Un buon esempio del sapere di coloro che del crimine hanno fatto scienza lo fornisce il recente caso di assassinio di un minore. Da lì – dai suoi tragici “documenti”, dai tentativi per “prova” ed “errore” compiuti ai fini di riuscire a identificare un colpevole – si può arguire il valore del sapere in questione.
Allora: l’assassino non è stato così cortese dal farsi trovare, intento a infierire sul corpo e con l’arma in mano, all’arrivo della polizia; e neppure è stato così cortese dal rivendicare via volantino-telefono-fax-e-mail (in ordine storico) l’opera sua come altri colleghi. L’assassino insomma non è evidente, non fa alcunché per autoevidenziarsi e mette nei pasticci l’inquirente. Il quale che fa? Arruola il criminologo come consulente (e lo paga).
Dalla relazione conclusiva del criminologo, dunque, veniamo a sapere che fra il sospettato Tal dei Tali (in questo caso la sospettata) e l’assassino (l’incognita, per l’appunto) non c’è incompatibilità o, meglio, c’è addirittura una “alta compatibilità”. La passione per i confronti impossibili di principio – i confronti con l’incognita, ovvero con qualcosa di non noto – miete ancora vittime fra gli umani sapienti. La metafora della compatibilità, poi, con quel suo vago pescar nel biologico (non si parla forse di compatibilità antigenica fra tessuti di donatore e tessuti di ricevente?) sembra garantire un surplus di scientificità alle asserzioni.
Le prove di questa compatibilità? Ne cito due. Nella credenza della sospettata sarebbero state rinvenute “stoviglie ancora sporche” e in tutta la sua casa – oh, questa poi! – “spicca l’assenza di qualunque rivista femminile”. Non so come andassero queste cose a casa Goretti o a casa di Luigi Martin e Zelia Guérin (padre e madre di santa Teresa di Lisieux), ma non credo che andassero tanto diversamente – di riviste femminili, giurerei, nemmeno l’ombra. Orientare un’accusa di assassinio verso una donna sulla base di motivazioni come queste equivale a mostrare la macchina infernale della Giustizia nella sua nudità: un apparato ideologico ammantato di un’obiettività presupposta – un’obiettività impossibile perché qualsiasi cosa è pur sempre categorizzata dal punto di vista di qualcuno, che può più di qualcun altro (fino al punto di poter ricostruire una storia che gli fa comodo senza neppure assecondare il criterio di una coerenza interna).
Fra chi può di meno, ancora una volta, è la figura della donna, l’angelo del focolare che, fra le pareti domestiche, è responsabile sia della pulizia che delle pratiche relative al mantenimento del proprio servaggio – e non leggere riviste femminili può, per l’appunto, voler dire la ribellione a quel certo stato di cose di cui le riviste femminili sono lo strumento ideologico fondamentale. L’asimmetria sociale fra maschio e femmina è qui ratificata fino al paradosso: a nessun sospettato maschio, infatti, si muoverebbe l’accusa di non leggere “riviste per soli uomini”. Anzi, leggendole – o “facendosele trovare per casa” – il maschio, da compatibile con l’innocenza che è di principio, rischia di ritrovarsi in un battibaleno compatibile con la colpevolezza.

Felice Accame

P.s.: Garofalo, giurista e senatore del Regno, primo presidente della Corte di Cassazione italiana, fra l’altro, nel 1895, pubblicò anche La superstizione socialista, opera che fin dal titolo rivela da parte stavano – e che funzione svolgessero –, fin dalle origini della loro disciplinarizzazione, i criminologi.