Dalla
libertà alla sudditanza
Nel 2000 in media ogni cittadino europeo ha percorso 15.000
km (anche ogni neonato ed ogni vecchio).
Per percorrerli a piedi necessitano circa 8,2 ore al giorno;
cumulandosi in una vita media di un individuo corrispondono
a 1.050.000 km; complessivamente fanno sì che in Italia
siano percorsi annualmente quasi 1.000.000.000.000 di km di
spostamenti.
Ogni cittadino statunitense mediamente nel 2000 ha percorso
circa 30.000 km, il doppio di un europeo.
Questa fittissima rete di movimenti non porta benessere alla
comunità (non è che muovendosi di più si
sta meglio), è la maggiore fonte di inquinamento del
pianeta (l80% delle emissioni trae origine nel settore
trasporti), comporta degli scompensi sociali enormi (aumenta
le differenze tra ricchi e poveri, aumenta luniformità
sul territorio, non è commensurabile con i sistemi spaziali
e culturali di riferimento delluomo la sua capacità
di muoversi, la sua abitudine ai tempi ed ai luoghi delle relazioni),
comporta danni elevatissimi alla salute delluomo (incidentalità,
effetti dellinquinamento acustico e atmosferico, qualità
della vita urbana).
La motivazione della sua esistenza è che lelevata
mobilità è caratteristica tipica della globalizzazione.
La movimentazione di merci è condizione indispensabile
per produrre a basso costo nei luoghi più convenienti,
sfruttando le risorse naturali e sociali, e per permettere la
gestione del mercato a pochi soggetti che distribuiscono in
tutto il mondo.
I materiali e le merci viaggiano e tenendo bassi i costi del
trasporto (per fare questo basta non considerare i costi indiretti
e gli effetti negativi scaturiti scaricandoli così come
oneri sulla società) si aumentano i profitti, nella concentrazione
della produzione, e si incrementa il numero degli acquirenti
della specifica merce.
La mobilità degli individui aumenta le connessioni tra
le parti del sistema produttivo e commerciale e ne rende possibile
lottimizzazione.
Ma gli individui si muovono anche in ragione di un atteggiamento
culturale, una sensazione di autonomia.
La maggiore facilità di muovere e muoversi da opzione
si è trasformata in necessità. La mobilità
è un obbligo derivato dalle conformazioni urbane, dalla
localizzazione dei servizi, dei posti di lavoro delle residenze.
E ha perso di senso: tutto si muove non producendo benefici
diffusi, e tutti si muovono non migliorando la qualità
della propria esistenza.
Questo modello avrebbe grandi difficoltà a ridurre la
mobilità delle merci e tra esse anche la mobilità
individuale.
Ridurre la mobilità ridurrebbe i profitti, renderebbe
maggiormente difficile la loro concentrazione in pochi soggetti,
ridurrebbe linquinamento, darebbe autonomia economica
e sociale alle comunità locali, insomma metterebbe in
seria crisi la globalizzazione.
La mobilità
individuale
Il principale mezzo utilizzato per la movimentazione di merci
e persone è il veicolo a motore su gomma.
Il suo successo dipende dal fatto di essere un mezzo individuale.
Ogni persona può avere il suo autoveicolo, lo può
gestire come vuole, può andare nei tempi e nei luoghi
desiderati.
Questa caratteristica ha innescato un meccanismo per cui il
muoversi da origine ad un mercato di enormi dimensioni e lucro
e permette al mezzo di essere un oggetto di desiderio commerciale.
Gli autoveicoli incarnano i criteri della società di
mercato ed hanno contribuito a strutturare limmagine prima
delluomo moderno e poi di quello contemporaneo.
Nonostante gli autoveicoli a motore siano il mezzo a minore
efficienza energetica, ed al loro uso possano essere connessi
i principali problemi ambientali e sociali del pianeta, essi
sono alla base della mobilità contemporanea, avendo sostituito
gran parte delle altre modalità di trasporto.
Nel 1950 un individuo in Europa faceva meno di 2.000 km di cui
400 in auto nel 1994 ne faceva più di 14.000 di cui quasi
10.000 in auto (costante luso delle ferrovie con circa
500 km).
Prima del 1930 poco meno del 90% del trasporto passeggeri e
del 70% del traffico merci era su ferrovie; da allora è
stato una continua riduzione degli investimenti pubblici nelle
ferrovie ed un continuo aumento nel mondo occidentale delle
infrastrutturazioni per autoveicoli. In Europa nel 2000 l80%
del trasporto passeggeri su terra avviene in auto.
Quanto abbia inciso la produzione di autoveicoli nel frenare
soluzioni efficienti alternative al mezzo privato è evidente
anche dal raffronto tra il numero di sistemi di trasporto urbani
su ferro presenti in aree geografiche: in Europa occidentale
148, negli Usa e in Canada insieme 50, in Giappone 29, in America
Latina 17 nellEuropa dellEst e in Asia Centrale
181.
Per permettere lampliamento del mercato automobilistico
in Europa i sistemi di trasporto leggero urbano su rotaia sono
passati da 438 del 1930 ai 91 del 1980 e solo allora, in presenza
di una impossibilità di consistente aumento del mercato
veicolare e della sua manifesta inefficienza, sono aumentati
fino a raggiungere i 102 (quattro volte meno di settanta anni
prima) nel 2000.
Anche oggi tale politica prosegue. Ad esempio in tutti i paesi
dellest europeo la rete ferroviaria e urbana pubblica
giace in abbandono, nonostante in un recente passato riuscisse
a captare il 70-80% della mobilità di passeggeri, mentre
i finanziamenti dei paesi occidentali si concentrano in strade
e autostrade.
Gli autoveicoli sono il mezzo di trasporto che crea maggiori
profitti: una persona compra il suo mezzo, consuma benzina,
consuma lautoveicolo, paga le tasse di circolazione, le
assicurazioni, la manutenzione, ricompra lautoveicolo.
Le infrastrutture sono economiche (costa meno una strada di
una ferrovia), spesso sono a pagamento (ogni anno 42 Mld di
dollari sono pagati dagli automobilisti per pedaggi autostradali)
nella costruzione delle strade si usa materiale derivato dal
petrolio consolidando la medesima lobby interessata alla vendita
degli autoveicoli.
Circa 600 milioni di autoveicoli al mondo rispondono più
di ogni altra merce ad una cultura non totalmente dipendente
dal reddito, e dalle reali necessità. Ad esempio: in
uno studio su di un campione di città europee e nord
americane, in queste ultime si è riscontrato un utilizzo
medio dellauto superiore del 141% rispetto alle città
europee a fronte di un reddito medio inferiore del 51%; da uno
studio effettuato a Surabaya (Indonesia) il 60% degli spostamenti
in auto potrebbe essere percorso in bici; tra il 1969 e il 1995
il numero degli autoveicoli privato è aumentato negli
Usa ad un ritmo di 6 volte superiore a quello della crescita
della popolazione.
La presenza di un autoveicolo ogni 1,8 abitanti negli Usa e
di un autoveicolo ogni 1,9 abitanti in Italia (con una superficie
31 volte inferiore) dà lidea di quanto lo strumento
automobile sia abusato nella quantità e nelluso.
Anche il maggiore costo del vettore non sembra influire sulle
scelte e nelle città degli Stati Uniti e dellAustralia
i cittadini spendono tra il 12 e il 13% del loro reddito per
il trasporto mentre nelle città europee, dove la dipendenza
dai veicoli privati è minore, intorno all8%.
Mobilità
e assetto insediativo
Lesito dellattuale modello insediativo occidentale
è lenorme consumo di suolo, le basse densità
abitative, la dispersione dei luoghi di produzione nel territorio
anche quando afferenti allo stesso sistema produttivo. È
il modello che produce più sprechi, che ignora gli interessi
comuni, che sopraffà lambiente e la comunità
e specificatamente quello che crea la maggiore quantità
di traffico.
Tale modello insediativo è fondato sulla continua crescita
delle infrastrutture per sostenere il traffico privato che a
sua volta aumenta per la disponibilità delle infrastrutture.
La capillarità della rete stradale facilita gli insediamenti
sparsi e rende dunque ancora più forte la dipendenza
dagli autoveicoli.
Il rapporto tra densità della popolazione e uso dellauto
in area urbana è evidente: negli Stati Uniti dAmerica
un abitante di una città percorre mediamente 10,9 km/pro
capite/giorno con un densità abitativa di 14,7 ab/ha,
in Europa 4,5 con 49,9 ab/ha, nellAsia industrializzata
1,4 con 163,9 ab/ha, in Canada 6,9 con 26,2 ab/ha.
Sotto una definita densità insediativa non è possibile
mettere in opera sistemi di trasporto pubblico efficienti; basse
densità, localizzazione casuale degli impianti produttivi
e delle residenze derivano dal trasporto privato su gomma e
lo alimentano.
Anche le dimensioni degli insediamenti è agevolata da
tale tipo di mezzo: laumento dellestensione è
resa possibile solo dalluso di autoveicoli. Nel 1959 Bangkok
aveva una superficie di 67 kmq e si poteva attraversare a piedi
di buon passo da nord a sud in 3h nel 2000 aveva una superficie
di 600 kmq ed è molto difficile attraversarla a piedi
in un giorno.
Nonostante sia noto il rischio sociale di avere già una
gran parte della popolazione assolutamente dipendente dalluso
degli autoveicoli privati, non sussistendo localmente gli indispensabili
servizi alla sopravvivenza, e nonostante sia altrettanto noto
che le città tra i 50.000 e i 500.000 abitanti sono quelle
che presentano una minore incidenza dei trasporti, il modello
insediativo praticato consolida lesponenziale crescita
della mobilità privata su gomma. Ad esempio gli ipermercati
sono uno strumento per aumentare il traffico veicolare. Raggiungibili
solamente in auto, in quanto posizionati casualmente nel territorio,
il loro effetto è stato evidente in quei paesi dove la
loro presenza si è manifestata allimprovviso: nella
Repubblica Ceca il trasporto pubblico tra il 1997 e il 2000
è diminuito via via che sono aumentati da 1 a 53 gli
ipermercati.
Il traffico
e le sue ragioni Se per quanto attiene lo spostamento degli individui è
fondamentale lassetto degli insediamenti è fondamentale
per la movimentazione delle merci incide maggiormente la struttura
produttiva e di commercializzazione.
Il sistema just in time fa sì che le componenti
per la produzione arrivino in tempo esatto evitando al produttore
lonere di immagazzinare. Così facendo però
il numero dei viaggi per il rifornimento è molto superiore
e di fatto di immagazzina sulle strade.
Ma anche la frammentazione del processo di produzione e commercializzazione
ha effetti sul traffico. Quasi la metà delle merci non
percorre in Italia più di 50 km e circa 3/4 meno di 200km;
lelevato numero di passaggi, la differenziazione dei mezzi
necessari, la limitata distanza implica che lunico sistema
adatto è lautotrasporto. È del resto evidente
come tali soluzioni produttive siano praticate proprio considerando
le caratteristiche dellautotrasporto.
Inoltre lestendersi dei commerci degli stati verso lestero
porta ad una crescita vertiginosa dei chilometri percorsi per
la consegna: in Gran Bretagna si stima che il percorso medio
delle merci per raggiungere i consumatori sia di 1.000 chilometri.
Ma laumento del traffico non implica laumento della
produzione e della ricchezza. In Italia gran parte di esso si
localizza nelle regioni settentrionali sia come origine delle
merci 67% del totale nazionale sia come destinazione 65%. Questa
percentuale è in costante aumento, in modo superiore
a quella dellaumento dei redditi e della produzione (del
PIL). Il che vuol dire che a parità di produzione e consumo
le merci si muovono maggiormente e provengono da luoghi più
lontani.
Questa tendenza caratterizza il libero mercato e i paesi che
lo praticano: la merce commercializzata è quella che
garantisce i maggiori profitti da qualsiasi parte provenga e
ignorando i costi sociali e ambientali che essa comporta, ed
il traffico di mezzi connessi al commercio estero assorbe oramai
oltre un ottavo della produzione mondiale di petrolio.
Il fatto che gran parte delle primizie ortofrutticole sono portate
sui mercati dellEuropa del nord dallAfrica settentrionale
con gli aerei indica palesemente labuso nella movimentazione
delle merci.
Traffico
e infrastrutture in Italia: alcuni dati
Il
traffico
I passeggeri/chilometro (p/km) o le tonnellate/chilometro
(T/km) corrispondono al numero dei passeggeri o al peso
del carico moltiplicati per la distanza percorsa e divisi
per la lunghezza della rete, o per il tratto, analizzata.
Il trasporto merci in termini di tonnellate/chilometro
trasportato è aumentato in Italia nel 1999 e nel
2000 di circa il 5% annuo, con un aumento complessivo
rispetto al 1990 del 36% pur rimanendo la quantità
di merci quasi stazionaria.
In Italia viaggia su gomma l82% delle merci; il
13% su navi e il 5% su ferro. La situazione già
anomala per lEuropa dove la quota di mobilità
di merci su terra che usa la ferrovia è comunque
superiore (Francia 21%, Austria 93%, Italia 10%), tende
a peggiorare: tra il 1997 e il 2000 lincremento
di ulteriori 36 miliardi di tonnellate km di merci è
stata assorbita per il 97% dal trasporto su gomma.
Il traffico passeggeri dopo una energica crescita tra
il 1990 e il 1998 (+23% e triplicato rispetto al 1970)
dal 1999 si è stabilizzato rimanendo comunque superiore
rispetto alla media europea (+15%).
Nellultimo decennio il trasporto su mezzi privati
è cresciuto del 25,5% aumentando ulteriormente
la quota di trasporto persone su mezzi privati che nel
2000 è arrivata ad essere l81,8% del totale
(allinterno di questa percentuale il trasporto auto
è cresciuto del 27% rispetto al 1990 e quello delle
moto dell11%).
La contrazione della mobilità automobilistica sembra
essere principalmente motivata dalluso in ambito
urbano dove tra laltro si notano segnali di ripresa
delluso dei mezzi pubblici.
Il traffico aereo passeggeri è in notevole aumento
(197 milioni di p per km percorsi nel 1960, 10.497 milioni
di p/km nel 2000) e copre l1,2 degli spostamenti.
Dal 1990 ad oggi il traffico passeggeri per modalità
di trasporto è così cambiato: mezzi privati
+212% (+1.183% rispetto al 1960); bus extraurbani +278%;
mezzi pubblici urbani +18,4%; ferrovie +34% (+51% rispetto
al 1960); aereo +629%.
In Europa la mobilità delle persone dal 1970 è
più che raddoppiata, in Italia triplicata.
I dati caratterizzanti lItalia sono luso delle
moto 7,5% più del doppio della media europea ed
un uso leggermente più basso del treno.
Molto anomala rispetto allEuropa è invece
la ripartizione tra le modalità del trasporto merci
dove la quantità su gomma è superiore alla
media europea del 9,3%, e quella su ferro è nettamente
inferiore del 59,2%.
Sulle acque marine e fluviali transita il 14,9% del traffico;
questo è un dato in linea con lEuropa (15,4%)
ma molto ridotto rispetto alla potenzialità del
paese (si pensi che il trasporto su acqua in Olanda è
pari al 44,3% delle merci).
Gli indicatori segnalano che la quantità di spostamenti
aumenti molto più rapidamente del reddito (rapporto
tra passeggeri km percorsi e milioni di PIL è pari
a 362,1 nel 1985 e a 455,3 nel 2000, mentre il rapporto
tra tonnellate merci km percorso e milione di PIL è
pari a 138,8 nel 1985 e 167,2 nel 2000). Ci si muove senza
produrre.
Le
dimensioni delle infrastrutture
Dal 1979 ad oggi la rete stradale italiana è aumentata
del 22% e quella autostradale del 70%. A questi vanno
aggiunti tutti gli adeguamenti dei tracciati esistenti
e gli allargamenti (gli ingrandimenti da una a due corsie,
da una a più carreggiate, etc.).
La densità di infrastrutture extraurbane media
è di 550 m/kmq ma in alcune regioni supera i 700
m/kmq.
La rete ferroviaria è rimasta invariata dal 1970
ad oggi (sono aumentate solo le tratte elettrificate)
e solo il 38% della rete è elettrificata a doppio
binario.
La densità territoriale delle infrastrutture ferroviarie
è molto minore di quelle stradali: 53 m/kmq e 34
m/kmq per la rete elettrificata. È evidente dal
confronto tra dimensione della rete stradale e quella
ferroviaria come non si sia voluto nel tempo adeguare
i sistema di mobilità su ferro alle necessità
facendo privilegiare il trasporto privato su gomma supportando
la sua crescita con la continua infrastrutturazione.
166.324 sono i km di rete stradale extraurbana e 10.350
i km di rete ferroviaria elettrificata.
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Il
ruolo delle infrastrutture stradali
Le
infrastrutture hanno un ruolo fondamentale per consolidare
la modalità di trasporto su gomma. Tale ruolo può
essere sintetizzato in tre aspetti:
Ruolo di traino alla vendita di autoveicoli. Più
strade vi sono più si rafforza il sistema della
mobilità su gomma e più autoveicoli si vendono.
Ruolo di consolidamento del modello sociale. La
costruzione di una strada è sempre stata vista
come un segnale della modernità in arrivo un indicatore
di sviluppo. Le comunità locali hanno gradito quasi
sempre la costruzione di strade che legavano gli insediamenti
tra loro facilitavano i contatti consolidavano le relazioni.
Attraverso di esse passava anche quindi il consolidamento
di modello sociale di relazione e di sviluppo anche senza
un effettivo beneficio per la comunità.
Ruolo di controllo del territorio. La costruzione
di strade ha permesso il controllo militare e lo sfruttamento
dei territori. Il più significativo e recente caso
è stata la Trans-amazzonica un percorso di migliaia
di chilometri che attraversa interamente lAmazzonia
e intorno al quale si sono aggregati i capisaldi per la
penetrazione allinterno della foresta pluviale.
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Gli effetti
della mobilità Per ogni chilometro percorso da un passeggero con unauto
si emettono 28 milligrammi di polveri sottili, con un bus 19
mg, con un treno 16 mg, con un aereo 8 mg.
Per ogni chilometro percorso un autoveicolo emette mediamente
250 grammi di CO2.
Lautoveicolo a motore è il sistema meno conveniente
di spostamento. Con esso un individuo (70 kg) si muove spostando
lautoveicolo che ha un peso fisico di 1.000 kg e per la
cui costruzione sono stati lavorati circa 15.000 kg di materiali.
Ma è anche un sistema energivoro: lindustria automobilistica
negli Stati Uniti dAmerica copre 1/7 dei consumi totali
del paese ed assorbe il 70% del piombo, il 34% del ferro, il
20% dellalluminio, dello zinco, del vetro, il 14% dellacciaio
e il 10% del rame (in Italia e Germania questa incidenza è
maggiore). Sempre negli Stati Uniti vengono rottamate ogni anno
più di 10 ml di auto, il 94% delle quali viene smantellato:
3/4 della massa sono riciclati, 1/4 divengono rifiuti tossici
(2.350.000 tonn).
Alcuni dati:
I consumi energetici
I trasporti in percentuale sono passati dal 27,1% del 1985,
al 41,2% del 1999 superando lindustria (38,5%) e uguagliando
gli usi civili.
Nei paesi industrializzati (19% della popolazione mondiale)
si usa il 59% di tutta lenergia mondiale per i trasporti.
Gli Usa da soli 1/3. Nel 1997 il consumo medio annuo di petroli
per trasporti è stato di 18 barili pro-capite in Usa,
13 in Canada, 6 in Europa, Giappone, Australia.
Gli effetti ambientali
I veicoli a motore hanno originato il 58% delle emissioni di
carbonio nel 1990 e il 73% nel 1997.
Nel 1999 in Europa il 25% delle emissioni di CO2 è stata
prodotta dal settore trasporti (nel 1990 era il 21%).
In Italia le emissioni di CO2 da parte del settore trasporti
è il 27% del totale.
Linquinamento atmosferico nelle città è
molto elevato nonostante vi siano dei miglioramenti per quanto
attiene alcuni specifici inquinanti (la riduzione dei superamenti
di soglia deve essere preso solo come dato indicativo sia per
il ridotto numero delle centraline, sia per la condizione di
diffusa e consistente presenza degli inquinanti appena sotto
la soglia).
Circa il 30% dei giapponesi e il 17% degli europei è
esposto tutto il giorno a livelli di rumore superiore ai 65
decibel.
I danni per inquinamento idrico, ambientale, mutazioni climatiche,
rumore, incidenti del sistema della mobilità su strada
sono stati stimati in 125 mld di dollari annui.
Gli effetti sulla salute
Ogni anno nel mondo perdono la vita circa 885.000 persone in
incidenti stradali (come se si schiantassero 10 Jumbo al giorno
per tutto lanno).
Nel 2000 vi sono stati in Italia 6.410 morti e 301.599 feriti
per incidenti stradali. I dati sono sottostimati in ragione
sia dei tempi di rilevamento, sia delle modalità di rilevazione.
La riduzione degli incidenti manifestatasi negli anni 70
e 80 non è proseguita nel corso degli anni 90
e sono cresciuti notevolmente i feriti (+46% nellultimo
decennio).
17.400 sono i morti in Italia nel 2000 a causa delle emissioni
stradali di polveri sottili (PM10).
In Europa i morti di tumore causati da traffico veicolare son
stati stimati in circa 85.000 lanno.
Linterruzione
della continuità
Lurbanizzazione, intendendo con essa anche la infrastrutturazione,
incide sui sistemi naturali non solamente attraverso loccupazione
diretta di suolo per la costruzione ma anche e principalmente
attraverso il loro frazionamento.
Ad esempio in Italia la superficie urbanizzata (edifici,
infrastrutture etc) è pari al 7% del totale. Tale
superficie però non è concentrata in determinate
aree ma distribuita in maniera indifferenziata ha interrotto
la continuità dellunità di paesaggio,
ha frazionato i sistemi, indebolendoli, marginalizzandoli,
degradandoli, fino a passare, negli ultimi quaranta anni,
da una condizione in cui gli insediamenti erano situati
allinterno delle aree naturali o agricole ad una
condizione inversa in cui le aree naturali ed agricole
sono localizzate allinterno di un continuo costruito.
Il 7% di superficie occupata da urbanizzato ha fatto si
che solo 347 siano gli areali superiori a 100 kmq non
interessati da viabilità di media e alto scorrimento
(senza considerare la piccola viabilità), solo
978 gli areali superiori a 100l mq non interessati da
centri urbani (senza considerare case sparse e piccoli
nuclei), che solo 289 siano le aree selvagge
superiori a 20 kmq, che solo 7 siano gli ambiti costieri
liberi da edificato superiori a 20 km lineari di costa.
Ma la capacità destrutturante delle infrastrutture
necessarie non è esclusivamente addebitabile alloccupazione
diretta dei suoli e alla frammentazione dello spazio naturale:
unonda alterante infatti accompagna e precede linsediamento.
Effetti connessi allo svolgimento di attività (rumore,
inquinamento atmosferico) ma anche effetti connessi alla
gestione dei terreni (terreni in attesa di essere edificati,
terreni sottoutilizzati, asserviti allinsediamento,
depositi etc).
Unonda che ha una superficie ben più estesa
di quella fisicamente interessata dagli insediamenti,
che ha una enorme capacità a trasformare i contesti
interessati.
Negli Stati Uniti 6,2 ml di km di strade pubbliche coprono
circe l1% della superficie del paese ma limpatto
stimato sulla fauna da parte della rete interessa il 20%
del territorio.
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La finta
ricerca dellefficienza
Nel 1973 un auto prodotta negli Usa mediamente con un litro
percorreva 5,6 km; nel 1986 con un litro 11,5 km. Un notevole
miglioramento derivato dallattenzione posta in quegli
anni ai consumi di benzina ma ancora molto lontano e dalle prestazioni
europee e dalle capacità tecnologiche disponibili.
Sono stati infatti predisposti negli anni ottanta alcuni modelli
con una elevata efficienza energetica: Renault 50 km con un
litro velocità 130 Km/h; Volvo e Peugeot 4-5 posti rispettivamente
50 e 28 km con un litro. Il primo si trova al Museo della Scienza
di Parigi e nessuno dei tre è mai stato messo in produzione.
Appare evidente che le attuali auto non sono progettate per
trasportare le persone in maniera efficiente. A parte il rapporto
trasportato/mezzo, che fa si che il peso del primo sia abitualmente
1/10 del secondo, ma 80-85% dellenergia contenuta nel
carburante è già sprecata prima di raggiungere
la ruota; solo 1/6 dellenergia del carburante che raggiunge
le ruote è utilizzate per muovere labitacolo. Peso
eccessivo, grandi dimensioni, motori potenti che funzionano
molto lontano dalla loro ottimale efficienza.
Dellenergia del carburante nel traffico cittadino 1/3
riscalda laria, 1/3 riscalda i copertoni e il rivestimento
stradale, 1/3 riscalda i freni.
Con adeguati materiali una auto di 4-5 posti potrebbe arrivare
a pesare solo 400 kg (3-4 volte in meno di unauto); come
Ultralite della GM: 0-100 km/h in 8 secondi, 111
cv, del 1991, non in produzione.
Vi sono soluzioni di veicoli con celle a combustibile a idrogeno
che emettono 70 gr di CO2 a km., motori ibridi con il recupero
elettrico dellenergia frenante che permettono di arrivare
a consumi prossimi ai 2 litri ogni 100 km; alcune ricerche hanno
portato a consumi di 0,4-1,6 litri ogni 100 km (250-62,5 km
con un litro) come ad esempio lAutoibrida
a due posti costruita nel 1994 dallUniversità di
Western Washington o lauto ibrida a quattro posti della
Esoco, piccola ditta svizzera che fa 100 km con
2,1 litri.
Eppure la GM nel 2001 ha comprato un brevetto di unauto
elettrica da una ditta europea con laccordo di commercializzarla
e dopo solo un anno ha abbandonato il programma nonostante lauto
avesse unelevata efficienza e rispondesse adeguatamente
alle richieste. La motivazione ufficiale è che riusciva
a venderla; ma la GM non si è peritata di fare unadeguata
comunicazione ed ha mantenuto dei prezzi elevatissimi. Perché
allora lha comprata? La rincorsa delle grandi produttrici
di autoveicoli è quella di comprare qualunque soluzione
che possa incidere sul proprio mercato di auto e benzina così da evitare ogni forma di concorrenza alle soluzioni che bruciano
benzina e gasolio e consuma ferro.
La ricerca di soluzioni non ha senso in quanto le soluzioni
tecniche sono già state trovate e che non possono e non
vogliono essere praticate da chi fa la propria ricchezza su
auto che servono solo a consumare benzina che riscaldano il
mondo e che durano così poco da permettere il continuo
aumento della produzione e della concentrazione della ricchezza.
Il grande
business è il grande amore
Lautomobile è il più grande affare planetario
(dopo la Borsa), è la merce che provoca più danni
nellambiente ma è anche aspirazione, oggetto di
conversazione e di soddisfacimento di gran parte dellumanità.
Lautomobile è la dimostrazione di come un oggetto
imposto possa essere il grande amore della vita. Come nei matrimoni
combinati per essere felici, veramente felici, basta accettare
il proprio ruolo.
Da stime il valore complessivo degli autoveicoli circolanti
nel mondo ammonta a circa quindicimila miliardi di euro (15.000.000.000.000);
ogni anno sono circa 2.100 miliardi di € i costi sostenuti
dai proprietari per utilizzare gli autoveicoli, 1.100 miliardi
di € i costi a carico di chi non guida (solo in Europa,
Giappone e Usa) e 2.200 miliardi di € limporto del
rinnovo del parco esistente.
Un affare da circa cinquemilacinquecento miliardi di euro (5.500.000.000.000)
annui gestiti per la quasi totalità da pochi soggetti
(meno di due dozzine di compagnie petrolifere, produttrici di
autoveicoli e assicurative).
La presenza degli autoveicoli, al di là delle cifre,
permea lintera società. Se ad esempio la pubblicità
è una promozione del prodotto è anche il mezzo
per sostenere una rivista e su quasi tutte le riviste non specializzate
in Italia la pubblicità degli autoveicoli è intorno
al 4% delle pagine occupate dalla comunicazione commerciale.
Il 4% costante indirizza la linea culturale di una rivista su
temi specifici quali ad esempio innovazione tecnologica, infrastrutture,
sviluppo, afferenti il settore automobilistico.
In numerose riviste alle quattro pagine complete di promozione
di auto, che sono una costante vanno aggiunte le pubblicità
indirette (la presenza di autoveicoli nella promozione di altre
merci, nellillustrazione di articoli) e la pubblicità
sotto forma di inchieste o analisi delle merci (schede autoveicoli,
presentazioni di innovazioni tecniche etc) che rendono la presenza
più estesa e permeante.
Eppure nonostante il tempo in auto per ragioni di lavoro sia
in continua crescita, luso dellautoveicolo è
connesso per gran parte ai divertimenti. Nei paesi ricchi più del 50% dei chilometri degli autoveicoli privati non commerciali
viene percorso per vacanze o comunque svago, e sembra che la
mancanza di tale strumento darebbe una sensazione di limitazione
insostenibile proprio nel tempo libero. Stare fermi per ore
ai caselli, passare ore in auto, andare in luoghi in cui vi
sono auto, non produce fastidio o almeno non produce tanto fastidio
da cambiare comportamenti.
Ma linnamoramento è il mezzo per aumentare le vendite,
per cambiare modelli, per essere maggiormente presenti; nessun
uomo ragionevole destinerebbe tanta attenzione, fatica, desiderio,
a fronte di fastidi e danni, se non fosse innamorato.
Ed al mantenimento di questa passione sono attenti i produttori
di autoveicoli che dietro le immagini accattivanti delle merci
nascondono interessi, tragedie, danni ambientali. Lautomobile
è il più grande affare planetario (dopo la Borsa),
è la merce che provoca più danni nellambiente
ma è anche aspirazione, oggetto di conversazione e di
soddisfacimento di gran parte dellumanità.
Lautomobile è la dimostrazione di come un oggetto
imposto possa essere il grande amore della vita. Come nei matrimoni
combinati per essere felici, veramente felici, basta accettare
il proprio ruolo.
Da stime il valore complessivo degli autoveicoli circolanti
nel mondo ammonta a circa quindicimila miliardi di euro (15.000.000.000.000);
ogni anno sono circa 2.100 miliardi di € i costi sostenuti
dai proprietari per utilizzare gli autoveicoli, 1.100 miliardi
di € i costi a carico di chi non guida (solo in Europa,
Giappone e Usa) e 2.200 miliardi di € limporto del
rinnovo del parco esistente.
Un affare da circa cinquemilacinquecento miliardi di euro (5.500.000.000.000)
annui gestiti per la quasi totalità da pochi soggetti
(meno di due dozzine di compagnie petrolifere, produttrici di
autoveicoli e assicurative).
La presenza degli autoveicoli, al di là delle cifre,
permea lintera società. Se ad esempio la pubblicità
è una promozione del prodotto è anche il mezzo
per sostenere una rivista e su quasi tutte le riviste non specializzate
in Italia la pubblicità degli autoveicoli è intorno
al 4% delle pagine occupate dalla comunicazione commerciale.
Il 4% costante indirizza la linea culturale di una rivista su
temi specifici quali ad esempio innovazione tecnologica, infrastrutture,
sviluppo, afferenti il settore automobilistico.
In numerose riviste alle quattro pagine complete di promozione
di auto, che sono una costante vanno aggiunte le pubblicità
indirette (la presenza di autoveicoli nella promozione di altre
merci, nellillustrazione di articoli) e la pubblicità
sotto forma di inchieste o analisi delle merci (schede autoveicoli,
presentazioni di innovazioni tecniche, etc) che rendono la presenza
più estesa e permeante.
Eppure nonostante il tempo in auto per ragioni di lavoro sia
in continua crescita, luso dellautoveicolo è
connesso per gran parte ai divertimenti. Nei paesi ricchi più del 50% dei chilometri degli autoveicoli privati non commerciali
viene percorso per vacanze o comunque svago, e sembra che la
mancanza di tale strumento darebbe una sensazione di limitazione
insostenibile proprio nel tempo libero. Stare fermi per ore
ai caselli, passare ore in auto, andare in luoghi in cui vi
sono auto, non produce fastidio o almeno non produce tanto fastidio
da cambiare comportamenti.
Ma linnamoramento è il mezzo per aumentare le vendite,
per cambiare modelli, per essere maggiormente presenti; nessun
uomo ragionevole destinerebbe tanta attenzione, fatica, desiderio,
a fronte di fastidi e danni, se non fosse innamorato.
Ed al mantenimento di questa passione sono attenti i produttori
di autoveicoli che dietro le immagini accattivanti delle merci
nascondono interessi, tragedie, danni ambientali.
Lofferta
del mercato
Attualmente in Italia sono commercializzati 68 marche, 280
modelli, 2.500 versioni di autoveicoli non commerciali.
Lautoveicolo più economico è venduto a 7.951,00
€ (a tutti i prezzi seguenti vanno aggiunti i dazi doganali
e completamenti di alcune imposte per cui risultano indicativi).
Sotto i 10.000,00 € vi sono 45 versione (quasi tutte superiori
ai 9.000,00 €), sotto i 20.000,00 € 755 versioni,
tra i 50.000,00 e i 100.000,00 € 174 versioni; sopra i
100.000,00 € 40 versioni (di cui 7 sopra i 200.000,00 €
e 7 sopra i 300.000,00 €), il più caro 357.628,00
€.
La fascia con maggiore numero di versioni, 1.486, è quella
tra i 20.000,00 e i 50.000,00 €. Supponendo che lo stipendio
di un professore di ruolo (ci si può diventare dopo minimo
una decina di anni di precariato, una laurea, una abilitazione
e diversi specializzazioni attraverso concorsi) si aggira intorno
ai 1.000,00 € è evidente che la maggiore domanda
di autoveicoli non è espressa dai docenti.
Le versioni con cilindrate sotto i 1.500 cc sono 456, tra i
1.500 e i 2.300 cc sono 1.424 versioni, sopra i 2.300 cc 620
versioni. Garantendo una cilindrata 1.500 cc prestazioni e comfort
elevati è evidente che la maggior parte degli autoveicoli
vende prestazioni inutilmente sovradimensionate e ambientalmente
deleterie (nel ciclo urbano un veicolo di 2.800 cc consuma per
100 km 14 litri di carburante mentre un veicolo di 700 cc la
metà).
Nessun autoveicolo è venduto con velocità massima
inferiore ai 130 km/h; 688 versioni hanno una velocità
massima dichiarata sotto i 180 km/h (solo una ventina 130 km/h);
1.655 modelli tra i 180 e i 250 km/h; 157 modelli con velocità
massima sopra i 250 km/h ciò evidenzia come tutta la
produzione sia abbondantemente fuori legge.
Interpretando al meglio i caratteri della società dei
consumi i modelli delle auto sono numerosissimi ma anche molto
simili. Vi è una finta concorrenza tra le diverse aziende
in realtà tutti i modelli sono accorpabili in classi
a cui corrispondono medesime caratteristiche e medesimi prezzi.
Come tutto il mercato globale ad una apparente concorrenzialità
delle merci corrisponde una uniformità nelle soluzioni
e nelle proposte. Assenti o inavvicinabili soluzioni effettivamente
alternative.
I 4 modelli elettrici venduti hanno costi variabili tra i 13.500,00
e i 24.900,00 € e dei 4 modelli di microvetture solo 2
costano meno dellautoveicolo più economico, mentre
il prezzo medio si attesta intorno ai 10.500,00 € (ovvero
quanto una auto 1.200 di cilindrata a 5 porte).
I costi dellautoveicolo non sono comunque connessi solo
con lacquisto; il costo medio annuale per possedere e
usare una vettura è in Italia di 3.500,00 ¤, con
variazioni tra un minimo di 2.000,00 ¤ per chi percorre
5.000 km e 5.000,00 ¤ per chi percorre 30.000 km e oltre.
A questi vanno aggiunti i costi di ammortamento dellacquisto
e di svalutazione dellautoveicolo elemento questo che
indica più di ogni altro la grande rapina cui si sottopongono
gli individui.
Una utilitaria nel primo semestre dopo lacquisto perde
un valore tendente al 30% del suo prezzo di acquisto, in un
anno supera il 30% (fino ad arrivare in alcuni casi al 40%);
dopo quattro anni il suo prezzo di mercato può essere
ridotto del 62% rispetto a quello di acquisto. Tutto ciò
facilitato dalla continua sostituzione di modelli che svalutano
i precedenti e dalla lontananza dei prezzi dai costi ambientali
e dal valore duso della merce.
Il
parco veicoli in Italia
Nel 2000 sono circolanti in Italia circa 32,5 milioni
di autoveicoli; 56,5 auto per ogni 100 abitanti (65 auto
ogni 100 abitanti a Napoli e Torino, 66 a Milano, 67 a
Roma). Il secondo paese del mondo dopo gli Usa.
Il 49% delle autovetture è immatricolato dopo il
1993 (ha quindi meno di sette anni).
Nel 1971 in Italia circolavano 11.307.090 veicoli (20,9
auto per ogni 100 abitanti): 1/3 di quelli circolanti
nel 1999
Dal 1997 al 2000 ogni anno sono stati immatricolati circa
2.300.000 veicoli (4 su 100 abitanti): ogni 4 anni il
14% degli italiani ha comprato un autoveicolo nuovo.
La presenza di un parco veicolare così consistente
si risente anche in termini di occupazione di suolo: a
Napoli vi sono 5543 autoveicoli per kmq a Milano 4732.
Immaginando che la superficie stradale veicolabile urbana
si aggiri intorno al 20% ci si sarebbero al massimo 200.000
mq disponibili di cui 55.000 mq già occupati da
auto in sosta. Si può immaginare quale siano le
enormi necessità di spazio per parcheggi (abitazione,
lavoro, acquisti) e movimentazione di ciascuna auto e
come siano incompatibili non solo con lattuale struttura
urbana ma con qualunque ipotesi ragionevole di città.
|
Il
rafforzamento del modello
Se in Cina vi fosse lo stesso uso dellauto attuato
negli Stati Uniti dAmerica ogni anno vi sarebbero
1 miliardo di tonnellate di CO2 di emissioni.
Ma questa preoccupazione non si rilegge nellazione
delle amministrazioni. Anzi si susseguono sovvenzioni
e stimoli per la vendita di autoveicoli a paesi in cui
la mobilità non era basata sul vettore gomme individuale.
Per il 2010 si prevede in Europa laumento della
mobilità passeggeri del 24% e del trasporto merci
del 38% con un connesso aumento del consumo energetico
tale da ipotizzare laumento del contributo totale
alle emissioni di gas serra dallodierno 28% al 50%.
Lipotesi perseguita in Italia è quello di
costruire circa 2.000 km di nuove autostrade per un investimento
di circa 50 miliardi di € e di completare il progetto
dellalta velocità ferroviaria per circa 23
miliardi di €.
Per quanto riguarda le aree urbane la pedonalizzazione
e la limitazione del traffico per parti di essa ha un
andamento discordante. Ad un aumento della superficie
tra il 1997 e il 2000 nei capoluogo di provincia del 28%
si è riscontrata una concentrazione di tali superfici
in alcuni comuni (Roma, Napoli, Torino) e una risposta
assolutamente negativa in altre città con leliminazione
di aree già definite (per esempio Bologna) o comunque
con labbandono dellintento.
Tendenzialmente è rileggibile un disinteresse generalizzato
rispetto agli anni passati nei confronti di soluzioni
di questo tipo.
In Italia il progetto del Ponte sullo Stretto è
la realizzazione di una politica che sostiene la mobilità
su gomma anche dove non ha senso che esista e dove sussistono
soluzioni di cabotaggio che con poco potrebbero essere
molto più efficienti.
|
I
limiti dellattuale proposizione
È difficile incontrare qualcuno che dichiari il proprio
piacere a stare delle ore in auto o che non riesca a rendersi
conto degli effettivi danni prodotti alla salute delluomo
e alle condizioni dellambiente da parte del sistema della
mobilità così come oggi impostato.
È altrettanto difficile imbattersi in amministrazioni
che non abbiano messo al centro del loro interesse la gestione
della mobilità. E questo in tutti paesi anche in quelli
dove lazione regolamentativa delle amministrazione non
viene esercitata.
Molte sono le soluzioni proposte: da quelle esclusivamente volte
allaumento dellefficienza dei veicoli, da quelle
che interessano le modalità insediative, dalla maggiore
infrastrutturazione ed uso dei mezzi pubblici fino a soluzioni
di entità minore di auto comuni, taxi collettivi etc.
Le soluzioni ci sono, le volontà sono dichiarate, non
dovrebbe esserci più il problema. In realtà la
questione della mobilità non è risolvibile sulla
base delle condizioni date. Essa anzi è il caso forse
di maggiore evidenza della complessità del modello.
Gran parte di coloro che usano gli autoveicoli, e soffrono delle
condizioni di inquinamento, desidera lautoveicolo, prova
soddisfazione ad ottenere un veicolo di moda anche quando questo
è più inquinante. Non è un caso ad esempio
che laumento del consumo energetico nel settore automobilistico
registrato recentemente negli Stati Uniti dAmerica derivi
proprio dalla crescente vendita della tipologia di vetture monovolume
e fuoristrada (risultate le più vendute) tipologia che
di fatto ha neutralizzato i miglioramenti in termini di efficienza
energetica ottenuti nel decennio precedente.
Si è di fronte a delle vittime che sono anche carnefici,
oltre che degli altri anche di loro stessi. Vittime-carnefici
che utilizzano gli autoveicoli oltre la logica e contribuiscono
attivamente alla dipendenza da questo sistema di trasporto.
La stessa casa in campagna è il sistema di maggiore asservimento
al veicolo in quanto, a parità di relazioni, rende impossibile
ogni altra forma di collegamento se non quella privata su gomma.
Gran parte delle amministrazioni ha consapevolezza del problema
ma continua a sostenere il sistema della mobilità su
gomma. La Banca Mondiale, che dovrebbe avere conoscenza e coscienza
degli effetti ambientali e sociali della mobilità privata
su gomma, dal 1997 al 1999 ha destinato i suoi prestiti afferenti
la mobilità per il 63% ad opere autostradali.
La politica di gran parte dei paesi è volta allaumento
delle infrastrutture stradali ed alla riduzione di quelle ferroviarie
che sarebbero una valida alternativa al trasporto privato.
Così dalla metà degli anni ottanta alla metà
degli anni novanta la rete stradale degli Stati Uniti dAmerica
e del Giappone è aumentata del 2% mentre quella ferroviaria
è diminuita rispettivamente del 28% e del 12%. Questo
partendo da uno sviluppo della rete ferroviaria rispettivamente
circa 35 e 100 volte inferiore a quella stradale.
Luso degli autoveicoli è motivato dalluso
della benzina e questo non soltanto è sostenuto dai petrolieri
e dallindustria delle automobili ma non è contrastato
dai governi sia per la loro disponibilità nei confronti
dei poteri forti sia per linteresse che hanno nella vendita
della benzina. In Inghilterra limposta sulla benzina è
del 76% del prezzo, in Francia del 69%, in Italia del 64%, in
Brasile del 65% etc.
Gli stati attraverso il meccanismo delle imposte potrebbero
avviare unazione atta alla riduzione degli inquinamenti
e dei consumi con una politica dei prezzi o impegnando queste
entrate in opere di riqualificazione ambientale, in mobilità
pubblica, nella prefigurazione di soluzioni alternative; ma
ciò ridurrebbe le entrate.
Di fatto anche le amministrazione meno colluse divengono alleate
dei petrolieri invece che regolatrici dei loro interessi.
Ben diverse sono le situazioni degli Stati Uniti (25%) o Indonesia
(0%) dove lo stato esercita minimamente o non esercita affatto
unazione regolamentativa degli interessi privati
Lazione di stimolo alle amministrazioni deve dunque fare
i conti con gli interessi dei pochi e con il piacere dei tanti.
Sono pochissime le amministrazioni che sono riuscite a sostenere
modelli di mobilità diversa ma quando ciò è
avvenuto vi è sempre stato una modificazione di comportamenti
alla base delle soluzioni praticate.
Ma il problema, a ben guardare, è anche quello di una
cultura fondata sul progresso e sullo sviluppo, che vede nellautoveicolo
un simbolo indiscutibile, una merce fondamentale e uno strumento
di appagamento, che non solo permea la società occidentale
ma che è utilizzata per lespansione del suo mercato
Proprio in questo si incentra linteresse del miglioramento
delle prestazioni ambientali degli autoveicoli (dei rimanenti
vettori non se ne discute proprio).
Ma la maggiore efficienza delle soluzioni attuate non consente
comunque di garantire un ulteriore incremento delle quantità.
Ad esempio attraverso luso di nuove tecnologie, ed in
particolare la catalizzazione, in Europa si è riusciti
a ridurre le emissioni di Nox del 22% rispetto al 1990 e di
CO del 38% ma non si è riuscito a contenere le emissioni
di CO2 che è aumentata in relazione allaumento
del volume di traffico e dei consumi energetici del settore.
Lefficienza ambientale si ottiene solo agendo contemporaneamente
nella riduzione del numero degli autoveicoli, nellallungamento
della durata di uso, nella riduzione dei chilometri percorsi
e nellaumento dellefficienza tecnologica. Ogni soluzione
che si interessi esclusivamente di questultimo tema è
parziale non risolutiva ed atta a garantire esclusivamente nuovi
mercati industriali.
In sintesi non è possibile immaginare che si possa continuare
sulla strada di questo modello (ognuno la sua macchina a chilometraggio
prestazioni, dimensioni, cilindrata illimitati, con un modello
nuovo ogni due anni) solo aumentando lefficienza dei prodotti.
Le
soluzioni proposte, le alternative praticate
Nei paesi socialisti prima degli anni novanta la soluzione
praticata al problema della mobilità è stata
quella del trasporto pubblico. Questa soluzione ha funzionato
per la possibilità sia di mantenere sotto controllo
il mercato delle auto sia di gestire le localizzazioni
degli insediamenti.
Nei paesi occidentali il trasporto pubblico non inserendosi
in sistema completamente gestito non è riuscito
a sostituirsi a quello privato anzi quasi sempre da esso
ne è stato soffocato.
Dalla fine degli anni ottanta è però cresciuta
allinterno della popolazione, in particolare europea,
un crescente fastidio alla sudditanza al trasporto individuale
su gomma ed una crescente ricerca di soluzioni alternative
siano esse programmate dallamministrazione siano
esse ritrovate individualmente.
In alcuni paesi del nord Europa si è mantenuta
anche negli anni culturalmente più bui la struttura
del trasporto pubblico e labitudine alluso
della bicicletta, in altri si sono riprese alcune modalità
di trasporto che erano state abbandonate.
Le amministrazioni possono operare grandemente mantenendo
una rete di trasporto pubblico funzionante sia extraurbana
sia urbana non cercando le grandi opere (metropolitane
etc) che hanno costi elevatissimi ma applicando misure
che riducano lo spazio al trasporto privato su gomma in
superficie e favoriscano altri vettori. Una linea di mezzi
pubblici anche su gomma su corsia preferenziale riesce
a captare un numero elevatissimo di persone se ben posizionata
con costi infinitamente inferiori a quelle di una metro.
Vi sono anche iniziative che hanno attualmente un valore
sperimentale ma che mantengono il senso di una alternativa:
Taxi collettivo: piccoli mezzi pubblici 10-12 utenti
con costo di biglietto inferiore a quello del taxi e superiore
a quello dellautobus, con linee flessibili da personalizzare
sulla necessità degli utenti (con supporto telematico),
soluzione differenziata su percorsi prestabiliti, a destinazioni
comune e origine differenziata (o inverso) od altro; Car
sharing: multiproprietà autovettura destinata
ad essere usata da più persone; un parco automobili
coordinato da un operatore che gestisce ed una prenotazione
per uso; oggi vi sono 100.000 associati a 40 organizzazioni
in 230 città (Germania, Austria, Svizzera, Paesi
Bassi) 510.000 km annui risparmiati di percorrenza; Mobility
manager: gestione organica dei flussi e dei mezzi
delle grandi aziende e uffici pubblici
Ma vi sono soluzioni intraprese dai cittadini, indipendentemente
dallamministrazione, che vanno capite, interpretate
e sostenute con agevolazioni, come, per esempio luso
delle biciclette. Non è possibile imporlo ma sicuramente
è possibile facilitarlo, come lo stesso uso dei
motocicli, che se praticato con mezzi non inquinanti ha
una capacità di migliorare le condizioni del traffico
mantenendo il carattere di individualità del trasporto.
|
I nodi
da risolvere
Laccessibilità. Lattuale sistema
di mobilità fondato sullautoveicolo riduce laccessibilità
ai servizi. Attraverso la disgregazione degli insediamenti,
resa possibile proprio dalla disponibilità degli autoveicoli,
si rende impossibile raggiungere i luoghi che compongono gli
insediamenti da parte di coloro i quali non possiedono o non
vogliono utilizzare lauto. Così mentre in passato
ciascun cittadino aveva ugualmente la possibilità di
raggiungere ciò che gli serviva oggi si sono create due
categorie: una, quella numericamente preminente, gli automobilisti
ed unaltra coloro che non vogliono o non hanno gli autoveicoli,
che soffrono dellhandicap della irraggiungibilità
di alcuni servizi primari (negozi servizi etc sempre più
localizzati in unottica di accessibilità veicolare).
Quindi se questa condizione dovesse esser mantenuta vi dovrebbe
essere un servizio gratuito con autista per coloro che non vogliono/non
possono avere autoveicoli.
Equità. In questo la società già
parte iniqua diversificando le possibilità di benessere
in ragione dellasservimento ad uno strumento. Ma diventa
ancora più iniqua nel far sì che sia definito
necessario uno strumento, lautoveicolo, che ha un costo
di manutenzione e di acquisto elevato e che incide notevolmente
sulle disponibilità economiche delle famiglie. Quindi
se dovesse essere mantenuto questo criterio vi dovrebbe essere
un servizio che garantisse un auto gratuita in proprietà
per coloro che ne facciano esplicita richiesta
Salute. Gli autoveicoli a motore fanno male. Comportandoci
con le stesse modalità beghine attuate negli Stati Uniti,
non dovrebbero essere utilizzati pubblicamente per non essere
da cattivo esempio (come lalcol). Dovrebbero
essere consumati in appositi locali onde non danneggiare gli
altri (come le sigarette), dovrebbero avere scritte tipo nuoce
gravemente alla salute, si sconsiglia luso
ai minorenni, non usare nei luoghi pubblici.
Quindi, volendo continuare a percorrere questa strada, lautovettura
dovrebbe essere accompagnata da una serie di indicazioni tendenti
a ridurne i disastrosi effetti ambientali e sociali
La soluzione:
non muovere non muoversi Non muovere merci: scegliere le
merci che provengono da luoghi prossimi, evitare di consumare
alimenti esotici che necessitano di lunghi trasporti. Prima
tra tutto: non muovere gli autoveicoli per muovere se stessi.
Non muoversi: selezionare le cose da fare, dare
valore agli spostamenti, non fare spostamenti inutili.
Rallentare: dare tempo agli spostamenti, non cercare
di ridurne i tempi prendendo mezzi più rapidi.
L'incredibile
cecità di una cultura produttiva
La vicenda della ristrutturazione della maggiore industria
automobilistica italiana è rappresentativa della
contemporanea incapacità a proporre soluzioni ed
evidenziare limiti da parte di quei soggetti che tradizionalmente
si sono fatti interpreti della proposizione.
La Fiat auto è stata acquisita dalla GM che entrerà
in campo quando la Fiat avrà eliminato quelle parti
della sua produzione che non interessano e quelle che
potrebbero essere delle rogne. La GM compra la Fiat per
acquisire un mercato, quello italiano, e per concentrare
la produzione nei luoghi più convenienti e non
necessariamente negli attuali luoghi Fiat. Questa strategia
è nota alla Fiat che ha operato alla stessa maniera
con Innocenti, Lancia, Alfa Romeo, OM, ed altro.
In questo processo possono essere convenienti ma non indispensabili
gli aiuti dello stato; nellepoca della globalizzazione
i palliativi statali non sono ricercati perché,
seppur minimamente, pongono condizioni ad un processo
che risulta maggiormente efficace tanto più drastico,
rapido e cruento si manifesta.
In questo contesto, molto malamente analizzato dai maggiori
sindacati, lo slogan condiviso è che in Italia
si producono circa 1.200.000 autoveicoli e che dunque
si debba mantenere questa produzione per mantenere loccupazione
connessa. Non si considera che produzione ed occupazione
non sono più direttamente collegate (lo stesso
numero di autoveicoli aveva bisogno di circa quattro volte
lattuale personale solo negli anni settanta), e
ancora più grave non si considera che se il mercato
degli autoveicoli non fosse alterato dalla speculazione
non vi sarebbe assolutamente bisogno di 1.200.000 autoveicoli
lanno.
Si dovrebbe partire dal numero ragionevolmente utile di
autoveicoli, cercando di allungarne il tempo di uso, di
gestirne lintero ciclo e da li cominciare a parlare
di addetti.
I dipendenti Fiat sono 28.450, con un indotto valutato
variamente da 3 a 5 volte tanto. Si parla quindi di circa
140.000 addetti. Se le macchine necessarie fossero la
metà gli addetti in eccedenza sarebbero complessivamente
70.000. Avremmo tolto dallautostrada migliaia di
Tir, avremmo ridotto il consumo di acqua e di energia,
avremmo ridotto una quantità spaventosa di inquinamenti,
avremmo aumentato la disponibilità economica delle
famiglie, avremmo ridotto i significativi profitti di
alcuni gruppi internazionali (benzine, auto, assicurazioni,
etc).
Aziende agricole, forestazioni, cabotaggio, gestione delle
città urbane, opere di manutenzione del territorio,
altre produzioni manifatturiere, sono tutti ambiti di
attività in cui si può operare con quei
settantamila ed in cui il richiamato intervento dello
stato può essere più efficace del mantenimento
di una produzione che non serve se non a chi accumula
denaro con essa.
|
Velocità
di spostamenti e omogeneizzazione del mondo
Centinaia di milioni di persone si muovono ogni anno per
trascorrere le proprie ferie in posti diversi da quelli
dove risiedono. Le compagnie di turismo organizzano viaggi
in località selvagge predisponendo
strutture consone al mercato. Tutto ciò per osservare
il mondo, ma sempre da un osservatorio privilegiato e
più o meno sicuro. Mai come in questo periodo i
resoconti dei viaggi sono così frustranti: sempre
cose diverse vissute e apprese alla stessa maniera.
I veloci spostamenti sono lo strumento attraverso cui
si portano esperienze ed esemplificazioni del modello
occidentale che lasciano tracce indelebili della loro
presenza e della loro modalità di esistenza nei
luoghi visitati.
Le persone che viaggiano costituiscono la domanda; lofferta
si adegua ad essa e nei casi in cui il luogo non sia conforme
alla domanda sarà adeguato attraverso la modificazione
degli insediamenti, dei processi produttivi, delle abitudini
alimentari, dei costumi, finalizzandole al soddisfacimento
del visitatore.
Il viaggiatore costituisce un riferimento culturale, un
ambasciatore di un modello che si mostra ricco e felice
e le popolazioni visitate sono stimolate a tendere nella
direzione delluniformazione.
Maggiore è la velocità, e quindi la quantità
di questo tipo di relazioni, e maggiore sarà luniformità
tra i luoghi: ad una velocità infinitamente alta
corrisponderanno luoghi infinitamente simili.
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Alcune
cose da non fare e cercare di non far fare
Insediamenti
Evitare case fuori città quando si lavora, si compra,
si incontrano gli amici, si portano a scuola i figli ed in campagna
si guarda solo la televisione (aumentano straordinariamente
il livello di mobilità necessaria e praticamente rendono
dipendenti dalla mobilità privata).
Opporsi al decentramento degli uffici.
Non frequentare ipermercati esterni al tessuto consolidato ed
opporsi alla loro creazione. Merci
Tenersi la macchina vecchia o comprare macchine usate (lincidenza
delloccupazione in fabbrica è limitata ma lavora
di più il carrozziere e il meccanico).
Comprare macchine di piccola cilindrata, efficienti, leggermente
più piccole di quello che potrebbero servire. Lavoro
Ridurre la propria mobilità allindispensabile.
Dove possibile, operare alla riconfigurazione del lavoro in
ragione della riduzione della mobilità.
Muoversi con mezzi pubblici, utilizzare con altri i mezzi privati.
Turismo
Organizzare vacanze in posti non troppo lontani (non ricercatamente
lontani).
Mettere in relazione tempi e lontananza (nel caso uno non ne
possa fare a meno, alle Bahamas ci va per due mesi, fuori
porta per una giornata).
Dare tempo alla comprensione dei luoghi (no turismo sintetico,
sì permanenza prolungata). Abitudini
Porsi dei limiti (anche solo di riferimento) ai chilometri da
percorrere con gli autoveicoli.
Muoversi di meno, trovare gusto nello stare, adeguare i posti
dove uno risiede.
Muoversi a piedi, in bici con mezzi che non consumino energia.
Utilizzare, se serve, tutti i mezzi disponibili e più
convenienti allo spostamento (auto fino al mezzo pubblico, poi
mezzo pubblico, poi bici).
Trovare mezzi di trasporto privato alternativi (anche moto,
se piccole- medie cilindrate, efficienti ambientalmente).
Muoversi con i treni, le navi (da preferire comunque ad aerei
e autovetture: minore efficienza ambientale, maggiore impatto
culturale).
Questo
volantone
è
stato realizzato da Adriano Paolella e Zelinda Carloni.
Per contattarli via e-mail, scrivete a antiglo@email.it
Questo
volantone è il quinto di una serie tutta
curata da Adriano e Zelinda iniziata con Globalizzazione
- Idee per capire, vivere ed opporsi al nuovo modello
di profitto, uscito nel n. 274 (estate 2001) in versione
bilingue (italiano ed inglese) in coincidenza con la mobilitazione
a Genova contro il G8.
Nel novembre 2001 è poi seguito Le strategie
della fame, supplemento al n. 276, realizzato in vista
del vertice di Roma (poi rimandato) della FAO.
Nel marzo del 2002 è stato pubblicato il terzo,
Riscaldamento globale e controllo sociale, come
supplemento al n. 279.
Nell'estate 2002 è stato pubblicato il quarto,
Il controllo delle risorse, come supplemento al
n. 283.
Ne sono previsti altri, in un prossimo futuro.
Chi volesse ricevere copie singole e/o per la diffusione,
ci contatti per conoscerne disponibilità e prezzi.
Questo volantone esce come supplemento al n. 286 (dicembre
2002) della rivista mensile anarchica “A”, direttrice
responsabile Fausta Bizzozzero, registrazione al tribunale
di Milano n. 72 in data 24.2.1971, stampa e legatoria
Sap s.n.c. (Vigano di Gaggiano - Mi).
“A” esce regolarmente 9 volte l’anno dal febbraio 1971.
Non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre. È
in vendita per abbonamento postale, in numerose librerie
e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe ecc.
Se ne vuoi una copia/saggio, chiedicela. Siamo alla ricerca
di nuovi diffusori.
Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa
dei nostri “prodotti” (volantone antifascista, Letture
di Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Proudhon, volantoni
della serie anti-globalizzazione, maglietta “Segno Libero”,
poster di Malatesta 1921, cd+libretto di Fabrizio De André
“ed avevamo gli occhi troppo belli”, dossier “Signora
libertà, signorina anarchia” dedicato a De André, dossier
su Franco Serantini, lista di oltre cento cd, mc, ecc.
della ‘Musica per “A”’, ecc.) contattaci. Se ci fai avere
per fax, e-mail o in segreteria telefonica il tuo indirizzo
completo, ti spediamo a casa tutte le info necessarie
per poter ordinare quello che vuoi.
Una copia di “A” costa 3,00 euro, l’abbonamento annuo
30,00 euro, quello estero 40,00 euro, l’abbonamento sostenitore
da 100,00 euro in su.
Editrice A, cas. post. 17120, I - 20170 Milano
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